La conservazione degli atti giuridici

Articolo, 12/12/2005

La conservazione degli atti giuridici

di Valentina Bonomi

1. Il principio di conservazione degli atti nel diritto civile e nel diritto amministrativo:

1.1. - Il principio di conservazione degli atti giuridici trova applicazione sia nel diritto civile che nel diritto amministrativo e consente di evitare – per quanto possibile – che un atto concluso venga caducato e posto nel nulla.

Utile per inutile non vitiatur stabiliscono gli artt. 1419, 1420 e 1446 c.c.

L’art.1419 c.c. pone la regola della non estensibilità all’intero contratto della nullità che ne inficia una parte, stabilendo in via del tutto eccezionale che la nullità parziale di un contratto o di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, solo se risulta che “ i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”.

Il che si verifica quando la nullità della singola clausola si riferisce ad un elemento essenziale del negozio cui inerisce oppure si trova con le altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza e di inscindibilità da non potersi considerare l’una senza le altre.

E’ evidente che l’estensione all’intero contratto degli effetti della nullità deve essere rigorosamente provata dalla parte interessata, la quale è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, ma è in correlazione con il resto, nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.

In una recente sentenza1 della Suprema Corte è stata esclusa l’ipotesi invocata da parte ricorrente della nullità parziale, sul rilievo che l’oggetto della vendita era da considerare come un “unicum” inscindibile: e ciò alla luce di quanto affermato dal Supremo Collegio in tema di compravendita di un bene, predisposta per la partecipazione di tutti i comproprietari, ma stipulata da uno solo di essi.

In tal caso la compravendita deve considerarsi inefficace e il contratto nullo, quando da esso risulti che il negozio sia stato inteso come vendita unitaria e le parti abbiano convenuto la stipula nel comune presupposto dell’adesione di tutti i contitolari della comunione.2

L’estensione all’intero contratto della nullità delle singole clausole ha comunque carattere eccezionale, perché deroga al principio generale della conservazione del contratto e può essere dichiarata dall’A.G. solo in presenza di un’eccezione di una parte che vi abbia interesse, perché senza quella clausola non avrebbe stipulato il contratto.

Nei contratti plurilaterali, in particolare, “la nullità che colpisce il vincolo di una sola delle parti non importa nullità dell’intero contratto, salvo che la partecipazione di essa debba considerarsi essenziale”.

1.2. - La ratio di tali disposizioni è quella di evitare che un atto sia improduttivo di effetti giuridici: nella stessa tendenza riveste particolare rilievo la norma dell’art.1367c.c., secondo cui “nel dubbio i negozi giuridici debbono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

E ciò al precipuo fine di evitare che il negozio resti privo di effetti a causa dell’ambiguità di talune clausole in esso contenute.3

L’applicabilità del criterio di cui all’art.1367c.c. presuppone che la clausola da interpretare sia tale da dar luogo a dubbi e pertanto non può essere invocata in relazione a clausole di significato chiaro e comunque quando l’Autorità Giudiziaria abbia potuto ricostruire in modo completo la volontà delle parti attraverso le espressioni letterali da loro adoperate.4

Al riguardo l’art.1362c.c. ribadisce il carattere fondamentale che il senso letterale delle parole assume nella ricerca della comune intenzione delle parti, nel senso che solo nel caso in cui le espressioni letterali non siano chiare, precise ed univoche è consentito ricorrere alle altre regole ermeneutiche integrative.5

Con una recente sentenza6 la Corte di Cassazione, nell’affermare tale principio, ha precisato che la procura a proporre ricorso per Cassazione apposta a margine del ricorso, ancorché con espressioni generiche, ma che non escludono la volontà di proporre ricorso per Cassazione, deve ritenersi – in applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici – non generica e quindi produttiva di effetti.

1.3. - Il principio di conservazione di cui all’art.1367 c.c. è da ritenersi operativo anche in sede di interpretazione dell’atto amministrativo: in tale ambito l’Amministrazione si avvale del principio di conservazione per dirimere dubbi non risolti dall’interpretazione letterale, onde evitare un risultato che renderebbe inutile l’adozione di un nuovo provvedimento da parte dell’Amministrazione medesima.

L’interpretazione dell’atto amministrativo è soggetta all’osservanza delle regole per l’ermeneutica dettate per i contratti, tenendosi conto e dell’esigenza di certezza e di buon andamento dell’amministrazione e della funzione tipica degli atti amministrativi, che costituiscono estrinsecazione di un potere-dovere rivolto al perseguimento di determinati interessi pubblici e non libera manifestazione di autonomia negoziale.

In sede di interpretazione dell’atto amministrativo – come nell’interpretazione dei contratti – deve aversi riguardo al suo contenuto sostanziale7 e non alla qualificazione ad esso attribuita dall’amministrazione che lo ha posto in essere, dovendosi i possibili dubbi sulla portata dell’atto amministrativo essere risolti nel senso della conformità alla normativa applicata anziché nel senso della difformità.

Al riguardo è utile ricordare come - in tema di appalti pubblici - le prescrizioni dei bandi di gara vadano interpretate secondo ragione, avuto riguardo al contenuto sostanziale dell’adempimento, anche al fine di garantire la maggiore partecipazione possibile dei concorrenti alla procedura di evidenza pubblica.8

Posto che per giurisprudenza costante l’interpretazione delle clausole dei bandi di gara è soggetta all’osservanza di un criterio logico – letterale integrato dai principi tipici delle procedure pubblicistiche, si ritiene illegittimo l’operato di una Commissione di gara, la quale ha interpretato una clausola contenuta in una lettera di invito (concernente le modalità di prestazione delle offerte) in contrasto con il divieto di aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art.1, comma 2, della legge n.241/1990 ed in modo restrittivo delle ragioni delle imprese e nel contempo in modo da rendere la clausola priva di utilità concreta per l’Amministrazione.

Alla luce di tale principio è stato in particolare ritenuto illegittimo l’operato di una Commissione di gara, che aveva escluso alcune offerte presentate direttamente presso la sede comunale entro l’orario di chiusura degli uffici piuttosto che entro le 16 presso l’Ufficio Protocollo del Settore Ambiente ed Energia del Comune.

Il Tribunale nella specie ha osservato che la clausola, così come interpretata dall’Amministrazione, contrastava altresì con il generale principio di proporzionalità, apparendo solo astrattamente idonea al perseguimento dello scopo.9

1.4. - Altra figura conservativa, ricorrente sia nel campo del diritto civile che in quello amministrativo, è costituita dalla cd. conversione del negozio nullo, disciplinata dall’art.1424 c.c.

Tale norma prevede che “il contratto può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di forma e di sostanza, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”.

In sostanza la conversione consiste nel considerare un atto invalido come appartenente ad un altro tipo, di cui presenta i requisiti di forma e di sostanza.

La stessa è dunque subordinata alla circostanza che le parti avrebbero verosimilmente voluto la diversa figura del contratto se avessero saputo che il contratto da esse posto in essere, era nullo.10

Conseguentemente per decidere se ricorra o meno la possibilità di conversione deve procedersi ad una doppia indagine: una, volta ad accertare la sussistenza di un rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che dovrebbe sostituirlo ed altra, diretta a stabilire se la volontà che indusse le parti a stipulare il contratto possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del diverso contratto.

Ad esempio, un contratto di locazione di un bene immobile per un tempo superiore a nove anni, nullo per difetto di forma, in quanto privo della forma scritta, può convertirsi in un contratto di locazione dello stesso bene immobile per una durata inferiore ai nove anni: si può infatti ritenere che le parti abbiano comunque inteso stipulare un contratto di locazione e la mancanza della forma scritta non impedisce che si intenda validamente stipulato un contratto per una durata inferiore per il quale non occorre tale forma.

Le ipotesi di conversione previste espressamente dalla legge sono quelle di cui agli artt. 607 e 2701 c.c., disciplinanti rispettivamente la validità del testamento segreto come olografo e la possibilità di convertire l’atto pubblico qualora il documento, pur se formato senza le prescritte formalità, se è stato sottoscritto dalle parti, ha la stessa efficacia probatoria della scrittura privata.

La conversione del contratto nullo costituisce pertanto uno strumento per conservare – quanto possibile – gli effetti degli accordi contrattuali nulli, tutte le volte che l’accordo nullo contenga gli elementi essenziali di un altro contratto, con effetti simili al primo.

1.5. - L’applicazione del principio di conversione, che trova una sua specifica disciplina anche nell’art.159c.p.c., secondo il quale ove il vizio di nullità impedisca un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre “ gli altri effetti ai quali è idoneo”, ha consentito alla giurisprudenza di convertire non solo la citazione in ricorso, attribuendo all’una gli effetti dell’altro ( a condizione che la citazione risulti depositata in cancelleria entro il termine per impugnare), ma anche il ricorso ordinario per Cassazione in regolamento necessario di competenza11 e viceversa12, l’appello principale in appello incidentale13 nonché il ricorso per Cassazione in opposizione.14

Con altra recente sentenza15 la Corte di Cassazione ha precisato che, qualora a causa del mancato adempimento delle formalità di cui all’art.418c.p.c., comma 1 (richiesta al giudice di pronuncia di decreto per la fissazione di nuova udienza, laddove la parte abbia proposto domanda riconvenzionale), la parte incorra nella decadenza di una domanda riconvenzionale di annullamento del contratto proposta nella memoria di costituzione, in forza del principio di conversione dell’atto nullo, la domanda produce l’effetto di una semplice eccezione di annullabilità.

La giurisprudenza amministrativa 16 ammette la conversione del ricorso in ottemperanza in ricorso impugnatorio ordinario, muovendo dal presupposto dell’unicità della domanda di esecuzione formalmente proposta che può convertirsi in azione ordinaria, ricorrendone i requisiti di forma e di sostanza.



2. Il principio di conservazione nel diritto amministrativo:

2.1. - Il principio di conservazione degli atti giuridici assume in diritto amministrativo una valenza rafforzata in relazione alle regole di economicità tipiche dell’azione amministrativa e del divieto di aggravamento del procedimento.

Tale principio, che opera solo con riferimento agli atti annullabili e non anche agli atti nulli, si realizza attraverso:

  1. l’adozione di un atto che rende l’atto amministrativo illegittimo inattaccabile da eventuale impugnativa giurisdizionale o per il venir meno dei presupposti per esperire il ricorso (consolidazione per inoppugnabilità, acquiescenza, conferma) o se ne vengano conservati parzialmente gli effetti (conversione), nel caso in cui siano contestualmente previsti gli elementi di un altro tipo di atto;

  2. l’adozione di un atto che elimina il vizio inficiante il provvedimento (convalida, rettifica, sanatoria).

In tali casi l’Amministrazione, anziché procedere al ritiro dell’atto, lo mantiene in vita, mediante una sua manifestazione di volontà che elimina i vizi che lo inficiano (cd. convalescenza dell’atto amministrativo).17

In altri termini, in presenza di atti amministrativi illegittimi o inopportuni, l’Amministrazione può o eliminare gli atti viziati, attraverso l’adozione di un atto amministrativo di ritiro (argomento questo che non costituisce oggetto della presente trattazione) o iniziare un procedimento amministrativo che anziché eliminare l’atto viziato, lo sani o ne provochi la conservazione.

Entrambi tali potestà sono espressione del cd. potere di autotutela e costituiscono istituti riconducibili alla facoltà di riesame spettante alla P.A., anche in assenza di una specifica previsione di legge.



Figure conservative tipiche:

2.2. - La consolidazione (per inoppugnabilità) è data dall’impossibilità per il privato di proporre ricorso avverso l’atto invalido, a causa del decorso del termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto o dalla sua pubblicazione per l’esperimento del ricorso giurisdizionale amministrativo.

Una volta spirato infruttuosamente il termine decadenziale l’atto diviene inoppugnabile e potrà essere solo oggetto di eventuale annullamento d’ufficio da parte dell’Autorità Amministrativa, la quale potrà eliminare il vizio di legittimità.

2.3. - L’acquiescenza consiste nell’impossibilità di impugnare l’atto amministrativo qualora il soggetto, con manifestazioni espresse o per fatti concludenti, abbia dimostrato di condividere l’operato della P.A. e di rinunciare a far valere le proprie pretese attraverso l’impugnativa giurisdizionale.

L’acquiescenza postula da parte del ricorrente un comportamento chiaro ed inequivocabile, dal quale possa evincersi la sua volontà di accettare gli effetti del provvedimento, rinunciando a far valere contro di esso eventuali motivi di impugnativa.18

Con un recente sentenza19 il Consiglio di Stato – in un caso di annullamento di una gara d’appalto – ha statuito che comporta acquiescenza all’atto con cui è stata annullata la gara, il ritiro della cauzione da parte dell’originario aggiudicatario, che abbia anche presentato domanda di partecipazione alla nuova procedura.

Tale comportamento infatti è chiaro, univoco e concludente, nel senso dell’acquiescenza all’atto dell’autotutela, inconciliabile con l’opposta volontà di avvalersi del rimedio giurisdizionale.

L’acquiescenza ad un provvedimento amministrativo ( e non anche ad un comportamento dell’amministrazione) sussiste quindi solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara volontà dello stesso di accettare gli effetti e l’operatività: pertanto va esclusa la possibilità di affermare la sussistenza dell’acquiescenza per mera presunzione, non potendosi trovare univoco riscontro della volontà dell’interessato di accettare tutte le conseguenze dell’atto amministrativo.20

2.4. - La conferma si ha quando un’Autorità Amministrativa ribadisce una precedente determinazione, riproducendone eventualmente il contenuto.21

La conferma pertanto non viene ad innovare l’atto cui si riferisce, ma si limita a conservarne gli effetti.

In dottrina si è soliti distinguere la conferma propria dalla conferma impropria: si ha la prima qualora in base ad una nuova istruttoria venga adottato un nuovo provvedimento; si ha invece la seconda quando l’atto successivamente adottato è meramente confermativo del precedente, difettando una nuova istruttoria.

Al riguardo il C.d.S. con una recente sentenza 22 - soffermandosi sulla distinzione tra conferma e atto meramente confermativo – ha precisato come per poter considerare l’atto adottato alla stregua di una vera e propria conferma sia necessario un completo esame della fattispecie, mentre si considera atto meramente confermativo quello che, senza alcuna nuova valutazione, richiama un precedente provvedimento, limitandosi a dichiarare l’esistenza del pregresso provvedimento, senza alcuna nuova istruttoria e senza alcun nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza.23

E’ evidente che alla stregua della giurisprudenza amministrativa, un atto non può considerarsi meramente confermativo (e come tale non impugnabile) allorquando, pur giungendo alla medesima conclusione di un atto precedente, venga adottato in base a situazione i cui termini risultino modificati in diritto o in fatto, ovvero in base ad un completo riesame della situazione stessa.

2.5. – L’istituto della conversione, operativo anche nel diritto amministrativo, postula che l’atto posto in essere sia unico e con una ben determinata connotazione; che risulti privo di taluni requisiti sostanziali e/o formali; che possa essere convertito in un atto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, capace di conseguire lo stesso scopo perseguito dal soggetto.

Secondo il Giannini ed il Virga, esistono due figure di conversione24:

  1. conversione – provvedimento: che si ha qualora la P.A., consapevole dell’invalidità che inficia il proprio atto, può emanare un nuovo provvedimento di diverso tipo, i cui elementi siano gli stessi del precedente;

  2. conversione – interpretazione: la conversione può operarsi anche in sede di applicazione dell’atto, effettuata sia da parte dell’interprete che da parte dell’Autorità Giurisdizionale.

E’ il caso di ricordare come l’atto nullo, che si definisce tale perché manca di un elemento essenziale (soggetto, oggetto, volontà, forma), non producendo alcun effetto, si consideri giuridicamente inesistente.

L’atto nullo allora non é sicuramente suscettibile di alcuna sanatoria né di convalida, ma tutt’al più potrà essere oggetto di conversione in un atto di altro tipo.

Diversamente dall’atto nullo, quello annullabile, pur essendo invalido, è idoneo a produrre effetti giuridici e potrà pertanto essere sanato e mantenuto in vita.

E’ bene ribadire che, mentre attraverso le figure conservative sin qui analizzate si tende a rendere l’atto amministrativo inattaccabile dai ricorsi giurisdizionali, attraverso la cd. convalescenza dell’atto amministrativo l’Autorità amministrativa – nell’ambito del potere di autotutela – adotta statuizioni volte a porre rimedio all’invalidità eventualmente riscontrata negli atti, eliminando il vizio che inficia gli stessi.

3. La convalescenza dell’atto amministrativo:

Rientrano nel novero della cd.convalescenza dell’atto amministrativo la convalida, la ratifica e la sanatoria.

3.1. - La convalida è una manifestazione di volontà emessa dalla stessa autorità amministrativa che ha emanato l’atto invalido intesa ad eliminare il vizio che ha inficiato l’atto.25

L’A.A. adotta un nuovo provvedimento, con cui si va ad integrare la motivazione insufficiente, ad eliminare clausole invalidanti dell’atto convalidato, che dovrà essere specificatamente individuato nel provvedimento di convalida.

E’ possibile convalidare solo gli atti annullabili per vizi di legittimità ( difetto di forma, incompetenza) e non anche gli atti nulli o inesistenti.

Tale principio vale anche nel diritto civile, ove la convalida è vista come uno strumento giuridico predisposto per sanare – con efficacia ex tunc – i soli vizi che rendono il contratto annullabile e non quelli che ne determinano la nullità, così come precisato dall’art.1423c.c.

Ai sensi dell’art.1444 c.c. il contratto annullabile viene convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità e la dichiarazione che si intende convalidarlo.

3.2. - La possibilità di convalida dell’atto annullabile è ora espressamente sancita dalla legge n.15/05 di riforma della legge n.241/1990, che all’art.21 nonies, comma 2, prevede la facoltà di convalidare il provvedimento annullabile, alla presenza di ragioni di pubblico interesse ed entro un termine ragionevole.

Prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate alla legge n.241/1990, il potere della P.A. di convalidare un atto amministrativo viziato era espressamente previsto a livello normativo solo con riguardo al vizio di incompetenza (art.6 della legge n.249 del 18.3.1968).

Tale disposizione riconosceva che, anche in pendenza di gravame in sede giurisdizionale, l’organo competente poteva “appropriarsi” dell’atto emesso dall’organo incompetente mediante apposita delibera di convalida.

La giurisprudenza riteneva che tale regola non fosse estensibile ai vizi diversi dall’incompetenza26, per i quali pertanto non era consentito all’Amministrazione di procedere alla sanatoria provvedimentale di una determinazione amministrativa ritualmente impugnata in sede giurisdizionale, posto che altrimenti l’Amministrazione avrebbe finito con l’eludere le garanzie poste a tutela del cittadino leso dal provvedimento e avrebbe frustrato l’interesse del ricorrente ad ottenere una decisione di annullamento del provvedimento viziato.27

Solo con riferimento al vizio di incompetenza la legge espressamente consentiva la convalida retroattiva in pendenza di giudizio; nel silenzio della legge, con riguardo agli altri vizi si escludeva la possibilità della convalida in corso di giudizio: possibilità che ora – con l’introduzione di una previsione generale del potere di convalida da parte dell’A.A. – sembrerebbe estesa anche ai vizi diversi da quello di incompetenza relativa.

La convalida amministrativa non esclude la possibilità di ritiro da parte della P.A. della stessa convalida per esigenze prioritarie di interesse pubblico e in tal caso, l’eventuale annullamento dell’atto di convalida non determina anche l’annullamento dell’atto convalidato.

3.3. - La ratifica è una species del genus della convalida e consiste nel sanare l’atto viziato da incompetenza relativa, in quanto l’incompetenza assoluta comporta la nullità totale dell’atto come adottato.

La ratifica si sostanzia nell’appropriazione di un atto emesso da un organo incompetente da parte dell’organo competente.

Per giurisprudenza costante28, nel convalidare gli effetti di un provvedimento viziato dalla sola incompetenza, è sufficiente l’intento dell’organo amministrativo competente di condividere il contenuto dell’atto e i presupposti sottostanti alla sua emanazione, senza reiterare il procedimento o rinnovare la motivazione.

Anche per la ratifica come per la convalida, occorre l’esatta indicazione dell’atto da ratificare e il vizio che lo inficia, che in questo caso è sempre e comunque l’incompetenza relativa.

Al riguardo il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa ha avuto modo di sottolineare – quanto alla dedotta incompetenza della Giunta Municipale ad adottare provvedimenti in materia di affidamento di attività o servizi pubblici mediante convenzione – come il provvedimento del Consiglio Comunale (unico organo competente in detta materia ai sensi dell’art.42 del t.u.e.l.) di appropriazione dell’atto emesso dall’organo incompetente (la G.M.) possa considerarsi a tutti gli effetti atto di ratifica, contenendo l’individuazione del vizio di incompetenza e la manifestazione di volontà del Consiglio Comunale di eliminare quel vizio.29

3.4. - La sanatoria si ha quando successivamente all’emanazione dell’atto invalido per la mancanza di un presupposto di legittimità, intervenga un presupposto che difettava al momento dell’adozione dell’atto invalido.

Una recente e nuova applicazione del principio di conservazione dei provvedimenti amministrativi si è registrata in sede di recepimento dell’art.21 octies, comma 2, della legge n.241/90, introdotto dalla legge n.15/05.

Tale norma recita testualmente: “ non è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto”.

Orbene, alla luce di tale disposizione normativa è evidente che l’eventuale invalidità dell’atto amministrativo per violazioni procedimentali o per vizi attinenti alla forma degli atti amministrativi non potrà che risultare irrilevante in tutti i casi in cui si riuscirà a dimostrare che la decisione oggetto del provvedimento amministrativo adottato sarebbe stata comunque la stessa, anche se l’atto non fosse stato in alcun modo viziato.

4. Brevi cenni sull’applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici nel diritto comunitario.

Utile per inutile non vitiatur è un principio che trova la sua operatività anche nell’ambito del diritto comunitario, laddove la Corte di Giustizia30, provvedendo su una fattispecie in tema di revoca di atti amministrativi comunitari, mentre da un lato evidenziava che il principio generale in tema di revocabilità di atti amministrativi illegittimi era da ritenersi operante in tutti gli ordinamenti degli Stati membri dell’epoca (sei), anche se con diverse modalità di applicazione, dall’altro operava una palese applicazione del principio utile per inutile non vitiatur.

Nella specie la Corte escludeva per l’Amministrazione la possibilità di procedere alla revoca di atto illegittimo, ove la stessa fosse incorsa in errori sostanziali in sede di valutazione del diritto dell’interessato di fare affidamento sulla stabilità di una situazione ovvero avesse evidenziato nell’ambito del suo comportamento nei confronti dell’interessato negligenza o imprecisione.

E’ evidente quindi come anche nell’ambito del diritto comunitario la cd. tutela dell’affidamento del terzo abbia un ruolo assolutamente decisivo e preminente in funzione del contemperamento degli interessi tra esigenze di legalità dell’operato della P.A. e esigenze di evitare ingiustificati ed illegittimi pregiudizi ad interessi o diritti di privati supportati da situazioni giuridiche stabili.

_______________________________________
1 Cass. civ., Sez.II, 9.1.2004, n.155.

2 Cass. civ., Sez. II, 15.5.1998, n.4902.

3 Cass. civ., Sez. II, 23.12.2004, n.23936.

4 Cass. civ., Sez.II, 13.5.1998, n.4811; Sez. III, 2.8.2000, n.10106 Sez. Lav., 16.8.2004, n.15949.

5 Cass. civ., Sez.II, 12.4.1996, n.3444; 28.4.1999, n.4241; 3.4.2003, n.5150; 27.10.2004, n.20791.

6 Cass. civ. , Sez. II, 8.1.2001, n.200.

7 C.d.S., Sez. V, 15.10.2003, n.6316 Ad. Plen. C.d.S. 23.1.2003, n.3.

8 C.d.S., Sez. IV, 20.11.1998, n.1619 Sez. V, 4.11.2004, n.7140.

9 Tar Lombardia – Milano – Sez. III, 30.10.2000, n.6158.

10 Santoro-Passarelli, Dottrine giuridiche; Cariota-Ferrara, Il negozio giuridico.

11 Cass. civ., Sez.II, 5.12.2001, n.15366.

12 Cass. civ., Sez. I, 5.12.2001, n.15405.

13 Cass. civ., Sez. I, 12.12.2001, n.15687.

14 Cass. civ. 25.3.2004, n. 14724.

15 Cass. civ., 7.10.2004, n.19985.

16 C.d.S., Sez.IV, 10.8.2000, n.4459; 27.3.2001, n.1774.

17 Corso di diritto amministrativo, Cerulli-Irelli; Corso di diritto amministrativo, Caringella; Diritto Amministrativo, Virga.

18 Tar Puglia – Lecce, Sez.II, 22.6.2004, n.4306, in cui tra l’altro si precisa che – con riguardo alla materia degli appalti pubblici – gli effetti tipici dell’acquiescenza sono da individuare nel comportamento del soggetto che, successivamente alla determinazione dell’amministrazione di ricorrere all’aggiudicazione secondo il sistema della trattativa privata, abbia presentato domanda di partecipazione alla gara.

19 C.d.S., Sez. IV, 16.12.2004, n.8101.

20 C.d.S., Sez.V, n.1544 del 26.10.1998; Tar Puglia – Bari –Sez. I, 9.5.2002, n.2269; C.d.S., Sez. IV, 18.3.2002, n.1614; C.d.S., Sez. VI, 16.4.2003, n.1990.

21 Giannini, Manuale di diritto amministrativo.

22 C.d.S., Sez. IV, 8.3.2004, n.1080.

23 C.d.S., Sez. IV, 28.8.2001, n.4534 26.6.2002, n.3551 Sez. V, 12.4.2005, n.1645, ove – in particolare non é stato ritenuto meramente confermativo un secondo atto di affidamento che risultava adottato a seguito di rinnovata valutazione degli elementi di giudizio emersi dal confronto tra i concorrenti.

24 Il diritto amministrativo, Caringella.

25 Tar Lazio, Sez. I, 16.1.2002, n.398.

26 Tar Lombardia – Milano, Sez. III, 11.10.2004, n.5521.

27 Ad. Plen.C.d.S., 26.8.1991, n.6; Sez. IV, 12.10.2000 n.5422.

28 C.d.S., Sez. VI, 19.2.2003, n.932 Sez. IV, 12.12.2000, n.6584.

29 C.d.S., Sez. V, 31.12.2003, n.9302.

30 Corte di Giustizia, sentenza 12.7.1957, Algera ed altri c. Assemblea Comune, cause congiunte 7/56 e 3-7/57.

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