Inammissibili i motivi aggiunti nell’impugnazione al CNF dei provvedimenti disciplinari

Non è possibile dedurre motivi aggiunti all’impugnazione proposta avanti al CNF nei confronti di un provvedimento che irroga una sanzione disciplinare, stante la natura giurisdizionale del giudizio di impugnazione. Con sentenza n. 9949 del 12 aprile 2024, la Corte di cassazione affronta due questioni processuali relative al procedimento disciplinare a carico degli avvocati. Più specificamente, nella pronuncia annotata la Suprema Corte chiarisce i limiti entro cui opera, anche nel giudizio disciplinare, il legittimo impedimento a comparire all’udienza e, una volta ribadita la natura giurisdizionale dell’impugnazione della sanzione disciplinare avanti al CNF, specifica l’inammissibilità di motivi aggiunti o diversi rispetto a quelli dedotti nell’impugnazione.

Il fatto

La vicenda presa in esame dalla Corte di cassazione concerne l’impugnazione della sentenza emessa dal CNF con cui era stata confermata la sanzione della radiazione irrogata a carico di un avvocato, riconosciuto colpevole della violazione degli artt. 9, 52 e 53 del codice deontologico forense, per aver gravemente offeso un magistrato e un consulente tecnico (accusati, in particolare, di aver commesso gravi reati, quali i reati di truffa e falso).

La domanda

A seguito del rigetto di un’istanza di ricusazione promossa da un avvocato nei confronti di un giudice e di un consulente tecnico, il Tribunale di Palermo dispone la trasmissione degli atti al competente Consiglio dell’Ordine per la valutazione dell’eventuale rilevanza disciplinare della condotta dell’avvocato.

Più in particolare, l’avvocato aveva fondato l’istanza di ricusazione accusando il magistrato e il consulente tecnico di essere collusi e di aver commesso gravi reati (fra cui quelli di truffa e di falso). Trasmessi gli atti al competente Consiglio Distrettuale di Disciplina, quest’ultimo promuove l’azione disciplinare nei confronti dell’avvocato, all’esito della quale, in considerazione sia della gravità della condotta sia dei precedenti dell’incolpato, viene irrogata la sanzione della radiazione. La decisione viene impugnata avanti al Consiglio Nazionale Forense, dapprima con un ricorso, in cui il provvedimento disciplinare viene censurato esclusivamente per una ragione processuale (e, precisamente, per aver deciso ugualmente nonostante l’incolpato avesse un legittimo impedimento a comparire all’udienza), e successivamente con un secondo ricorso, depositato, però, oltre la scadenza dei termini.

Il CNF conferma la sanzione irrogata dal Consiglio di disciplina, ritenendo infondata la doglianza sollevata con il primo ricorso e inammissibili i motivi posti a fondamento del secondo ricorso, in quanto depositato successivamente alla scadenza dei termini per l’impugnazione.

La decisione della Corte di cassazione

Con la pronuncia qui annotata la Suprema Corte affronta due questioni processuali relative al procedimento disciplinare forense, ossia i limiti del legittimo impedimento a comparire all’udienza disciplinare e le modalità di deduzione dei motivi di impugnazione avverso la sanzione disciplinare.

In entrambi i casi, la Corte di cassazione parte dalla constatazione, peraltro ormai pacifica nella giurisprudenza, della natura giurisdizionale del procedimento di impugnazione delle sanzioni disciplinari avanti al CNF, a differenza della fase avanti al Consiglio Distrettuale di Disciplina, avente natura meramente amministrativa.

Proprio su questa base, la Corte di cassazione riconosce l’applicabilità in via analogica al procedimento disciplinare (quantomeno alla fase giurisdizionale avanti al CNF) dell’art. 420-ter c.p.p. che disciplina il c.d. legittimo impedimento a comparire all’udienza. In particolare, la Suprema Corte afferma che anche nel procedimento disciplinare il legittimo impedimento rilevante ai fini del rinvio dell’udienza consiste non solo nell’impossibilità fisica a comparire all’udienza, ma anche nell’impossibilità di comparirvi in modo dignitoso e attivo. In altri termini, come nel processo penale, anche nel processo disciplinare l’incolpato che non sia oggettivamente in grado di esercitare il proprio diritto di difesa ha diritto ad ottenere un differimento dell’udienza. La Corte, tuttavia, ha ritenuto che, nel caso di specie, tali requisiti non sussistessero, come già ritenuto dal CNF, in quanto la documentazione medica attestava una mera difficoltà e non una vera e propria impossibilità a comparire e a difendersi attivamente.

In secondo luogo, la Suprema Corte, sempre partendo dal presupposto della natura giurisdizionale della fase di impugnazione della sanzione disciplinare avanti al CNF, esclude la configurabilità nel processo disciplinare dell’istituto (tipicamente amministrativo) dei motivi aggiunti. Su questa base, quindi, la Corte dichiara l’inammissibilità del secondo motivo (con cui, appunto, era stata contestata la sentenza con cui il CNF aveva dichiarato la tardività del secondo ricorso) e, conseguentemente, del terzo motivo (con cui, nella sostanza, erano state riproposte le censure oggetto del secondo ricorso avanti al CNF).

Al di là delle evidenti peculiarità del caso di specie (la palese gravità delle condotte accertate e l’evidente approssimazione con cui l’incolpato pare aver svolto le difese avanti al CNF), peculiarità che certamente non lasciavano molti margini a una diversa decisione, i principi enunciati dalla Suprema Corte appaiono del tutto condivisibili. Ovviamente, per quanto la decisione qui annotata non lo specifichi, i principi qui enunciati vanno coordinati anche con le pronunce che ammettono la proposizione di un secondo ricorso (e, quindi, di ulteriori motivi) a condizione che quest’ultimo ricorso sia comunque proposto entro i termini di impugnazione.

La decisione in sintesi:

Nell’impugnazione di un provvedimento disciplinare avanti al CNF non sono ammessi motivi aggiunti o comunque ulteriori rispetto a quelli dedotto nell’atto di impugnazione.

Esito della domanda:

Rigetta il ricorso.

Precedenti giurisprudenziali:

Cass. sez. Unite 14/01/2020, n. 412

Cass. sez. Unite 28/02/2020, n. 5596

Cass. sez. Unite 27/12/2019, n. 34476

Cass. sez. Unite 13/11/2012, n. 19705

Cass. sez. Unite, 25 novembre 2008, n. 28049

Riferimenti normativi:

Art. 420 ter c.p.p.

Art. 61, L. n. 247/2012

Copyright © - Riproduzione riservata

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