IP, IT e Data protection

Epic Games v. Google: una apparente vittoria di Pirro?

Dopo la sconfitta in causa analoga subita due anni fa contro Apple, Epic Games (il produttore del noto gioco Fortnite) sembra prendersi la rivincita contro Google, tuttavia, come spesso accade, le cose non sono come appaiono. Vediamo perché.

La decisione che si commenta si inserisce in un duplice contenzioso che vede contrapporsi due delle più grandi Big Tech Company (Apple e Alphabet, cioè Google) contro il noto produttore del videogioco Fortnite, cioè Epic Games. Entrambe le Big Tech Company difendono le prerogative del loro “wallet garden”. Con questa espressione si definiscono quei sistemi che limitano gli utenti a utilizzare solo determinate applicazioni o servizi, spesso con l'obiettivo di mantenere un maggiore controllo sul mercato delle applicazioni disponibili sugli smartphone dei propri utenti, e quindi sia sugli sviluppatori sia sugli utenti stessi, stabilendo in anticipo se e quali applicazioni questi ultimi possono scaricare sui loro device. Ci si riferisce a IoS per Apple e a Google Play per Alphabet.

Lunedì 11 dicembre 2023, una giuria statunitense ha deciso che la policy Google relativa al suo app store viola le Sect. 1 e 2 dello Sherman Antitrust Act e del Cartwright Act californiano in materia di antitrust.

Come accennato, questo contenzioso conosce già un precedente negli Stati Uniti. Infatti, nel 2021, Epic Games e Apple si sono sfidati di fronte a una corte federale statunitense ove Epic Games contestava la rigidità del “wallet garden” di Apple, in particolare in merito al riconoscimento delle modalità di pagamento. Come si ricorderà, il giudice federale Gonzalez Rogers della Northern California District Court aveva emesso una decisione di compromesso: da un lato le pratiche restrittive di Apple venivano limitate, in particolare in merito all’accettazione dei metodi di pagamento, dall’altro lato la giudicante sanzionava Epic Games perché l’inserimento di un proprio sistema di pagamento violava il contratto di questa impresa con Apple. In conseguenza di ciò, Apple si è vista riconoscere il diritto di escludere Epic Games in modo permanente dal suo App Store. Inoltre, Epic Games è stata condannata a pagare circa 3,6 milioni di dollari ad Apple, corrispondenti al 30% dei ricavi generati da Fortnite attraverso il meccanismo di pagamento diretto, ritenuto da Apple una violazione delle sue regole, dato che si tratta della percentuale trattenuta dal gigante di Cupertino in caso di transazioni onerose via IoS.

Come osservato da diversi commentatori, siffatta causa ha comportato perdite economiche dirette e indirette per Epic Games, inclusi investimenti significativi e mancati guadagni derivanti dalla rimozione di Fortnite dall'App Store. I critici di questa decisione hanno sostenuto che in questo modo, Apple si vedeva garantita una posizione dominante grazie alla rigidità del suo “giardino recintato”.

Dopo questa débâcle giuridica ed economica per il produttore del videogioco, la decisione Epic Games v. Google era molto attesa nell’ambiente tecnologico. Epic Games aveva depositato già nel 2020 una istanza antitrust, anche questa veniva radicata presso la Federal District Court of the Northern California.

Nella causa, Epic Games sostiene che il Google Playstore, il negozio di applicazioni per gli utenti di smartphone e tablet Android, costringe gli sviluppatori di giochi a utilizzare il software di Google per gli acquisti in-app e gli abbonamenti, imponendo agli sviluppatori di cedere una quota dei pagamenti a Google, come nel caso della vertenza contro Apple. Siffatta vertenza è sorta dopo che Fortnite è stato eliminato anche dall’app store di Google perché permetteva agli utenti di effettuare acquisti in-app attraverso il proprio sito web invece di attribuire una parte dei profitti a Google.

Pur nell’identità del merito sostanziale di questi contenziosi, sussiste una differenza di natura procedurale che si rivelerà essere determinante ai fini dell’esito di questa seconda causa. Infatti, la vertenza Epic Games v. Google, è stata decisa da una giuria e non da un giudice togato. Per la sorpresa degli addetti ai lavori in ambito tecnico, ma non in quello giuridico, la giuria si è schierata a favore di Epic Games, stabilendo che il mercato della distribuzione delle app di Android e la fatturazione in-app costituivano politiche antitrust. La giuria ha anche stabilito che Google ha messo in atto pratiche monopolistiche limitando irragionevolmente la concorrenza. Inoltre, la giuria ha affermato che Epic Games è stata danneggiata sotto il profilo economico e patrimoniale dalle pratiche monopolistiche e anticoncorrenziali di Google. Il processo giudiziario separato per quantificare la sazione per la violazione di Google è previsto per il prossimo anno.

Come si possono commentare la sentenza (emanata da un giudice) nei confronti di Apple e il verdetto (pronunciato da una giuria) nei confronti di Google? Sotto un profilo giuridico la fattispecie è identica, dato che si tratta della contestazione relativa all’inserimento di modalità di pagamento per la fruizione di un servizio (cioè Fortnite, un videogioco molto conosciuto e diffuso) da parte del suo produttore. Nella sostanza entrambi i wallet garden, cioè i giardini recintati, tanto di Apple quanto di Google, non accettano di essere intermediari nella diffusione di tale servizio se non (lautamente) pagati. Questo atteggiamento, dovuto a scelte di strategia processuale opposte da parte delle due Big Tech Company, ha ottenuto due risultati giudiziari apparentemente contraddittori perché il procedimento svolto di fronte a un togato ha visto una soluzione opposta a quella di fronte alla giuria.

Sul punto si potrebbero effettuare considerazioni di natura extragiuridica, inerenti invece alla politica del diritto. Probabilmente a Mountain View ora si elaborano riflessioni su come una giuria, composta da persone comuni, inesperte di argomenti giuridici ovvero tecnici, siano più sensibili allo storytelling descrittivo di uno scontro biblico tra “Davide” (cioè Epic Games) contro “Golia” (cioè Google). Tuttavia, questa potrebbe riguardare una riflessione elaborata nell’immediatezza del caso, perché la vicenda nel suo complesso, relativamente alla regolamentazione dei wallet garden” dei duopolisti nel mercato delle app disponibili su smartphones, non si è ancora conclusa. Infatti, nella causa persa contro Apple, tanto in primo grado quanto in appello, Epic Games ha presentato richiesta di certiorari alla Corte Suprema degli Stati Uniti, alla quale i supremi giudici federali ancora non hanno risposto. Pertanto, ancora è ignoto chi avrà l’ultima parola sulla legittimità e sostenibilità economica di un modello di business reputato essenziale dalle Big Tech Companies, ma ritenuto asfissiante rispetto alla concorrenza da parte di tutti gli altri utenti: siano essi sviluppatori di software o utenti del servizio.

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