Lavoro e previdenza sociale

Illegittima la diversità delle fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale per i dipendenti pubblici e privati

È illegittimo il D.M. n. 206 del 17 ottobre 2017, adottato dal Ministro per la Semplificazione e per la Funzione pubblica, di concerto con quello del Lavoro e delle Politiche sociali, nella parte in cui, all’art. 3, ha lasciato invariate e differenziate le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, in caso di malattia, per i dipendenti di Amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, pur essendo stata ex ante demandata a tale fonte la loro armonizzazione dall’art. 55-septies, comma 5-bis, D.Lgs. n. 165/2001 (TAR Lazio, Roma, Sez. IV-ter, 3 novembre 2023, n. 16305).

Il TAR capitolino ha annullato il D.M. n. 206 del 17 ottobre 2017, adottato dal Ministro per la Semplificazione e per la Funzione pubblica, di concerto con quello del Lavoro e delle Politiche sociali, nella parte in cui ha lasciato invariate e differenziate le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, in caso di malattia, per i dipendenti di Amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, pur essendo stata ex ante demandata a tale fonte la loro armonizzazione dall’art. 55-septies, comma 5-bis, D.Lgs. n. 165/2001.

La medesima sentenza ha indicato che è sufficiente leggere l’art. 3 del decreto per concludere nel senso della non idonea attuazione della suindicata norma di legge.

In particolare, con riferimento al solo settore pubblico, le fasce orarie di reperibilità sono così indicate: 9-13 e 15-18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi.

Nulla è innovato rispetto al D.M. n. 206/2009, specificamente riferito solo ai dipendenti pubblici.

Deve osservarsi che per il settore privato le fasce orarie di reperibilità per la visita fiscale, anch’esse non modificate, sono completamente diverse: 10-12 e 17-19.

È, quindi, evidente che non è stata assicurata l’armonizzazione della disciplina dei settori pubblico e privato, alla quale il decreto era chiamato, relativamente alle fasce orarie di reperibilità, che sono rimaste profondamente differenziate, in modo decisamente più penalizzante per i dipendenti pubblici.

Come ha osservato il Consiglio di Stato nel parere reso con riguardo proprio al detto decreto, sussisteva la necessità di adeguare il quadro normativo allo sviluppo tecnologico dei sistemi di comunicazione digitale sia in ragione del progressivo allineamento della disciplina normativa concernente i dipendenti pubblici con quella relativa al settore privato, conseguente al processo di “privatizzazione” del pubblico impiego che ha avuto luogo a partire dall’inizio degli anni ‘90.

L’art. 3 in esame, nell'individuare quali fasce orarie di reperibilità i periodi ricompresi tra le ore 9 e le 13 e tra le ore 15 e le 18 di ciascun giorno, mantiene gli orari attualmente previsti per i pubblici dipendenti, lasciando dunque immutata la differenziazione tra dipendenti pubblici e privati, in relazione ai quali sono previste fasce orarie di reperibilità più brevi, ricomprese tra le ore 10 e le 12 e tra le ore 17 e le 19.

La mancata armonizzazione ha altresì determinato una disparità di trattamento tra settore pubblico e settore privato, a parere del Collegio, del tutto ingiustificata, considerato che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell’art. 3 Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza.

Il mantenimento delle differenziate fasce orarie, con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata) è indicativo anche di uno sviamento di potere. La stessa motivazione addotta dall’Amministrazione nell’interlocuzione con il Consiglio di Stato (il mancato allineamento delle fasce di reperibilità per il settore pubblico a quelle del privato è dovuto ad una minore incisività della disciplina dei controlli) è una dimostrazione del fatto che si parte dall’idea che per il settore pubblico servano controlli rafforzati. Tali controlli ripetuti, associati ad una restrizione delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall’art. 32.

In conclusione, il D.M. in questione è stato e annullato in parte qua e l’Amministrazione nell’adozione del nuovo decreto non potrà non tenersi conto di quanto affermato nel presente provvedimento.

Riferimenti normativi:

Art. 55-septies, comma 5-bis, D.Lgs. n. 165/2001

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