Tributario

IMU: non dovuta a decorrere dalla denuncia dell’occupazione abusiva e fino alla liberazione

Con la sentenza n. 60 del 2024 il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 53, comma 1, Cost., dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nella sua formulazione originaria applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, comma 2, o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale, poiché la proprietà immobiliare non costituisce, per il periodo in cui essi siano abusivamente occupati, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.

Il caso

Con due ordinanze di identico tenore del 13 aprile 2023, la Corte di cassazione, sez. tributaria, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nella sua formulazione originaria applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede l’esenzione dal pagamento dell’imposta municipale unica (IMU) nell’ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti, per violazione degli artt. 3, comma 1, 53, comma 1, e 42, comma 2, Cost. e dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU.

Riteneva dunque il giudice a quo che, in virtù della disciplina censurata e del relativo diritto vivente, ai fini impositivi sarebbe stata rilevante solo l’esistenza di un titolo attestante un diritto reale sull’immobile o un contratto di leasing, non anche il relativo possesso del bene.

In ordine alla non manifesta infondatezza con riguardo agli artt. 53, comma 1, e 3, comma 1, Cost., il rimettente osservava che l’immobile occupato abusivamente non avrebbe costituito un valido indice di capacità contributiva e si sarebbe determinato così un trattamento uguale di situazioni diseguali, in quanto sarebbero stati sottoposti alla stessa imposizione sia gli immobili occupati abusivamente sia quelli che non lo fossero stati.

La perdita del possesso avrebbe assunto un particolare significato alla luce, da un lato, della denuncia agli organi istituzionali da parte del proprietario dell’immobile occupato abusivamente e, dall’altro, dell’inerzia delle autorità preposte al suo sgombero, cosicché sarebbe stato irragionevole riconoscere al proprietario di un immobile inagibile o inabitabile (eventualmente, a causa della sua inerzia) una riduzione della base imponibile IMU e prevedere, invece, la tassazione integrale a carico del proprietario di un immobile occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua volontà e privo di strumenti di tutela giuridica per recuperarne il possesso.

La disposizione censurata si sarebbe posta in contrasto anche con l’art. 42, comma 2, Cost. e con l’art. 1 Prot. addiz. CEDU, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata, perché quest’ultima avrebbe dovuto attribuire l’esercizio di azioni a tutela della proprietà o del possesso, ivi incluso l’intervento della forza pubblica per lo «sgombero» dell’immobile e per di più non sarebbe stato consentito alla pubblica amministrazione trarre vantaggio da propri comportamenti illeciti.

La decisione della Corte costituzionale

Con la segnalata sentenza la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2011, nel testo applicabile ratione temporis, sollevata in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 53, comma 1, con assorbimento delle ulteriori censure, nella parte in cui non prevede che – sul modello dell’art. 1, comma 81, della legge n. 197 del 2022 citato dal rimettente – non sono soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, comma 2, o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Premessa la rilevanza della questione in quanto la disposizione censurata – pur successivamente abrogata dall’art. 1, comma 780, della legge n. 160 del 2019 a decorrere dal 1° gennaio 2020 – trova effettiva applicazione nei giudizi a quibus, ove, di fronte alla Corte di cassazione, si discute circa la debenza o meno dell’IMU per le annualità d’imposta relative al 2013 e al 2014, la Corte ha precisato che, indipendentemente dalla nozione di possesso cui debba farsi riferimento a proposito dell’IMU, è irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibilee si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto, tanto che il legislatore, come già rilevato, è intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta l’imposta in questione.

Ha aggiunto la Corte che ogni prelievo tributario deve avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza, sicché la sottrazione all’imposizione (o la sua riduzione) è resa necessaria dal rilievo di una minore o assente capacità contributiva (che il legislatore può riscontrare in relazione ad alcune circostanze di fatto).

Pertanto, ad avviso del Giudice delle leggi, è irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale sia, ciò nonostante, tenuto a versare l’IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.

Del resto, ha rilevato la Consulta, questa impostazione è coerente con una ipotesi impositiva per certi versi simile in cui, in caso di perdita della disponibilità del bene per fatto di terzo, l’ordinamento giuridico stabilisce il venir meno dell’obbligo del pagamento dell’imposta. È questo il caso della tassa automobilistica: l’art. 5 del d.l. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1983, n. 53, stabilisce infatti, ai commi trentasettesimo e trentottesimo, che, nonostante il soggetto passivo sia il proprietario del bene, la perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione. L’obbligo del pagamento ricomincia a decorrere dal mese in cui avviene il riacquisto del possesso o la disponibilità del veicolo o dell’autoscafo.

Esito del giudizio di costituzionalità:

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nel testo applicabile ratione temporis, nella parte in cui non prevede che non siano soggetti all’imposta municipale propria, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Riferimenti normativi:

Art. 9, comma 1, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23

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