Parere Penale

Resistenza a pubblico ufficiale e particolare tenuità del fatto

Abstract

La Consulta ha argomentato sottolineando, anzitutto, che le cause di non punibilità sono da considerarsi “deroghe” alla normativa penale generale e, pertanto, la loro estensione è sempre soggetta a “un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti”, opera di bilanciamento che appartiene in via esclusiva al legislatore; tanto premesso, “la scelta legislativa di escludere dal campo di applicazione dell’esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è manifestamente irragionevole, poiché viceversa corrisponde all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione”.

La traccia d'esame

La sera del 21 giugno 2021 Tizia, per l’ennesima volta, trova la vettura di Caia – vicina di casa nei confronti della quale, dopo mesi di discussioni e tensione, aveva da poco intentato una causa civile per un regolamento di confini tra le due proprietà adiacenti –, parcheggiata davanti al suo ingresso, così impedendole di accedere con la macchina al vialetto che porta alla sua casa.

Esasperata e molto alterata, intima alla vicina di uscire: inizia così un alterco nell’ambito del quale i toni si alzano notevolmente, tanto che Tizia insulta Caia con gravi epiteti e la minaccia di “fargliela pagare” se mai si fossero ripetuti simili episodi. Il marito di Caia, testimone della scena, chiama i carabinieri che poco dopo si presentano presso il luogo della discussione avvicinandosi a Tizia e chiedendole di fornire documenti di identità; questa, infervorata dal litigio in atto, per sottrarsi all’identificazione spintona l’agente Mevio, per poi salire in macchina e allontanarsi rapidamente.

Preoccupata per le conseguenze delle azioni violente poste in essere nei confronti di Caia e dell’agente Mevio, il giorno successivo Tizia si presenta presso il mio studio, chiedendomi parere legale sugli eventuali risvolti penali della vicenda.

La traccia d'esame

La sera del 21 giugno 2021 Tizia, per l’ennesima volta, trova la vettura di Caia – vicina di casa nei confronti della quale, dopo mesi di discussioni e tensione, aveva da poco intentato una causa civile per un regolamento di confini tra le due proprietà adiacenti –, parcheggiata davanti al suo ingresso, così impedendole di accedere con la macchina al vialetto che porta alla sua casa.

Esasperata e molto alterata, intima alla vicina di uscire: inizia così un alterco nell’ambito del quale i toni si alzano notevolmente, tanto che Tizia insulta Caia con gravi epiteti e la minaccia di “fargliela pagare” se mai si fossero ripetuti simili episodi. Il marito di Caia, testimone della scena, chiama i carabinieri che poco dopo si presentano presso il luogo della discussione avvicinandosi a Tizia e chiedendole di fornire documenti di identità; questa, infervorata dal litigio in atto, per sottrarsi all’identificazione spintona l’agente Mevio, per poi salire in macchina e allontanarsi rapidamente.

Preoccupata per le conseguenze delle azioni violente poste in essere nei confronti di Caia e dell’agente Mevio, il giorno successivo Tizia si presenta presso il mio studio, chiedendomi parere legale sugli eventuali risvolti penali della vicenda.

Leggere la traccia: oggetto, rischi e accorgimenti

L’oggetto della traccia di parere mette il candidato di fronte a diverse questioni giuridiche che di seguito si evidenziano tra parentesi.

La sera del XX Tizia, per l’ennesima volta, trova la vettura di Caia – vicina di casa nei confronti della quale, dopo mesi di discussioni e tensione, aveva da poco intentato una causa civile per un regolamento di confini delle due proprietà adiacenti –, parcheggiata davanti al suo ingresso, così da impedirle di accedere con la macchina al vialetto che porta alla sua casa.

Esasperata e molto alterata, Tizia intima alla vicina di uscire: inizia così un alterco nell’ambito del quale i toni si alzano notevolmente, tanto che Tizia insulta Caia con gravi epiteti [Reato di ingiuria (depenalizzato) ex art. 594 c.p.] e la minaccia di “fargliela pagare” se mai si fossero ripetuti simili episodi [Reato di minaccia ex art. 612 c.p.]. Il marito di Caia, testimone della scena, chiama i carabinieri che poco dopo si presentano presso il luogo della discussione avvicinandosi a Tizia e chiedendole di fornire i documenti di identità; questa, infervorata dal litigio in atto, per sottrarsi all’identificazione spintona l’agente Mevio, per poi salire in macchina e allontanarsi rapidamente [Reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p.; Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p.].

Preoccupata per le conseguenze delle azioni violente poste in essere nei confronti di Caia e dell’agente Mevio, il giorno successivo Tizia si presenta presso il mio studio, chiedendomi parere legale sugli eventuali risvolti penali della vicenda.

La traccia presenta alcuni snodi problematici. È importante concentrarsi su ognuno di essi per giungere al quesito finale con una visione chiara dei vari passaggi.   

Istituti giuridici

Il reato di ingiuria

L’art. 594 c.p. disciplina(va) una fattispecie comune di mera condotta, con la previsione della pena della reclusione fino a sei mesi e della multa fino a euro 516 per chiunque offendesse l’onore o il decoro di una persona presente.

La fattispecie è stata abrogata con d.lgs. 7/2016 e, ad oggi, non è dunque penalmente rilevante.

Il reato di minaccia

Trattasi di un reato comune di mera condotta a forma libera posto a tutela della libertà morale individuale, anche intesa come tranquillità psichica. La condotta consiste in un atteggiamento intimidatorio nei confronti della persona offesa, alla quale viene prospettato un danno ingiusto. Non è peraltro necessario che il danno alla sfera psichica/morale del soggetto si realizzi, essendo sufficiente che la condotta del soggetto agente sia oggettivamente idonea a metterla in pericolo; in altre parole, è richiesto che la prospettazione del danno ingiusto sia tale da incutere il timore dell’effettiva realizzazione: la valutazione deve essere svolta in concreto, tenendo conto delle circostanze del caso (ad es. caratteristiche del soggetto agente e della persona offesa, rapporto tra i due, tempo, luogo e mezzi utilizzati) ed escludendo le minacce fantasiose e non credibili. Infine, la fattispecie richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di porre in essere il comportamento intimidatorio nei confronti della persona offesa e nell’ingiustizia del danno.

Il primo comma disciplina la minaccia semplice, punita con la sola pena della multa fino a euro 1032 e procedibile a querela di parte. Il capoverso disciplina due ipotesi aggravate, punite con la reclusione fino ad un anno: la minaccia grave, anch’essa perseguibile a querela di parte, è tale in considerazione del danno ingiusto prospettato e del conseguente turbamento ingenerato nella persona offesa, da valutarsi alla luce delle concrete circostanze fattuali.

Quanto alla condotta tipica della minaccia semplice, la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. pen., 44381/2017) è concorde nell’affermare che il danno prospettato deve essere necessariamente ingiusto, da valutarsi anche alla luce degli attuali rapporti tra i soggetti coinvolti; in particolare, con riferimento alla frase “te la farò pagare”, anche se pronunciata con tono minaccioso, è da escludersi che la stessa sia da considerarsi ingiusta qualora possa essere ricondotta ad eventuali azioni giudiziarie promosse nei confronti della persona offesa.

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale

L’art. 337 c.p. prevede e punisce un reato comune di mera condotta, commissibile da chiunque, consistente nel tenere un comportamento violento o minaccioso nei confronti di un pubblico ufficiale (P.U.) o un incaricato di pubblico servizio (I.P.S.) per impedirgli di svolgere un atto dell’ufficio o del servizio. Rientra tra i reati contro la Pubblica Amministrazione e, in particolare, ne tutela il buon andamento sotto il profilo della libera determinazione dei soggetti attraverso i quali la stessa agisce; trattasi dunque di reato plurioffensivo che tutela al contempo un bene pubblico ed un bene individuale. La pena è la reclusione da 6 mesi a 5 anni.

La fattispecie si distingue dall’art. 336 c.p. “Violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale” perché nella norma qui in commento la condotta violenta o minacciosa è esercitata nel momento in cui il P.U. o l’I.P.S. sta ponendo in essere l’atto dell’ufficio o del servizio, mentre l’art. 336 c.p. prevede che il soggetto agisca prima, allo scopo di costringere la persona offesa ad agire o a non agire in un momento successivo.

La violenza o la minaccia debbono essere idonee ad impedire in concreto l’azione del P.U. o dell’I.P.S.; la giurisprudenza è concorde nell’affermare l’irrilevanza della cd. resistenza passiva, consistente in una “non collaborazione” del soggetto o nella mera fuga, a patto che questa non metta in pericolo l’incolumità altrui (Cass. 41408/2019). Inoltre, la condotta può essere altresì diretta contro altre persone o cose. Da ultimo, una recente pronuncia a Sezioni Unite ha affermato l’integrazione di più fattispecie in concorso formale tra loro qualora l’agente eserciti la condotta tipica nel medesimo contesto di luogo e di tempo nei confronti di più P.U. o I.P.S. che stiano ponendo in essere un unico atto d’ufficio o servizio (Cass., sez. un., 40981/2018).

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

L’art. 131-bis prevede una causa di non punibilità fondata sulla particolare carica offensiva del fatto tipico commesso dal soggetto agente in ossequio ai principi di offensività, proporzionalità e sussidiarietà che reggono l’ordinamento penale; la norma trova inoltre utilità nell’ottica di deflazione dei carichi processuali. È applicabile ai reati puniti con la sola pena pecuniaria ovvero con pena detentiva il cui massimo edittale non superi i 5 anni. Il giudice dovrà valutare la sussistenza di due requisiti, vale a dire la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento: il primo requisito va considerato alla luce del danno o del pericolo provocato e delle modalità della condotta posta in essere; il secondo, sulla base della occasionalità della condotta.

Non si tratta dunque di una pronuncia assolutoria, in quanto comporta comunque l’accertamento del fatto tipico, antigiuridico e colpevole in capo al soggetto agente, tanto che, ai sensi dell’art. 651-bis c.p.p., “ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato”.

Quanto al requisito della non abitualità, è la norma stessa a fornire una traccia interpretativa, escludendo l’applicabilità della causa di non punibilità a colui che sia stato dichiarato “delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”. Ancora, una pronuncia della Cassazione a sezioni unite del 2016 ha stabilito che l’esistenza di precedenti condanne non esclude tout court l’applicabilità del 131-bis, essendo tollerabili fino a due precedenti. Inoltre, il decorso del tempo può affievolire il peso di condanne antecedenti nella valutazione della non abitualità (Cass., sez. un., 13681/2016).

Va evidenziato che recentemente la norma è stata modificata nel senso di impedirne tout court l’applicazione ai fatti di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni.

Normativa di riferimento

Il reato di ingiuria

Codice penale 

Art. 594 - Il reato di ingiuria

Il reato di minaccia

Codice penale

Art. 612 - Il reato di minaccia

 
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale

Codice penale

Art. 337 - Il reato di resistenza a pubblico ufficiale

 

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Codice penale

Art. 131-bis - Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Orientamenti giurisprudenziali

Massime Commentate

Interpretazione offerta dalla Corte Costituzionale Corte Costituzionale 05.03.2021, n. 30 La Corte Costituzionale ha rigettato le due questioni di legittimità sollevate motivando come segue. Anzitutto, le cause di non punibilità sono da considerarsi “deroghe” alla normativa penale generale e, pertanto, la loro estensione è sempre soggetta a “un giudizio di ponderazione a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti”, opera di bilanciamento che appartiene in via esclusiva al legislatore; tanto premesso, “la scelta legislativa di escludere dal campo di applicazione dell’esimente di tenuità il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è manifestamente irragionevole, poiché viceversa corrisponde all’individuazione discrezionale di un bene giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione”.

Scaletta

La traccia sopra riportata mette di fronte a diverse questioni giuridiche. Relativamente ad alcune di queste non si rilevano particolari complessità ed appaiono di univoca soluzione.

Gli insulti proferiti da Tizia nei confronti di Caia, astrattamente integrativi della fattispecie che era prevista dall’art. 594 c.p., non hanno alcuna rilevanza penale a seguito della depenalizzazione del reato avvenuta con d.lgs. 7/2016.

Quanto all’integrazione del reato di minaccia semplice di cui all’art. 612 c.p., è anzitutto doveroso sottolineare che il reato è perseguibile a querela della persona offesa, da presentarsi entro 90 giorni dal fatto: pertanto, qualora Caia non dovesse procedere entro il termine anzi indicato, il reato dovrà considerarsi estinto. Qualora ciò accadesse, sotto il profilo della tipicità della condotta sarà necessario valutare se la frase “te la farò pagare” integri la necessaria “ingiustizia” del danno. Alla luce di concorde giurisprudenza di legittimità, tale prospettazione non può considerarsi ingiusta qualora sia riconducibile alla promozione di azioni giudiziarie nei confronti della persona offesa. Considerati il conflitto sussistente tra le due donne coinvolte ed il giudizio in sede civile pendente per il regolamento di confini, può verosimilmente escludersi che la condotta di Tizia integri il reato in commento.

Invece, la fattispecie la cui integrazione appare maggiormente probabile è il reato di violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale ex art. 337 c.p.: per quanto lo spintone inferto da Tizia all’agente Mevio non possa certamente considerarsi una condotta connotata da una particolare violenza ed offensività, è evidente che questa – volta ad impedire al P.U. di procedere alla sua identificazione – non può certo rientrare nella resistenza passiva, unico comportamento “oppositivo” ammesso. Pertanto, la resistenza opposta da Tizia, per quanto “lieve”, appare idonea ad integrare il reato di cui all’art. 337 c.p.

Tali questioni sono state già illustrate ai punti che precedono e, pur assumendo rilevanza per la formulazione del parere, si rimanda allo studio di quanto esposto nel commentario giurisprudenziale relativamente a:

  • il reato di ingiuria (art. 594 c.p.)
  • il reato di minaccia semplice (art. 612 c.p.);
  • il reato di violenza o minaccia ad un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.).

Occorre ora concentrarsi sulla tematica che più risulta al centro del dibattito giurisprudenziale, concernente le conseguenze processuali delle condotte poste in essere da Tizia e rilevante ai fini del quesito sottoposto.

La questione principale che deve essere valutata con riferimento al parere proposto attiene alla possibilità di applicare la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto alla resistenza a pubblico ufficiale verosimilmente commessa da Tizia.

Svolgimento

Premessa in fatto -

Nel caso di specie, il giorno XX Tizia, da tempo in cattivi rapporti con la vicina Caia per una questione di regolamento di confini tra proprietà, la ingiuria e la minaccia di “fargliela pagare” qualora avesse nuovamente parcheggiato la vettura davanti al suo cancello così impedendole l’accesso al vialetto di ingresso. All’arrivo dei carabinieri, Tizia spintona uno degli agenti intervenuti per impedirgli di procedere alla sua identificazione e si allontana.

Analisi della problematica giuridica sottesa -

La condotta di Tizia, per quanto attiene alle ingiurie profferite, non è penalmente rilevante stante l’avvenuta depenalizzazione del reato di cui all’art. 594 c.p. Con riferimento, invece, alla frase rivolta a Caia – “te la farò pagare” – questa è da ricondurre alla fattispecie delittuosa di minaccia semplice di cui all’art. 612 c.p., per la cui procedibilità è necessario che la persona offesa sporga querela entro 90 giorni dall’accaduto, pena l’estinzione del reato; in ogni caso, ben può ritenersi – anche alla luce dell’attuale interpretazione giurisprudenziale in termini – che l’elemento tipico della ingiustizia del danno prospettato non sussista, potendo la frase riferirsi all’intenzione di proseguire la vicenda giudiziale già in corso, nell’ambito della quale far valere anche quest’ultimo episodio “vessatorio” da parte di Caia.

Può ritenersi invece integrato il delitto di cui all’art. 337 c.p., avendo Tizia spintonato l’agente intervenuto per impedirgli di procedere all’identificazione. Infine, nonostante la condotta possa considerarsi non abituale e sia all’evidenza connotata da contenuta offensività – in considerazione tanto del danno arrecato, quanto delle modalità della condotta –, così astrattamente rientrando nell’ipotesi di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., l’applicazione della disposizione è interdetta da quanto previsto all’ultima parte del capoverso, che indica la fattispecie in commento tra i reati “ostativi” della non punibilità. Le due questioni di costituzionalità sollevate all’indomani dell’introduzione di tale limitazione sono state recentemente rigettate dalla Corte Costituzionale, che ha evidenziato che, con particolare riferimento alle cause di non punibilità – che rappresentano delle deroghe alla fisiologia delle norme penali –, il legislatore è libero di procedere al bilanciamento che ritenga maggiormente opportuno nella tutela dei beni giuridici.

Conclusioni -

In conclusione, in base a quanto emerso, la condotta di Tizia ha integrato il reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p. che peraltro, nonostante l’evidente tenuità dell’offesa, non potrà godere dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p.