Società, Banca e Impresa

Mancanza degli estratti conti: quando si applica il c.d. saldo zero?

Con sentenza n. 1228, pubblicata il 22 giugno 2022, il Tribunale di Padova ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo spiegata dalla società e dal suo fideiussore, richiamando alcuni noti principi giuridici della giurisprudenza di legittimità in materia di prova del credito ed indeterminatezza delle commissioni di massimo scoperto.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:

Cass. civ. Sez. I, 19 settembre 2013 n. 21466

Cass. civ. Sez. I, 20 settembre 2013 n. 21597

Trib. Siena, sent. 18/01/2021, n. 16

Difformi:

Non si rinvengono precedenti

Il caso

Gli opponenti lamentavano:

i) l’applicazione di condizioni economiche illegittime, quali tassi debitori per aperture di credito non pattuiti per iscritto, commissioni di massimo scoperto nulle per indeterminatezza ed anatocismo illegittimo per il periodo successivo al 1/1/2014;

ii) l’assenza di prova del credito della banca per assenza agli atti degli estratti conto iniziali del conto corrente;

iii) la nullità totale o parziale della fideiussione specifica rilasciata dall’intermediario per conformità al modello ABI del 2003 oggetto del Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005 e conseguente violazione della disciplina a tutela della concorrenza.

Si costituiva l’opposta, la quale:

i) eccepiva l’inammissibilità della domanda di rideterminazione del saldo;

ii) eccepiva la prescrizione degli indebiti per il periodo anteriore al 22/9/2010;

iii) rilevava come il garante non potesse opporre alcuna eccezione, alla luce dell’autonomia della garanzia prestata.

Rigettata la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, il Tribunale concedeva termini per il deposito delle memorie istruttorie e disponeva consulenza tecnica d’ufficio.

Veniva infine fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni e discussione orale ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c.

La decisione

Il Tribunale padovano, all’esito dell’accertamento peritale, riteneva l’opposizione fondata per insussistenza del credito della banca.

La richiesta di pagamento dell’opposta aveva ad oggetto il saldo negativo di un conto corrente di cui non erano stati prodotti gli estratti conto dall’inizio del rapporto, circostanza che ha fatto sì che venisse applicato il c.d. saldo zero.

In particolare, la banca attrice sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a fronte delle contestazioni di nullità di talune clausole negoziali da parte dell’opponente, avrebbe dovuto dimostrare il credito vantato in sede monitoria, producendo in giudizio i contratti e tutti gli estratti conto integrali dalla data di inizio del rapporto (Cass. civ. Sez. I, 19 settembre 2013 n. 21466).

Nel caso in cui tale produzione documentale difetti o non sia integrale, se il primo estratto conto è a debito per il correntista, occorrerà azzerare il saldo ivi riportato, facendo utilizzo di un criterio pratico di contemperamento tra l’esigenza di garantire l’esame nel merito della domanda del creditore con il rispetto dell’onere probatorio che grava su questi in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.

Del resto, spiega il Giudice veneto, l’opposta tesi - quella cioè che nega la validità alla teoria del c.d. saldo zero - comporterebbe effetti ancora più negativi per il creditore, quale il definitivo rigetto della domanda, ancor prima di una verifica tecnica che muova dall’azzeramento del saldo, per assenza di dati contabili certi per operare la ricostruzione (Cass. civ. Sez. I, 20 settembre 2013 n. 21597).

Nel caso di specie l’intermediario non aveva proceduto al deposito della documentazione contabile con conseguente azzeramento del saldo del primo estratto conto agli atti.

Viene poi precisato che il c.d. saldo zero non è oggetto di previsione normativa, ma rappresenta la semplice trasposizione in materia bancaria del generale principio dell’onere della prova che informa tutta la disciplina processuale civilistica.

Di converso, la mancata produzione degli estratti conto integrali da parte dell’istituto di credito non può costituire un vantaggio probatorio per il correntista che ha svolto - in via riconvenzionale - domanda di accertamento del saldo del conto corrente con efficacia di giudicato.

Come plasticamente chiarito dalla sentenza in commento, l’onere di dover fornire tutti gli estratti conto graverebbe comunque sul correntista, per cui egli non potrebbe servirsi del vuoto documentale allo stesso imputabile per sfruttare in suo favore la corrispondente inerzia della banca al fine di ottenere un saldo positivo di misura più consistente, in ragione dell’applicazione del saldo zero.

In altri termini, l’accertamento del saldo operato dal Tribunale avrebbe natura incidentale, teso alla sola verifica dell’esistenza o meno di un credito della banca a fronte della domanda monitoria.

Tanto precisato, il Tribunale di Padova passava all’esame della seconda doglianza degli opponenti relativa all’assenza di pattuizione per iscritto delle condizioni economiche applicate al conto corrente, in relazione ai tassi ed alle spese relative agli affidamenti concessi sul rapporto principale.

In particolare, gli opponenti affermavano che il contratto di conto corrente prevedeva il tasso debitore per soli “sconfinamenti oltre il fido, scoperti in assenza di fido e tasso di mora”, senza tuttavia indicare il tasso per aperture di credito o rapporti di anticipazione di fatture; rapporti contrattuali che, nel caso di specie, erano stati conclusi ed effettivamente eseguiti.

A parere del Giudice, anche detta eccezione era da ritenersi fondata. Infatti, dall’istruttoria era emersa la sussistenza di due rapporti di affidamento non regolati da contratto scritto.

L’esame degli estratti conto da parte del consulente tecnico evidenziava che la banca aveva applicato interessi debitori su una doppia base di calcolo, corrispondente ad altrettanti rapporti contrattuali: da un lato, un fido di cassa e dall’altro lato, un rapporto di anticipi fatture, in entrambi i casi non corrispondenti a pattuizioni scritte e, inoltre, divergenti dai tassi pattuiti con il cliente con il contratto di conto corrente in relazione agli sconfinamenti.

Ciò trovava ulteriore conferma nelle risultanze della Centrale dei Rischi da cui emergeva la segnalazione del cliente nella categoria “rischi a revoca” in epoca antecedente alla prima apertura di credito per iscritto.

Raggiunta dunque la prova della sussistenza di due rapporti non regolati per iscritto e riscontrata la violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B., il Tribunale procedeva al ricalcolo del saldo del rapporto del conto corrente oggetto di causa mediante applicazione del tasso sostitutivo previsto dall’art. 117, comma 7, T.U.B., con espunzione delle spese e degli oneri non pattuiti per iscritto e applicati dall’intermediario fino alla data della prima apertura di credito per iscritto.

Quanto alle commissioni di massimo scoperto, anche questi oneri venivano espunti dal calcolo del saldo debitore attesa la loro indeterminatezza e conseguente violazione dell’art. 1346 c.c.

Da un lato, difettava l’indicazione della periodicità dell’addebito, dall’altro lato, mancava una chiara descrizione della base di calcolo della commissione, il che impediva al correntista l’individuazione dell’onere economico da lui assunto per tale voce: “La commissione di massimo scoperto, per assurgere al requisito della determinatezza e determinabilità, deve anzitutto essere oggetto di pattuizione scritta: in particolare, ai sensi degli artt. 117TUB e 1346 c.c., per la sua validità devono ricorrere i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo da imporre al cliente, il che accade quando siano previsti sia il tasso percentuale della commissione, sia la base ed i criteri di calcolo, sia la periodicità di addebito, in assenza dei quali non può nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell’effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo “peso” economico …” (Ex multis, Tribunale di Siena, sentenza n. 16 del 18.01.2021).

Da ultimo, il Tribunale di Padova ha provveduto ad eliminare ogni addebito conseguente all’indebita capitalizzazione degli interessi per il periodo successivo all’entrata in vigore della Legge di Stabilità del 2014.

Veniva – difatti - accertata la violazione del divieto di anatocismo sancito dall’art. 120 comma 2, T.U.B.  come modificato dalla L. n. 147 del 2013 il quale prevede che : “Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.

A parere del Giudicante, atteso che tale disposizione presenta un contenuto precettivo già chiaramente definito, che non necessita di essere ulteriormente specificato dalla delibera attuativa del CICR (fonte subordinata) l’intermediario avrebbe, in ogni caso, dovuto collocarsi nel solco dell’art. 120 T.U.B., rispettando il divieto di anatocismo ivi sancito; ne consegue la corretta espunzione ogni onere per anatocismo successivo all’entrata in vigore della predetta legge.

Riferimenti normativi:

Art. 117, D.Lgs n. 385/1993

Art. 120, D.Lgs n. 385/1993

Art. 1346 c.c.

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