Famiglia, minori e successioni

La rinuncia all’assegno di mantenimento non preclude la domanda di revoca per il pregresso

La rinuncia alla domanda di assegno di mantenimento previsto per la separazione, ove riferita e valutata per il futuro, non pregiudica la domanda di revoca avanzata dal coniuge obbligato per il periodo pregresso. Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. I, ordinanza 22 febbraio 2024, n. 4715.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi:

Cass. Sez. U. n. 32914/2022

Difformi:

Non si rilevano precedenti in materia

Il Tribunale di Milano dichiarò la separazione personale dei coniugi M.C. e R.R.; inoltre, dispose l’affidamento del figlio minore L.M. in via condivisa ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre, regolamentando il diritto di visita paterno con previsione del pernotto e ripartizione dei periodi di vacanza; assegnò la casa familiare a M.; pose a carico di R., con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza, l'obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore mediante versamento alla madre, dell'importo mensile di euro 2.000,00, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, oltre al pagamento del 80% delle spese straordinarie secondo il Protocollo della Corte d’Appello di Milano sottoscritto il 14/11/2017, come meglio individuate nella stessa sentenza; pose a carico di R. con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza di primo grado l’assegno di mantenimento in favore della moglie di euro 650,00 euro mensili, oltre ISTAT.

Il gravame proposto da R., chiedendo l’integrale riforma della prima decisione, è stato respinto dalla Corte di appello di Milano.

R. ha proposto ricorso ed ha chiesto la cassazione della sentenza impugnata.

In particolare, con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111, comma 6, della Costituzione e dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., in relazione ai capi della decisione in cui “respinge l’appello”, conferma (“ferma la sentenza nel resto”) la sentenza di primo grado in ordine al mantenimento del coniuge beneficiario e revoca tale obbligo soltanto “con decorrenza dalla data di deposito della presente sentenza” di appello.

La sentenza d’appello ha confermato la pronuncia di primo grado con riguardo all’onere imposto all’attuale ricorrente di un assegno per il mantenimento dell’allora moglie, disponendo la sua revoca - in ragione di una espressa rinuncia da parte della qui resistente e di una correlativa accettazione da parte dell’esponente - solamente a partire dal deposito della decisone del giudice di secondo grado.

Sostiene il ricorrente che non è stato motivato il provvedimento di rigetto della domanda di revoca dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge beneficiario a partire dal 28 gennaio 2020 (data di richiesta di modifica avanzata nel giudizio di separazione di primo grado, in sub-procedimento cautelare), così come richiesto dall’appellante.

Aggiunge che la circostanza che la beneficiaria avesse rinunciato al contributo e l’appellante avesse accettato la rinuncia (come da dichiarazioni rese in sede d’udienza), in ragione della quale la Corte territoriale si era determinata a revocare l’assegno di mantenimento dalla data di deposito della sentenza, non era stata ben valutata: in particolare, deduce che l’accettazione della rinuncia effettuata dalla beneficiaria all’assegno non poteva comportare, di per sé, anche la rinuncia alla domanda relativa all’accertamento della non debenza - per mancanza dei presupposti – dell’assegno di mantenimento per il periodo antecedente a questa espressione di volontà (con caducazione pure della conseguente istanza di restituzione delle somme già corrisposte in eccesso).

Deduce, quindi, che la rinuncia della beneficiaria al mantenimento nel corso del giudizio di secondo grado, come formulata nel caso di specie, era ontologicamente diversa dalla domanda svolta da esso R con l’atto di appello: la prima era infatti un quid sopravvenuto che non riguardava la sentenza di primo grado impugnata, ma aveva unicamente una proiezione verso il futuro, mentre la seconda, per contro, è una richiesta di accertamento sul passato, il periodo interessante la sentenza di primo grado.

La Suprema Corte, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, cassa con rinvio la sentenza impugnata.

In particolare, i Giudici di legittimità hanno osservato che la rinuncia alla domanda di assegno di mantenimento previsto per la separazione, formulata nel corso del giudizio di appello, ove riferita e valutata per il futuro, non poteva pregiudicare la domanda di revoca avanzata da R. con l’atto di appello anche per il periodo pregresso, con decorrenza dal 28 gennaio 2020 (data di richiesta di modifica avanzata nel giudizio di separazione in primo grado, in sub procedimento cautelare) contestando la sussistenza dei presupposti dell’assegno, senza che sul punto si sia formato alcun giudicato atteso l’appello proposto e il carattere temporaneo del provvedimento adottato nel sub procedimento, poi confermato nella sentenza di primo grado oggetto di specifico gravame sul punto.

A fronte di ciò la statuizione risulta priva di specifica motivazione e non può ritenersi implicita perché manca un esame critico degli elementi di fatto fondanti la decisione sul punto.

Inoltre, va rammentato che, in tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio - nella sentenza di primo o secondo grado - l'insussistenza "ab origine", in capo all'avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della "condictio indebiti" che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto "ex tunc" delle sole condizioni economiche dell'obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell'ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica.

Esito

Cassa con rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Milano n. 3662/2022 depositata il 21/11/2022.

Riferimenti normativi

Art. 156 c.c.

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