Contratti

ESG, next generation e rimedi collettivi (Parte II)

Pubblichiamo di seguito la seconda parte del contributo del Prof. Alberto Tedoldi in tema di ESG, next generation e rimedi colletivi. In questo secondo articolo ci si sofferma in particolar modo su costi e legal fees, risk assessment, durata del processo, transazione e azione di classe europea.

Costi e legal fees: «vizi privati, pubbliche virtù»

In termini schiettamente pratici e molto concreti, la praticabilità economica dell’azione di classe si basa sul sistema del contingent fee reward: l’operatore razionale è indotto ad agire nella prospettiva di profitti, in caso di successo, di gran lunga superiori ai costi.

L’attore, persona fisica o ente esponenziale che sia (usualmente quest’ultimo accanto o alle spalle del primo), è inevitabilmente un imprenditore in senso lato, nel senso che intraprende un’attività contenziosa allo scopo, pienamente legittimo e del tutto realistico, di trarre dall’azione di classe un profitto, dovendo predisporre un’adeguata struttura operativa, reperire le risorse (finanziarie, materiali e tecniche), anticipare i costi, conseguire gli utili, sopportare le eventuali perdite, ragionando in termini di EBITDA, cioè di margine operativo lordo, come farebbe qualsiasi imprenditore, che miri a conseguire un lucro da assai impegnativa attività d’impresa (1).

«Vizi privati, pubbliche virtù», come nella celebre Favola delle api di Bernard de Mandeville (2): la class action persegue gli interessi individuali delle molteplici vittime della condotta antigiuridica e produce un effetto di deterrenza, prendendo le mosse e traendo impulso dalla soddisfazione dell’interesse privato del class counsel, il cui prodigarsi consente di perseguire l’interesse collettivo della classe, come quello di ciascuna e di tutte le api nell’alveare (3).

Sennonché l’ordinamento – non solo italiano, ma anche europeo per evidenti pressioni lobbistiche – resta lontano da un tale modello, apparentemente al nobile fine di scongiurare le speculazioni degli ‘squali’ delle class action, per favorire unicamente lo small business delle associazioni consumeristiche, così soffocando sul nascere l’efficienza del rimedio, sino a disinnescarlo e depotenziarlo in gran parte, come hanno mostrato i pochi casi sin qui giunti a sentenza.

Così, al dichiarato fine di scongiurare qualsiasi possibile abuso (eppure suol dirsi che «audentes fortuna iuvat»), operano da freno l’art. 840 bis c.p.c., che esige che l’organizzazione o l’associazione iscritte nel registro ministeriale siano «senza scopo di lucro», mentre il Considerando 10 della direttiva UE 1828/2020 (recepita con il ricordato d.lgs. 28/2023 negli artt. 140 ter ss. cod. cons.) esprime la più netta avversione per i risarcimenti a carattere punitivo, discorrendo soltanto di procedimento collettivo «compensativo» (v. l’art. 140 quater, comma 1, lett. e, cod. cons.).

Sennonché, la preoccupazione per possibili abusi non può frenare a priori lo strumento collettivo di tutela, la cui logica riposa sul marcato aspetto premiale, a fungere da contrappeso, pratico ed economico, rispetto alle notevoli difficoltà, agli ingenti costi, alla macchinosità procedurale e ai rischi delle azioni di classe. Il che inevitabilmente si riflette sullo strumento finanziario del third funding, che non trova che angusti spazi in terra italica e sul continente europeo, mentre fiorisce negli Stati Uniti d’America, proprio grazie a quel modello aperto e imprenditoriale di class action (4).

«Tamen coactus… noluit»: risk assessment, durata del processo e transazione

Il grande gruppo multinazionale, che miete ogni trimestre profitti per miliardi di euro o di dollari, può essere indotto a transigere l’azione di classe, alla stregua di quanto prevedono l’art. 840 quaterdeciesc.p.c. per quella generale e l’art. 140 deciescod. cons. per quella speciale consumeristica ed europea (v. anche il Considerando 53 della direttiva 2020/1828): ma è indispensabile che un tale gruppo paventi il serio ed elevato rischio di rimetterci molto di più, in termini di punitive damagese di danno reputazionale, ben al di là della semplice compensationdei danni effettivamente cagionati, spesso dispersi e polverizzati in una platea di minuti ‘lillipuziani’. Se la prospettiva è pagare solo qualcosa di più, la probabilità di transigere recede, ché la posticipazione del pagamento è finanziariamente vincente (5).

Anche in Italia, ad esempio, è stata proposta un’azione di classe, ai sensi dell’abrogato art. 140 biscod. cons. (applicabile ratione temporis), per la nota vicenda Dieselgate(6), che ha visto moltiplicarsi in vari Paesi (a cominciare dagli Stati Uniti) multe, transazioni e condanne miliardarie a carico di Volkswagen, la quale nel nostro sistema ha avuto agio di opporre una strenua resistenza all’azione collettiva intrapresa nel 2016 da un’associazione di consumatori e tuttora pendente, conclusa in primo grado con la condanna di Volkswagen a versare 3.300 euro per ciascun aderente (quasi sessantaduemila aderenti, per complessivi duecento milioni di euro), di cui euro 3.000 per danni patrimoniali ed euro 300 per danni non patrimoniali, oltre alle spese di lite e di pubblicità, liquidate in circa 400.000 euro, e oltre al risarcimento dei danni per “abuso del processoex art. 96, comma 3, c.p.c. per ulteriori 400.000 euro circa, «considerato che l’attrice ha dovuto soggiacere al protrarsi della pendenza del giudizio, la cui durata è imputabile alla ferma difesa delle convenute nella contestazione dell’addebito, nonostante il precedente provvedimento dell’Agcm, confermato in sede di impugnazione dinanzi al Tar Lazio, e a fronte della disponibilità a concludere ben più onerose transazioni sulle due sponde dell’Atlantico, unitamente allo straordinario, quanto ripetitivo e talvolta disarticolante, numero di eccezioni sollevate rispetto alle adesioni anche a fronte di un’espressa pronuncia del Supremo collegio in tema di ammissibilità (Cass. 12997/2019), sì da rendere necessaria l’effettuazione di una relazione integrativa da parte degli ausiliari, è possibile liquidare per tale voce di danno un importo pari a quello delle spese di lite (sull’impiego di tale parametro v. Cass., ord., nn. 25176 e 25177/2018, perché coerente rispetto al valore del diritto in contesa oggetto del giudizio)» (7).

La sentenza di primo grado è stata riformata in appello, confermando la responsabilità di Volkswagen, ma escludendo il risarcimento del danno patrimoniale di euro 3.000 per ciascun aderente, in quanto i veicoli erano stati richiamati da Volkswagen per la rimozione del software illegale, senza che risultasse un deprezzamento del loro valore sul mercato dell’usato. Il risarcimento è stato dunque ridotto al solo danno non patrimoniale, liquidato equitativamente nella misura di euro 300 per ciascuno dei quasi sessantaduemila aderenti (per complessivi euro venti milioni circa, in luogo dei duecento milioni di euro riconosciuti in prime cure), escludendo altresì il risarcimento dei danni per abuso del processo ex art. 96, comma 3, c.p.c. e pur condannando Volkswagen a rifondere le spese anche del giudizio di seconde cure, liquidate in poco più di euro 100.000 (8).

Si consideri anche che sulle somme liquidate a titolo risarcitorio erano stati riconosciuti in primo grado gli interessi al saggio aggravato di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. (che si rifà a quello stabilito per i ritardi nei pagamenti dall’art. 5d.lgs. 231/2002), inspiegabilmente a decorrere non dalla data della domanda, come testualmente prevede l’art. 1284, comma 4, c.c., bensì dal centottantesimo giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. All’esito dell’appello sono stati riconosciuti sui danni non patrimoniali liquidati soltanto gli interessi al tasso legale di cui all’art. 1284, comma 1, c.c., anche qui inspiegabilmente con decorrenza differita al centottantesimo giorno successivo alla pubblicazione della sentenza d’appello (9).

Il gruppo Volkswagen notoriamente fattura quasi trecento miliardi di euro, con margini operativi di oltre venti miliardi l’anno (10). I venti milioni di euro, oltre spese, stabiliti in esito al giudizio di seconde cure corrispondono a meno dello 0,01% del fatturato e a meno dello 0,1% del margine operativo lordo.

Emerge così, con matematica evidenza, l’inefficacia deterrente dei criteri, (meramente compensativi (11)) di liquidazione dei risarcimenti e dei parametri di quantificazione delle spese legali e del compenso al rappresentante comune degli aderenti all’azione di classe, posto che gli speciali parametri pur dettati ex novo nell’art. 840-nonies c.p.c. (12) fanno solamente il solletico a colossi multinazionali sempre più grandi, il cui fatturato supera da solo, e di molto, il PIL di moltissimi Stati, anche europei.

Diritto omogeneo e concettualismo dogmatico: Begriffsjurisprudenz vs. Interessenjurisprudenz

I rimedi collettivi sono pensati e apprestati in funzione deterrente, aggiungendosi alle azioni risarcitorie individuali. L’attore che incarna gli appartenenti alla classe si fa ‘corifeo’ di coloro che hanno patito pregiudizi analoghi al suo, ciascuno singulatim nella sfera sua propria, ma in modo omogeneo ad altri singuli.

È «omogeneo» – anche per etimo (dal greco ὁμογενής) – ciò che possiede la stessa natura e il medesimo carattere di altre cose o nozioni e che, perciò, appartiene a un medesimo genus. Il suo contrario è «eterogeneo», che ha natura diversa da quella di altre cose o nozioni.

I «diritti individuali omogenei» (detti anche ‘isomorfi’, avendo la stessa struttura e forma esteriore, pur nella distinzione dei pregiudizi patiti dai singoli) sono tali in quanto ascrivibili a una pluralità di soggetti portatori di interessi individuali che, pur delineando situazioni soggettive separate e distinte, presentano elementi comuni in fatto e/o diritto, tanto da formare una «classe», analogamente a quanto avviene nella connessione impropria per comunanza di questioni di fatto e/o diritto, posta a base del litisconsorzio facoltativo nelle azioni individuali soggettivamente cumulate, ai sensi dell’art. 103, comma 1, c.p.c. (13).

Ogni precostituito e astratto approccio dogmatico si ricompone sul piano dinamico dei concreti rimedi apprestati dal legislatore, a vantaggio di una molteplicità di individui portatori di interessi omogenei (o isomorfi), con o senza la fictio iuris di un ente esponenziale, su cui raggrumare e nel quale sintetizzare gli interessi dei singoli, parimenti legittimati a proporre tanto l’azione collettiva risarcitoria, quanto l’azione collettiva inibitoria nell’interesse dell’intera classe, in concorso con l’ente esponenziale, chiamato anch’esso a tutelare un interesse superindividuale e, così, collettivo, che costituisce il risultato della combinazione degli interessi individuali omogenei, proprio perché denotati e connotati dall’analogia dei pregiudizi patiti, ché l’omogeneità va ricercata e indagata nei damna, patrimoniali e non, variamente inferti a una pluralità di soggetti, come richiede la nozione, assai lata, di illecito plurioffensivo in quanto pregiudizievole per molteplici iura.

L’azione di classe assurge, in tal modo, a rimedio della società individualistica postindustriale e postmoderna dell’homo oeconomicus digitalis, nell’inesorabile crepuscolo di ogni stabile formazione collettiva, a cominciare dal declino degli Stati, nell’era di una digitalizzazione globale e ubiqua, virtuale e universale non-luogo in cui una techne onnipervasiva, asimmetrica e onnipossente, prende il sopravvento sulle persone e sul logos, determinando finanche mutazioni antropologiche e la riduzione della polis al solo dio-mercato e al puro esercizio universale di biopolitica e post-diritto (14).

Che è poi quanto si legge apertis verbis nelle stesse fonti europee (v., exempli gratia, il primo Considerando della direttiva UE 2020/1828, recepita in Italia con d.lgs. 28/2023, introducendo gli artt. 140 terss. cod. cons. sulla c.d. azione di classe europea): «La globalizzazione e la digitalizzazione hanno accresciuto il rischio che un ampio numero di consumatori sia danneggiato dalla stessa pratica illecita. Le violazioni del diritto dell’Unione possono arrecare pregiudizio ai consumatori. L’assenza di mezzi efficaci per ottenere la cessazione delle pratiche illecite e il risarcimento delle perdite subite dai consumatori ostacola la fiducia di questi ultimi nel mercato interno».

Il risarcimento dei danni e le restituzioni sono, dunque, rimedi alle patologie nel funzionamento del mercato globale e alle condotte illecite delle imprese. L’accesso collettivo alla giustizia da parte di soggetti che abbiano patito individualmente danni di scarsa entità svolge anzitutto una funzione deterrente, intesa a inibire attività fraudolente e dannose verso il largo pubblico dei consumatori e degli utenti, prevenendo violazioni plurioffensive, che consentono agli autori dell’illecito di realizzare ingenti guadagni contando sull’inerzia reattiva delle vittime individuali, alle prese con danni patrimoniali poco significativi o con quotidiani disagi e preoccupazioni difficilmente monetizzabili.

Il mercato economico-finanziario, tecnologico, digitale e globale, mostra che, ove i profitti attesi e stimati siano esorbitanti, e di gran lunga, rispetto ai danni cagionati ai singoli, l’impresa, quale che sia l’attività svolta, si determina razionalmente a operare con cinica disinvoltura, sapendo di non andare incontro a reazioni o, al peggio, di dover risarcire somme unicamente intese a compensare il controvalore dei danni patiti dai singoli, che abbiano trovato le risorse, il tempo e la voglia di intraprendere azioni individuali, aleatorie non meno che lunghe e onerose.

Un sistema di responsabilità civile che – aduggiando in un’asfittica concezione riparatoria e compensativa, ormai del tutto inidonea a reagire alle sempre più diffuse asimmetrie del mercato tecnologico-finanziario globale – ne lasci in ombra la funzione sanzionatoria e, così, deterrente, induce il danneggiante cinicamente razionale a intendere la mera compensazione dei danni come un semplice costo implicito dell’attività antigiuridica, una mera voce negativa da appostare nel fondo rischi del bilancio di esercizio (15).

Si prenda il caso dei ripetuti e protratti disservizi ferroviari per i pendolari di Trenord (16), affrontato e deciso dalla Corte di cassazione formulando il seguente principio di diritto: l’accertamento del danno non patrimoniale, rivendicato nel quadro di un’azione di classe, promossa ai sensi dell’abrogato art. 140 biscod. cons., oltre all’allegazione e alla prova concreta del ricorso degli ordinari requisiti i) della rilevanza costituzionale degli interessi lesi, ii) della gravità della relativa lesione e iii) della non futilità dei danni – ossia che gli stessi non consistano in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie o in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita – esige la specifica allegazione e la prova dei profili concreti dei pregiudizi lamentati, capaci di valorizzarne i tratti condivisi da tutti i membri della classe, non personalizzabili in relazione a singoli danneggiati, bensì accomunati da caratteristiche tali da giustificarne tanto l’apprezzamento seriale, quanto la gestione processuale congiuntamente rivendicata.

Principio questo che si muove nel campo dei rapporti soggettivi bilaterali e delle azioni individuali, senza cogliere la dimensione sovraindividuale e la conseguente necessità, nei rimedi collettivi e nell’azione risarcitoria di classe, di ‘spersonalizzare’ i danni, enucleandone i tratti comuni, che tutti e interamente s’imperniano sui torts, id est sul pregiudizio patito dal singolo, in modo seriale e parallelo con altri homines oeconomici. La mera considerazione atomistica e individuale del pregiudizio contraddice il requisito dell’omogeneità, legata com’è a categorie dogmatiche che non s’addicono affatto alle tutele e ai rimedi collettivi, tant’è che la Suprema Corte richiama un principio forgiato dalle Sezioni Unite per un’azione risarcitoria individuale (17).

Le nozioni stesse di danno patrimoniale e non patrimoniale, calate nel contesto dinamico e rimediale delle tutele collettive, assumono una differente caratterizzazione semantica e giuridica e mutano geneticamente i paradigmi della responsabilità civile e delle inerenti tutele. Il singolo può scegliere tra azione individuale – con tutti i limiti propri, per struttura e contenuto, a tale forma di tutela – e adesione a un’azione di classe che, inevitabilmente, spersonalizza e ‘de-individualizza’ il pregiudizio, in ragione del minimo comune denominatore dell’omogeneità, da cogliere e attuare mediante valutazione seriale, standardizzata e, per l’appunto, omogenea dei pregiudizi sofferti dai molti, da risarcire secondo criteri necessariamente equitativi e forfettari, che rifuggano da una logica meramente riparatoria e compensativa, per dare agio e finalmente respiro alla funzione sanzionatoria, deterrente e preventiva, insita nello stesso sistema delle tutele collettive, inibitorie o risarcitorie che siano.

Le tutele collettive modificano, inevitabilmente e dinamicamente, il paradigma statico della responsabilità civile, ponendone in moto la completa rivisitazione nel segno dell’effettività dei rimedi, nei quali si trovano inscindibilmente (e finalmente) rifusi profili sostanziali e processuali, artificiosamente disgiunti negli svolgimenti storici dei Paesi di civil law.

Nel sistema dei rimedi per condotte plurioffensive non ci si può accontentare di strumenti meramente compensativi, che non funzionano e mettono in crisi la praticabilità stessa della tutela collettiva. La plurioffensività è fisiologicamente contrassegnata dalla tendenza alla ripetitività del pregiudizio e questo impone di perseguire l’effetto deterrente costituito dal costo dell’illecito, posto che la stessa idea di deterrenza altro non è che il mezzo per impedire che l’illecito si risolva in un lucro per il danneggiante (18).

Gli è che, allo stato delle cose, l’azione collettiva risarcitoria e/o restitutoria di cui agli artt. 840 bis ss. c.p.c. è uno strumento spuntato, anche nella versione europea di cui alla direttiva UE 2020/1828, recepita negli artt. 140 ter ss. cod. cons., che discorrono – et pour cause, dopo quanto detto – di «provvedimento compensativo» (art. 140-quater, comma 1, lett. e), rifuggendo da ogni possibile funzione sanzionatoria e, così, deterrente del risarcimento di punitive damages.

L’azione di classe europea: «much ado about nothing»?

Come accennato, con d.lgs. 28/2023, in attuazione della delega conferita con legge di delegazione europea n. 127/2022, è stata recepita la direttiva 2020/1828/UE, che disciplina l’azione rappresentativa europea, esperibile soltanto dagli enti legittimati, al fine di ottenere provvedimenti inibitori e/o compensativi a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, nel caso di violazione delle disposizioni del diritto UE.

Sono stati così introdotti nel codice del consumo, a far tempo dal 25 giugno 2023 (29), gli artt. da 140-ter a 140-quaterdeciesnella Parte V («Associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia»), Titolo II.1 («Azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori»), nonché l’allegato II septies, che elenca le disposizioni europee, la cui violazione legittima gli enti esponenziali indicati negli artt. 137, 140-quater e 140-quinquiescod. cons. – e soltanto questi enti, non i consumatori uti singuli, a differenza di quel che prevedono gli artt. 840-bis e ss. e l’art. 840 sexiesdecies c.p.c. per le azioni collettive, tanto risarcitorie/restitutorie quanto inibitorie, anche senza rivestire la qualifica di consumatori – a proporre azioni rappresentative degli interessi dei consumatori, nelle sole materie di cui all’allegato II-septies cod. cons., finalizzate a ottenere un provvedimento inibitorio o un provvedimento compensativo, cioè restituzioni e/o risarcimenti (meramente compensativi e non ‘punitivi’).

La direttiva 2020/1828, relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga e sostituisce la direttiva 2009/22/CE, declama di voler contribuire al funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori, consentendo a enti legittimati, che rappresentano gli interessi collettivi dei consumatori, di proporre azioni rappresentative per l’emanazione di provvedimenti inibitori e/o di provvedimenti compensativi, nei confronti di professionisti che violino le disposizioni del diritto UE in diversi settori rilevanti nel mercato comune (30).

Gli Stati membri designano gli enti esponenziali (sui quali v. gli artt. 140-quater ss. cod. cons.), legittimati a proporre azioni rappresentative per conto dei consumatori, al fine di ottenere:

i)provvedimenti inibitori, intesi a far cessare o vietare un’attività del professionista, che leda o possa ledere gli interessi collettivi dei consumatori o per far cessare la condotta intenzionale o negligente del professionista, quand’anche non abbia ancora prodotto danni ai consumatori;

ii)provvedimenti compensativi, che impongono al professionista di offrire rimedi quali un indennizzo, la riparazione, la sostituzione, una riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto e le conseguenti restituzioni e i risarcimenti, in funzione meramente compensativa, mai punitiva.

L’azione rappresentativa a tutela degli interessi collettivi dei consumatori (c.d. azione di classe europea), nel caso di violazione delle disposizioni nelle materie specificamente indicate nell’Allegato II septies cod. cons. (Allegato Idir. 2020/1828), disciplinate dal diritto UE o dalle norme di diritto interno di recepimento del diritto UE, è esperibile soltanto dagli enti legittimati, vale a dire associazioni di consumatori e utenti, iscritte in un apposito elenco pubblico ai sensi dell’art. 140-quatercod. cons., nonché enti pubblici cui la legittimazione sia espressamente conferita dagli Stati membri.

L’azione di classe europea si differenzia dalle azioni collettive disciplinate negli artt. 840-bis ss. c.p.c., in quanto:

- l’ambito di applicazione non è generale quoad subiectos et materias, bensì circoscritto alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori nei confronti dei professionisti, nelle materie definite dall’Allegato I della dir. 2020/1828, a fronte di violazioni delle disposizioni contenute nei regolamenti UE e negli atti di recepimento delle direttive UE;

- la legittimazione attiva è limitata agli enti legittimati, iscritti in appositi elenchi, e non viene concessa ai singoli titolari di diritti individuali omogenei, come nelle azioni collettive risarcitoria/restitutoria e inibitoria, rispettivamente di cui agli artt.840-bis ss. e 840-sexiesdecies c.p.c.;

- la legittimazione passiva è estesa a qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisce, anche tramite un altro soggetto, per fini relativi alla propria attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale, laddove nelle azioni collettive di cui agli artt.840-bis ss. c.p.c. la legittimazione passiva spetta soltanto a imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività.

Nella disciplina delle azioni collettive risarcitoria/restitutoria e inibitoria, rispettivamente contenuta degli artt. 840 bis ss. e nell’art. 840-sexiesdecies c.p.c. (31):

- l’azione di classe è sempre esperibile da parte di tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie/restitutorie in relazione a lesioni di diritti individuali omogenei di qualsivoglia genere, mentre l’azione rappresentativa europea di cui agli artt. 140-ter ss. cod. cons. è esperibile soltanto per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori, per violazione delle disposizioni del diritto UE;

- l’azione collettiva risarcitoria/restitutoria di cui agli artt. 840 bis ss. e quella inibitoria di cui all’art. 840-sexiesdecies c.p.c. è nella titolarità di ciascun componente della classe, che è legittimato a proporle assieme o in alternativa alle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro, che abbiano come scopo la tutela dei suddetti diritti e che siano iscritte in un elenco tenuto dal Ministero della giustizia;

- legittimati passivi alle azioni collettive di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c. sono imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle rispettive attività, laddove l’azione di classe europea è ‘consumeristica’ e può essere proposta, come veduto, nei confronti di qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisce, anche tramite un altro soggetto, per fini relativi alla propria attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale, secondo la definizione di “professionista” dettata nello stesso art. 140-ter, comma 1, lett. b), cod. cons.

La disciplina procedurale dell’azione di classe europea di cui all’art. 140-septiescod. cons. – dettata facendo anche rinvio al rito semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-undecies ss. c.p.c., con divieto di conversione nel rito ordinario – è un patchwork procedurale finanche peggiore di quello congegnato per le azioni collettive risarcitoria/restitutoria e inibitoria, rispettivamente negli artt. 840 ter e 840 quinquies e nell’art. 840-sexiesdecies c.p.c., con annessi rinvii (in un puzzle normativo neppure aggiornato alla riforma del c.p.c., operata con d.lgs. 149/2022).

L’art. 140-octiescod. cons. concerne i provvedimenti inibitori, stabilendo che l’ente legittimato possa richiedere:

- la cessazione o il divieto di reiterazione della condotta omissiva o commissiva posta in essere in violazione delle disposizioni a tutela dei consumatori di cui all’allegato II septies cond. cons.;

- ordinare che la parte soccombente adotti le misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate (c.d. inibitoria positiva);

- la pubblicazione su uno o più quotidiani del provvedimento o di una rettifica.

L’ente legittimato non ha l’onere di provare la colpa o il dolo del professionista né le perdite o i danni effettivi subiti dai singoli consumatori e può chiedere l’adozione di provvedimenti provvisori, con l’applicazione delle disposizioni del c.p.c. in materia di procedimenti cautelari, i quali perdono efficacia nel caso di inammissibilità o rigetto, anche non definitivi, della domanda inibitoria di merito.

L’azione rappresentativa inibitoria può essere proposta soltanto dopo che siano decorsi quindici giorni dalla richiesta di cessazione del comportamento lesivo, rivolta dagli enti legittimati al professionista.

Il giudice, ai sensi dell’art. 140-terdeciescod. cons., sia nel caso di provvedimenti inibitori sia nel caso di provvedimenti provvisori, adotta misure di coercizione indiretta, consistenti nella fissazione di un termine per l’adempimento, con la previsione del pagamento di una somma di denaro (da 1.000 a 5.000 euro per ogni inadempimento ovvero giorno di ritardo), a favore non dell’ente legittimato, bensì dei Ministeri della giustizia e dello sviluppo economico.

L’art. 140-noniescod. cons. prevede la possibilità per gli enti legittimati di proporre azioni rappresentative, oltre che per ottenere provvedimenti inibitori (negativi o positivi), anche per ottenere provvedimenti ‘compensativi’ a tutela degli interessi dei consumatori danneggiati.

I provvedimenti compensativi, secondo la definizione di cui all’art. 140 ter, comma 1, lettera h), cod. cons., sono misure volte a rimediare al pregiudizio subìto dai consumatori, attraverso il pagamento di una somma di denaro, la riparazione, la sostituzione, la risoluzione del contratto, la riduzione o il rimborso del prezzo, confermando in tal modo la funzione meramente ‘compensativa’ del risarcimento azionabile dall’ente esponenziale, con esclusione di ogni funzione sanzionatoria e di deterrenza collegata al risarcimento ‘punitivo’ (v. supra).

Una disciplina, insomma, retrograda e del tutto insoddisfacente rispetto alle esigenze di colmare le sempre più gravi e diffuse asimmetrie cognitive, negoziali, economiche e finanziarie che connotano i rapporti tra professionisti e consumatori, anche in quell’ottica ESG, Enviromental, Social and Governance, declamata ai quattro venti in modo prettamente esornativo, anziché realmente perseguita nella normativa e nei fatti.

In ogni caso, «adelante, Pedro, si puedes» …

Note:

(1) L’EBITDA – acronimo inglese per Earnings Before Interests Taxes Depreciation and Amortization, che coincide con il MOL, Margine Operativo Lordo – è un indicatore della capacità di un'impresa di generare profitti, escluse le imposte, gli ammortamenti, i deprezzamenti e gli interessi aziendali.

(2) Mandeville, La favola delle api, trad. it., Bari, 2002, rist. 2023.

(3) Sovvengono le riflessioni dell’epistolario tra Alexandre Kojève e Carl Schmitt [Kojève, Schmitt, Carteggio, trad. it., in Filosofia politica, 2003, XVII, n. 2, 185 ss.], adattate alla nostra era, in cui domina la religione del tecnicismo digitale e finanziario, che ha ormai permeato di sé ogni ganglio delle società postmoderne, generando una fede di massa in un ‘attivismo attualistico’, che è fiducia cieca nella potenza e nel dominio sconfinato dell’uomo sulla natura e sulla stessa physis umana, nel continuo e illimitato superamento degli ostacoli naturali e nelle infinite possibilità di mutamento e di perfezionamento dell’esistenza in hoc mundo. Al posto della politica si è instaurata una sorta di ‘polizia mondiale’ e invece delle guerre sinora conosciute si è originata un’unica «politica della guerra civile mondiale» (Weltbürgerkriegspolitik), rispetto alla quale occorre chiedersi se esistano ancora Stati nel senso proprio della parola, cioè governi (Regierungen), che siano qualcosa di diverso dalle amministrazioni (Verwaltungen), e una politica (Politik), nel senso della contrapposizione tra amico e nemico (Freund und Feind), che sia qualcosa di diverso dalla polizia (Polizei) planetaria, che riduce tutto alla governance tecnocratica dei fattori economico-finanziari. Non esiste più la politica interna: tutti vogliono la stessa cosa, cioè niente; infatti sono fondamentalmente appagati (zufrieden), anche se non soddisfatti (befriedigt) [Kojève, Schmitt, op. cit., 190; v. anche Schmitt, Premessa all’edizione italiana, in Id., Le categorie del ‘politico’, trad. it., Bologna, 1972, 25]. Con l’affermazione globale della tecno-finanza le cose si governano da sé e l’umanità finisce per incontrare sé stessa e quel che possiede, come l’ape nell’arnia: la fine della storia coincide così con il ritorno degli esseri umani a uno stato animale e con la trasformazione radicale del linguaggio, che diviene simile, appunto, al ronzio delle api [Kojève, Introduzione alla lettura di Hegel, trad. it., Milano, 1996, 436; Schmitt, Nomos – Presa di possesso – Nome, in Id., Stato, grande spazio, nomos, trad. it., Milano, 2015, 337 ss.]. Api perennemente al lavoro e in continuo movimento, costitutivamente debitrici verso il sistema, che esiste e prospera soltanto grazie a debiti contratti e rinnovati senza tregua e senza pietas, inestinguibili e inespiabili per irreversibile ananke (sul che non può che rinviarsi alle folgoranti brevi pagine di W. Benjamin, Capitalismo come religione, trad. it., Genova, 2013).

(4) Sul third funding v., da ultimo, P. Comoglio, Il processo come fenomeno economico di massa. Problemi di finanziamento e di remunerazione delle controversie civili, Torino, 2022, dove ampi riferimenti bibliografici.

(5) Cfr. Sassani, Il difficile cammino, loc. cit.

(6) Lo scandalo sulle emissioni delle autovetture prodotte dalla Volkswagen, noto come Dieselgate, è scoppiato nel settembre 2015, quando l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA) ebbe a notificare alla multinazionale tedesca un avviso di violazione delle norme sulla qualità dell’aria, per aver progettato i motori diesel Turbocharged Direct Injection (TDI), montati su oltre dieci milioni di autovetture, in modo tale da attivare i sistemi di controllo delle emissioni soltanto durante i test, unicamente per farli rientrare entro i limiti normativi.

(7) Così Trib. Venezia, 7 luglio 2021, in Nuova giur. civ., 2021, 1335, con nota di Ruggiero e in Danno e resp., 2022, 239, con nota di Santoro, che ha ritenuto che nell’azione di classe, in cui si accerti l’illiceità della pratica commerciale consistente nella manipolazione del dispositivo in grado di modulare le emissioni inquinanti dei motori montati su alcuni veicoli, ai consumatori che li abbiano acquistati spettano, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, una somma pari al quindici per cento del prezzo medio di tali veicoli, da dimezzare per chi abbia acquistato un veicolo usato oppure l’abbia rivenduto nel periodo in cui si è protratta la pratica e, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, un importo pari al dieci per cento di quanto ottenuto a titolo di ristoro del danno patrimoniale.

(8) App. Venezia, 16 novembre 2023, n. 2260.

(9) Cass., 3 gennaio 2023, n. 61, in Nuova giur. civ., 2023, 1094, con nota di Bivona, ha ritenuto che il saggio di interessi di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. non sia applicabile alle sole obbligazioni di fonte contrattuale, ma anche a quelle nascenti da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle, valendo la clausola di salvezza iniziale (che rimette alle parti la possibilità di determinarne la misura) ad escludere il carattere imperativo e inderogabile della disposizione e non già a delimitarne il campo d’applicazione. La questione sull’ambito di applicazione dell’art. 1284, comma 4, c.c. è stata rimessa alle Sezioni Unite.

(10) https://annualreport2022.volkswagenag.com/consolidated-financial-statements/income-statement.html.

(11) Cfr. amplius sul tema Pisani Tedesco, Il problema della responsabilità civile compensativa. Studio per un rimedio risarcitorio effettivo, Torino, 2022, dove ulteriori riferimenti dottrinali e giurisprudenziali; v. anche Id., Il problema della responsabilità civile (compensativa) in un mondo asimmetrico, in Danno e resp., 2023, 567 ss. nonché, sul Dieselgate, Rajneri, Illeciti lucrativi, efficacia dissuasiva dei rimedi e responsabilità sociale d’impresa, in Riv. crit. dir. priv., 2017, 397 ss.(

(12) Art. 840 novies c.p.c. – Spese del procedimento

«Con il decreto di cui all’articolo 840 octies, quinto comma, il giudice delegato condanna altresì il resistente a corrispondere direttamente al rappresentante comune degli aderenti, a titolo di compenso, un importo stabilito in considerazione del numero dei componenti la classe in misura progressiva:

a) da 1 a 500, in misura non superiore al 9 per cento;

b) da 501 a 1.000, in misura non superiore al 6 per cento;

c) da 1.001 a 10.000, in misura non superiore al 3 per cento

d) da 10.001 a 100.000, in misura non superiore al 2,5 per cento;

e) da 100.001 a 500.000, in misura non superiore all’1,5 per cento;

f) da 500.001 a 1.000.000, in misura non superiore all’1 per cento;

g) oltre 1.000.000, in misura non superiore allo 0,5 per cento.

Le percentuali di cui al primo comma sono calcolate sull’importo complessivo dovuto a tutti gli aderenti. Le percentuali di cui al primo comma possono essere modificate con decreto del Ministro della giustizia.

È altresì dovuto il rimborso delle spese sostenute e documentate.

L’autorità giudiziaria può aumentare o ridurre l’ammontare del compenso liquidato a norma del primo comma in misura non superiore al 50 per cento, sulla base dei seguenti criteri:

a) complessità dell’incarico;

b) ricorso all’opera di coadiutori;

c) qualità dell’opera prestata;

d) sollecitudine con cui sono state condotte le attività;

e) numero degli aderenti.

Per quanto non previsto dal primo e dal secondo comma, si applicano le disposizioni in materia di spese di giustizia.

Con il medesimo decreto di cui al primo comma, il giudice delegato condanna altresì il resistente a corrispondere direttamente all’avvocato che ha difeso il ricorrente fino alla pronuncia della sentenza di cui all’articolo 840 sexies un importo ulteriore rispetto alle somme dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento e di restituzione. Il predetto importo, riconosciuto a titolo di compenso premiale, è liquidato a norma del primo comma. Tale compenso premiale può essere ridotto in misura non superiore al 50 per cento, sulla base dei criteri stabiliti al quarto comma.

Le disposizioni del sesto comma si applicano anche ai difensori che hanno difeso i ricorrenti delle cause riunite risultati vittoriosi».

(13) Sulla nozione di diritto individuale omogeneo, sia pure nella pregressa disciplina del cod. cons. (artt. 37, 140 e 140 biscod. cons.) v., tra moltissimi, Amadei, L’azione collettiva inibitoria, cit., passim; A.D. De Santis, La tutela giurisdizionale collettiva. Contributo allo studio della legittimazione ad agire e delle tecniche inibitorie e risarcitorie, Napoli, 2013, 159 ss.; Donzelli, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, cit., 255 ss.; Menchini, La tutela giurisdizionale dei diritti individuali omogenei: aspetti critici e prospettive ricostruttive, in Studi in onore di C. Punzi, Torino, 2008, 77 ss.; Trocker, voce Interessi collettivi e diffusi, in Enc. giur., vol. XVII, Roma 1989; Vullo, Artt. 37, 139 e 140cod. cons., in De Cristofaro, A. Zaccaria (a cura di), Commentario breve al diritto dei consumatori - Codice del consumo e legislazione complementare, Padova, 2013, 418 ss., 926 ss.; Lepri, Articoli 37, 139 e 140, in AA.VV., Codice del consumo. Commento al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, Milano, 2006, 411 ss., 923 ss. Adde Caponi, Azioni collettive, interessi protetti e modelli processuali di tutela, in Riv. dir. proc. civ., 2008, 1205 ss.; Id., Azione collettiva risarcitoria. Una letteratura di interrogativi in attesa della giurisprudenza, in Foro it., 2008, V, 180 ss.; Carratta, L’azione collettiva risarcitoria e restitutoria: presupposti ed effetti, in Riv. dir. proc. 2008, 725 ss.

(14) V. G. Zaccaria, Postdiritto. Nuove fonti, nuove categorie, Bologna, 2022; sia consentito rinviare anche a Tedoldi, Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, Bologna, 2021; Id., Il giusto processo (in)civile in tempo di pandemia, Pisa, 2021, dove ulteriori riferimenti; v. anche Id., Crisi Insolvenza Sovraindebitamento, Pisa, 2022.

(15) Cfr. Gallo, Pene private e responsabilità civile, Milano, 1996, 16 ss.; nonché classicamente Calabresi, The Costs. Of Accidents. A Legal and Economic Analysis, New Haven-London, 1970; Id., The Complexity of Torts. The case of Punitive Damages, in Stuart Madden (edited by), Exploring Tort Law, New York, 2005, 341 ss. In giurisprudenza v. le aperture della ben nota e già ricordata pronuncia di Cass., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601, cit. sul riconoscimento in Italia di una condanna statunitense per punitive damages.

(16) Cass., 31 maggio 2019, n. 14886, in Nuova giur. civ., 2019, 1004, con nota di Ponzanelli; in Corr. giur., 2020, 952, con nota di Castaldo; in Danno e resp., 2019, 5, 634, con nota di Selini; in Riv. dir. proc., 2020, 356, con nota di Giussani.

(17) Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, in Giur. it., 2009, 61 e ivi, 2009, 317, con nota di Tomarchio; in Corr. giur., 2009, 1, 48; in Danno e resp., 2009, 19, con nota di Procida Mirabelli di Lauro e di Landini, secondo cui il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge: (a) quando la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); (b) quando la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione; pertanto, soltanto la lesione di un diritto soggettivo di rilevanza costituzionale può dar luogo, fuori dei casi previsti dalla legge ordinaria, a risarcimento del danno non patrimoniale; questo costituisce sempre danno-conseguenza e necessita, come tale, di specifica allegazione e prova da parte del danneggiato; sicché risultano palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, i pregiudizi che consistano in disagi, fastidi, disappunti, ansie e in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale.

(18) Così Sassani, Il difficile cammino, cit.

(19) A differenza del regime transitorio degli artt. 840 bis ss. c.p.c. per l’azione di classe generale, che si applicano soltanto alle violazioni commesse a decorrere dalla loro entrata in vigore (19 maggio 2021) – salvo possibili questioni di legittimità costituzionale ed eurounitaria – la disciplina di cui agli artt. 140 ter ss. cod. cons. si applica alle azioni di classe europee proposte a partire dal 25 giugno 2023 per violazioni nazionali e transfrontaliere, anche qualora tali violazioni siano cessate prima che sia stata avviata l’azione rappresentativa o qualora dette violazioni siano cessate prima della conclusione dell’azione rappresentativa, salvo che per le disposizioni attinenti alla sospensione e all’interruzione dei termini di prescrizione (cfr. gli artt. 22 e 2dir. 2020/1828 e l’art. 4, comma 1, d.lgs. 28/2023 di recepimento). Il che mostra a posteriori l’irragionevolezza della deroga operata al principio tempus regit actum per l’entrata in vigore della disciplina interna sull’azione di classe, tanto per gli artt. 840 bis ss. c.p.c., quanto (a suo tempo) per l’abrogato art. 140 bis-cod. cons.

(20) Exempli gratia, danni da prodotti difettosi, clausole abusive, pratiche commerciali scorrette, garanzia dei beni di consumo, indicazione del prezzo, pubblicità ingannevole, trasporti energia elettrica e gas, telefonia mobile, turismo, commercio elettronico e servizi digitali, protezione dei dati personali, sicurezza dei prodotti, sicurezza alimentare, assicurazioni, commercializzazione a distanza di servizi finanziari, prodotti d’investimento al dettaglio, fondi di investimento, credito ai consumatori, blocchi geografici ingiustificati e discriminazione basata sulla nazionalità, ecc.

(21) Come detto, a differenza dell’azione di classe europea (inibitoria o compensativa), le disposizioni di cui agli artt. 840-bis ss. c.p.c. sulle azioni collettive, tanto risarcitoria/restitutoria, quanto inibitoria (negativa o positiva), si applicano alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data della loro entrata in vigore (19 maggio 2021), in deroga al principio tempus regit processum: con l’ulteriore problema accennato supra, dell’applicabilità o meno della nuova disciplina agli illeciti permanenti, nonché agli illeciti istantanei a effetti permanenti. Peraltro, tale disciplina transitoria interna appare del tutto irragionevole e presta il fianco a censure di illegittimità costituzionale e di contrarietà alla normativa europea, cui s’applica invece de plano il principio tempus regit processum e che concerne anche violazioni nazionali o transfrontaliere esaurite prima della sua entrata in vigore, determinandosi così anche un irragionevole disparità di trattamento, da far valere sia con incidente di costituzionalità dinanzi alla Consulta, sia sollevando una questione pregiudiziale eurounitaria davanti alla Corte di giustizia.

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