Parere Civile

Gravità dell’inadempimento e natura degli obblighi violati

Abstract

Le questioni giuridiche sottese alla traccia di parere implicano, come si è detto, la conoscenza degli istituti fondamentali richiamati. Ad ogni modo, lo scopo del presente contributo è anche quello di fornire uno strumento di lavoro per poter affrontare e superare la prova esame.

La traccia d'esame

La Società Alfa concludeva con Tizio un contratto preliminare di compravendita immobiliare impegnandosi a consegnare l’immobile e ultimare la sua ristrutturazione entro un certo termine. In particolare, essendo l’immobile allo stato di rudere, il promittente venditore si obbligava a eseguire tutte le opere necessarie per trasformarlo in una abitazione completa, ottenendo le autorizzazioni dalle autorità competenti. Durante i lavori, tuttavia, il Comune del luogo emanava dapprima un provvedimento di sospensione, e poi una ordinanza di demolizione. La Società Alfa sanava tempestivamente l'illecito ma otteneva l’ordinanza di sanatoria solo in data successiva alla scadenza del termine previsto dal preliminare per il completamento dei lavori. La Società Alfa aveva costantemente informato il promissario acquirente dei possibili ritardi; e aveva pure chiesto di trasmettere comunicazioni di sollecito congiunte alle autorità, ma senza alcun riscontro. Quindi, Tizio, pur avendo già corrisposto una caparra di Euro 300.000, non si presentava alla data convenuta avanti il notaio, minacciando di agire per la risoluzione del  preliminare e il risarcimento del danno. Il candidato, inquadrata brevemente la fattispecie, rediga motivato parere nell’interesse della Società Alfa.

Leggere la traccia: oggetto, rischi e accorgimenti

Al candidato viene chiesto di interrogarsi in merito alle questioni giuridiche che di seguito si evidenziano tra parentesi.

“La Società Alfa concludeva con Tizio un contratto preliminare di compravendita immobiliare impegnandosi a consegnare l’immobile e ultimare la sua ristrutturazione entro un certo termine. In particolare, essendo l’immobile allo stato di rudere, il promittente venditore si obbligava a eseguire tutte le opere necessarie per trasformarlo in una abitazione completa, ottenendo le autorizzazioni dalle autorità competenti [Contratto di compravendita]. Durante i lavori, tuttavia, il Comune del luogo emanava dapprima un provvedimento di sospensione, e poi una ordinanza di demolizione. La Società Alfa sanava tempestivamente l'illecito ma otteneva l’ordinanza di sanatoria solo in data successiva alla scadenza del termine previsto dal preliminare per il completamento dei lavori. La Società Alfa aveva costantemente informato il promissario acquirente dei possibili ritardi; e aveva pure chiesto di trasmettere comunicazioni di sollecito congiunte alle autorità, ma senza alcun riscontro [Buona fede]. Quindi, Tizio, pur avendo già corrisposto una caparra di Euro 300.000, non si presentava alla data convenuta avanti il notaio, minacciando di agire per la risoluzione del preliminare e il risarcimento del danno [Risoluzione del contratto]. Il candidato, inquadrata brevemente la fattispecie, rediga motivato parere nell’interesse della Società Alfa”.

Inoltre, nell’atto di donazione veniva inserita anche una clausola risolutiva espressa per l’ipotesi di inadempimento dell’onere da parte di donatari. Ad un certo punto, Tizia iniziava a pagare da sé alcune bollette di luce e gas. I nipoti, informati dell’accaduto, si offrivano di rimborsare le spese. Di tutto punto, Tizia inviava una comunicazione con cui dichiarava di risolvere la donazione di diritto. Il candidato, inquadrata brevemente la fattispecie, rediga motivato parere nell’interesse di Caio e Sempronio”.

La presente traccia - che riproduce un caso per di più frequente nella realtà - può e deve essere affrontata e risolta sulla base della conoscenza che il candidato deve aver già acquisito degli istituti rilevanti, più che mediante l’applicazione di principi ricavati dalla giurisprudenza pronunciatasi in materia; la quale, pertanto, verrà di seguito richiamata in minimi cenni.

Inoltre, un errore in cui spesso capita di poter incorrere quando la traccia di un parere è piuttosto breve è quello di trattare frettolosamente i temi giuridici rilevanti, così trascurando di prestare la necessaria attenzione alla struttura logica degli argomenti per la corretta soluzione del quesito.

Un utile accorgimento è quello di predisporre una scaletta completa, esauriente e dettagliata da seguire durante la stesura del parere, cercando di equilibrare, anche in termini di spazio, la trattazione dei singoli punti. Questo consente di ottimizzare i tempi e di predisporre un elaborato completo.

Istituti giuridici

Contratto di compravendita

Con il contratto di compravendita una parte, detta venditore, trasferisce il diritto di proprietà o altri diritti su un bene ad un’altra parte, detta compratore o acquirente, dietro il pagamento di un corrispettivo (il prezzo).

Di regola, il contratto di compravendita è a effetti reali, di modo che, secondo il principio del consenso traslativo (art. 1376 c.c.), basta il consenso delle parti legittimamente manifestato a determinare il trasferimento del diritto da una parte all’altra.

Il Codice Civile, tuttavia, contempla anche alcune ipotesi tipiche di compravendita a effetti obbligatori, e precisamente: (i) vendita di cose generiche, in cui è necessaria la specificazione, ossia l’individuazione precisa delle unità di misura del bene che si intende trasferire (1378 c.c.); (ii) vendita alternativa, in cui il trasferimento si verifica solo dopo che sia stata effettuata la scelta tra due o più cose dedotte in obbligazione (art. 1285 c.c.); (iii) vendita di cosa futura, in cui la proprietà si trasferisce solo una volta che il bene sia venuto ad esistenza; (iv) vendita di cosa altrui, in cui il venditore si obbliga ad acquistare il bene da chi ne sia proprietario al momento della vendita per poi trasferirne la proprietà al compratore. Questi, tuttavia, diviene proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista la proprietà della cosa dal terzo titolare.

Le principali obbligazioni del venditore sono indicate dall’art. 1476 c.c. e consistono nel:

1) fare acquistare al compratore la proprietà della cosa o la titolarità del diritto oggetto di scambio, se questo non è un effetto automatico del contratto;

2) consegnare la cosa al compratore. Se la vendita è a effetti reali, il trasferimento della proprietà avviene già alla conclusione del contratto, per cui la traditio è solo l’atto con cui il venditore pone l’acquirente nella condizione di disporre materialmente del bene. La consegna deve avvenire nel luogo e nel tempo previsti per contratto e, in mancanza di accordo sul punto, si applicano gli art. 1182, secondo comma c..c (che disciplina in via supplettiva il luogo dell’adempimento dell’obbligazione) ovvero la norma speciale ex art. 1510 c.c.;

3) garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

Buona fede

Ai sensi dell’art. 1175 c.c. sia il creditore che il debitore per tutta la durata del rapporto obbligatorio devono comportarsi secondo correttezza.

Il dovere di correttezza o buona fede oggettiva è infatti criterio di valutazione della condotta delle parti in materia contrattuale, come anche ribadito dall’art. 1375 c.c., secondo cui la parte tenuta ad eseguire il contratto deve comportarsi secondo buona fede.

La buona fede oggettiva, tuttavia, è anche criterio di interpretazione del contratto, come si evince dall’art. 1366 c.c.; in altri termini, le pattuizioni contrattuali non solo devono essere interpretate in modo che abbiano un senso coerente con la volontà comune dei contraenti, ma in maniera tale da rendere le rispettive posizioni equilibrate.

La giurisprudenza, peraltro, ha riletto i criteri di correttezza e buona fede alla luce del dovere costituzionale di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., con l’effetto di considerare l’autonomia privata non più come un valore a sé, ma come mezzo per perseguire interessi delle parti che devono essere conformi ai valori di fondo cui si ispira l’ordinamento.

In tale prospettiva, quindi, i principi di correttezza e buona fede oggettiva offrono al giudice uno strumento di riequilibrio consentendogli di intervenire sempre più incisivamente sul governo del contratto, al punto da esprimere un sindacato sull’assetto degli interessi definito dai contraenti.

Ciò importa, ad esempio, che una determinata obbligazione non può essere intesa come esigibile o di ampiezza tale porre un sacrificio irragionevole a carico di una parte, tenuto conto della portata degli interessi in gioco.

Al contempo, dottrina e giurisprudenza hanno sempre più riconosciuto al principio di buona fede oggettiva una funzione integrativa dell’accordo contrattuale.  Tale principio, cioè, da un lato impone il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge; dall’altro si declina in ulteriori doveri integrativi quali, ad esempio, l’obbligo di proteggere interessi dell’altro contraente, anche non strettamente economici ma comunque inerenti all’assetto contrattuale, ovvero l’obbligo di fornire una informazione chiara e completa o di avvisare la controparte, in maniera tale consentirle di manifestare consapevolmente il proprio consenso e, più in generale, di essere in una posizione adeguata per apprezzare i propri interessi ed esercitare i propri diritti.

Risoluzione del contratto

La risoluzione del contratto è un rimedio ad anomalie funzionali, ossia sopravvenienze che impediscono la corretta attuazione del regolamento di interessi disciplinato dal contratto, e consiste nello scioglimento del vincolo contrattuale con la conseguente cessazione degli effetti da esso derivanti.

La risoluzione del contratto può avvenire a) per inadempimento, b) per impossibilità sopravvenuta e c) per eccessiva onerosità. La risoluzione per inadempimento - che rileva in questa sede - è applicabile solo ai contratti sinallagmatici o a prestazioni corrispettivi, nei quali, cioè, la prestazione di una parte (e il relativo sacrificio) trova giustificazione nella controprestazione che deve essere eseguita dall’altra.

Ai sensi dell’art. 1453 c.c., al contraente non inadempiente è concessa la facoltà di scegliere tra due vie: o insistere per l’adempimento, chiedendo la c.d. manutenzione del contratto e la condanna di controparte a eseguire la prestazione non ancora adempiuta; oppure chiedere la risoluzione del contratto, e quindi di sciogliere il vincolo contrattuale come se non fosse mai intercorso.

In entrambi i casi, è fatto salvo il diritto del contraente in bonis di pretendere il risarcimento dei danni subiti, che vanno tuttavia apprezzati in modo diverso a seconda dell’azione prescelta:

(a)   se la parte non inadempiente insiste per la manutenzione del contratto (e, quindi, la controprestazione è ancora realizzabile), potrà (i) chiedere l’esecuzione della prestazione dovuta in origine (restando obbligato a eseguire la propria), e (ii) agire altresì per il risarcimento del danno derivante dal ritardo nell’adempimento (che non può equivalere, quindi, al controvalore della prestazione originaria);

(b)   se la parte non inadempiente non intende rimanere vincolata al contratto stipulato e chiederne la risoluzione, (i) non sarà più tenuta ad adempiere la propria prestazione, oppure, ove l’abbia già eseguita, avrà diritto di chiederne la restituzione, e (ii) potrà chiedere il risarcimento del danno subito, commisurato non al semplice ritardo, bensì all’inadempimento assoluto di controparte per non aver ricevuto la prestazione.

Ovviamente, secondo la regola generale prevista dall’art. 1223 c.c., i danni risarcibili comprenderanno tanto il danno emergente (ossia la perdita economica subita, tra cui, ad esempio, i costi inutilmente sostenuti) e/o il lucro cessante (ossia il mancato guadagno, ottenuto detraendo dai ricavi le spese strumentali), che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento. Sono risarcibili, secondo la giurisprudenza, anche i danni indiretti, purché rientrino nella sequenza causale ordinaria delle conseguenze prevedibili e altamente probabili dell’illecito.

La domanda di adempimento non preclude il diritto di chiedere, in un secondo momento, la risoluzione del contratto, ove sia più conveniente; viceversa, una volta chiesta la risoluzione, non è più possibile esigere l’adempimento (art. 1453, secondo comma, c.c.).

Dalla data della domanda di risoluzione, il contraente inadempiente non può più rimediare alla precedente violazione; pertanto, l’altra parte è legittimata a rifiutare la prestazione che gli venga proposta, ove non preferisca accettare un adempimento tardivo (art. 1453, terzo comma, c.c.).

La risoluzione per inadempimento è una ipotesi di risoluzione giudiziale, nel senso che deve essere richiesta all’autorità giudiziaria, la quale pronuncerà una sentenza costitutiva di scioglimento del contratto soltanto qualora accerti che: (i) vi è stato inadempimento del contratto; (ii) tale inadempimento è imputabile per colpa al convenuto; e (iii) ai sensi dell’art. 1455 c.c. l’inadempimento non ha ‘scarsa importanza’, ossia la violazione contestata sia tale da alterare l’equilibrio di interessi sotteso al contratto, così da travolgere l’intero regolamento negoziale.

Quanto all’onere di prova, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del 30 ottobre 2001, n. 13533 ha stabilito che il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere di dimostrare il fatto estintivo costituito dall’adempimento (o dalla impossibilità di adempiere).

La risoluzione ha efficacia retroattiva (art. 1458 c.c.): pertanto il contratto risolto non produce più effetti per l’avvenire e le parti sono liberate dalle rispettive obbligazioni per il futuro, ma sono anche rimossi gli effetti medio tempore prodotti, sicché le prestazioni eseguite devono essere restituite.

Normativa di riferimento

Contratto di compravendita

Codice civile

Art. 1470 - Nozione

Art. 1476 - Obbligazioni principali del venditore

Buona fede

Codice civile

Art. 1175 - Comportamento secondo correttezza

Art. 1375 - Esecuzione di buona fede

Risoluzione del contratto

Codice civile

Art. 1453 - Risoluzione del contratto per inadempimento

Art. 1455 - Importanza dell’inadempimento

Art. 1223 - Risarcimento del danno

Orientamenti giurisprudenziali

Massime Commentate

La recente giurisprudenza Cass. civ., sez. II, sentenza 09.07.2021, n. 19579

La Suprema Corte ha chiarito che nella valutazione della gravità dell'inadempimento di un contratto, vanno preliminarmente distinte le violazioni delle obbligazioni costitutive del sinallagma contrattuale.

Tali obbligazioni possono essere apprezzate ai fini della valutazione della gravità di cui all'art. 1455 c.c., rispetto a quelle che incidono sulle obbligazioni di carattere accessorio, che non sono idonee, in sé sole, a fondare un giudizio di gravità dell'inadempimento, potendosi darsi rilievo alla violazione degli obblighi generali di informativa ed avviso imposti dalla cd. buona fede integrativa soltanto in presenza di un inadempimento grave incidente sul nucleo essenziale del rapporto giuridico, ovvero di una ipotesi di abuso del diritto da parte di uno dei contraenti.

Scaletta

La traccia di parere proposta richiede di organizzare la sequenza degli argomenti con ordine e, soprattutto, di valorizzare le circostanze di fatto enunciate nella fattispecie.

In particolare, la peculiarità del caso sottoposto risiede nel fatto che la sentenza più recente della Suprema Corte è priva di precedenti in termini: pertanto, al candidato è richiesto di risolvere il quesito utilizzando, per lo più, le conoscenze degli istituti generali del diritto civile.

Nella proposta di svolgimento della traccia di parere che sarà sviluppata nella sezione successiva si è ritenuto opportuno utilizzare il seguente schema di trattazione.

Svolgimento

Premessa -

Il quesito sotteso alla traccia in esame richiede di verificare a quali condizioni un inadempimento da parte del promittente venditore possa essere qualificato come grave ex art. 1455 c.c. così da legittimare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.

I fatti essenziali della vicenda si possono così riassumere. La Società Alfa concludeva con Tizio un contratto preliminare di compravendita immobiliare impegnandosi a consegnare l’immobile e ultimare la sua ristrutturazione entro il termine stabilito.

In particolare, le parti avevano compromesso in vendita un immobile allo stato di rudere, con l'impegno del promittente venditore di eseguire tutte le opere necessarie a trasformarlo in una abitazione completa, previa la richiesta e l'ottenimento dei necessari titoli autorizzativi presso le competenti autorità.

Durante i lavori, tuttavia, il Comune emanava dapprima un provvedimento di sospensione, e poi una ordinanza di demolizione. La Società Alfa sanava tempestivamente l'illecito ma otteneva l’ordinanza di sanatoria solo in data successiva alla scadenza del termine previsto dal preliminare per il completamento dei lavori.

La promittente venditrice aveva costantemente informato il promissario acquirente dei possibili ritardi. Ma, atteso che, nel termine pattuito, le opere di ristrutturazione non erano state completate, Tizio, pur avendo già corrisposto una caparra di Euro 300.000, non si presentava alla data convenuta avanti il notaio per la conclusione del contratto definitivo di compravendita; e, anzi, minacciava di agire per la risoluzione del contratto preliminare per grave inadempimento, oltre al risarcimento del danno.

Risoluzione del contratto e gravità dell’inadempimento -

Come noto, lo scioglimento del contratto per inadempimento consegue ad una pronuncia costitutiva, che presuppone da parte del giudice la valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento stesso, avuto riguardo all'interesse dell'altra parte.

Tale valutazione è condotta sulla base di un duplice criterio: anzitutto, un parametro oggettivo, che impone di verificare se l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, così da dar luogo a uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale.

Dall’altro lato, l'indagine va completata considerando eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti.

Tali possono essere, ad esempio, atteggiamenti incolpevoli o una tempestiva riparazione, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza di una parte verso l’altro. Deve trattarsi, in definitiva, di contegni che, data la particolarità del caso, sono idonei ad attenuare il giudizio di gravità, nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata.

In ogni caso, l'inadempimento deve incidere in modo significativo sul sinallagma contrattuale, alterandone l'equilibrio in modo apprezzabile.

Solo una volta accertata la sussistenza di tale presupposto oggettivo, si possono apprezzare anche i profili soggettivi, che si aggiungono, senza sostituirsi al primo, e richiedono, in ogni caso, di valorizzare in concreto il contegno di buona o mala fede tenuto da uno o dall’altro dei contraenti.

Per converso, in assenza del presupposto oggettivo, non è configurabile un inadempimento grave, quantunque una delle parti abbia tenuto una condotta non collaborativa o non del tutto corretta.

Buona fede e obblighi integrativi -

Da tempo, ormai, è principio acquisito in dottrina e giurisprudenza che la buona fede oggettiva non è solo una regola di condotta, ma vale anche come fonte legale integrativa del contratto, idonea a determinare il comportamento dovuto in relazione alle concrete circostanze in cui si attua il rapporto.

I principali obblighi integrativi, scaturenti dal dovere di buona fede, includono quelli di informazione e di avviso, e, in generale, sono volti a salvaguardare la posizione dell’altro contraente nei limiti in cui tale impegno non si traduca in un sacrificio esorbitante l’equilibrio di interessi tra le parti.

La violazione di tali obblighi, inoltre, si traduce in una responsabilità contrattuale, e attribuisce il diritto di agire per il risarcimento del danno alla parte che sia stata erroneamente indotta a confidare nella correttezza altrui, alla luce del falso affidamento generato dall’altra parte.

Dunque, anche un obbligo di informativa si giustifica ed è configurabile solo quando non importi un apprezzabile sacrificio per gli interessi di una parte. In tale ipotesi, il contraente non è tenuto ad osservare tale dovere, non potendosi estendere l'obbligo di buona fede sino al limite di imporre ad un soggetto di agire contra se, o di rinunciare a conseguire la piena tutela delle proprie prerogative.

L’informazione alla controparte -

Ad ogni modo – ed è quanto più rileva in questa sede - la violazione degli obblighi informativi non può costituire l'unico elemento per valutare la gravità dell'inadempimento laddove il contratto presenti una “causa di scambio”.

I c.d. obblighi integrativi, infatti, non fanno parte del nucleo essenziale del sinallagma contrattuale; neppure quando siano previsti dal contratto, giacché, anche in tal caso, rimangono prestazioni secondarie o accessorie al di fuori della causa negoziale.

Occorre, cioè, considerare in primo luogo se siano state violate obbligazioni costitutive del sinallagma contrattuale,

Peraltro, non è inopportuno ribadire che la gravità dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 cc. non attiene all’entità del danno che una parte mostra di temere, ma va commisurata all'interesse che la parte non inadempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto.

Soluzione -

Nel caso di specie, va in primo luogo osservato che i doveri di informativa, per loro stessa natura, rappresentano obbligazioni di carattere evidentemente accessorio, che non definiscono la causa del contratto di compravendita, nè rientrano tra le obbligazioni principali del venditore ai sensi degli artt. 1470 e ss. c.c. Tali sono, al contrario, l’obbligo di trasferire la proprietà, consegnare il bene – ma solo una volta concluso il contratto definitivo - e garantire il bene da eventuali vizi nonché dal rischio di evizione.

Dunque, la violazione di tali obblighi, quand’anche accertata, non integra un inadempimento grave di per sé sufficiente a fondare la risoluzione contrattuale; l’incidenza di tale violazione, cioè, non è tale, come si è detto, da alterare l’equilibrio di interessi sotteso alla causa contrattuale, così da apparire di “non scarsa importanza” (art. 1455 c.c.).

Inoltre, sotto un profilo soggettivo – che attiene cioè al concreto evolversi della relazione tra le parti -, va evidenziato che la promittente venditrice ha informato costantemente il promissario acquirente dell'andamento dei lavori da eseguire sull'immobile compromesso in vendita, nonché sugli sviluppi della pratica di regolarizzazione urbanistico - edilizia in corso. Dunque, è difficilmente ravvisabile una violazione degli obblighi informativi, al di là del fatto che fossero o meno espressamente contemplati dal contratto.

Al netto di tale profilo assorbente, tali obblighi non assumono nemmeno pregnanza tale da assurgere a “obbligazioni costitutive” considerato che, nonostante le numerose comunicazioni di sollecito, il promissario acquirente non ha mostrato particolare preoccupazione circa possibili ritardi nei tempi di consegna dei lavori; né tanto meno ha fornito la collaborazione richiesta o si è attivato da sé per raccogliere ulteriori informazioni.

Pertanto, tale condotta, in parte di tolleranza, in parte di inerzia, da parte di Tizio, può aver senz’altro contribuito all’allungamento dei tempi necessari a ottenere l’ordinanza in sanatoria, fondamentale per completare i lavori e consegnare le opere nel termine pattuito.

Tale contegno induce altresì a ritenere che i termini previsti nel preliminare non abbiano natura perentoria, dovendosi per tal via escludere che la loro inosservanza, da parte di una delle parti, possa costituire, da sé sola, un inadempimento grave e idoneo alla risoluzione del contratto.
Conclusioni -

Per queste ragioni, è ragionevole concludere che gli obblighi informativi, al netto del fatto che risultano essere stati correttamente assolti, sono di natura secondaria o accessoria; sicché la loro violazione non è di per sé sufficiente a integrare un inadempimento grave, quale è richiesto dall’art. 1455 c.c. per la risoluzione giudiziale del contratto di vendita.

Vi sono altresì elementi per dimostrare che i termini di ultimazione dei lavori non erano essenziali, anche alla luce del comportamento tenuto da Tizio, incurante dei numerosi solleciti trasmessi e la sostanziale tolleranza e mancata collaborazione all’ottenimento delle autorizzazioni.

Sarà onere di Tizio provare che una o più obbligazioni principali non sono state rispettate. A quanto è dato sapere, tuttavia, non vi sono ragioni per temere tale esito; è piuttosto probabile che la domanda di risoluzione venga rigettata, mentre Società Alfa potrà chiedere l’esecuzione in forma specifica del preliminare di vendita, trattenendo altresì la caparra già ricevuta imputandola al prezzo.