Penale

Sequestro: il terzo che ha diritto alla restituzione non può contestare i presupposti della misura cautelare

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale, in quanto proposta da un terzo non indagato, dunque soggetto non legittimato a proporre motivi attinenti ai presupposti del sequestro per equivalente (nella specie, il profilo del difetto del presupposto dell'incapienza dei beni degli indagati), la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 11 aprile 2022, n. 13706 – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui il tribunale del riesame aveva erroneamente dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di riesame proposta dal terzo interessato sul rilievo che se è riconosciuto il diritto del terzo interessato, proprietario del bene sequestrato, a proporre il riesame del decreto che dispone il sequestro del bene, tale diritto non potrebbe avere limiti e non potrebbe precludere al terzo di censurare il provvedimento genetico e i suoi presupposti di legittimità – ha riaffermato il consolidato principio secondo cui il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

Cass. pen. sez. VI, 14/09/2016, n. 42037

Cass. pen. sez. III, 20/02/2019, n 15139

Difformi

Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 324, c.p.p., sotto la rubrica «Procedimento di riesame», prevede, per quanto qui di interesse, al comma 1, che “La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro”.

Per i provvedimenti cautelari reali, legittimato ad avanzare richiesta di riesame è il soggetto "interessato". Locuzione, quest'ultima, con cui si intende fare riferimento alle persone cui le cose sono state sequestrate e a quelle che avrebbero diritto alla loro restituzione (è tale anche colui che utilizzava illegittimamente il bene sequestrato: Cass. pen. sez. III, 30/4/1999, Min. fin., in CP, 2000, 1350). Ad es., non è legittima l'impugnazione proposta dal comandante di una nave nell'interesse dell'armatore in tema di sequestro di navi, poiché laddove vi siano degli accertamenti di carattere penale non trova applicazione l'art. 309, comma 1, c. nav. Legittimato a proporre la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro di una nave è l'armatore, quale titolare dell'impresa di navigazione, il quale può vantare un diritto alla restituzione del bene vincolato (Cass. pen. sez. I, 5/10/2000, Valantasis, in Mass. Uff., 218929). Altrimenti, la persona che non rivesta la qualità di soggetto titolare del diritto alla restituzione delle cose sequestrate non è legittimata ad impugnare (Cass. pen., Sez. II, 26.6.2001, Noè, in Mass. Uff., 219861).

Il tema oggetto di attenzione nel provvedimento qui commentato riguarda la legittimazione del terzo non indagato. Orbene, secondo l'indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all'indagato, senza potere contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare (Cass. pen. sez. III, n. 36347 dell’11/07/2019, P., CED Cass. 276700, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12-bis).

Va ricordato che, ai sensi del D.Lgs. n. 74/2000, art. 12-bis la condanna per taluni dei delitti previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 comporta invariabilmente "la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto". In particolare, la confisca per equivalente - e, prima ancora, il sequestro ad essa funzionale - ha la finalità di impedire che l'impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso (Cass. pen. sez. III, n. 10120 del 01/12/2010, P., CED Cass. 249752).

Va, altresì, ricordato che, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei reati tributari, si ammette la praticabilità del sequestro preventivo a struttura mista (Cass. pen. sez. III, n. 38858 del 14/06/2016, F., CED Cass. 267631), ossia quello che prevede, come petitum cautelare, sia il sequestro in forma diretta (in via principale) che quello per equivalente (ma in via subordinata), subordinatamente cioè all'impossibilità di esecuzione del primo, nel senso che l'eseguibilità del sequestro di valore si pone in stretta relazione con il verificarsi dell'impossibilità di eseguire quello in forma specifica. Ferma la legittimità del decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca che presenti una struttura "mista", prevedendo, in via principale, la sottoposizione a vincolo, a titolo di sequestro diretto, del profitto dei reati conseguito dalla persona giuridica e, subordinatamente all'accertata impossibilità di esecuzione di questo, il sequestro di un valore equivalente nella disponibilità del legale rappresentante dell'ente (Cass. pen. sez. III, n. 46973 del 10/05/2018, CED Cass. 274074), la circostanza che, per disporre subordinatamente il sequestro in funzione della confisca per equivalente, si debba procedere ad accertare l'impossibilità di esecuzione del sequestro in via diretta del profitto del reato, non rileva e non ha riflessi sul terzo estraneo al reato proprietario dei beni sequestrati in via equivalente. Si è già visto come la confisca per equivalente - e, prima ancora, il sequestro ad essa funzionale - ha la finalità di impedire che l'impiego economico dei beni di provenienza delittuosa possa consentire al colpevole di garantirsi il vantaggio che era oggetto specifico del disegno criminoso e, a differenza della confisca diretta, impone un vincolo di valore corrispondente al profitto del reato che risulta in sè non più (in tutto o in parte) aggredibili. Per queste ragioni si afferma il principio della verifica dell'incapienza. Ciò sta a significare che il requisito del previo accertamento dell'incapienza dei beni degli indagati attiene ai requisiti di legittimità del sequestro che non il terzo non è legittimato a prospettare. Ma tale presupposto di legittimità del sequestro non rileva per il terzo che, proprietario del bene, è del tutto indifferente rispetto alla questione: egli, infatti, per domandare la restituzione del bene, unica richiesta di interesse, deve unicamente allegare la situazione giuridica con la cosa sequestrata che fonda il suo diritto alla restituzione e l'assenza di contributo nel reato.

Tanto premesso, nel caso in esame, un soggetto, terzo interessato, proprietario delle quote sociali di una s.r.l., si era visto dichiarare inammissibile dal Tribunale l'istanza di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale, nell'ambito di indagini svolte in relazione a plurime violazioni del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2, 5 e 8 e art. 416 c.p. In particolare, il Tribunale, premesso che il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale, nell'ambito di indagini svolte nei confronti di numerosi soggetti indagati di reati fiscali e associazione a delinquere, disponeva il sequestro diretto del profitto del reato e per equivalente su beni mobili, immobili o altre disponibilità di due indagati, e che era stato eseguito per equivalente sul 100% delle quote sociali della s.r.l., di proprietà del terzo istante, aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riesame di quest’ultimo in quanto non legittimato a proporre motivi attinenti ai presupposti del sequestro per equivalente e quindi del profilo del difetto del presupposto dell'incapienza dei beni degli indagati.

Ricorrendo in Cassazione, il terzo proprietario delle quote sociali della s.r.l. sosteneva invece che il tribunale del riesame aveva erroneamente dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di riesame da lui proposta sul rilievo che se è riconosciuto il diritto del terzo interessato, proprietario del bene sequestrato, a proporre il riesame del decreto che dispone il sequestro del bene, tale diritto non potrebbe avere limiti e non potrebbe precludere al terzo di censurare il provvedimento genetico e i suoi presupposti di legittimità.

La Cassazione, nel disattender la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra, ribadendo il consolidato orientamento secondo cui in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, tra cui il profilo dell'indagine sull'incapienza dei beni da sottoporre a confisca in via diretta, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato (si vedano al riguardo: Cass. pen. sez. VI, n. 42037 del 14/09/2016, T., CED Cass. 268070; Cass. pen. sez. III, n 15139 del 20/02/2019, O., inedita).

Una volta che il terzo dimostri l'effettività del contenuto del diritto di proprietà di cui è formalmente titolare, vede riconosciuta la sua pretesa, indipendentemente dalla sussistenza del fumus del reato ascritto all'indagato. Tali principi per la S.C. non subiscono, non essendovi ragioni giuridiche, deroghe nel caso, come quello in esame, in cui il sequestro disposto dal Giudice, è a struttura mista. Da cui l'affermazione che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato, nella specie neppure dimostrate dal terzo.

Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 324, co. 1 c.p.p.

Copyright © - Riproduzione riservata

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