Responsabilità civile

Diffida ad adempiere

AltalexPedia, voce agg. al 29/04/2016

La diffida ad adempiere è l'atto scritto con il quale il creditore intima al debitore di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderà risolto (art. 1454 cod. civ.).


Diffida ad adempiere

di Paolo Franceschetti

Natura giuridica

Ambito di applicazione

Disciplina

Forma


Natura giuridica

La diffida è l’atto scritto con cui il creditore intima al debitore di adempiere. 

Ai sensi dell’articolo 1454 "alla parte inadempiente l’altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine, con dichiarazione che, trascorso inutilmente detto termine, il contratto si intenderà senz’altro risoluto.
Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore.
Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo è risoluto di diritto".

La diffida viene inoltrata quando l’inadempimento non è ancora definitivo, e ha una duplice funzione; da una parte prepara la futura risoluzione, dall’altra vale a costituire in mora il debitore ai sensi dell’articolo 1219.

Si discute se si tratti di un atto giuridico in senso stretto o di un negozio (il che incide in materia di capacità e di forma della procura rilasciata al rappresentante). Alcuni autori accedono alla prima delle due tesi sostenendo che la volontà degli effetti in tal caso è irrilevante, perché essi discendono dalla legge. In pratica, la volontà di risolvere il contratto non è sufficiente, se non concorrono gli altri presupposti legali, quale in particolare la gravità dell’inadempimento (e l’imputabilità, secondo gli autori che accedono alla teoria della colpa).

Sembra preferibile la teoria negoziale. Prima di tutto perché in qualsiasi negozio (primi tra tutti il contratto) gli effetti non discendono unicamente dalla volontà delle parti ma anche dalla legge; e poi perché l’invio di una diffida presuppone una valutazione dei propri interessi che è tipica del negozio giuridico (il creditore deve infatti valutare se ha ancora convenienza all’adempimento o se non sia il caso di procedere all’azione di risoluzione; ma addirittura potrebbe decidere di non effettuare azione alcuna).

Ambito di applicazione

Alcuni autori escludono l’applicabilità della diffida agli inadempimenti definitivi (Auletta). 

Si esclude altresì l’applicabilità della diffida all’inadempimento delle obbligazioni negative. Ma anche qui sembra di poter affermare che, pur essendo l’inadempimento in questione senz’altro definitivo, la diffida può avere l’effetto di favorire l’adempimento del debitore. Oppure possono ipotizzarsi casi in cui in cui è dubbio se l’inadempimento vada considerato definitivo o meno (ad es., nel caso in cui Tizio si impegni a suonare il pianoforte a basso volume e Caio ritenga il livello troppo alto rispetto alle sue aspettative la diffida svolge in pieno i suoi effetti). 

Disciplina

Il termine per adempiere deve essere congruo, mentre poco senso ha la previsione dei quindici giorni che è sostanzialmente inapplicabile (perché troppo breve o troppo lungo) alla maggior parte dei contratti. Si capisce infatti che se un appaltatore è inadempiente all’obbligo di consegnare un immobile quindici giorni sarebbero una beffa; mentre quando la diffida è emessa da un commerciante al suo fornitore di generi alimentari a consumo giornaliero (come pane o latte) è congruo anche un termine di un solo giorno. Ciò che è essenziale, insomma, è che al debitore sia concesso una scadenza per adempiere secondo un criterio di buona fede e non gli venga richiesto un pagamento immediato, mentre il termine dei quindici giorni deve ritenersi residuale, nel senso che si applicherebbe solo ai casi dubbi.

La dottrina ritiene (ma non si capisce il fondamento di questa affermazione) che effettuata la diffida il creditore non possa né revocarla né modificarla, ma possa rinunciare ad avvalersi dell’effetto risolutorio accettando un adempimento tardivo.

Si ritiene inoltre che il debitore diffidato possa bloccare l’operatività della diffida chiedendo che sia concordato un nuovo termine per l’adempimento.

Forma

E’ necessaria la forma scritta con l’espressa indicazione che in caso di inadempimento il contratto si intende risolto. Non vale quindi la dichiarazione che, in caso di inadempimento, il creditore agirà in giudizio con l’azione di risoluzione. Né vale l’intimazione ad adempiere entro e non oltre; così il Trib. Napoli 5.4.1974 ha stabilito che non integra diffida l’invito rivolto al promissario acquirente di “fissare un appuntamento entro e non oltre tre giorni dal ricevimento per la stipulazione del definitivo” perché manca la dichiarazione che, al termine dei tre giorni, il contratto si intenderà senz’altro risolto.

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