Amministrativo

Appalto: legittima la scelta di inserire nel bando criteri premiali per assicurare la parità di genere

È legittima la scelta della stazione appaltante di contemplare nel bando l’attribuzione di un punteggio premiale per la previsione di meccanismi atti ad assicurare la c.d. parità di genere, pur in presenza di una gara non finanziata con fondi europei. Ai sensi dell’art. 30 comma 1 del D.lgs. n. 50/2016, il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali. Lo stabilisce il Tar Lazio, sez. V, sentenza 8 marzo 2023, n. 3873.

Il Tar capitolino ritiene legittima la scelta della stazione appaltante di contemplare nel bando l’attribuzione di un punteggio premiale per la previsione di meccanismi atti ad assicurare la c.d. parità di genere, pur in presenza di una gara non finanziata con fondi europei (in riferimento alla quale secondo l’appellane, al contrario, non dovrebbe trovare applicazione la relativa disciplina sovranazionale).

Era infatti richiesta nel bando di gara la sussistenza di percentuali di donne in ruoli apicali e l’assenza di verbali di discriminazione di genere, che il ricorrente riteneva illegittimi, poiché la facoltà di inserire requisiti di tal genere all’interno di bandi volti all’affidamento di contratti pubblici sarebbe stata introdotta – per la prima volta – con l’art. 47, comma 4 (“Pari opportunità e inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC”) del D.L. n. 77/2021 (c.d. “Decreto Semplificazioni Bis”, convertito con modificazioni in legge 29 luglio 2021, n. 108) e quindi solo in relazione a gare relative a contratti pubblici PNRR e PNC. Sempre secondo il ricorrente, dato che la procedura di gara non era finanziata da fondi europei, la stazione appaltante non avrebbe potuto inserire i suddetti criteri premiali.

L’adito Tar smentendo la tesi della parte ricorrente, ha rilevato che, ai sensi dell’art. 30, comma 1 del D.lgs. n. 50/2016, il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali.

È lo stesso art. 95, comma 6, lett. a), D.Lgs. n. 50/2016 ad aver previsto che, fra i criteri di valutazione di un’offerta, possa rientrare “la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali”.

La scelta compiuta in sede di redazione del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano investito sulle misure atte a scongiurare discriminazioni fondate su ragioni di genere è quindi senz’altro legittima ed esente da censure.

Se, come ricordato dalla stessa ricorrente, nel caso di procedure di selezione atte all’attribuzione di fondi europei è lo stesso ordinamento comunitario a prevedere tali meccanismi premiali, è pur vero che l’ordinamento interno ha di recente investito in equivalenti strumenti di tutela.

In questo senso, deve essere menzionata la previsione di cui all’art. 34, D.L. n. 36 del 30 aprile 2022, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79, che ha modificato gli articoli 93 e 95, D.Lgs. n. 50/2016, estendendo detta tutela anche alle gare diverse da quelle finanziate con risorse PNRR o PNC ex art. 47, D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021, n. 108 (“Compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al maggiore rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell’impatto generato di cui all’articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l’offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggiore punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero, e l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198”).

Esito:

Rigetta il ricorso

Riferimenti normativi:

Art. 30 Cod. contratti pubblici

Art. 95, co. 6, lett. a), Cod. contratti pubblici

Copyright © - Riproduzione riservata

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