Responsabilità civile

Responsabilità medica per violazione del consenso informato: gli elementi costitutivi

Gli elementi costitutivi della responsabilità medica per violazione del consenso informato - che rappresenta una violazione del diritto all'autodeterminazione autonomamente risarcibile - sono la mancanza del consenso informato e la dimostrazione, il cui onere grava sull'attore, che, se adeguatamente informato, il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi al trattamento sanitario svolto. La sentenza n. 6, resa dall’adito Tribunale di Ancona il 3 gennaio 2024, permette all’interprete alcune riflessioni in ordine al corretto declinarsi del principio del “consenso informato” del paziente ad un intervento medico.

Titoletto

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI:

Conformi:

Cass. civ. sez. III, ord., 11 dicembre 2023, n. 34395

App. Roma, sez. V, 29 settembre 2023, n. 6208

Difformi:

Non si rinvengono precedenti in termini

Per opinione consolidata il consenso informato legittima il trattamento sanitario in quanto, senza di esso, l'intervento del medico è (eccettuati i casi di trattamento sanitario obbligatorio o di stato di necessità) sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente ed anche quando sia stato correttamente eseguito (v.: Cass. civ. sez. III, 7 ottobre 2021, n. 27268; Trib. Roma sez. XIII, 8 settembre 2021; L. 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”). La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 438/2008, ha tracciato il solco da seguire: il consenso informato è espressione di una consapevole e cosciente adesione del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico e si configura come un vero e proprio diritto della persona, che trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione.

Quanto a modalità e caratteri, il consenso deve essere, innanzitutto, personale, nel senso che deve provenire dal paziente (ad esclusione evidentemente dei casi di incapacità di intendere e volere del paziente); deve, poi, essere specifico ed esplicito, oltre che reale ed effettivo, nel senso che non è ammissibile il consenso presunto; ancora, nei casi in cui ciò sia possibile, deve essere anche attuale (Cass. civ. sez. III, ord. 11 dicembre 2023, n. 34517; Cass. civ. sez. III, ord. 11 dicembre 2023, n. 34445).

Infine, il consenso deve essere pienamente consapevole, ossia deve essere "informato", dovendo cioè basarsi su informazioni dettagliate fornite dal medico.

Quanto al profilo probatorio, si deve precisare che la prova del consenso, in caso di impossibilità di prova documentale, può essere fornita con altri mezzi.

Il consenso informato non richiede la prova scritta ad substantiam, richiede – come si è detto – una manifestazione di volontà personale, consapevole, reale.

In tal senso rileva l’art. 35, II, Codice di deontologia medica secondo cui il consenso viene espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sull’integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona.

In linea generale, dunque, opera il principio di libertà della forma, salvi i casi in cui, per ragioni di opportunità o di certezza del diritto, si richieda una forma particolare.

Il Legislatore, da parte sua, ha previsto espressamente taluni casi particolari in cui è imposta la forma scritta, quali:

a) trapianto del rene tra persone viventi (art. 2, L. n. 458/1967);

b) sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano (art. 2, lett. l, D.Lgs. n. 211/2003);

c) procreazione medicalmente assistita (circa la volontà di entrambi i soggetti della coppia) (art. 6L. n. 40/2004);

d) interruzione volontaria della gravidanza (art. 14L. n. 194/1978);

e) rettificazione in materia di attribuzione di sesso (art. 2L. n. 164/1982);

f) attività trasfusionali (L. n. 107/1990);

g) prelievo per donazione del sangue (L. n. 219/2005).

La giurisprudenza ha osservato che non si configura lesione del consenso informato nei casi in cui l'intervento di asportazione di un nodulo sia indicato come opportuno, o necessario, dai medici per la sospetta natura “maligna” della formazione sol perchè dai controlli istologici successivi emerga la natura “benigna” del tumore. Invero, ai fini della corretta prestazione del consenso informato in relazione ad operazione chirurgica da patologia tumorale è necessario, e al contempo sufficiente, che i medici espongano le caratteristiche dell'intervento ed esplicitino il loro parere sulla sua opportunità o necessità, ben potendo, sulla base delle conoscenze tecnico scientifiche dell'epoca dell'intervento, essere impossibile conoscere con certezza a priori la natura, benigna o maligna, della patologia tumorale, diagnosticabile con esattezza solo a posteriori, a mezzo dell'esame istologico del materiale asportato (Cass. civ. sez. III, ord. 9 maggio 2023, n. 12411).

Né può dirsi avere ragione di esistere “un consenso informato al differimento di un intervento già deciso ed assentito” (Cass. civ. sez. VI - 3, ord., 9 dicembre 2021, n. 39084).

Ai fini della responsabilità del sanitario per violazione dell’obbligo qui in esame (Trib. Firenze sez. II, 20 settembre 2021, n. 2309) non rileva poi se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno: l'accertata imperizia chirurgica è cosa ben diversa dalla questione della ricorrenza o meno dei danni derivati dalla violazione del principio del consenso informato (App. Napoli sez. IX, 19 settembre 2023, n. 3927).

Ciò che rileva è che il paziente, a causa del deficit di informazione, non sia stato messo nella condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni.

Precisamente, la violazione, da parte del medico, del dovere d'informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni:

- un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti;

- nonchè un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, rinvenibile quando, a causa del descritto "deficit" informativo incidente, il paziente abbia subito uno specifico pregiudizio, altrimenti evitato, patrimoniale oppure non patrimoniale, e, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità, diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Qualora venga allegato e provato, come conseguenza della mancata acquisizione del consenso informato, un danno biologico, ai fini dell'individuazione della causa "immediata" e "diretta" (ex art. 1223 c.c.) di tale danno-conseguenza, occorre accertare, mediante giudizio controfattuale, quale sarebbe stata la scelta del paziente ove correttamente informato, atteso che, se egli avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dall'inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile "ab origine" alla violazione dell'obbligo informativo, e concorrerebbe, unitamente all'errore relativo alla prestazione sanitaria, alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno-conseguenza.

Le conseguenze dannose che derivino, secondo un nesso di regolarità causale, dalla lesione del diritto all'autodeterminazione, verificatasi in seguito ad un atto terapeutico eseguito senza la preventiva informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli, e dunque senza un consenso legittimamente prestato, devono essere debitamente allegate dal paziente, sul quale grava l'onere di provare il fatto positivo del rifiuto che egli avrebbe opposto al medico, tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della cd. vicinanza della prova), essendo, il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell'id quod plerumque accidit (Cass. civ. sez. III, ord., 11 dicembre 2023, n. 34395; App. Roma sez. V, 29 settembre 2023, n. 6208; Trib. Benevento sez. II, 22 settembre 2023, n. 1888; Trib. Firenze sez. IV, 17 maggio 2023, n. 1481; Cass. civ. sez. III, ord. 11 maggio 2023, n. 12954; Trib. Milano sez. I, 2 marzo 2023, n. 1665).

Riferimenti normativi:

L. 22 dicembre 2017, n. 219

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