Procedura civile

Mediazione e provvedimenti cautelari: compatibilità e termini

La Cassazione, con sentenza 12 ottobre 2023 n. 28695, definisce due principi di diritto. Il primo è quello secondo il quale l’ottenimento di un provvedimento di sequestro giudiziario in una delle materie previste dall’art. 5 comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 non esonera dall’esperire il tentativo di conciliazione prima di promuovere il giudizio di merito, con il secondo, si afferma invece che l’impugnabilità in appello della decisione del giudice che, a fronte di un’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento del tentativo di conciliazione, erroneamente non ritenga da esperire la mediazione. Precisa, inoltre, che la Corte è tenuta a rinnovare l’atto nullo e pertanto a concedere il termine per esperire il tentativo di conciliazione.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI:

Conformi:

Corte cost. n. 190/1985

Cass. civ. sez. Unite, n. 17781/2013

Trib. Milano n. 13360/2016

App. Palermo n. 1245/2017

Difformi:

Cass. civ. sez. Unite 18 settembre 2020, n. 19596

Il caso

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato nel 2015, la società X ha chiesto alla società Y la restituzione di beni mobili di cui si dichiarava proprietaria ed in relazione ai quali aveva già ottenuto sequestro giudiziario ante causam.

Nel costituirsi, la società Y eccepiva il mancato esperimento del tentativo di conciliazione ex d. lgs. 28/2010 trattandosi di materia vertente su diritti reali. Il giudice di prime cure disattendeva l’eccezione ritenendo lo stesso incompatibile con l’osservanza del termine perentorio per l’inizio del procedimento di merito previsto dall’art. 669 octies c.p.c.

La Corte d’Appello adita dichiarava l’improcedibilità della domanda di merito per mancato esperimento dell’obbligatorio tentativo di conciliazione riformando la sentenza di primo grado, senza concedere il termine per avviare la mediazione.

Il ricorso di legittimità si articola su due motivi in relazione ai quali la Corte ha ritenuto sussistere “una questione di diritto di particolare rilevanza, oggetto di contrastanti interpretazioni sia nella giurisprudenza di merito che in dottrina”.

Il primo motivo: rapporto tra termine della mediazione e termine di avvio del giudizio di merito previsto dall’art. 669 octies c.p.c.

La Cassazione mette in evidenza il rapporto tra la condizione di procedibilità imposta dal D.Lgs. 28/2010 (nella formulazione antecedente alle modifiche del 2018 e, a fortiori, a quelle introdotte con la riforma Cartabia) e il termine per l’avvio del procedimento di merito successivo alla concessione dei provvedimenti cautelari.

In particolare, l’analisi si concentra sul rapporto tra la durata della mediazione, non superiore a tre mesi, e il termine per instaurare il procedimento di merito nell’ipotesi di provvedimenti cosiddetti conservativi, non superiore a sessanta giorni, decaduto il quale perde efficacia la cautela.

Come evidenziato dai Giudici di legittimità, i provvedimenti cautelari sono sempre concedibili anche in pendenza di mediazione, come espressamente previsto dal comma terzo (oggi quinto), ai sensi del quale “Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale”.

Tale previsione normativa è una coerente applicazione del principio, riconosciuto con sentenza 190 del 1985 della Corte Costituzionale, secondo cui il giudice ha il potere di emanare i provvedimenti necessari ed idonei ad assicurare la tutela di quel diritto assistito dal fumus boni iuris che risulti “minacciato da pregiudizio imminente e irreparabile provocato dalla cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria”.

È essenziale evidenziare il richiamo della Corte al fatto che la predetta disposizione tutela la possibilità di invocare la misura cautelare ante causam e non la procedibilità del giudizio di merito da cui dipende il mantenimento dell’efficacia del provvedimento cautelare.

Venendo all’applicazione nel caso concreto, con il primo motivo di gravame, è stata contestata la decisione della Corte d’Appello, nella parte in cui ha “ritenuto che l’attore in rivendica avrebbe dovuto avviare la procedura di mediazione, potendo, al contempo, promuovere il giudizio di merito entro il termine perentorio previsto dall’art. 669 octies c.p.c.”

La Corte di legittimità respinge il gravame evidenziando, in primo luogo, che non può essere considerato ammissibile un esonero dal tentativo di mediazione prima dell’avvio del procedimento di merito in caso in cui quest’ultimo sia successivo all’accoglimento di un provvedimento cautelare (diverso da quelli di cui all’art. 669 octies c.p.c.).

Inoltre, contesta quanto statuito dalla Corte d’Appello quando afferma che si sarebbe ben potuto avviare in contemporanea i due procedimenti (mediazione e merito).

Al di là delle assurde conseguenze pratiche in cui si troverebbe il giudice del merito di dover rinviare a successiva udienza la causa ove dovesse rilevare che la mediazione non si è ancora conclusa, vi è la previsione di interruzione dei termini di prescrizione e di decadenza stabilita dall’art. 5 comma 6 D.Lgs. n. 28/2010 (oggi art. 8 comma 2).

In applicazione di tale principio, chi vuole avviare il procedimento di merito successivamente all’ottenimento di un provvedimento cautelare in una materia tra quelle elencate nell’art. 5 comma 1 (già comma 1 e poi comma 1 bis) D.Lgs. n. 28/2010 potrà adempiere all’onere e preliminarmente promuovere il procedimento di mediazione senza tema di vedere decaduta la tutela cautelare del proprio diritto.

Qualora tale tentativo fallisse, la vecchia formulazione dell’art. 5 comma 6 D.Lgs. n. 28/2010 recitava: “se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo”. Tale previsione è ora stata eliminata dalla nuova formulazione dell’art. 8 comma 2, successivo alla riforma Cartabia. Si dovranno quindi attendere le nuove interpretazioni giurisprudenziali per comprendere il computo dei termini, anche se già in precedenza numerose sentenze avevano precisato che il termine iniziava a decorrere ex novo a seguito del verbale negativo (sul punto si richiamano seppur in tema di condominio la sentenza Cass. civ. sez. unite n. 17781/2013, Trib. Milano n. 13360/2016 e App. Palermo n. 1243/2017). Si ritiene che tale principio, incoerente con la ratio normativa, possa essere modificato anche dopo l’ultima riforma.

Il secondo motivo: rinnovazione dell’atto processuale nullo e assegnazione del termine per esperire la mediazione

Con il secondo motivo, che la Corte ha accolto, la ricorrente eccepiva la mancata assegnazione del termine per esperire il tentativo di conciliazione previsto dall’art. 5 comma 1 D.Lgs. n. 28/2010 (così come all’epoca vigente).

I giudici di legittimità evidenziano un aspetto essenziale per l’accoglimento del gravame: il procedimento e la sentenza di prime cure erano affetti da nullità per “l’erroneo mancato rilievo della improcedibilità della domanda […] tempestivamente eccepito dalla convenuta”. Il giudice di secondo grado avrebbe dovuto, dato atto della nullità, rinnovare gli atti nulli e quindi assegnare il termine per l’esperimento del tentativo di conciliazione.

Accogliendo tale gravame, pertanto, la Suprema Corte statuisce il principio per cui tale nullità può essere fatta valere a mezzo appello e per cui il giudice d’appello è tenuto a rinnovare gli atti nulli di primo grado, non potendo il medesimo disporre della rimessione al primo giudice.

La rinnovazione è, infatti, uno dei mezzi di sanatoria previsti dalla vigente normativa e comporta la sostituzione dell’elemento viziato del processo con un elemento conforme alle prescrizioni legislative.

Come ha evidenziato la Corte nella pronuncia in esame, è dovere del giudice, nel momento in cui pronuncia la nullità dell’atto processuale disporre (per gli atti ad impulso di parte) o provvedere (per gli atti di competenza del giudicante) alla rinnovazione degli atti nulli, dovere che trova il proprio fondamento nel principio di economia processuale.

Riferimenti normativi:

Art. 669 octies c.p.c.

Art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/2010 (oggi comma 1)

Art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 28/2010 (oggi art. 8 comma 2)

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