Famiglia, minori e successioni

No all'assegno per il figlio ultra maggiorenne: vale il principio di autoresponsabilità

Con sentenza del 20 settembre 2023, n. 26875, la Cassazione civile si è pronunciata sul diritto del figlio ultramaggiorenne, che ancora non ha completato il proprio percorso di studi universitario ma che è in grado di trovare occupazione, a percepire un assegno di mantenimento. La Suprema Corte ha, in particolare, negato l’esistenza di questo diritto, tenuto conto, da un lato, della funzione del mantenimento, che è educativa (in tanto esiste il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, in quanto questo sia inserito all’interno di un progetto educativo e formativo), dall’altro del principio di autoresponsabilità, per il quale il figlio ha diritto a scegliere un percorso formativo compatibile con le sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, ma è necessario tenere conto delle condizioni economiche dei genitori, di guisa che si può esigere che il figlio si attivi al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, nelle more dell’attesa di un’occupazione più idonea.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi:

Cass civ., 29264/2022

Cass civ., 37366/2021

Difformi:

Non si rilevano precedenti in materia

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26875 pubblicata in data 20 settembre 2023, ha deciso in merito al diritto del figlio “ultramaggiorenne” che, pur in possesso di diploma specialistico e in grado di trovare occupazione, frequenta senza profitto l’università.

Per quanto riguarda i fatti di causa, il Tribunale di Roma pronunziava sentenza di divorzio di due coniugi, disponendo il versamento, a carico del marito, di un assegno di mantenimento a favore della moglie e della figlia, prevedendo a carico del marito inoltre il 50% delle spese straordinarie per la figlia.

Proposto appello, la Corte d’Appello di Roma riformava parzialmente la sentenza di primo grado, riducendo l’ammontare dell’assegno di mantenimento a favore della moglie ma non escludendolo, tenuta in debita considerazione la capacità reddituale e lavorativa del marito, imprenditore individuale, la durata ventennale del matrimonio, il fatto che la moglie non ha mai lavorato e l’infermità della stessa.

La Corte d’Appello non ha invece ritenuto di eliminare o ridurre l’assegno disposto in favore della figlia maggiorenne, tenuto conto che la medesima aveva sì dapprima frequentato l’università senza profitto, ma che al tempo della decisione aveva quasi concluso il nuovo percorso di studi e si era pure dovuta occupare dell’infermità della madre, di guisa che ci si trovava al cospetto di un figlio maggiorenne non autosufficiente, meritevole pertanto di assegno di mantenimento.

Il marito ricorreva in Cassazione lamentando, fra l’altro, che la Corte d’Appello aveva errato a ritenere sussistenti i requisiti per il versamento dell’assegno di mantenimento a favore della figlia, atteso che la medesima, ormai trentaquattrenne, era da tempo odontotecnica ma che non aveva mai cercato un lavoro coerente con detto titolo di studio, non avendo poi – a dieci anni di distanza dalla prima iscrizione universitaria – mai conseguito la laurea.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la censura del marito. La sentenza prende le mosse dalla considerazione che, di regola, il figlio maggiorenne non ha diritto a percepire alcun assegno di mantenimento se non a determinate condizioni, seguendo un iter argomentativo basato sulla funzione educativa del mantenimento e sul principio di autoresponsabilità.

Anzitutto, la Corte rammenta che l’art. 30 della Costituzione sancisce il dovere e il diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli, secondo una correlazione ineliminabile tra funzione educativo-formativa ed obbligo di mantenimento: ritiene la Corte che sussiste uno stretto collegamento tra mantenimento e formazione, poiché in tanto esiste il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, in quanto questo sia inserito all’interno di un progetto educativo e formativo. Tale relazione è pertanto idonea a circoscrivere la portata del mantenimento, sia in termini di contenuto che di durata.

In secondo luogo, ritiene la corte che l’art. 337 septies c.c. debba essere interpretato in un’ottica di assunzione di responsabilità in capo al figlio ormai maggiorenne. Pertanto, il figlio ha diritto a scegliere un percorso formativo compatibile con le sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, ma è necessario tenere conto delle condizioni economiche dei genitori, di guisa che si può esigere che il figlio si attivi al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, nelle more dell’attesa di un’occupazione più idonea. Ritiene la Corte essere un dovere del figlio la ricerca, ad una data età, dell’autosufficienza economica, secondo il principio di autoresponsabilità nel saper contemperare le aspirazioni in direzione di un determinato lavoro con il concreto mercato che il lavoro offre.

Puntualizza inoltre la Corte, in ragione dell’assistenza prestata dalla figlia alla madre inferma e del collegamento sostenuto tra le cure prestate e l’impossibilità di trovare occupazione, che l’esigenza di assistere un’altra persona non fa venire meno il dovere del figlio di assumersi le proprie responsabilità anche economiche, onde consentire di poter provvedere non solo a sé stesso ma anche ai familiari. Anzi, la necessità di doversi occupare di altri soggetti costituisce valido incentivo in questo senso.

La Corte pertanto ha cassato la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui ha disposto l’assegno di mantenimento a favore della figlia maggiorenne, esprimendo i seguenti principi di diritto:

1. In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto”, in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa”

2. I principi della funzione educativa del mantenimento dell’autoresponsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l’estensione dell’obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un’occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel “figlio adulto” l’attesa ad ogni costo di un’occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata”

3. I principi della funzione educativa del mantenimento e dell’autoresponsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l’estensione dell’obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un’occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando fra di loro, ove si verifichi tale evenienza, il bisogno di particolari attenzioni o cure del genitore convivente con i doveri verso sé stesso, la propria vita e la propria indipendenza economica, potendo tale necessità unicamente giustificare, dopo la maggiore età, meri ritardi nel conseguire la propria autonomia economico-lavorativa, ma mai costituire, nel figlio adulto, che anzi è allora tanto più tenuto ad attivarsi, ragione della completa elisione dei doveri verso sé stesso, anche in vista della propria vita futura”.

Riferimenti normativi:

Art. 337 septies c.c.

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