Legge penale, interpretazione estensiva, contenuto esatto della norma, attività speculativa, gioco d'azzardo

Cassazione penale, sez. II, Sentenza 29/03/2019 n° 13795

Anche le norme penali sono suscettibili di interpretazione estensiva, rivolta cioè a determinare la portata del precetto secondo il pensiero e la volontà del legislatore, anche al di là della dizione strettamente letterale, quando sia palese che lo stesso legislatore minus dixit quam voluit: infatti in questo caso, non vale invocare il divieto di applicazione analogica, poiché l'estensione non avviene per similitudine di rapporti o di ragioni, ma per la necessità logica di ricondurre alla previsione normativa ipotesi non completamente delineate e tuttavia configurabili in base alla stessa lettera della legge.

In questi casi, infatti, l'interpretazione estensiva non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto della lettera. Non incontra perciò, come tale, alcuna limitazione nell'art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale, perché accerta l'esatto contenuto di una norma attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica. (Nella fattispecie, prendendo le mosse dalla ricerca del significato - o dei significati - letteralmente riconducibili all'espressione "attività speculativa", il Collegio giudicante rilevava che nulla osta ad includere, come accade anche per i concetti di attività economica ed imprenditoriale,  nel novero delle potenziali attività speculative, molteplici attività e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite e dunque vi rientrano anche i giochi o le scommesse caratterizzati da azzardo, intendendosi per tali quelli praticati con il fine di lucro e nei quali la vincita o la perdita sia in buona parte aleatoria, avendovi l'abilità del partecipante una importanza non determinante rispetto all'esito.)

FONTE

Massima redazionale

RIFERIMENTI NORMATIVI

artt. 12 e 14 prel. c.c.

Massimario.it - 15/2019. Cfr. nota di Simone Marani

Cassazione Penale

sez. II

Sentenza 29/03/2019, n. 13795

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Presidente -

Dott. MANTOVANO Alfredo - Consigliere -

Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere -

Dott. FILIPPINI Stefano - rel. Consigliere -

Dott. SARACO Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO;

nel procedimento a carico di:

S.R., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 21/11/2018 del TRIB. LIBERTA' di MILANO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. STEFANO FILIPPINI;

sentite le conclusioni del PG Dott. COCOMELLO Assunta, per l'annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21.11.2018, il Tribunale di Milano, adito con richiesta di riesame da S.R., ha annullato l'ordinanza emessa in data 23.10.2018 dal GIP presso il Tribunale di Milano che disponeva gli arresti domiciliari a carico del prevenuto nell'ambito del procedimento a suo carico per i reati di cui all'art. 640 c.p., comma 1, art. 61 c.p., nn. 7 e 11 (capo A) nonchè art. 648-ter.1 c.p. (capo B). Secondo l'ipotesi accusatoria, l'indagato, dopo aver truffato alcuni investitori con la prospettiva della realizzazione di fantomatici campi eolici in (OMISSIS) e (OMISSIS), ottenendo un profitto complessivo di Euro 267.989, aveva autoriciclato una parte significativa di tali somme impiegando Euro 109.221 in attività speculative e, segnatamente, nel settore dei giochi e delle scommesse (quali slot machines, videogiochi on line tipo casinò e poker, nonchè scommesse sportive on line), in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

In particolare, il Tribunale milanese ha annullato la richiamata ordinanza genetica in relazione alla truffa "per carenza dei limiti edittali" e, in relazione all'autoriciclaggio, per "insussistenza del presupposto indiziario" dal momento che l'impiego di Euro 109.221 "nel settore dei giochi e delle scommesse" è stato giudicato come non rientrante tra le "attività speculative" di cui all'art. 648-ter.1 c.p. Invero, a quest'ultimo proposito, il TDL, dopo aver premesso quello che, sulla base delle indicazioni contenute nel vocabolario Treccani, deve intendersi il significato letterale del termine "speculazione" (ravvisandolo esclusivamente "nello svolgimento di operazioni intese ad ottenere il massimo guadagno in attività commerciali o finanziarie, cercando per lo più di trarre un utile dalla variazione attesa dei prezzi rispetto a quelli di acquisto... nello svolgimento di operazioni di investimento da cui ci si propone di realizzare un forte utile... in una operazione volta a conseguire un profitto economico personale, senza tenere conto degli interessi altrui...), ha rimarcato la distanza tra tali concetti e quelli di impiego di denaro in giochi o le scommesse, poichè gli investimenti speculativi sono caratterizzati da destinazione del denaro in attività comportanti grandi rischi ma comunque calcolati e finalizzati dall'agente ad ottenere rilevanti utili, mentre i giochi si connotano per l'alea ingovernabile (specie per quelli come le slot machines), rappresentano una mera spendita di denaro in attività che possono portare a nessun rientro economico (in quanto spesso comportanti la perdita totale della provvista, talvolta impiegata al solo fine di soddisfare una condizione patologica dell'agente). A conforto della differenza esistente tra speculazione e gioco si richiama giurisprudenza tributaria (massima estratta da Cass. civ., Sez. 5, n. 20681/2015) dalla quale si ricava la definizione di speculazione come strumento o mezzo per la fruizione di un più consistente corrispettivo rispetto al prezzo-di originario acquisto di un bene. E comunque si evidenzia che, per effetto della previsione di cui all'art. 648-ter.1 c.p., comma 4, il legislatore ha espressamente definito come non punibile la condotta di chi abbia destinato il denaro al mero uso o godimento personale, tale dovendosi considerare anche la condotta di chi spende denaro al gioco o in scommesse, per soddisfare un impulso personale, spesso di carattere patologico, non dissimile da chi impiega il denaro in spese per ristoranti, viaggi o acquisti di beni anche durevoli. In definitiva, il S. non avrebbe compiuto alcuna delle attività previste dalla fattispecie incriminatrice in parola (impiego di denaro in attività economiche, imprenditoriali, finanziarie e speculative), nè comunque le condotte sono idonee a realizzare le operazioni di ripulitura sanzionate dalla norma, avendo l'indagato semplicemente azzerato i propri conti al fine di soddisfare la propria tendenza al gioco.

2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, deducendo inosservanza ed erronea applicazione del predetto articolo nonchè travisamento della prova.

2.1. Con il primo motivo si censura, in principalità, l'operazione ermeneutica svolta dal TDL nella ricerca del significato del sintagma "attività speculativa", sottolineando come, nell'ottica di una ermeneusi guidata dall'art. 12 preleggi, comma 1 - in base al quale, nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (criterio letterale), e dalla intenzione del legislatore (criterio teleologico)- si evitino scelte sostanzialmente abrogatrici della previsione, quali quelle che riconducono il significato delle "attività speculative" all'interno degli ambiti già coperti dai concetti di attività economica, imprenditoriale o finanziaria, costituenti autonome e distinte ipotesi integrative della fattispecie penale dell'autoriciclaggio.

E così avrebbe fatto il TDL valorizzando i significati dell'espressione in questione tratti dal vocabolario Treccani.

Si afferma poi l'erroneità dell'assunto in base al quale le attività di impiego del denaro in giochi o scommesse comportino una mera spendita di denaro non finalizzata a realizzare un utile; infatti, assai diffusa è la conoscenza sia dell'esistenza di sofisticati meccanismi capaci di governare l'alea di molti giochi (si pensi alle giocate multiple, ai sistemi, alle elaborazioni statistiche, agli algoritmi sul calcolo delle probabilità,...) e di molti tipi di scommesse (come nel caso di contemporanea giocata su differenti esiti o di puntate guidate da approfonditi studi statistici, qualitativi, ecc.), così da rendere del tutto arbitrario, se non evanescente, la dicotomia fondata tra attività implicanti rischio calcolato/calcolabile (dunque speculative, secondo il TDL) e attività caratterizzate dalla pura alea; a tal proposito si evidenzia anche la similitudine, evidenziata anche dalla dottrina civilistica, tra alcuni tipi di contratti di borsa (quali i derivati), generalmente considerati molto speculativi, e varie tipologie di scommesse.

Non significativo è il richiamo alla giurisprudenza tributaria, indicativo solamente di una particolare tipologia di attività speculativa (quella edilizia), che certo non esclude la possibilità di individuarne altre.

Inoltre, sotto il profilo dell'interpretazione teleologica, si richiamano gli insegnamenti contenuti nella sentenza di questa Corte (Sez. 2, n. 30399/2018), a proposito del significato da attribuire alla clausola di esclusione della punibilità di cui al comma 4 dell'art. 648-ter1 c.p., a norma della quale l'agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Di conseguenza, l'impiego di denaro di provenienza delittuosa in gioco o scommessa deve considerarsi idoneo a rendere non tracciabili i proventi del delitto presupposto, dal momento che l'eventuale vincita (e le statistiche richiamate dal P.M. impugnante evidenziano come, in Italia, per ogni 10 Euro impiegati nelle scommesse sportive, circa 8 sono tornati ai giocatori in forma di vincita), anche parziale, consente di ottenere una giustificazione contabile di somme oramai ripulite e non riconducibili al delitto presupposto.

Peraltro, molti studi (il ricorrente richiama i risultati delle analisi svolte, sulla scorta delle raccomandazioni e delle direttive Euro unitarie, dall'Unità di Informazione finanziaria della Banca d'Italia -UIF-, nonché i principi e regole internazionali di prevenzione del riciclaggio elaborati dal Gruppo di Azione Finanziaria internazionale -GAFI-) hanno evidenziato la necessità di promuovere la tutela dell'integrità del sistema economico e finanziario dal compimento delle azioni di riciclaggio che possono assumere molteplici forme. La Quarta Direttiva Europea antiriciclaggio (recepita in Italia con D.Lgs. n. 231 del 2007) ha enfatizzato il principio dell'approccio basato sull'analisi del rischio; il primo esercizio nazionale di analisi dei rischi (condotto nel 2014 sotto l'egida del Comitato di Sicurezza Finanziaria -CSF- presso il Ministero dell'economia), ha evidenziato la rilevante esposizione del settore del gioco al rischio di riciclaggio, tanto che il decreto antiriciclaggio dedica un intero Titolo (il IV, artt. 52-54) a tale comparto. Le profonde trasformazioni del settore del gioco e scommesse (specie con l'introduzione di nuove tecnologie telematiche e con l'ingresso nel mercato di nuovi soggetti attratti dagli alti flussi finanziari generati dall'industri del gioco) hanno portato il GAFI a segnalare (sin dal 2009) i casinò come canale preferenziale di riciclaggio e (dal 2012) tale considerazione si è estesa alle sale da gioco a distanza (gaming on line). La Quarta Direttiva antiriciclaggio ha rafforzato le misure di prevenzione nei confronti dei prestatori di gioco d'azzardo, comunque esercitati. Tra le forme di gioco rientrano anche le scommesse a quota fissa (come quelle sportive), pure caratterizzate da ampio uso di denaro contante; l'analisi delle segnalazioni di numerose anomalie e operazioni sospette hanno dimostrato, tra l'altro, anche la possibilità di effettuazione di scommesse plurime, volte a coprire l'intero arco dei possibili esiti, così da consentire vincite praticamente sicure e pari almeno a parte del capitale impiegato.

2.2. Con il secondo motivo si censura il travisamento della prova, avendo il TDL erroneamente ricondotto al solo gioco con le slot machines le attività ascritte al S.. Al contrario, come emerge dall'ordinanza genetica (pag. 8) emessa dal GIP in data 21.10.2018, l'indagato ha anche impiegato larga parte delle somme ascritte (pari ad oltre Euro 100.000) in una pluralità di giochi o scommesse sportive riconducibili a tipologie rientranti nella moderna concezione di scommessa, che si caratterizza anche di precisi calcoli attuariali sintetizzati nel concetto di quota.

Si segnala altresì l'ulteriore travisamento consistente nell'aver ricondotto l'attività dell'indagato al soddisfacimento di una patologia legata al gioco, di cui invece agli atti non vi è dimostrazione alcuna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso appare fondato.

1. Secondo le previsioni del comma 1 della norma in questione (art. 648-ter.1 - autoriciclaggio -), risponde del reato in parola chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Il secondo e comma 3 della medesima norma prevedono pene specifiche per le ipotesi in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di determinati delitti mentre l'art. 648-ter.1 c.p., comma 4 dispone: "Fuori dei casi predetti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale" (le sottolineature sono dell'estensore).

1.1. Secondo la prospettazione accusatoria condensata nel capo B della provvisoria rubrica, l'indagato che ha impiegato "nel settore dei giochi e delle scommesse" (nella fattispecie, slot machines, giochi d'azzardo e scommesse sportive on line) una buona parte della provvista accumulata mediante la truffa di cui al capo A, ha posto in essere "attività speculativa" integrativa della richiamata fattispecie astratta.

1.2. Come accennato, il TDL, nell'ordinanza ora impugnata, ha invece ritenuto che le attività di gioco, in quanto caratterizzate da alea, esulino dal concetto di speculazione e, comunque, debbano essere collocate nell'area di non punibilità che caratterizza l'uso o godimento solo personale di beni economici.

1.3. L'assunto del Tribunale milanese, ad avviso del Collegio, non può essere condiviso.

A tale conclusione si perviene, in ossequio a quanto disposto dall'art. 12 disp. gen., in primo luogo attraverso l'accurata ricerca dell'effettivo significato letterale dell'espressione "attività speculativa" (che, come si vedrà, presenta effettiva natura polisensa) e, in secondo luogo, tramite l'individuazione della ratio legis mediante la ricostruzione del percorso legislativo che ha portato il legislatore nazionale ad introdurre nel sistema penale la previsione in esame.

1.3.1. E comunque, anche al fine di evitare conclusioni sostanzialmente abrogative della previsione in parola, o manifestamente illogiche, non possono dimenticarsi i risalenti ed incontrastati insegnamenti di questa Corte, secondo i quali anche le norme penali sono suscettibili di una interpretazione estensiva, cioè rivolta a determinare la portata del precetto secondo il pensiero e la volontà del legislatore, anche al di là della dizione strettamente letterale, quando sia palese che lo stesso legislatore minus dixit quam voluit: infatti in questo caso, non vale invocare il divieto di applicazione analogica, poichè l'estensione non avviene per similitudine di rapporti o di ragioni, ma per la necessità logica di ricondurre alla previsione normativa ipotesi non completamente delineate e tuttavia configurabili in base alla stessa lettera della legge (in tal senso, si vedano Sez. 3, n. 894 del 25/03/1963, Rv. 098978; Sez. 5, n. 3297 del 08/01/1980, Rv. 144605; Sez. 4, n. 11380 del 27/04/1990 Rv. 185084); l'interpretazione estensiva non amplia il contenuto effettivo della norma, ma impedisce che fattispecie ad essa soggette si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto della lettera. Non incontra perciò, come tale, alcuna limitazione nell'art. 14 disp. gen., perchè accerta l'esatto contenuto di una norma attraverso i mezzi consentiti dalla logica e dalla tecnica giuridica (Sez. 3, n. 5182 del 30/10/1975, Rv. 133747).

1.4. Prendendo dunque le mosse dalla ricerca del significato (o dei significati) letteralmente riconducibili all'espressione "attività speculativa", il Collegio rileva che, secondo la definizione contenuta nell'Enciclopedia delle scienze sociali edita da Treccani, alla voce "Speculazione" è dato leggere che il termine ha indubbiamente una portata assai ampia. Infatti (le sottolineature sono dell'estensore), si afferma che "... Nel linguaggio comune con il termine speculazione si definisce una operazione commerciale intesa a conseguire un guadagno in base alla differenza tra i prezzi attuali e quelli futuri previsti;... spesso il termine speculazione viene usato impropriamente come sinonimo di accaparramento, aggiotaggio, dolo, frode - ossia azioni finalizzate a provocare variazioni artificiose del prezzo, per poi sfruttarle;... Nel gergo economico, speculazione è l'attività di acquisto (o vendita) di beni con la prospettiva di vendita (o acquisto) a una data successiva, avendo come motivo l'aspettativa di un cambiamento dei prezzi e non l'aspettativa di guadagno derivante dall'uso dei beni o da qualsiasi tipo di trasformazione..... Sulla base di questa definizione, diffusamente accettata in letteratura, l'attività speculativa individua una categoria economica ampia: può essere considerata speculativa qualsiasi decisione o azione di investimento che si basa sulla previsione di eventi futuri e che - in questo senso - implichi rischio....". Si aggiunge poi: "Il termine speculazione è considerato - in molti contesti - sinonimo di gioco d'azzardo, definito come "lo scommettere su un esito incerto"; entrambi i termini rientrano nella categoria generale dell'investimento (definito come "impegnare danaro per ottenere un guadagno"). Frequentemente con speculazione si intende che un investimento è ad alto rischio (che può dare grandi guadagni o grandi perdite, rispetto all'importo impiegato); con gioco d'azzardo si caratterizza, talvolta, un'azione altamente speculativa. Dal punto di vista logico - della definizione dell'aspettativa - non c'è differenza tra una scommessa sul prezzo futuro del grano e una scommessa sul risultato di una partita di calcio. La differenza rilevante è nel criterio in base al quale si decide se accettare la scommessa; lo speculatore decide l'azione col criterio del confronto tra rischio e rendimento atteso; il giocatore d'azzardo accetta la scommessa anche se l'aspettativa di guadagno non è tale da compensare il rischio dell'operazione...". Attività speculativa e gioco d'azzardo, dunque, dal punto di vista linguistico, ben possono svolgere il ruolo di sinonimi.

E ciò non è dissimile da quanto accade nel comune parlare, laddove l'investimento in titoli quotati alla Borsa valori viene frequentemente denominato come "giocare in borsa", espressione che evidentemente rispecchia la percepita vicinanza tra investimenti ad alto rischio e gioco d'azzardo (termine, quest'ultimo, con il quale, in senso formale, si indica quell'ampio genere di attività ludiche in cui ricorre il fine di lucro e nel quale la vincita o la perdita è in buona parte aleatoria, avendovi l'abilità del giocatore un'importanza limitata o comunque non decisiva).

Ma anche al di fuori dell'ambito delle Borse valori o delle Borse merci, molte altre attività (compravendite di beni immobiliari, lottizzazione di aree, modalità edificatore, ecc.) si caratterizzano per l'assunzione di posizioni in base ad aspettative sull'andamento futuro di una o più variabili aleatorie.

Appare quindi difficile racchiudere la speculazione nel ristretto ambito della speculazione finanziaria e borsistica, poiché molte attività economiche si fondano su valori attesi di difficile quantificazione, e molti soggetti prendono decisioni strategiche sulla base di aspettative più o meno coerenti riguardo al futuro, non dissimilmente da quanto accade nel fenomeno delle scommesse sportive.

Dunque, già da questa prima disamina dei possibili significati riconducibili all'espressione letterale "attività speculativa", pare al Collegio che nulla osti ad includere, nel novero delle potenziali attività speculative, anche quelle classificabili come gioco d'azzardo (nozione, quest'ultima, come accennato, evidentemente diversa dal gioco puramente ludico, cioè avulso dal perseguimento di significative finalità economiche) o come scommessa (sia di tipo sportivo che relativa ad eventi incerti, comunque oggetto di quotazione presso gli allibratori).

Nè, come acutamente osservato dalla Procura ricorrente, il concetto di alea, caratteristico del gioco d'azzardo o della scommessa, risulta ontologicamente diverso o assolutamente inconciliabile con quello di rischio calcolabile (elemento che, invece, il TDL reputa insito e tipico della sola speculazione in senso stretto), come dimostrano le moderne evoluzioni in tema di calcolo delle probabilità o altri sistemi matematici (quali gli algoritmi), spesso ampiamente diffusi e facilmente reperibili, capaci di quantificare le percentuali di rischio e, dunque, di controllarlo parzialmente; per non parlare, aggiunge il Collegio, delle specifiche modalità di gioco o scommessa (quali le puntate multiple o quelle su tutti i risultati possibili) che possono addirittura quasi azzerare il rischio di perdita del capitale, assicurandone, invece, la ripulitura (si pensi al giocatore alla roulette che punti la stessa somma sia sui numeri rossi che sui neri, oppure sia sui pari che sui dispari;

o allo scommettitore che faccia puntate su tutti i possibili esiti di una gara sportiva).

E, a quest'ultimo proposito, osserva il Collegio, pare significativo evidenziare che l'impiego di modalità di gioco capaci di "controllare", in qualche modo, l'esito della vincita, così da permettere un almeno parziale ritorno del capitale impiegato, ben può costituire una conveniente metodo di sostituzione del profitto delittuoso, persino più vantaggioso rispetto ai tradizionali "costi" di altri sistemi di riciclaggio o del "prezzo" che generalmente l'autore del reato presupposto riconosce al ricettatore.

1.5. Tanto premesso dal punto di vista del significato linguistico, anche l'esegesi volta alla ricerca dell'effettiva intenzione del legislatore (c.d. interpretazione teleologica) porta a risultati convergenti.

Al fine di una completa verifica della soluzione proposta, giova ripercorrere brevemente il dibattito che ha preceduto l'introduzione della norma in parola (l'art. 648 ter.1 c.p.); deve infatti ricordarsi che il difetto di incriminazione dell'autoriciclaggio è stato per lungo tempo giustificato sulla base del divieto di bis in idem, ovvero del criterio dell'assorbimento, alla stregua del quale perseguire per riciclaggio l'autore del delitto presupposto avrebbe significato addebitare due volte al medesimo soggetto un accadimento unitariamente valutato dal punto di vista normativo, quindi sanzionare due volte un medesimo fatto. Tuttavia, a seguito di ampio dibattito, ed anche al fine di assecondare varie sollecitazioni internazionali, con L. 15 dicembre 2014, n. 186 (art. 3, comma 3) è stata disposta l'introduzione dell'art. 648 terl c.p., che ha comportato il superamento della tradizionale posizione, determinandosi la punibilità anche della condotta di autoriciclaggio, con la quale, è stato correttamente osservato, si tutela un bene giuridico diverso da quello del reato presupposto (spesso punito meno gravemente del riciclaggio; si pensi, ad esempio, al peculato, alle corruzioni, all'appropriazione indebita, al furto, alla truffa, alle frodi fiscali,...). Dunque, la punizione dei reati contro il patrimonio non può "consumare" anche la condotta di autoriciclaggio, che infatti aggredisce altro bene giuridico, e cioè l'ordine pubblico economico. Con l'introduzione dell'art. 648 ter.1 c.p., il delitto presupposto è dunque destinato, nella pratica, a convivere con questa omnicomprensiva fattispecie, tanto che l'autoriciclaggio ben può diventare la "coda" di ogni altro delitto non colposo che produca proventi, riciclaggio e ricettazione compresi.

1.5.1. Come accennato, alla incriminazione delle condotte di autoriciclaggio si è giunti in Italia dopo molteplici sollecitazioni internazionali (ad esempio, l'OCSE, nel Rapporto sull'Italia del 2011, aveva paventato come la lacuna rischiasse di indebolire la legislazione anticorruzione; analogamente l'FMI, nel Rapporto sull'Italia del 2006, ne raccomandava l'introduzione anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane). Nella medesima prospettiva è stato pure osservato come il legislatore abbia anche valorizzato le risultanze delle audizioni del Governatore della Banca d'Italia (del 15 luglio 2008 davanti alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato e del 22 luglio 2009 davanti alla Commissione Antimafia), nonchè le indicazioni fornite alla Commissione Antimafia in data 17 marzo 2009 dal Procuratore Nazionale Antimafia.

1.5.2. Dunque, il testo dell'art. 648 ter.1 c.p. adottato dal legislatore italiano rappresenta il frutto della citata evoluzione, e del tutto logicamente deve ritenersi che abbia inteso perseguire, mediante l'utilizzo delle ampie locuzioni citate (attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative), qualsiasi forma di re-immissione delle disponibilità di provenienza delittuosa all'interno del circuito economico legale; tuttavia, al fine di evitare la violazione di principi fondamentali del diritto penale (ne bis in idem sostanziale), il testo, pur incriminando la condotta di impiego, sostituzione o trasformazione attuata dall'autore del delitto presupposto, l'ha limitata, escludendo la punizione della stessa sotto il profilo oggettivo, e cioè per difetto di offensività rispetto al bene giuridico protetto (ordine pubblico economico), prevedendo che la condotta deve essere tale da "ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa", nonchè limitandola sotto il profilo soggettivo con l'introduzione della clausola di non punibilità del comma 4.

Come condivisibilmente osservato anche da questa Corte (cfr., Sez. 2, n. 33074 del 14/07/2016), la norma sull'autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica specifica di essere idonee ad "ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa". Il legislatore ha richiesto pertanto che la condotta sia dotata di particolare capacità dissimulatoria, sia cioè idonea a fare ritenere che l'autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto effettuare un impiego di qualsiasi tipo, ma sempre finalizzato ad occultare l'origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, ipotesi questa non ravvisabile nel versamento di una somma in una carta prepagata intestata allo stesso autore del fatto illecito. Va al proposito ricordato come la norma sull'autoriciclaggio nasce dalla necessità di evitare le operazioni di sostituzione ad opera dell'autore del delitto presupposto e che tuttavia il legislatore, raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla dottrina, secondo cui le attività dirette all'investimento dei profitti operate dall'autore del delitto contro il patrimonio costituiscono post factum non punibili, ha limitato la rilevanza penale delle condotte ai soli casi di sostituzione che avvengano attraverso la re-immissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita finalizzate appunto ad ottenere un concreto effetto dissimulatorio che costituisce quel quid pluris che differenzia la semplice condotta di godimento personale (non punibile) da quella di nascondimento del profitto illecito (e perciò punibile) - (le sottolineature sono dell'estensore).

1.5.3. Dunque, attesa l'indicata ratio legis e richiamate le condivisibili osservazioni formulate dalla Procura ricorrente nel primo motivo di ricorso a proposito dei canali di ripulitura del denaro illecito (cfr., in particolare, i passaggi relativi alla rilevante esposizione del settore del gioco d'azzardo al rischio di riciclaggio nonchè le profonde trasformazioni del settore del gioco d'azzardo e delle scommesse derivanti dall'introduzione di nuove tecnologie telematiche e dall'ingresso nel mercato di nuovi soggetti attratti dagli alti flussi finanziari generati dall'industria del gioco), davvero non è dato cogliere la ragione per la quale il legislatore avrebbe voluto escludere, dall'ambito delle attività contemplate dall'art. 643 ter.1 c.p., comma 1, e in particolare da quelle speculative, il gioco d'azzardo o il settore delle scommesse.

Infatti, l'idea di fondo che giustifica l'incriminazione dell'autoriciclaggio, riposa, come accennato, sulla considerazione di congelare il profitto in mano al soggetto che ha commesso il reato presupposto, in modo da impedirne la sua utilizzazione maggiormente offensiva (e cioè la reimmissione nel mercato), quella che espone a pericolo o addirittura lede l'ordine economico, valorizzando, così, la grave ed autonoma lesività delle ulteriori condotte dell'agente, rispetto a quella insita nel reato presupposto.

Alla luce delle suddette intenzioni punitive, non può logicamente negarsi che, mediante l'impiego di denaro nel gioco d'azzardo o nelle scommesse, si raggiunga proprio il risultato che la norma incriminatrice vuole sanzionare: l'autore dell'illecito presupposto, anzichè tenere per sè il denaro o destinarlo al mero utilizzo o godimento personale, lo impiega, con l'intento di ricavarne un profitto (che talvolta può anche essere molto ingente) accettando, per contro, pure il rischio di una perdita. Ne consegue che, in caso di vincita, il denaro di provenienza illecita (generalmente in contanti e privo di tracciabilità) è pronto per essere immesso nel circuito economico con la "nuova veste" di una legittima provenienza; e, in caso di perdita (parziale o totale), comunque si è avuta una reimmissione di denaro di provenienza delittuosa nel mercato economico. Del resto, il nostro ordinamento riconosce nel gioco e nelle scommesse una fonte lecita di arricchimento (si veda artt. 1933 c.c. e ss.), sebbene non meritevole di tutela mediante apposite azioni giudiziarie.

Di conseguenza, pure in base al criterio ermeneutico teleologico, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso ricomprendere, nel concetto di "attività speculativa", anche le tipologie di impiego in questione del denaro proveniente da delitto.

Dunque, la neutralità linguistica funzionale allo sviluppo di una grammatica comune richiede una inferenza logica capace di reificare le norme e rendere concreta l'interpretazione proposta (funzionale rispetto alla finalità di contrasto di ciò che è volto, come dice il legislatore nell'art. 648 ter.1 c.p., comma 1, a "....ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa"). Così l'indirizzo interpretativo può essere capace di inglobare la pratica sociale e ricategorizzare la norma attraverso l'elemento assiologico presente nella legge.

1.6. A sostegno dell'interpretazione qui accolta, da ultimo, va comunque considerato che, quand'anche si volesse dubitare degli esiti ai quali univocamente conducono i richiamati criteri interpretativi letterale e teleologico, l'ulteriore strumento ermeneutico consentito dall'ordinamento, e cioè quello dell'interpretazione estensiva (da intendere nel senso sopra esposto al punto 1.3.1.), imporrebbe di includere il gioco d'azzardo e le scommesse nel concetto di "attività speculativa".

Ciò discende, in primo luogo, dal fatto che il termine polisenso di "speculazione" è usato - in molti contesti - quale sinonimo di gioco d'azzardo, essendo anche definito come "lo scommettere su un esito incerto"; per giunta, entrambe le locuzioni possono rientrare nella categoria generale dell'investimento, inteso come "impegnare danaro per ottenere un guadagno"; e, dal punto di vista logico o sostanziale, già si è detto che non vi è grande differenza tra una scommessa sul prezzo futuro del grano, di una valuta o di un titolo di borsa (pacificamente considerati come forme di speculazione finanziaria) e una scommessa sul risultato di una partita di calcio o altro evento.

Inoltre, una diversa soluzione, come accennato, presenterebbe sia il vizio di apparire gravemente illogica (non perseguendo un canale di riciclaggio diffusamente riconosciuto, quale quello del gioco d'azzardo), sia di risultare sostanzialmente abrogativa della dizione "attività speculativa", posto che le attività riduttivamente considerate dal Tribunale milanese come integrative di quella categoria (investimenti o negozi giuridici caratterizzati da rischio elevato ma gestibile), a ben vedere, già sono incriminate dall'art. 648 ter.1 c.p. allorché contempla i concetti, indubbiamente assai ampi, di "attività economica" o "finanziaria".

1.7. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, in definitiva, il Collegio ritiene che nel concetto di "attività speculativa" di cui all'art. 648 ter.1 c.p. ben possano rientrare anche i giochi o le scommesse caratterizzati da azzardo (intendendosi per tali quelli praticati con fine di lucro e nei quali la vincita o la perdita sia in buona parte aleatoria, avendovi l'abilità del partecipante un'importanza non determinante rispetto all'esito).

1.8. Non ignora il Collegio che questa Sezione, con sentenza resa all'udienza del 13 dicembre 2018 e depositata il 6 marzo 2019 (la n. 9751/2019), ha assunto diverso orientamento in relazione alla riconducibilità delle attività di gioco (nella specie si trattava del gioco del lotto) nel novero delle attività speculative. In quest'ultima pronuncia si è ritenuto che il rigoroso rispetto dei principi di tassatività e determinatezza della norma penale incriminatrice, nonchè del divieto di analogia in malam partem, ostassero alla riconducibilità dell'impiego di denaro nel gioco del lotto in una delle categorie di attività "selezionate" dall'art. 648-ter.1 c.p.. In particolare, in assenza di definizione normativa del concetto di "attività speculative", si è affermato che l'individuazione della portata applicativa della predetta locuzione dovesse basarsi, oltre che sui già richiamati principi di rilievo anche costituzionale che informano il nostro sistema penale, sugli ordinari "strumenti" offerti dalle disp. gen., nonchè su eventuali indicazioni desumibili dall'assetto normativo vigente in altri settori dell'ordinamento. Si è così -ritenuto che "la speculazione ha la propria ragion d'essere nella gestione in modo razionale ed economico del rischio, così da minimizzare le occasioni di perdita e massimizzare quelle di profitto, essendo il fenomeno sempre connotato da una consapevole e lucida analisi dei costi/benefici e di tutte le altre possibili variabili rilevanti, ben diversa è la causa della prestazione patrimoniale nel gioco, che non è riconducibile - almeno in via diretta e in senso oggettivo - ad un interesse prettamente economico, costituendo piuttosto espressione di un intento non patrimoniale, dall'ordinamento indubbiamente riconosciuto come valida fonte di arricchimento ex art. 1933 c.c. ma sprovvisto di tutela giuridica". E riscontro di ciò è stato individuato in primo luogo nell'art. 23 T.U.F., che, nel disciplinare i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori, esclude l'applicazione dell'art. 1933 c.c. agli strumenti finanziari derivati nonchè a quelli analoghi individuati ai sensi dell'art. 18, comma 5, lett. a) del medesimo testo unico (ovvero, a "prodotti dalla portata tipicamente speculativa").

Inoltre, secondo la pronuncia in disamina, le attività ludiche - come quella del lotto - pongono fuori causa la personale abilità del giocatore; dunque "l'iniziativa di un soggetto che decide di recarsi in ricevitoria, e di puntare una somma confidando nell'uscita di un ambo o di un temo, viene giudicata come in alcun caso definibile come "attività speculativa", tantomeno sorretta da scelte e modalità razionali, ecc.: il soggetto in questione, semplicemente, tenta la sorte per ricavare, con il meccanismo casuale delle estrazioni, una somma maggiore di quella di cui dispone". Cosa diversa, dunque, dall'attività speculativa dell'investitore che gestisce il rischio.

Neppure viene giudicata convincente l'affermazione secondo cui l'attività ludica dovrebbe comunque essere equiparata a quella propriamente speculativa nel momento in cui le somme impiegate nella prima non siano di lecita provenienza. Infatti, l'individuazione della portata applicativa di una norma incriminatrice, effettuata con gli ordinari e già richiamati "strumenti" a disposizione dell'interprete (principio di tassatività e determinatezza della fattispecie, divieto di analogia), impone di ricercare il significato della locuzione "attività speculative" in sè considerato: salva ovviamente l'ipotesi - cui si è già accennato, e che non ricorre nella fattispecie in esame - in cui sia lo stesso legislatore a delineare il perimetro applicativo di una parola o di una locuzione, utilizzata nella disposizione incriminatrice, attraverso apposite norme definitorie, che autorizzino conclusioni diverse da quelle cui si perverrebbe all'esito delle ordinarie operazioni ermeneutiche.

Da ultimo, la richiamata sentenza valorizza un riscontro, individuato nella legislazione vigente in un settore considerato -"contiguo", quale quello tributario. Si allude al fatto che "le vincite delle lotterie, dei concorsi a premio, dei giochi e delle scommesse organizzati per il pubblico" sono prese in autonoma considerazione, quali "redditi diversi", dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art. 67, lett. d), D.P.R. n. 917), rispetto ai redditi da plusvalenza originati da investimenti speculativi (cfr. le lettere da c a c-quinquies del predetto art. 67: plusvalenze realizzate mediante cessioni a titolo oneroso di azioni, strumenti finanziari, ecc.), e sono disciplinati da disposizioni del tutto distinte anche quanto alla misura e alla modalità di tassazione (per le vincite al gioco del lotto, cfr. in particolare il D.L. n. 50 del 2017, art. 6; per le plusvalenze, cfr. art. 68 T.U.I.R.).

1.8.1. Detti argomenti tuttavia non convincono.

Già si è detto quale sia, ad avviso di questo Collegio, la corretta ermeneusi, letterale e teleologica, dell'espressione legislativa "attività speculativa".

E già si è detto, comunque, della necessità di intendere anche estensivamente, ove necessario, quella locuzione. Infatti, l'indicazione normativa delle attività (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, può essere impiegato o trasferito, lungi dal rappresentare un elenco formale delle attività suddette, appare piuttosto diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell'impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale, vengono immessi denaro o altre utilità provenienti da delitto e delle quali il reo vuole rendere non più riconoscibile la loro provenienza delittuosa.

Pertanto, come accade anche per i concetti di attività economica ed imprenditoriale, possono essere ricondotte nell'ambito della dizione di "attività speculativa" (della quale il legislatore, non a caso, non offre rigida definizione), molteplici attività e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite. Nè l'alea che caratterizza il gioco d'azzardo è, come detto, molto diversa da quella che caratterizza alcune attività finanziarie altamente speculative o rischiose (quali, a puro titolo di esempio, i c.d. derivati, i futures o tante altre forme di investimento sui mercati delle merci, delle azioni, delle obbligazioni, ecc.); neppure sono impossibili forme di controllo dell'alea; e comunque, la partecipazione al gioco d'azzardo o al sistema delle scommesse, sia che produca vincite, sia in caso contrario, costituisce certamente un impiego idoneo ad ostacolare concretamente l'individuazione della provenienza delittuosa dei capitali impiegati.

Già si è evidenziata l'esistenza, anche nel linguaggio comune, di molteplici accezioni della locuzione "attività speculativa", come "speculazione finanziaria", "speculazione immobiliare", "speculazione edilizia", ecc., circostanza che - ulteriormente rafforza la tesi che l'indicazione fornita dal legislatore (attività speculativa) non sia nominalistica, ma indicativa di un determinato "genere" di attività.

1.8.2. Neppure convincono gli argomenti incentrati sul peculiare trattamento tributario dei proventi del gioco, che paiono alludere alla prospettiva di fare ricorso, quasi che ci si trovasse in presenza di una norma penale in bianco, alla disciplina contenuta in norme extrapenali, dettate a fini completamente diversi, dalle quali, tra l'altro, non emerge affatto una precisa "definizione" di attività speculativa e dei suoi contenuti, ma soltanto la circostanza che le vincite al gioco e le plusvalenze originate da investimenti finanziari, sono disciplinati da disposizioni distinte quanto a misura e modalità di tassazione (cfr., ad esempio, D.L. n. 50 del 2017, art. 6 e art. 68 T.U.I.R.).

Anzi, a parere del Collegio, la considerazione a fini fiscali delle vincite al gioco rende ancor più evidente il fatto che l'attività in parola ben possa portare alla sostituzione di capitali monetari; e il fatto che i redditi da gioco scontino un regime fiscale peculiare (rispetto ad altre forme di investimento) non è certo una eccezione nel sistema tributario, che frequentemente riserva trattamenti specifici per singole tipologie reddituali.

Nè, comunque, quella in esame sarebbe l'unica ipotesi in cui differenti rami dell'ordinamento attribuiscono significati disomogenei ai medesimi concetti giuridici (si pensi, ad esempio, al concetto di possesso in diritto civile e in diritto penale).

1.9.1. Nè le conclusioni qui accolte appaiono lesive dei principi di determinatezza e tassatività della norma penale incriminatrice. A tale proposito va infatti ricordato che la Corte Costituzionale, e la stessa giurisprudenza della Corte di cassazione, hanno più volte affermato che affinchè i suddetti principi, previsti all'art. 25 Cost., siano rispettati, è sufficiente che la condotta del reato, pur descritta genericamente, consenta al giudice, avuto riguardo anche alla finalità di incriminazione ed al contesto ordinamentale in cui si colloca, di stabilire con precisione il significato delle parole, che isolatamente considerate potrebbero anche apparire non specifiche, ed al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del valore precettivo di essa (cfr., Corte Cost. n. 327 del 2008, Corte Cost. n. 5 del 2004, Corte Cost. n. 34 del 1995; Cass. Sez. 1, n. 42130 del 13/07/2012 Rv. 253801); requisiti che, per quanto sopra esposto, ben possono ritenersi presenti rispetto alle locuzioni in questione.

1.9. Di conseguenza, la riconducibilità, in concreto, dell'attività di impiego, sostituzione o trasferimento di risorse illecite in una delle macro categorie indicate nell'art. 648 ter.1 c.p., comma 1, non può che essere rimessa all'interprete, che, valuterà, caso per caso, in base alla citate coordinate ermeneutiche, se una determinata attività, alla luce delle sue generali caratteristiche, possa ritenersi economica, finanziaria, imprenditoriale o speculativa, nonchè, al fine di integrare l'ulteriore elemento oggettivo previsto dalla norma sull'autoriciclaggio, se l'impiego dei proventi illeciti sia compiuto "in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa".

1.9.1. Ovviamente, al fine della sussistenza del reato in esame, accanto all'elemento materiale della condotta, deve ricorrere quello psicologico, che nella previsione in parola appare essere costituito dal dolo generico che abbracci l'intera condotta prevista dal comma 1 dell'art. 648-ter.1, e cioè dalla coscienza e volontà di impiegare, sostituire o trasferire proventi delittuosi nelle attività considerate dalla norma medesima "in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa".

2. Tutto ciò premesso in relazione alla corretta interpretazione dell'espressione "attività speculativa" contenuta nel comma 1 dell'art. 648-ter.1 c.p., neppure può condividersi l'ulteriore argomento utilizzato dal Tribunale milanese per escludere i fatti di causa dall'ambito di operatività della norma sull'autoriciclaggio; ci si riferisce al richiamo, operato dal TDL, alla clausola di non punibilità di cui all'art. 648-ter.1 c.p., comma 4.

Al riguardo, devesi effettivamente considerare che tale previsione, nella sua formulazione letterale, non risulta di agevole interpretazione, come del resto emerge chiaramente dall'ampio dibattito dottrinale registratosi sul punto.

Tuttavia il Collegio, senza ripercorrere le tesi interpretative che da più parti sono state proposte, ritiene di condividere e richiamare l'accurata ricostruzione ermeneutica già operata da questa Corte nella sentenza n. 30399 del 2018, secondo la quale la norma va interpretata in base al significato proprio delle locuzioni utilizzate, e cioè nel senso che la suddetta clausola non si applica a tutte le condotte descritte nei commi precedenti (e quindi, per quanto di interesse in questa sede, anche a quelle previste dal comma 1).

Dunque, l'espressione "fuori dei casi (...)", a livello semantico, null'altro significa che la fattispecie in essa considerata è diversa ed autonoma rispetto a quelle previste nei "commi precedenti". Con la conseguenza che, una volta che la fattispecie criminosa di cui all'art. 648-ter.1 c.p., comma 1 sia integrata in tutti i suoi requisiti, l'agente è sanzionabile penalmente, restando del tutto indifferente che, alla fine delle operazioni di autoriciclaggio, egli abbia "meramente" utilizzato o goduto personalmente dei suddetti beni a titolo personale.

In definitiva, richiamando per il resto la citata sentenza (Sez. 2, n. 30399 del 2018), in questa sede è sufficiente ribadirne il principio di diritto, secondo il quale-"la clausola di non punibilità prevista nell'art. 648-ter.1 c.p., comma 4 a norma della quale "Fuori dei casi di cui ai commi precedenti (....)" va intesa ed interpretata nel senso fatto palese dal significato proprio delle suddette parole, e cioè che la fattispecie ivi prevista non si applica alle condotte descritte nei commi precedenti. Di conseguenza, l'agente può andare esente da responsabilità penale solo e soltanto se utilizzi o goda dei beni provento del delitto presupposto in modo diretto e senza che compia su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa".

Infatti il comma 4 in esame dispone la non punibilità delle sole condotte "per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale".

In modo immediato si coglie la differenza rispetto alla condotta del comma 1, che sanziona, invece, l'impiego, la sostituzione o il trasferimento dei proventi illeciti nelle quattro ampie categorie di attività di cui si è detto, laddove connotati da concreta idoneità di camuffamento; forme di reimmissione della provvista nel circuito economico legale che, ovviamente, debbono anche essere necessariamente corredate dal corrispondente elemento psicologico.

Invece, il comma 4, a differenza del comma 1, prevede la "destinazione" alla "mera utilizzazione o al godimento personale", situazione differente, anche sotto il profilo del corrispondente elemento soggettivo.

2.1. E dunque, concentrando l'attenzione sul caso di specie, evidente appare l'esigenza di ritenere configurabile il reato di cui all'art. 648 ter.1 c.p. anche al caso del gioco d'azzardo o delle scommesse laddove l'autore del delitto presupposto vi impieghi o sostituisca i proventi illeciti in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Nè pare rilevante, ai fini della integrazione del reato, il fatto che al gioco consegua o meno una qualche vincita. Infatti, il comma 1 dell'art. 648 ter.1 c.p. incrimina, oltre alla condotta di chi "sostituisce" i proventi illeciti, anche quella di chi semplicemente li "impiega" in attività funzionali ad ostacolarne concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa (così configurando, ad avviso del Collegio, una ipotesi di reato a consumazione anticipata). Ma il caso che l'impiego speculativo del denaro possa portare a perdite anche totali del capitale investito non è certo una peculiarità del gioco d'azzardo o della scommessa (basti pensare al caso di qualunque impiego su valori, valute, merci, beni o servizi caratterizzato da elevata rischiosità).

E comunque, quand'anche si ritenesse necessario (difformemente da quanto opina il Collegio), per la configurabilità dell'autoriciclaggio, il conseguimento di un qualche risultato economico rispetto alla provvista impiegata (e dunque, nel caso del gioco, la presenza di una vincita seppure parziale), nulla pare escludere che possa anche configurarsi la forma tentata del delitto di cui all'art. 648 ter.1 c.p. per le ipotesi nelle quali il denaro di provenienza delittuosa risultasse integralmente perduto.

2.2. Conseguentemente, attesa l'astratta natura speculativa dell'impiego nel settore del gioco d'azzardo o delle scommesse di denaro proveniente da delitto, laddove ricorra anche l'idoneità di siffatta destinazione rispetto al camuffamento della provenienza della provvista, la clausola di esclusione di cui al comma 4 dell'art. 648 ter.1 c.p. non potrà dirsi operante; potranno invece beneficiare della clausola di esclusione in parola quelle residuali forme di gioco o scommessa che, per le caratteristiche intrinseche, non presentino, sotto il profilo oggettivo o soggettivo, i caratteri costitutivi, più volte richiamati, della fattispecie prevista dall'art. 648 ter.1 c.p., comma 1.

3. In definitiva, il ricorso del P.M. va accolto, disponendosi il rinvio al Tribunale per il riesame di Milano affinché, alla luce dell'interpretazione qui affermata dell'art. 648 ter.1 c.p., commi 1 e 4, provveda a nuovo esame della concreta vicenda di specie.

P.Q.M.

annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano - sezione misure cautelari personali - con integrale trasmissione degli atti.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria, il 29 marzo 2019.

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