Lo stallo decisionale (deadlock) nelle società

I conflitti tra soci non sono eventi eccezionali, ma fanno parte della realtà societaria. Lo stallo decisionale si verifica quando non si raggiungono le maggioranze necessarie per prendere decisioni cruciali a causa del dissenso o del disinteresse dei soci/amministratori. L'articolo esplora diverse tecniche anti-stallo, tra cui clausole anti-stallo, casting vote, coinvolgimento di terzi indipendenti, opzioni put/call e la "clausola della roulette russa". Quest'ultima prevede che in caso di stallo, un socio possa determinare il valore del 50% del capitale, costringendo l'altro socio a scegliere tra acquistare la quota al prezzo proposto o cederla allo stesso prezzo. Questa clausola può essere implementata con varianti come il "Texas shootout" o il "fairest sealed bid". Sebbene queste clausole siano giuridicamente valide e utili per risolvere situazioni di stallo, potrebbero incoraggiare comportamenti opportunistici da parte di alcuni soci e si suggerisce l’uso di corrispettivi minimi nelle offerte di acquisto per mitigare questo rischio. Altre soluzioni proposte includono la regolamentazione del diritto di recesso o la scissione della società.

La conflittualità tra soci non è un evento remoto ed eccezionale, come si è soliti pensare, bensì una realtà con cui è fisiologico scontrarsi nel corso della vita di una società.

Lo stallo decisionale si verifica quando non si raggiungono le maggioranze necessarie per assumere determinate decisioni (a livello gestorio o assembleare), a causa del dissenso di uno o più soci/amministratori o del loro disinteresse nei confronti dell’attività d’impresa.

Accade di frequente in quelle società costituite da due soci paritetici al 50%, ma può accadere anche in società ove vi sia una ripartizione di azioni o quote tale da comportare un bilanciamento di voti o quando i soci di minoranza, in virtù di particolari accordi, riescano ad imporre maggioranze qualificate per determinate decisioni, condizionando con il proprio consenso l’adozione di determinate delibere.

Tali “crisi” endosocietarie talvolta si risolvono spontaneamente e in breve tempo, prevalendo il buonsenso dei soci e la loro volontà di proseguire con l’attività societaria, altre volte sfociano in conflitti molto profondi che possono portare anche allo scioglimento della società.

Indipendentemente dalla durata dello stallo, lo stesso porta con sé delle ripercussioni negative per la società sia a livello economico che reputazionale.

Per evitare questo tipo di “paralisi” della società è opportuno prevedere dei rimedi e delle soluzioni, già in sede di costituzione della società, inserendo delle apposite clausole nello statuto sociale o, eventualmente, nei patti parasociali.

Possibili tecniche anti-stallo

Come detto, è possibile prevedere, nello statuto della società e/o nei patti parasociali, meccanismi finalizzati ad impedire e/o a risolvere efficacemente situazioni di conflitto tra soci.

Esistono, innanzitutto, le c.d. clausole anti-stallo, che prevedono la reiterazione di tentativi per giungere ad una soluzione condivisa (i.e. periodi di riflessione, riunioni ravvicinate, etc.) e, in caso di fallimento di questi, la remissione della decisione a organi sociali superiori (ad esempio è possibile prevedere che in caso di mancato accordo degli amministratori, la decisione sia rimessa all’assemblea dei soci).

È possibile poi introdurre i c.d. casting vote, ossia dei meccanismi che prevedono, in caso di stallo decisionale, prevalga la volontà di una delle parti, attribuendo al voto di questa la prevalenza su quello degli altri.

Tali meccanismi non sono di facile introduzione, in quanto implicano che uno dei soci accetti una posizione subordinata all’altro socio.

Si possono poi immaginare delle soluzioni che prevedano l’intervenuto di terzi indipendenti, anche quali facenti parti del capitale sociale a titolo fiduciario e con mandato a votare in caso di stallo, con voto prevalente. Tale soluzione, tuttavia, appare di difficile attuazione, stante: (i) la difficoltà dei soci di ammettere all’interno del capitale altri soci, anche se a titolo fiduciario; (ii) non risolverebbe il problema di una gestione a lungo termine; (iii) potrebbe far insorgere conflitti in merito alle modalità di attuazione del mandato fiduciario, mettendo in discussione la bontà o correttezza del voto espresso dal soggetto fiduciario.

Altra possibilità è quella di introdurre nello statuto o nei patti parasociali delle opzioni put/call.

L’opzione put attribuisce ad un socio il diritto di vendere l’intera propria partecipazione o parte di essa ad un prezzo determinato o determinabile, mentre l’opzionecall concede ad un socio il diritto di acquistare la partecipazione sociale o le partecipazioni dell’altro ad un prezzo determinato o determinabile.

Tali opzioni possono essere previste anche in modo combinato (c.d. buy and sell agreement), cosicché un socio può essere obbligato ad acquistare le partecipazioni altrui o a vendere le proprie in risposta all’iniziativa assunta dall’altra parte. In tal caso, chi assume l’iniziativa (perché più tempestivo o quale soggetto cui è stata attribuita tale facoltà) si trova in una situazione di vantaggio, in quanto può imporre all’altro socio la soluzione che predilige.

La validità dell’opzione put, sotto il profilo del divieto del patto leonino, è stata più volte vagliata dalla giurisprudenza, che ne ha stabilito la legittimità sotto alcune condizioni e limiti, tra cui, appunto, il caso in cui tale opzione sia condizionata al verificarsi di una situazione di stallo decisionale delle società e al fatto che venga stabilito un prezzo congruo di esercizio dell’opzione.

Le Russian roulette clause

La cosiddetta clausola della roulette russa è una variante delle opzioni put e call.

Tale clausola, inseribile all’interno di uno statuto o di un patto parasociale, prevede che al verificarsi di una situazione di stallo, uno dei due soci (o entrambi se così concordato) abbia il potere di determinare il valore del 50% del capitale e porre l’altro di fronte alla scelta di acquistare la quota del socio offerente, al prezzo da lui proposto, o cedergli la propria quota al medesimo prezzo.

Il socio che attiva la roulette russa, quindi, determina il prezzo e tale diritto è controbilanciato dal rischio di perdere la propria partecipazione sociale. La scelta finale, infatti, spetta al socio che non ha determinato il prezzo.

La Russian roulette clause può essere predisposta con molte varianti.

È possibile prevedere che, dopo che un socio abbia presentato l’offerta di acquistare la partecipazione di un altro socio a un certo prezzo, la controparte possa accettare di vendere oppure sia obbligata a formulare una proposta di acquisto ad un prezzo maggiore rispetto a quello che gli era stato offerto (c.d. Texas shootout).

In alternativa, entrambe le parti devono consegnare una busta chiusa a un terzo, e chi ha offerto il prezzo maggiore, acquista le quote dell’altro (fairest sealed bid).

Ancora, è possibile prevedere un vero e proprio processo d’asta, consentendo al socio che propone l’offerta di acquisto o di vendita di rilanciare nel caso in cui chi riceva la prima offerta decida di acquistare.

In questi casi il prezzo della partecipazione potrebbe continuare a salire in relazione ai rilanci dei soci, finché un’offerta non verrà accettata.

Questa tecnica ha il vantaggio di fornire una soluzione rapida del deadlock e di non richiedere la nomina di un terzo valutatore.

La giurisprudenza ha avallato la validità di tali clausole, che introducono meccanismi di risoluzione di una situazione di stallo decisionale, meritevoli di tutela dal nostro ordinamento. 

Tuttavia, il meccanismo della Russian roulette può incoraggiare il socio più facoltoso a creare ad arte una situazione di stallo, per acquistare ad un prezzo basso la quota dell’altro socio. Infatti, se è vero che questo meccanismo incentiva generalmente il socio offerente a proporre un prezzo equo per l’acquisto delle quote dell’altro socio, potendo essere a sua volta costretto a vendere le sue quote (nel qual caso una valutazione al di sotto dei valori reali risulterebbe a lui svantaggiosa), qualora un socio fosse consapevole che l’altro socio non abbia la sua stessa disponibilità finanziaria, potrebbe formulare un’offerta di acquisto relativamente bassa- o comunque per lui conveniente e irraggiungibile per l’altra parte- costringendo comunque la controparte a vendere.

Per ovviare a tali inconvenienti, si potrebbe prevedere un corrispettivo minimo da indicare nella prima offerta di acquisto, preventivamente determinato o determinabile tramite l’applicazione di una formula aritmetica o l’intervento di un arbitratore. 

Altre possibili soluzioni alla situazione di stallo

Altra possibile soluzione è offerta dalla regolamentazione del diritto di recesso.

In tal caso, bisognerebbe prevedere nello statuto delle ulteriori ipotesi di recesso, oltre a quelle previste dalla legge, legate alla conflittualità insorta tra i soci.

Oppure si potrebbe ricorrere alla scissione.

La scissione si presta ad essere realizzata in molteplici modalità, un esempio potrebbe essere la scissione asimmetrica non proporzionale che ridefinisca gli assetti societari in modo da a risolvere un dissidio insorto tra soci.

Con questo tipo di operazione, dunque, è possibile programmare l’uscita di uno o più soci da una società mediante l’attribuzione di beni a favore di una società beneficiaria, le cui quote vengono assegnate unicamente a tali soci “fuoriusciti”.

Tuttavia, tale soluzione richiederebbe un consenso dei soci interessati che non sempre è di facile raggiungimento.

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