Responsabilità civile

Pagamento dell'indebito

AltalexPedia, voce agg. al 02/05/2016

Il pagamento dell'indebito ricorre quando un soggetto effettua un pagamento non dovuto; ciò può accadere o perché il debitore paga ad un creditore sbagliato oppure perché il debitore si era erroneamente creduto tale ma in realtà non aveva alcun debito. In tal caso colui che ha pagato ha il diritto di ripetere la prestazione esercitando un'azione denominata di ripetizione dell'indebito.


Pagamento dell'indebito

di Paolo Franceschetti

Principi generali

Nozione

La disposizione delle norme del codice

Natura giuridica dell’azione di ripetizione

Fondamento della condictio

Generalità

Teoria della nullità del pagamento

Critiche alla teoria della nullità del pagamento

Teoria dell’ingiustificato arricchimento

Critiche alla teoria dell’ingiustificato arricchimento

Teoria del rimedio autonomo

Teoria che distingue tra i vari tipi di indebito

L'indebito oggettivo e l’indebito soggettivo

Nozione di pagamento

L'indebito oggettivo

Nozione

Rilevanza dell’errore nell’indebito oggettivo

L'indebito soggettivo

L'indebito soggettivo ex latere accipientis

L'indebito soggettivo ex latere solventis

Disciplina

L'indebito ricevuto da un incapace

Differenza tra condictio e arricchimento ingiustificato

Rapporti tra azione di nullità (e altre azioni di invalidità) e la condictio

Posizione del problema

La tesi estensiva

La tesi restrittiva

Tesi dell’applicabilità nei limiti della compatibilità

Rapporti tra condictio e rivendica

Principi generali

Nozione

Il pagamento dell'indebito ricorre quando un soggetto paga un debito, ma tale pagamento non è dovuto; ciò può accadere o perché il debitore paga ad un creditore sbagliato, oppure perché il debitore si era erroneamente creduto tale ma in realtà non aveva alcun debito.

Quando è effettuato un pagamento non dovuto il debitore – secondo un principio che è logico, prima ancora di essere giuridico - ha il diritto di ripetere la prestazione effettuata (cioè di chiederne la restituzione), tramite un'azione che si chiama azione di ripetizione dell'indebito (detta anche condictio indebiti).

Si noti il fenomeno: nessun debito esisteva tra le parti, ma se un soggetto (il cosiddetto solvens) effettua una prestazione senza esservi tenuto, da questo momento nasce un'obbligazione in capo a chi ha ricevuto la prestazione (il cosiddetto accipiens), e precisamente l'obbligazione di restituire.

Il pagamento non dovuto, quindi, è una fonte di obbligazioni, e rientra tra gli "altri atti o fatti idonei a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico" (art. 1173).

La disposizione delle norme del codice

Il titolo VII del codice civile disciplina tutti i casi in cui la prestazione non sia dovuta perché manchi un titolo che la giustifichi. L'articolo 2033 si riferisce all'indebito oggettivo; subito appresso troviamo l'articolo 2034 sulle obbligazioni naturali e sulle prestazioni contrarie al buon costume (articolo 2035), che rappresentano un'eccezione alla regola della ripetizione dell'indebito oggettivo.

Segue poi la norma sull'indebito soggettivo (articolo 2036) e successivamente alcune norme che si riferiscono unitariamente alla disciplina di entrambe le figure di indebito.

Natura giuridica dell’azione di ripetizione

La condictio è un'azione di natura personale e non reale, anche se è diretta alla restituzione della cosa; la cosa con cui si è effettuato il pagamento, infatti, non può essere recuperata presso terzi, ma solo nei confronti dell'accipiens.

Fondamento della condictio

Generalità

In dottrina sono state proposte varie tesi per individuare il fondamento della condictio. C'è da premettere che l'argomento non è affatto facile da sbrogliare; il tema del pagamento dell'indebito, infatti, è uno dei punti di snodo cruciali per molte questioni teoriche; qui si intrecciano tra di loro molte teorie generali del negozio, complicate dal fatto che per la loro comprensione presuppongono che si abbia ben chiari i seguenti problemi (e che si accolga una delle innumerevoli teorie in ordine a): il concetto di causa del negozio, b) il rapporto tra nullità e ripetizione, c) il problema del trasferimento astratto nel nostro ordinamento.

Accogliere una o l'altra delle varie teorie, poi, ha importantissimi riflessi pratici in tema di rapporti tra azione di nullità e ripetizione, nonché in tema di rapporti con l'azione di rivendicazione, problemi che esamineremo alla fine del capitolo.

Teoria della nullità del pagamento

Secondo qualcuno l'azione di ripetizione dell'indebito si fonderebbe sulla nullità del pagamento per mancanza di causa solvendi (secondo Cass. 13297/2013 si fonderebbe sull’inesistenza dell’obbligazione).

Se io effettuo un pagamento, tale pagamento deve essere sorretto da una valida causa negoziale; se tale pagamento manca di causa perché manca il titolo che lo giustifica, allora tale pagamento è nullo.

Quindi, quando viene consegnata una cosa in esecuzione di un contratto invalido o impugnabile, nel momento in cui questo contratto viene annullato (o risolto, o rescisso), viene anche meno il trasferimento della proprietà che le parti volevano effettuare; il solvens ha il diritto di riprendersi la cosa, dal momento che è ancora sua.

In conclusione, il pagamento dell'indebito non è idoneo a trasferire la proprietà della cosa consegnata; il solvens, quando paga ciò a cui non era tenuto, trasferisce all'accipiens il solo possesso della cosa.

Critiche alla teoria della nullità del pagamento

Tale teoria, però, si presta a varie obiezioni: anzitutto si è detto che presuppone accolta la teoria dell'adempimento come negozio giuridico (e tale tesi non è affatto pacifica).

Occorrerebbe, inoltre, accogliere la teoria secondo cui potrebbe distinguersi tra causa del negozio e causa della prestazione; ma anche questa teoria non è accolta dalla dottrina dominante.

Contro la teoria della nullità del pagamento si è detto, poi, che il pagamento indebito non è né un negozio né un atto, ma è un fatto giuridico, fatto che consiste nell'aver pagato senza esservi tenuto; il fondamento della condictio nasce da questo fatto, e la legge non lo qualifica in termini di validità o invalidità, ma lo assume come presupposto neutro di una serie di effetti particolari. Del resto, avevamo visto a suo tempo che il pagamento non è un negozio giuridico, ma un fatto, e necessariamente la stessa natura la avrà il pagamento indebito.

La teoria della nullità del pagamento, tra l'altro, si trova in grave imbarazzo quando deve dare spiegazione del meccanismo operativo della condictio.

Vediamo perché.

Nel nostro ordinamento il trasferimento della proprietà di una cosa presuppone che tra le parti sia intercorso un valido negozio giuridico ad effetti reali immediati. Ora, se il negozio di trasferimento della cosa è nullo, la conseguenza dovrebbe essere che il trasferimento debba considerarsi mai avvenuto e il pagamento dovrebbe essere senza effetto. Ulteriore conseguenza dovrebbe essere che il solvens (il quale, essendo il pagamento nullo, non ha mai perduto la proprietà) possa recuperare la cosa presso chiunque.

Ancora, dovrebbe essere del tutto irrilevante che colui che ha pagato sia in errore scusabile o meno, perché se il pagamento non è mai avvenuto, il solvens ha in ogni caso il diritto a riavere la cosa.

Invece tutto cià non avviene e il codice mostra di avere una considerazione diversa di tutta la vicenda; stabilisce infatti che il solvens non può recuperare la cosa presso terzi, e, in caso di indebito soggettivo, può riprendersi la cosa dall'accipiens solo se è incorso in un errore scusabile.

Il che val come dire che non è vero che il solvens non abbia mai perduto la proprietà della cosa: le norme del codice dimostrerebbero chiaramente che il pagamento dell'indebito è un atto idoneo a trasferire la proprietà della cosa pagata, tanto che il solvens può recuperarla solo presso l'accipiens e a determinate condizioni.

In altre parole, il pagamento non dovuto per la legge non è affatto un atto nullo, ma è considerato un atto pienamente valido, nonostante non vi fosse un debito che lo giustificasse.

Ecco perché secondo taluni la teoria della nullità del pagamento per mancanza di causa non sarebbe conforme ai principi del nostro ordinamento.

Teoria dell’ingiustificato arricchimento

Secondo un'altra teoria, - che si trova recepita in alcune sentenze - il fondamento dell'azione è da ricercarsi nell'ingiustificato arricchimento della controparte (Barbero, Rescigno, Trimarchi); infatti, il semplice fatto che si sia effettuata una prestazione non dovuta implica che vi sia stato un arricchimento dell'accipiens. L'arricchimento, da questo punto di vista, sarebbe in re ipsa (Di Majo).

Secondo questa visione la regola generale del sistema sarebbe quella espressa dall'articolo 2041 (che vieta di arricchirsi senza giusta causa: per approfondimenti v. voce "Arricchimento senza causa", AltalexPedia), mentre il pagamento dell'indebito sarebbe solo un'ipotesi particolare di arricchimento senza causa - e precisamente l'ipotesi più frequente - che il legislatore avrebbe previsto espressamente.

Critiche alla teoria dell’ingiustificato arricchimento

Un primo appunto critico che si muove alla teoria dell'ingiustificato arricchimento è che, quando un soggetto effettua una prestazione non dovuta, non necessariamente l’altra parte si arricchisce. Ad esempio, se io credo erroneamente di essere debitore di due stracci rotti, colui che riceve gli stracci non si arricchisce per niente; oppure se per sbaglio vado a casa di colui che reputo essere il mio creditore e gli cambio le mattonelle del bagno con altre di ugual valore, non lo arricchisco affatto.

Secondo parte della dottrina, quindi, i presupposti e i caratteri delle due azioni (arricchimento e ripetizione) sono diversi, anche se possono ricondursi ad un principio comune; e cioè entrambe le ipotesi possono ricondursi alla mancanza di una giustificazione legale dell'attribuzione.

Non solo, ma coloro che sostengono che il pagamento indebito non sia nullo, ma sia un atto idoneo a trasferire la proprietà della cosa consegnata, giungono ad un risultato che da molti è considerato inaccettabile: infatti, se si dice che abbiamo un pagamento valido, ed idoneo a trasferire la proprietà della cosa consegnata necessariamente giungiamo ad ammettere che il nostro codice ammetta il negozio astratto. Infatti, si giunge ad affermare che è possibile che un contratto sia nullo, ma che il pagamento effettuato in esecuzione di tale contratto sia valido; il che significa, ancora, dire che il pagamento è un negozio astratto.

È noto, però, che la dottrina dominante contesta che nel nostro ordinamento possano ammettersi i negozi di trasferimento astratti, cioè i negozi che sono validi indipendentemente dalla validità del rapporto sottostante (e per i quali esista una scissione tra l'atto con cui si vende il bene e l'atto con cui si trasferisce la proprietà).

Teoria del rimedio autonomo

Abbiamo messo in evidenza quali sono le contraddizioni in cui incorrono sia la teoria dell'ingiustificato arricchimento sia quella del pagamento nullo per mancanza di causa.

Pare preferibile, allora, la teoria secondo cui il legislatore non ha pensato né ad un arricchimento ingiustificato (che può mancare) né alla nullità per mancanza di causa (che non è compatibile con i principi del nostro ordinamento).

Il legislatore, insomma, non si preoccupa di qualificare la situazione che dà luogo alla ripetizione in termini di invalidità o meno; né si preoccupa di prendere posizione sul problema se il pagamento non dovuto trasferisca la proprietà della cosa pagata oppure si limiti a trasferirne il possesso. Si limita più semplicemente a prendere atto che manca un presupposto legale affinché la prestazione effettuata possa essere mantenuta, e concede alla parte che ha pagato il diritto di riprendersi quanto pagato (Breccia).

Analoga visione la si trova in Moscati, secondo cui non è tanto questione di vedere se si abbia la nullità del pagamento, ma se il pagamento sia o no giustificato; "la legge concede al solvens un mezzo per neutralizzare le conseguenze prodotte dalla sua attività nella sfera dell'accipiens, rimedio che ha una funzione recuperatoria la quale prescinde dall'invalidità dell'atto di trasferimento".

Teoria che distingue tra i vari tipi di indebito

Secondo altri autori (Capozzi) occorrerebbe distinguere tra indebito oggettivo (che si fonderebbe sulla mancanza di causa) e indebito soggettivo (il cui fondamento andrebbe ravvisato nell'errore del solvens). L'indebito oggettivo si fonderebbe sull'inesistenza della causa solvendi, mentre quello soggettivo no, in quanto chi crede di pagare essendo debitore crede di adempiere ad un negozio sorretto da una valida causa (appunto la causa solvendi). È l'errore che spiega come possa ripetersi il pagamento, dal momento che se manca l'errore la fattispecie ricadrà sotto la previsione dell'art. 1180.

RIEPILOGO
Il pagamento non dovuto è il pagamento effettuato da un debitore che non era tale, oppure effettuato al creditore sbagliato, oppure effettuato quando il debito è inesistente.

  • Secondo una prima tesi l'azione di ripetizione dell'indebito si fonda sulla nullità del pagamento eseguito; se un soggetto paga un debito che non esiste, il pagamento è nullo; di conseguenza, non essendo stata trasferita la proprietà della cosa pagata, si ha diritto a chiederne la restituzione.
    Tale tesi si presta a due obiezioni: 1) il pagamento non è un negozio giuridico, e quindi non può dirsi che è "senza causa"; 2) la legge dimostra che il pagamento effettuato dal solvens è valido ed efficace, dato che il solvens non può recuperare la cosa pagata sempre ed in ogni caso, ma può farlo solo a determinate condizioni (v. art. 2038-2039).
  • Secondo un'altra tesi l'azione di ripetizione si fonda sull'arricchimento ingiustificato di colui che riceve la prestazione; se un soggetto paga un debito non dovuto, chi riceve il pagamento si arricchisce, e quindi è giusto che restituisca ciò che ha avuto. Secondo questa teoria il pagamento è valido, ed è efficace fino a che non è ripetuto.
    Anche tale tesi si presta a due obiezioni: 1) il pagamento non può essere considerato valido, perché altrimenti significherebbe che il nostro ordinamento ammette i negozi astratti (in quanto il pagamento sarebbe valido anche se non è valido il negozio da cui scaturisce l'obbligo di pagare); 2) in certi casi può mancare un arricchimento dell'altra parte.
  • Secondo Breccia il fondamento dell'istituto non si ritrova né nell'arricchimento ingiustificato, né nella nullità del pagamento; più semplicemente, la legge accorda il diritto di ripetizione in quanto manca un presupposto legale dell'attribuzione (e cioè manca un valido contratto, o un qualunque altro motivo che per l'ordinamento sia idoneo a rendere stabile l'attribuzione patrimoniale effettuata).

L'indebito oggettivo e l’indebito soggettivo

L'art. 2033 prevede l'indebito oggettivo. Esso si ha quando non esiste o non è valido il rapporto che col pagamento si intendeva soddisfare (e all'invalidità è equiparata la risoluzione o la rescissione).

Un esempio di rapporto inesistente si ha quando per errore il debitore dà al creditore una somma maggiore di quella dovuta; se il debito era 100, e io pago 200, abbiamo un pagamento non dovuto pari a 100.

Un esempio di rapporto invalido si ha quando il debitore paga una somma in esecuzione di un contatto che poi si scopre essere nullo; questa ipotesi, tuttavia, meriterà una precisazione, in quanto non tutti concordano che l'invalidità del rapporto dia luogo alla ripetizione dell'indebito.

L'indebito soggettivo, invece, previsto dall'art. 2036, si ha quando il rapporto obbligatorio esiste, ma il solvens non era il vero debitore; in altre parole abbiamo un creditore, un debitore, ma il debito viene pagato da un soggetto che non c'entra niente. È questo l'indebito soggettivo ex latere solventis.

Il codice non disciplina espressamente una terza ipotesi di indebito, che si ha quando il debitore paga il debito ad un creditore sbagliato; anche qui il rapporto obbligatorio esiste; il debitore è, poi, il vero debitore, ma è colui che riceve il pagamento che non è il vero creditore.

È questo il cosiddetto indebito soggettivo ex latere accipientis. In tal caso, sebbene l'ipotesi non sia disciplinata espressamente, dottrina e giurisprudenza ritengono che la disciplina sia quella dell'indebito oggettivo: anche qui, infatti, come nell'indebito oggettivo, abbiamo un debito che non esisteva.

Nozione di pagamento

Come abbiamo più volte avuto modo di ribadire, il codice col termine pagamento intende generalmente riferirsi all'"adempimento"; per pagamento non dovuto, quindi, non deve intendersi solo il pagamento di una somma di denaro, ma più in generale un atto di adempimento (sia esso la consegna di una somma di denaro, di una cosa determinata, o la costituzione di un diritto). Costituisce prestazione ripetibile anche un trasferimento elettronico di fondi causato da un difetto o da una manipolazione tecnica errata.

Il pagamento di una somma di denaro è regolato dall'art. 2033, mentre gli articoli 2037 e seguenti regolano l'ipotesi in cui il pagamento consista in una cosa determinata.

Si discute se anche le prestazioni di fare siano ricomprese nella nozione di pagamento non dovuto.

Parte della dottrina e la giurisprudenza, a volte, hanno affermato che la prestazione di fare eseguita indebitamente trovi più appropriata sede nell'azione di ingiustificato arricchimento (artt. 2041 e ss.).

Ma in contrario altri autori e alcune sentenze hanno affermato che anche per le prestazioni di fare può esperirsi la condictio: ovviamente non potendo restituirsi la prestazione in natura si restituirà il valore della prestazione eseguita. Senza contare che, come giustamente ha osservato Moscati, i presupposti dell'ingiustificato arricchimento sono diversi da quelli della condictio. Infatti, per esperire l'azione di ingiustificato arricchimento occorre che al depauperamento del solvens corrisponda un arricchimento dell'accipiens, mentre per l'esperibilità della condictio è richiesto solo che il pagamento non sia dovuto, indipendentemente dall'arricchimento di chi ha ricevuto la prestazione.

In altre parole l’azione di ingiustificato arricchimento non tutela a sufficienza colui che ha eseguito una prestazione (di fare) non dovuta.

In realtà a questa tesi può muoversi un'obiezione fondamentale, e cioè che qualora manchi l'arricchimento dell'accipiens, la restituzione non può comunque avere luogo. Nell'esempio di colui che cambia le mattonelle senza aver ricevuto alcun incarico in tal senso, infatti, Caio non può restituire la prestazione in natura; d'altro canto non essendosi arricchito sarebbe ingiusto addossare l'onere del costo della restituzione a chi non ha tratto alcun vantaggio dal lavoro.

Di conseguenza, o la prestazione ha provocato un arricchimento in capo a Caio (e allora Caio sarà tenuto ad un indennizzo nei limiti dell'arricchimento), oppure costui non ha ricevuto alcun vantaggio, e quindi non vi è luogo per una restituzione.

In altre parole, quando la prestazione non dovuta è una prestazione di fare, la restituzione, che la si voglia chiedere ex articolo 2041 o ex articolo 2033, in qualunque caso non potrà mai prescindere da un effettivo arricchimento, e quindi entrambe le tesi, sia quella negativa che quella positiva, giungono in definitiva agli stessi risultati (Bianca).

L'indebito oggettivo

Nozione

L'art. 2033 prevede l'indebito oggettivo. Come abbiamo detto esso si ha quando non esiste o non è valido il rapporto che col pagamento si intendeva soddisfare (e all'invalidità è equiparata la risoluzione o la rescissione).

Rilevanza dell’errore nell’indebito oggettivo

L'art. 2036 (previsto in tema di indebito soggettivo) accorda l'azione di ripetizione quando il solvens abbia pagato l'indebito in base ad un errore scusabile.

In tema di indebito soggettivo, allora, si deduce argomentando a contrariis che l'errore del solvens è del tutto irrilevante, e l'unico presupposto richiesto per l'esperibilità dell'azione è che il pagamento non sia oggettivamente dovuto.

Secondo Barbero, invece, l'errore del solvens, pur se non espressamente previsto dalla legge, dovrebbe considerarsi un requisito implicito. Infatti, se chi paga era consapevole che il pagamento non fosse dovuto, vuol dire che intendeva effettuare una donazione. A tale tesi, però si è replicato che il solvens ben potrebbe pagare perché non può dimostrare, ad esempio, che il contratto è invalido, per poi in un secondo momento, messosi nella condizione di poter dimostrare la sua pretesa, esperire l'azione di ripetizione (Bigliazzi-Geri).

L'indebito soggettivo

L'indebito soggettivo ex latere accipientis

Si ha indebito soggettivo quando il solvens paga un debito esistente, ma ad un creditore diverso; quindi il debitore è il vero debitore, il debito esiste realmente, ma è la persona del creditore ad essere sbagliata.

L'indebito soggettivo ex latere accipientis è parificato dalla legge all'indebito oggettivo e rientra nella previsione dell'articolo 2033: ciò è chiaro, in quanto chi paga un debito ad una persona sbagliata, in ultima analisi ha pagato un debito inesistente.

Non è rilevante, dunque, l'errore del solvens, ma basta il fatto oggettivo della non doverosità del pagamento.

L'indebito soggettivo ex latere solventis

L'indebito soggettivo ex latere solventis è quello previsto dall'articolo 2036.

Chi ha pagato un debito altrui credendosi debitore in base ad un errore scusabile può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il debitore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito.

Risulta evidente per quale motivo la legge accorda l'azione solo se chi paga è in errore; il creditore, infatti, è realmente tale, e ha dunque conseguito quanto gli spetta; solo un errore scusabile (quindi non dipendente da colpa grave) potrebbe giustificare la ripetizione; se l'errore non è scusabile, invece, non pare giusto penalizzare il creditore che ha avuto, in fin dei conti quanto gli spetta di diritto; è il falso debitore, di conseguenza, che dovrà rivolgersi al vero debitore per poter essere risarcito.

All'errore scusabile la giurisprudenza equipara il caso in cui il soggetto paghi pur sapendo di non essere debitore, ma solo per evitare un'azione esecutiva oppure un'istanza di fallimento.

Se, invece, non c'è errore, neanche lieve, da parte di chi paga, vuol dire che il pagamento è stato effettuato consapevolmente e non potrà essere ripetuto; infatti:

  • o il soggetto voleva compiere una liberalità (l'atto di liberalità può essere diretto verso il vero debitore, nel qual caso avremo una donazione indiretta, oppure verso il creditore, e quindi avremo una donazione);
  • oppure il pagamento è qualificabile come adempimento del terzo, e tra il terzo e il debitore vero intercorrono rapporti di altro tipo (come un rapporto di mandato per esempio).

Disciplina

Quando la ripetizione non è ammessa (per esempio perché l'errore in base al quale si è effettuato il pagamento non è scusabile) colui che ha pagato subentra nei diritti del creditore (articolo 2036 comma 2). È questo un caso di surrogazione legale (art. 1203 n. 5).

Un'ipotesi particolare in cui, nonostante il pagamento non dovuto, non è ammessa la ripetizione, ricorre nel caso di indebito soggettivo: ai sensi dell'articolo 2036, anche se colui che ha pagato è incorso in un errore scusabile (e quindi avrebbe diritto alla ripetizione) l'obbligo di restituzione viene meno quando l'accipiens si sia privato in buona fede delle garanzie del credito o del titolo. L'onere di provare che l'accipiens si è privato in mala fede delle garanzie o del titolo grava sul solvens che agisce in ripetizione.

Ove la prestazione indebita consista nell'assunzione di un obbligo, e a quest'obbligo ancora non si sia assolto, la restituzione avrà per oggetto non una somma, ma la liberazione dall'obbligo stesso; tale regola è ovvia, anche se gli articoli in esame parrebbero formulati solo in previsione del pagamento di somme.

Se la prestazione effettuata indebitamente ha ad oggetto un fare - posto che si accolga la teoria secondo cui le obbligazioni di fare sarebbero ricomprese nell'ambito della condictio - deve ritenersi che la prestazione si converta in una somma di denaro pari al valore della prestazione stessa (Di Majo). Tale soluzione si ricava da un esame puntuale della disciplina, ove è detto che se la cosa oggetto della prestazione è perita l'accipiens deve corrisponderne il valore, e da questa regola può trarsi l'applicazione di un principio generale di conversione della prestazione.

Sussistono dei dubbi in ordine alla ripetizione di cose determinate solo nel genere; secondo la dottrina maggioritaria in tal caso l'accipiens deve restituire non le stesse cose che ha ricevuto, ma cose dello stesso genere e qualità, in conformità ad una regola che è propria di tutte le obbligazioni di genere; di diverso avviso è Zaccaria, secondo cui dovrebbe restituirsi la cosa nella sua individualità (salvo che per il denaro, di cui invece si acquista la proprietà dal momento della consegna).

Quando l'obbligazione ha ad oggetto una somma di denaro il debito è di valuta e non di valore. In questo senso si è pronunciata la Cassazione a sezioni unite (Cass. SS.UU. 12942/1992), dopo che erano state rese pronunce contrastanti (e dopo un lungo dibattito dottrinale).

Gli articoli 2037 e 2038 invece, stabiliscono le regole da seguire quando la restituzione concerne cose determinate. L'oggetto da restituire deve essere in primo luogo la somma corrisposta o la cosa consegnata indebitamente; la restituzione, cioè, deve essere in natura.

Se la cosa è perita occorre distinguere:

  • se la cosa è perita e l'accipiens era in mala fede, questi deve restituire il valore della cosa in ogni caso;
  • se l'accipiens era in buona fede, qualunque sia il motivo per cui la cosa è perita, deve corrispondere al solvens una somma corrispondente non al valore della cosa ma all'arricchimento da questi conseguito.
  • Se la cosa è deteriorata e l'accipiens è in mala fede il solvens ha la scelta tra chiedere la restituzione della cosa nello stato in cui si trova (oltre ad un indennizzo per la perdita di valore subita) oppure il valore; si tratta di un'obbligazione alternativa la cui scelta è rimessa al creditore.
  • Se la cosa è deteriorata e l'accipiens è in buona fede vale la stessa regola vista appena adesso, con la differenza che se il solvens chiede la restituzione della cosa l'ulteriore indennizzo è dovuto nei limiti dell'arricchimento.
  • Se la cosa è stata alienata valgono le seguenti regole:
    • se l'accipiens era in buona fede deve il corrispettivo conseguito;
    • se l'accipiens l'ha ricevuta in mala fede (oppure se l'ha alienata dopo aver conosciuto l'obbligo di restituirla) deve restituirla in natura oppure corrispondere il valore (quale che sia il corrispettivo conseguito).

Nei rapporti tra il solvens e il terzo acquirente le regole sono le seguenti:

  • anzitutto, dobbiamo tenere presente che la cosa non può mai essere recuperata presso il terzo;
  • se il corrispettivo della cosa alienata al terzo deve essere ancora dovuto, il solvens subentra nel diritto al corrispettivo (articolo 2038);
  • se il corrispettivo è stato pagato, il solvens può solo agire solo contro l'accipiens;
  • se la cosa è stata alienata a titolo gratuito il terzo acquirente, se è di buona fede, deve al solvens una somma nei limiti dell'arricchimento (art. 2038); se invece è di mala fede, è tenuto a risarcire il danno come vi è tenuto l'alienante.

L'accipiens deve restituire, oltre alla somma ricevuta, anche i frutti percepiti; in tal caso si distingue a seconda che costui sia in mala fede o in buona fede; nel primo caso sono dovuti frutti e interessi dal giorno del pagamento, nel secondo caso i frutti e gli interessi sono dovuti solo dal giorno della domanda giudiziale.

Sempre riguardo ai frutti, poi, secondo alcuni autori dovrebbe ritenersi che l'accipiens debba restituire non solo quanto ha ricevuto, ma anche tutto ciò di cui si è arricchito in conseguenza della prestazione che ha ricevuto; anche tale regola non è formulata espressamente dalla legge, ma deve ritenersi implicita (Di Majo).

Per parte sua, la persona alla quale viene restituito l'indebito ha gli obblighi tipici del proprietario che viene reintegrato nel possesso, e quindi dovrà rimborsare il corrispettivo delle spese e dei miglioramenti a norma degli articoli 1149-1152 (articolo 2040).

L'azione si prescrive in dieci anni. Tale termine decorre dal momento del pagamento, se la ripetizione consegue alla nullità del contratto, mentre decorre dal momento in cui viene sciolto il contratto negli altri casi.

L'indebito ricevuto da un incapace

L'incapace deve restituire solo ciò che è stato rivolto a suo vantaggio, secondo una norma che sembra uguale all'art. 1443. Per parte della dottrina invece, la differenza sta in ciò, che mentre nell'azione di annullamento l'incapacità va valutata nel momento in cui nasce il rapporto, nella condictio va valutata nel momento dell'acceptio (Gazzoni).

Differenza tra condictio e arricchimento ingiustificato

Le differenze fondamentali tra l'azione di ingiustificato arricchimento e l'azione di ripetizione dell'indebito possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

  • l'azione di arricchimento presuppone che vi sia un arricchimento dell'accipiens e un depauperamento del solvens, mentre ciò non è richiesto per la condictio;
  • l'arricchimento ingiustificato, poi, non presuppone, a differenza di quanto è richiesto per la condictio, la mancanza di causa del pagamento (De Vescovi); nell'azione di arricchimento, infatti, può aversi un arricchimento ingiustificato anche in presenza di una valida causa negoziale (o meglio, in presenza di un rapporto sottostante che di per sé giustificherebbe lo spostamento di ricchezza);
  • infine, mentre con la condictio il solvens ha diritto alla restituzione della prestazione eseguita, esperendo l'azione di ingiustificato arricchimento si ha diritto solo ad un indennizzo, nei limiti dell'arricchimento dell'altra parte. In giurisprudenza v. Cass. 6747/2014.

Rapporti tra azione di nullità (e altre azioni di invalidità) e la condictio

Posizione del problema

Problema dibattuto, specialmente in dottrina, è quello del rapporto tra l'azione di nullità e la condictio.

La domanda è questa: a seguito dell'esperimento dell'azione di nullità del contratto, per recuperare le cose consegnate in esecuzione di tale contratto si deve esperire la condictio? Oppure l'azione di restituzione conseguente alla nullità e azione di ripetizione dell'indebito sono due azioni diverse e incompatibili tra loro?

Lo stesso problema si pone nel rapporto con le altre azioni conseguenti all'efficacia di un contratto (annullabilità, rescissione e risoluzione). Noi ci riferiremo nel nostro discorso prevalentemente alla nullità, precisando poi quando le stesse cose possano essere applicate ai casi di annullabilità, rescissione o risoluzione.

In merito al problema possiamo distinguere tre principali linee di tendenza:

a) una tesi estensiva, che considera la ripetizione applicabile a tutte le ipotesi in cui il contratto viene meno, per qualsiasi causa;

b) una tesi restrittiva, che considera applicabile l'azione di ripetizione dell'indebito solo quando tra le parti non vi era alcun rapporto preesistente di tipo negoziale;

c) una teoria che considera l'azione di ripetizione dell'indebito applicabile ai casi sia di invalidità sia di impugnabilità, ma nei limiti della compatibilità.

La tesi estensiva

Abbiamo detto che l'indebito oggettivo si ha quando manca il titolo che dovrebbe giustificare il pagamento. La dottrina prevalente afferma che si avrebbe pagamento non dovuto non solo quando il titolo mancava dall'inizio (per esempio quando io pago 200, e invece il debito era di 100, abbiamo un indebito pagamento pari a 100, e il rapporto che mi obbligava a dare quei 100 in più che ho versato non è mai esistito), ma anche quando il titolo inizialmente esisteva e poi successivamente sia venuto a mancare, ad esempio per nullità, annullabilità, risoluzione del negozio.

L'azione di ripetizione, secondo questa visione, sarebbe il mezzo offerto dall'ordinamento per recuperare la cosa che sia stata consegnata in esecuzione di un contratto che sia stato poi dichiarato nullo, annullabile o risolto.

Una conferma normativa della tesi si trova all'articolo 1463 (il quale dice che in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione si deve restituire la prestazione avuta "secondo le norme della prestazione dell'indebito"); altra norma è l'articolo 1422, ove è detto che l'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, "salvi gli effetti della prescrizione della ripetizione dell'indebito".

La tesi restrittiva

Parte della dottrina, però, ha sostenuto la diversità tra azione di restituzione conseguente alla invalidità (o alla impugnazione) e l'azione di ripetizione.

L'azione di ripetizione, secondo questa visione, sarebbe esperibile solo quando tra le parti non c'era alcun rapporto negoziale preesistente.

Anzitutto si è fatto notare che le azioni di restituzione che sono previste dalla legge sono diverse, quanto a disciplina, dall'azione di ripetizione dell'indebito: l'azione di nullità, infatti, di regola travolge le posizioni dei terzi acquirenti di buona o mala fede, mentre nella ripetizione dell'indebito questo non succede; anche rispetto all'azione di risoluzione e di rescissione la condictio risulta essere diversa (ad esempio nella risoluzione i diritti dei terzi non sono pregiudicati ai sensi dell'articolo 1458, mentre quando si ha un pagamento non dovuto i terzi sono pregiudicati, anche se solo in determinati casi, ai sensi dell'articolo 2038).

In secondo luogo, si è detto, se la legge avesse voluto configurare la ripetizione come il rimedio per riavere la cosa in seguito al venir meno del contratto, lo avrebbe detto espressamente, collocando la norma nella sezione dedicata all'invalidità.

In terzo luogo, si è osservato che quando il contratto è nullo dovrebbe essere considerato come mai esistito; ma se il contratto non è mai esistito nessun limite dovrebbe essere posto alla restituzione delle prestazioni (la legge, invece, pone vari limiti, tra cui la posizione di buona o mala fede dell'accipiens, l'irripetibilità della prestazione contraria al buon costume, e la posizione dei terzi). Da questo punto di vista l’azione conseguente alla nullità sarebbe imprescrittibile, a differenza della ripetizione dell’indebito.

Abbiamo visto, poi, quando abbiamo parlato del fondamento della condictio, che secondo alcuni autori il pagamento indebito non è affatto nullo; anzi, è valido, ed è idoneo a trasferire la proprietà della cosa consegnata (sia pure momentaneamente, in quanto poi il solvens può riprendersi la cosa tramite l'azione di ripetizione). Ora, se noi diciamo che il pagamento dell'indebito è idoneo a trasferire la proprietà, non possiamo poi dire che la condictio è un'azione che consegue alla nullità del contratto; infatti, se facessimo un'affermazione del genere significherebbe dire che nel nostro ordinamento possiamo avere un contratto che è nullo, ma che l'atto di trasferimento del bene, in esecuzione di tale contratto sia valido, nonostante l'invalidità di tale contratto; in altre parole significherebbe dire che il pagamento dell'indebito è un negozio astratto, valido nonostante la nullità del rapporto sottostante. Ma com'è noto, nel nostro ordinamento non è ammesso il negozio astratto.

Tesi dell’applicabilità nei limiti della compatibilità

Abbiamo già esposto la tesi di Breccia in ordine al fondamento della condictio; il legislatore - secondo questa tesi - non si è affatto preoccupato di prendere posizione sulla questione della mancanza di causa o meno del pagamento, né si è posto il problema di vedere se il pagamento non dovuto sia in ogni caso idoneo a trasferire la proprietà oppure trasferisca solo il possesso.

Secondo l'autore la disciplina degli articoli 2033 e seguenti si applicherebbe a tutte le ipotesi in cui la giustificazione del pagamento non sussista (o perché non sussisteva dall'inizio o perché ha cessato di sussistere in seguito), ma nei limiti di compatibilità con la disciplina che la legge prescrive per le singole azioni di ripetizione. Particolarmente, occorre che i terzi non vengano a subire un trattamento deteriore in virtù dell'applicazione della disciplina della condictio rispetto ad altre norme.

Difatti nelle azioni di nullità e di annullamento il terzo acquirente a titolo gratuito è obbligato anche oltre i limiti dell'arricchimento; nelle ipotesi di risoluzione e rescissione non è tenuto ad alcuna restituzione neppure nei limiti dell'arricchimento; nel caso del pagamento dell'indebito, invece, è obbligato, una volta che l'accipiens sia stato inutilmente escusso, nei limiti dell'arricchimento.

Rapporti tra condictio e rivendica

Il problema che analizziamo ora è: prescritta l’azione di ripetizione, è possibile recuperare ancora la cosa agendo con l’azione di rivendicazione (che invece è imprescrittibile)?

Le due azioni sono considerate alternative dalla dottrina prevalente. Quando il solvens ha pagato l'indebito, per recuperare la cosa consegnata può agire con l'azione di ripetizione, oppure, se ne ricorrono i presupposti, con l'azione di rivendicazione (salvo il caso in cui sia maturata l'usucapione in favore dell'accipiens).

Comunque, nella scelta tra le due azioni, difficilmente chi ha pagato vorrà riprendersi la cosa agendo in rivendica, dato che questa azione comporta maggiori oneri probatori. Per poter agire con la condictio, infatti, è sufficiente che si dimostrino due cose: che si è effettuato un pagamento, e che questo pagamento non era dovuto; per poter agire in rivendica, invece è necessario dare la prova di essere i proprietari, oltre alla prova di avere effettuato il pagamento.

In particolare, se è prescritta l'azione di ripetizione si potrà sempre agire in rivendica, sempre che non sia maturata l'usucapione. Ad esempio, ipotizziamo che due persone stipulino la vendita di una casa che viene poi annullata: il solvens può agire con la condictio per riprendersi la casa; se però non può più agire in ripetizione perché sono passati 10 anni potrà agire con l'azione di rivendicazione, che è imprescrittibile.

Tuttavia tale teoria non è accolta da tutti gli autori; abbiamo detto, infatti, che secondo parte della dottrina il pagamento dell'indebito è idoneo a trasferire la proprietà della cosa consegnata; ebbene, se si accoglie questa teoria ne conseguirà che quando è stato effettuato un pagamento non dovuto la rivendica diventa impossibile perché è stata trasferita la proprietà; e quindi c'è un solo modo per riottenere la cosa, e cioè l'azione di ripetizione.

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