Amministrativo

Ambiente: scarichi di acque reflue industriali, quale la tutela?

Le acque reflue industriali sono assoggettate, prima di confluire in reti fognarie e in impianti di trattamento, a pretrattamento per garantire che il funzionamento dell'impianto di trattamento delle acque reflue e il trattamento dei fanghi non vengano intralciati, che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento non abbiano conseguenze negative sull'ambiente e non incidano sulla conformità delle acque assoggettate a diversi regimi e che i fanghi possano essere smaltiti senza pericolo. A stabilirlo è il Tar Toscana, sez. II, sentenza 16 gennaio 2024, n. 65.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi:

Tar Toscana, Firenze, sez. II, 14 novembre 2023, n. 1041

Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2023, n. 5733

Difformi:

Non si rilevano precedenti in materia

Il fatto

Con il suo intervento qui in esame il Tar Toscana si sofferma sul tema della tutela ambientale, avuto particolare riguardo all’attività di gestione di un impianto di depurazione, così permettendo all’interprete alcune riflessioni sulle relative disposizioni del Codice dell'ambiente di cui al D.Lgs. n. 152/2006.

La decisione del Tar Toscana

Nel contesto del richiamato Codice dell’ambiente la prima disposizione cui occorre avere riguardo nella materia qui in esame è l’art. 101 che, pur prevedendo, in linea generale, che gli scarichi debbano rispettare i valori-limite stabiliti dal medesimo Codice, ammette:

a) che tali valori possano essere derogati temporaneamente, in sede di rilascio dell'autorizzazione allo scarico, esclusivamente in casi determinati (avviamento e arresto dell'impianto; guasti; tempo necessario per il ritorno alle condizioni di regime);

b) che le regioni possano prevedere valori-limite diversi e meno restrittivi rispetto a quelli stabiliti dal citato Codice, ma non superiori comunque a certi valori-limite espressamente qualificati come inderogabili.

La materia degli scarichi di acque reflue industriali trova poi la propria specifica regolamentazione agli artt. 105 e art 107, il primo riferito alle acque reflue sversate in acque superficiali, il secondo alle acque reflue sversate in pubblica fognatura.

In particolare, l' art. 107, sui cui si sofferma l’adito G.A. toscano, da un lato, sancisce l'inderogabilità di alcuni valori limite; dall'altro, attribuisce all'ente titolare delle funzioni di governo del servizio idrico integrato il potere di definire valori-limite diversi da quelli contenuti nella Tabella 3 dell'allegato 5 (riferiti allo scarico in pubblica fognatura dei reflui industriali).

Il quadro normativo appena tracciato si completa con il dettato del successivo art. 124, il quale, al comma 10, stabilisce che, in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della Parte terza del Codice e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e per l'ambiente.

Ne consegue che il potere di fissare, nel singolo caso concreto e con il puntuale provvedimento di autorizzazione, anche valori limite di accettabilità di singole sostanze più restrittivi di quelli della tabella 3 allegato 5 alla Parte III del Codice dell’Ambiente, non è necessariamente riconducibile alla generale potestà normativa regolamentare di cui all'art. 107, potendo essere giustificato dal potere prescrittivo puntuale espressamente stabilito dall'art. 124, X, esercitabile in sede di rilascio della singola autorizzazione.

Tra le "prescrizioni tecniche ulteriori" apponibili all'autorizzazione, in forza del menzionato comma 10, possono includersi anche limiti di scarico più restrittivi.

Ciò emerge, in linea logica, alla luce:

a) dell'ampia latitudine della disposizione, che contiene una previsione di ampio respiro per quanto concerne le ulteriori misure integrative, in relazione alla cui tipologia non vengono posti limiti, purché le stesse siano funzionali al rispetto delle disposizioni della citata parte terza del Codice e siano giustificate "in relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato" (Tar Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 26 marzo 2008, n. 167);

b) della specifica ed essenziale finalità sottesa a tale normativa, volta a far sì che lo scarico, comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga nel "rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici " (art. 101, comma 1);

c) della ragionevole necessità, alla luce dei principi generali di precauzione e prevenzione che informano la materia ambientale, di una norma di chiusura del sistema che consenta, in situazioni particolari, non disciplinabili in modalità ordinaria, il ricorso a soluzioni mirate e derogatorie, purché adeguatamente proporzionate al caso e puntualmente motivate (Tar Piemonte, Torino, sez. I, 4 febbraio 2016, n. 176).

In via ulteriormente consequenziale, va da sé che eventuali prescrizioni limitative debbano avere carattere necessariamente particolare e non generale (e men che meno normativo) e che quindi debbano essere contenute nel singolo provvedimento di autorizzazione allo scarico: tale conclusione si impone in ragione della natura speciale ed extra ordinem delle misure in questione, motivate dalla particolarità e singolarità della situazione che le stesse sono destinate a fronteggiare.

Ancora può dirsi che in virtù della richiamata disposizione ex art. 107, I, ferma restando l'inderogabilità (intesa come impossibilità di superamento) dei limiti massimi fissati dalla Tabella 3 per le sostanze particolarmente pericolose indicate alla nota 2 alla tabella 5 dell'allegato 5 alla Parte III del Codice (si legga: cadmio, cromo esavalente, mercurio, piombo, solventi organici azotati, composti organici alogenati -compresi i pesticidi clorurati-, pesticidi fosforiti, composti organici dello stagno), i valori limite per l'immissione in fognatura dei reflui industriali sono determinati dall'Autorità d'ambito competente, in modo da assicurare la tutela del corpo idrico recettore (Tar Toscana, Firenze, sez. II, 14 novembre 2023, n. 1041).

Infine si consideri che l'art. 137Codice dell’ambiente punisce, con sanzione penale, chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata.

La giurisprudenza afferma che, in tema di tutela delle acque dall'inquinamento, lo scarico dei reflui provenienti da impianti di autolavaggio, eseguito in assenza di autorizzazione, integra il reato di cui all'art. 137 cit. non potendo tali acque essere assimilate a quelle domestiche (Cass. pen., sez. III, 21 luglio 2016, n. 51889; Trib. Pescara, 9 ottobre 2023, n. 2002).

Con la precisazione che nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche (Cass. pen., sez. III, 5 febbraio 2009, n, 12865; Cass. pen., sez. III, 24 ottobre 2002, n. 42932).

Tanto perchè la definizione normativa degli scarichi di acque reflue industriali, in conformità alla disciplina contenuta nell'art. 2direttiva CEE 91/271, discende da qualità espresse in senso negativo ossia dal fatto di essere diverse dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento.

A tale proposito, la Suprema Corte ha precisato come (Cass. pen., sez. III, 5 dicembre 2022, n. 45900; Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2012, n. 4844) sia configurabile il reato di cui all’art. 137, I, qualora lo scarico riguardi acque reflue industriali, come qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o con materiali, anche inquinanti.

Da ultimo si è precisato che: “il rilascio di deiezioni animali integra una condotta di fertirrigazione penalmente rilevante D.Lgs. n. 152 del 2006, ex art. 137, comma 14 e non l'illecito amministrativo D.Lgs. n. 152 del 2006, ex art. 133, comma 2, che punisce unicamente colui che effettui scarichi di acque reflue provenienti da allevamento di bestiame” (Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2023, n. 5733).

Riferimenti normativi:

D.Lgs. n. 152 del 2006

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