Penale

La accettazione della remissione di querela può avvenire anche dopo la ricusazione da parte del querelato

Con l’interessante sentenza del 10 ottobre 2023 il Tribunale di Avezzano ha affermato che a fronte della remissione di querela da parte della persona offesa il querelato ha la possibilità di accettare la detta remissione anche ove abbia precedentemente e in maniera specifica ricusato la remissione in fase di indagini preliminari. Ciò in quanto la remissione di querela rimane irremovibile una volta formalizzata, non richiedendo, in ragione della sua natura di atto giuridico unilaterale in sé perfetto, adesioni da parte del querelato, il quale può solo renderla inefficace ricusandola e, se del caso, rimuoverla con una accettazione espressa o tacita, anche successiva.

I fatti

Tizio viene portato a processo con l’accusa di esercizio arbitrario delle private ragioni mediante violenza personale ex art. 393 c.p. per avere minacciato indirettamente il proprio creditore di fargli del male ove non avesse adempiuto la propria obbligazione pecuniaria.

In fase di indagini preliminari la persona offesa rimetteva la querela e l’indagato ricusava tale remissione.

In sede di udienza predibattimentale il difensore dell’imputato Tizio, munito di procura speciale rilasciata successivamente alla ricusazione formulata dall’indagato, formalizzava l’accettazione della remissione di querela.

Il Giudice del dibattimento, dopo essersi ritirato in camera di consiglio per risolvere tale peculiare vicenda processuale, pronunciava sentenza di non doversi procedere ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 129 e 340 c.p.p. per essersi il reato estinto per intervenuta remissione e conseguente accettazione di querela.

La quaestio iuris

L’interessante iter motivazionale della sentenza di merito che offre alimento al presente contributo prende le mosse dalla considerazione secondo la quale il delitto di ragion fattasi normativizzato all’art. 393 c.p. risulta procedibile a querela della persona offesa anche nell’ipotesi di ricorrenza dell’aggravante dell’uso dell’arma, la quale incide sul trattamento sanzionatorio ma non produce riverberi sul regime di procedibilità.

Fatta tale indispensabile premessa il giudice del merito si avventura in un sentiero inesplorato e privo di dati nomologici specifici: la quaestio iuris attiene all’ipotesi in cui alla remissione della querela da parte della persona offesa faccia seguito la ricusazione della remissione da parte dell’indagato e alla possibilità che a tale ricusazione faccia seguito l’accettazione della remissione della querela con conseguente perfezionamento del c.d. perdono privato e blocco del rapporto processuale.

Il giudice del merito prende le mosse dall’istituto della remissione di querela disciplinato agli artt. 152 c.p. e 340 c.p.p. evidenziando come nei reati procedibili a querela di parte lo Stato lasci alla persona offesa la decisione se dare impulso a un accertamento penale ed eventualmente alla irrogazione di una sanzione penale nei confronti del soggetto resosi responsabile di un determinato illecito penale.

Ove la persona offesa, prima che la sentenza di condanna divenga irrevocabile (e salvi i casi di irrevocabilità della querela come nei casi di cui all’art. 609-septies c.p.), ha la possibilità di rinunciare al processo penale così decretando la fine del rapporto processuale e consentendo l’estinzione del reato, in ragione del venir meno dell'interesse statale alla punibilità del colpevole.

La persona offesa, che pure ha la possibilità di rinunciare a monte (ai sensi degli artt. 124 e 339 c.p.p.) alla proposizione della querela, ove ritenga, successivamente alla formalizzazione della notitia criminis, di rimetterla manifesta l’intenzione di concedere il perdono privato al querelato con atto unilaterale in sé perfetto e irrevocabile.

Ora, nulla quaestio ove alla remissione della querela segua l’accettazione della stessa da parte del querelato: in tal caso venendo meno la condizione di procedibilità il rapporto processuale penale si arresta e il reato si estingue.

Il problema si pone nell’ipotesi in cui il querelato inizialmente ricusi la remissione di querela.

Quid iuris?

Secondo il giudice del merito, facendo una escursione nel diritto civile è possibile verificare come, dal momento che la remissione non può essere soggetta a condizioni o termini e risulti un atto unilaterale in sé perfetto, la stessa risulti irrevocabile.

Per altro verso l’accettazione della querela può intervenire in qualunque momento individuandosi la dead line solo nella intervenuta irrevocabilità della sentenza di condanna.

Con la conseguenza che anche ove inizialmente il querelato abbia ricusato la remissione di querela bene potrà lo stesso accettare, successivamente, la remissione conseguendo una pronuncia di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato.

La domanda da porsi preliminarmente è se l'atto di remissione, fermo l’effetto impeditivo dell'effetto estintivo in caso di mancata accettazione della remissione o di ricusazione ai sensi dell’art. 155, comma 1, c.p.p., rimanga fermo come atto potenzialmente idoneo a detonare l’effetto estintivo in caso di manifestazione di volontà contraria da parte del querelato.

Anzitutto stante la non patrimonialità della materia l’accettazione della remissione di querela non può assimilarsi, in un’ottica di astrazione delle norme e nella ricerca di un profilo di coerenza ordinamentale, alla disciplina dell’accettazione dell’offerta di cui all’art. 1329 c.c. così come alla disciplina del rifiuto della proposta irrevocabile diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo a carico del proponente di cui all’art. 1333 c.c. e che prevede che in mancanza del rifiuto che arrivi entro un certo termine il contratto si ritiene concluso. In altri termini, non vi sono addentellati normativi che possano in qualche modo frustrare l’affidamento del querelante a una successiva accettazione della remissione alla querela e al conseguente e succedaneo effetto estintivo del reato.

A parere del perspicace giudice del merito la disciplina civilistica assimilabile ed utilmente esportabile alla vicenda sub judice sarebbe, per contro, quella della rinuncia alla eredità e di cui all’art. 525 c.c. Secondo tale disciplina il chiamato all’eredità che abbia rinunciato all’eredità ben potrebbe togliere effetto a tale rinuncia ove l’accettazione dell’asse ereditario, espressa o tacita, avvenga prima che vi sia stata l’accettazione da parte di altro chiamato all’eredità o che il diritto si sia prescritto. Si badi come nel caso di specie non si versi al cospetto di una revoca della rinuncia all’eredità tanto che la vocatio ereditaria non viene ripristinata con i correlativi tempi di prescrizione, ma semplicemente superata dalla successiva accettazione.

Analogamente nel caso della remissione della querela bene, dunque, il querelato che abbia ricusato la remissione potrà accettare la stessa sino a che la sentenza non sia divenuta irrevocabile in considerazione del fatto che una volta che la persona offesa ha abbandonato il proposito di procedere penalmente nei confronti dell'autore del reato perseguibile a querela, con ciò manifestando un disinteresse alla prosecuzione del rapporto processuale penale e il proposito di concedere il perdono privato all’agente, anche lo Stato non ha più nessun interesse a intervenire, lasciando libero il querelato di accettare la remissione di querela così perfezionando la fattispecie estintiva del reato; tanto più che anche il ristoro delle spese, disciplinato all’art. 340 c.p.p., risulta assicurato e posto in capo al querelato.

Tale soluzione ermeneutica, pienamente condivisibile, si pone del resto in linea con gli insegnamenti del massimo consesso della Corte Suprema di cassazione (Cass. pen., Sez. Un. 13/7/20211, M.) a mente della quale la mancata comparizione in udienza del querelato, informato dell’avvenuta remissione della querela o comunque messo in grado in conoscerla, determina l’assenza della “ricusa” necessaria a paralizzare il perfezionamento della fattispecie estintiva del reato.

Ed in effetti anche tale abbrivio giurisprudenziale prende le mosse dalla configurazione dell’istituto della remissione di querela quale atto giuridico unilaterale, che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazioni o adesioni del querelato, il quale può solo rifiutarla e, quindi, rendere inefficace la remissione, impedendo la declaratoria di improcedibilità.

Conclusivamente e aderendo alle considerazioni giuridiche svolte dal giudice avezzanese, la remissione di querela rimane irremovibile una volta formalizzata, non richiedendo, in ragione della sua natura di atto giuridico unilaterale in sé perfetto nonché irrevocabile, adesioni da parte del querelato, il quale può solo renderla inefficace ricusandola e, se del caso, rimuoverla con una accettazione espressa o tacita.

Riferimenti normativi:

Art. 152 c.p.

Art. 155 c.p.

Art. 340 c.p.p.

Art. 525 c.c.

Copyright © - Riproduzione riservata

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