Accettazione dell’immobile “nello stato di fatto e di diritto”: è clausola di stile

Nell'attività di interpretazione del contratto, il giudice di merito, che deve presumere che la clausola sia stata oggetto della volontà negoziale e quindi interpretarla in relazione al contesto, per consentire alla stessa di avere qualche effetto, può negare l'efficacia della clausola, qualificandola di stile, solo se la vaghezza e la genericità siano tali far ritenere che la pattuizione non sia mai concretamente entrata nella sfera della effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti. A confermare il suddetto orientamento è la Cassazione con sentenza n. 29902 del 20 novembre 2018.

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Conformi:

Cass. 29 settembre 2011, n. 19876

Cass. 11 giugno 2014, n. 13223

Difformi:

Non si rinvengono precedenti

Il caso

La Corte d'appello di Genova accoglieva l'appello principale proposto da X avverso la sentenza del Tribunale di Massa, rigettava l'appello incidentale e, per l'effetto, trasferiva a Y l'immobile in esecuzione del contratto preliminare disponendo la riduzione del prezzo in misura corrispondente al costo dei lavori di adeguamento dell'impianto di riscaldamento. La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto giustificato il rifiuto di Y di stipulare il contratto definitivo a fronte di carenze dell'impianto di riscaldamento, escludendo che una clausola di accettazione dell'immobile «nello stato di fatto e di diritto» costituisse rinuncia alle garanzie ed aveva richiamato gli accertamenti tecnici dai quali era emerso che le modifiche apportate all'impianto nel 1995 non rispettavano la normativa vigente, mentre le ulteriori modifiche, attuate nel 2005, erano state realizzate senza autorizzazione del condominio, con l’installazione del tubo di aspirazione dell’aria nel locale disimpegno condominiale, con la conseguenza che non poteva escludersi l’insorgenza di un contenzioso, poiché il disimpegno condominiale svolgeva la funzione di aerazione e ventilazione delle cantine. Per questo motivo non era applicabile il 1102 c.c.

Veniva presentato ricorso sulla base di cinque motivi.

Con il primo motivo, in particolare, veniva contestata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1041 c.c. anche con riferimento all'art. 1234 c.c., e si contestava la qualificazione come clausola di stile della previsione contrattuale di accettazione dell'immobile “nello stato di fatto e di diritto” esistente.

Per la parte ricorrente, la Corte non avrebbe esaminato la clausola nel contesto di riferimento, nel quale risultava che Y aveva fatto visionare l’immobile a più riprese assistito da tecnici di fiducia.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

In primo luogo i Giudici hanno chiarito che nell'attività di interpretazione del contratto, il giudice di merito, che deve presumere che la clausola sia stata oggetto della volontà negoziale e quindi interpretarla in relazione al contesto, per consentire alla stessa di avere qualche effetto, può negare l'efficacia della clausola, qualificandola di stile, solo se la vaghezza e la genericità siano tali da rendere impossibile l'attribuzione di qualsivoglia rilievo nell'ambito dell'indagine volta ad accertare la sussistenza ed il contenuto dei requisiti del contratto, ovvero se la vaghezza e la genericità siano tali da far ritenere che la pattuizione in esame non sia mai concretamente entrata nella sfera della effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti.

Per la Cassazione, la Corte d'appello si è attenuta al citato principio nel qualificare come clausola di stile l’accettazione dell'immobile “nello stato di fatto e diritto” in cui si trovava al momento della sottoscrizione del preliminare.

La Corte territoriale ha evidenziato la vaghezza e la genericità della clausola e l'assenza nel contratto di qualsivoglia riferimento alle condizioni dell'impianto di riscaldamento, pervenendo alla conclusione che la questione dell'adeguatezza dell’impianto non avesse costituito oggetto di specifica valutazione da parte dei contraenti, tanto più in considerazione della circostanza pacifica che la verifica delle condizioni dell’impianto era stata fatta in epoca successiva alla stipula del preliminare.

Clausole di stile e interpretazione del contratto: l’orientamento della giurisprudenza

La sentenza in commento si pone nel solco dell’orientamento costante della giurisprudenza che nega efficacia alla clausola che non risulti oggetto di specifica pattuizione delle parti, definendola “di stile” sulla scorta dell’applicazione di quella che in dottrina è stata più volte indicata come una prassi. La valutazione delle circostanze di fatto che fondano la questione oggetto della sentenza appare invero dirimente, in quanto lo stato dell’impianto di riscaldamento dell’immobile non era stato verificato al momento della stipula del preliminare.

La salvaguardia dell’interesse delle parti impone, invero, la concreta verifica della volontà alla base della pattuizione, obiettivo prioritario dell’interprete che pur deve valutare la possibilità di salvaguardia dell’efficacia del contratto nel suo complesso.

Nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, come è stato più volte ricordato in giurisprudenza, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da escludere la ricerca di una volontà diversa, e il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, considerando le singole clausole in correlazione tra loro, a norma dell’art. 1363 c.c. (Cass. 28 agosto 2007, n. 18180).

E’ stato inoltre più volte chiarito dalla giurisprudenza di Cassazione che l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche; per cui non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati (Cass. 30 aprile 2010, n. 10554).

Esito:

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese.

Riferimenti normativi:

Art. 1362 c.c.

Art. 1363 c.c.

Art. 1366 c.c.

Art. 1367 c.c.

Art. 1041 c.c.

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