In materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241/1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano queste riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare. L’amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio ex art. 116c.p.a. non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nel giudizio, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive, e quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge. A stabilirlo è il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 dicembre 2023, n. 10498.
La sentenza in esame ha ribadito che in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della L. n. 241/1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano queste riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare.
In altri termini, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo e la tutela della riservatezza, opera il criterio generale della necessità ai fini della cura e della difesa di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali dell’accesso documentale.
La medesima decisione ha precisato che l’amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio ex art. 116c.p.a. non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nel giudizio, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive, e quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge.