IP, IT e Data protection

Sui profili giuridici della gestione dell’informazione territoriale della P.A.

Articolo, 08/11/2007

Sui profili giuridici della gestione dell’informazione territoriale della Pubblica Amministrazione

di Cesare Maioli e Chiara Ortolani

Sommario. 1. La Pubblica Amministrazione nella Società dell’Informazione; 2. La funzione delle TIC nella tutela del diritto di accesso all’informazione ambientale; 3. Il profilo giuridico del dato territoriale nella normativa inerente la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione; 3.1 I Sistemi Informativi Territoriali; 3.2 La fruibilità dei dati nel Codice dell’Amministrazione Digitale; 4. L’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea; 5. L’informazione territoriale e la gestione del territorio.

1. La Pubblica Amministrazione nella Società dell’Informazione

Il Codice dell’Amministrazione Digitale1 (CAD) mira a razionalizzare lo sfruttamento delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) nell’espletamento delle molteplici attività che compongono la funzione amministrativa. Funzione che è ad oggi caratterizzata da due tendenze: la diversificazione oggettiva, che è determinata dalla eterogeneità intrinseca degli interessi concreti alla cui soddisfazione tendono le azioni poste in essere dalla Pubblica Amministrazione (PA), e la pluralità delle soluzioni organizzative, che costituisce il risultato del processo di decentramento che dal 19972 ad oggi ha contribuito ad una riconfigurazione strutturale del sistema politico-amministrativo italiano.

La struttura amministrativa rappresenta certamente un sistema organizzativo complesso, all’interno del quale complicanze e criticità sono determinate non solo dalle tendenze ora delineate, ma anche dalla difficoltà di adattare le modalità dell’agire amministrativo ai rapidi mutamenti che caratterizzano la società attuale e che comportano, da un lato, la sostanziale variazione delle esigenze e degli interessi a cui l’autorità pubblica deve indirizzare la propria attività, e dall’altro, la disponibilità di nuovi strumenti capaci di rivoluzionare le procedure tradizionali, anche nell’ottica di una completa realizzazione dei principi di imparzialità e buon andamento della PA3.

In particolare, l’avvento della Società dell’Informazione, che ha causato profondi cambiamenti sull’assetto economico, sociale e politico e sta gradualmente rimodellando la morfologia dell’ordinamento giuridico, è stato determinato dalla disponibilità di un paradigma tecnologico flessibile, in grado di facilitare la produzione, l’elaborazione, la diffusione e la archiviazione delle informazioni e di favorire la interconnessione tra tecnologie. Grazie al grado di efficienza che sono capaci di garantire e all’affermazione di quella che Castells definisce “la logica di rete”4, le TIC costituiscono ad oggi un modello produttivo altamente pervasivo, poiché penetrano in molte attività umane, individuali o collettive, registrando un tasso di diffusione elevatissimo.

L’uso delle TIC nello svolgimento delle attività amministrative e il conseguente ripensamento delle logiche organizzative tradizionali e delle procedure consolidate furono oggetto di analisi in “Reinventing government”5, attualmente considerato uno dei pilastri fondamentali per la nascita dell’ e-government6. In tale opera venne evidenziata la connessione tra una razionale informatizzazione del settore pubblico e:

  • la realizzazione di moduli organizzativi efficienti; l’utilizzo di strumenti tecnologici intrinsecamente interconnessi e flessibili contribuisce alla modernizzazione delle procedure, alla condivisione del patrimonio informativo e allo snellimento dei processi di elaborazione e di scambio di informazioni tra autorità pubbliche. Una riconfigurazione delle strategie organizzative interne alle PA potrebbe assicurare il raggiungimento dei risultati e delle finalità predeterminati dalla legge con un dispendio minore di risorse, in tempi più rapidi e concorrendo ad una riorganizzazione dell’apparato amministrativo in termini di economicità;

  • la capacità di creare una rete per la distribuzione dei servizi ai cittadini e alle imprese: le TIC facilitano una costante attività di monitoraggio del territorio, agevolando un rapporto diretto tra PA e soggetti privati e rendendo le autorità pubbliche capaci di raccogliere le esigenze concrete che la società manifesta. La convergenza che caratterizza le TIC facilita la implementazione di sistemi informativi interoperabili e la realizzazione di reti telematiche per l’erogazione di servizi a favore della collettività;

  • la controllabilità dell’attività amministrativa e la partecipazione dei cittadini ai procedimenti decisionali: l’utilizzo delle TIC nella gestione dei flussi informativi su cui operano le PA può contribuire ad una generale riconfigurazione del settore pubblico alla luce del valore della trasparenza dell’azione amministrativa, poiché permette la rapida integrazione del cittadino nelle fasi consultive, la diffusione generalizzata delle informazioni e il coinvolgimento della collettività nei procedimenti decisori. Questo modello tecnologico può realizzare una piena partecipazione del pubblico all’attività amministrativa e facilitare paradigmi collaborativi bottom-up.

Tuttavia, non può ritenersi che la introduzione delle TIC e la conseguente informatizzazione delle attività di governo siano strumenti di per sé sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi ora esaminati. Come si sosteneva già nel 2000 “ […] La tecnologia è solo una componente del sistema di servizio al cittadino. Essa rimane sostanzialmente inutile ed improduttiva se non è accompagnata da cambiamenti veri anche ad altri livelli – organizzazione, professionalità e cultura degli operatori, logiche e capacità gestionali – e se il sistema di servizio, nel suo complesso, non è finalizzato e costantemente valutato in funzione delle aspettative (da conoscere) del soddisfacimento (da misurare regolarmente) di cittadini, imprenditori, professionisti.”7

Occorre che lo sviluppo e l’utilizzo di sistemi informatici da parte delle autorità pubbliche siano indirizzati alla realizzazione di obiettivi fissati da decisioni di natura politica e sostenuti dalla consapevolezza della necessaria centralità dell’utente del servizio e delle sue esigenze: l’informatizzazione del settore pubblico non può costituire un processo autoreferenziale né può ridursi ad una mera automatizzazione delle attività amministrative. Occorre che nelle classi dirigenti maturi la coscienza della neutralità della tecnologia e che essa sia considerata prima che uno strumento di governo uno strumento da governare.8

In questo senso il CAD, definito dal Capo dell’Ufficio legislativo del Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie "progetto di efficienza e trasparenza", costituisce un intervento importante, poiché rappresenta uno strumento “programmaticamente rivolto ad allestire un complesso di norme tra loro strutturate e tendenzialmente tese a disciplinare in modo organico e generale l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte della PA, tanto al loro interno, quanto nei loro rapporti con cittadini e imprese”9. Superata la stagione delle discipline di settore che regolamentavano l’informatizzazione di specifici comparti del settore pubblico, il CAD contribuisce allo sviluppo di strategie condivise per ottimizzare la gestione e lo sviluppo delle TIC.

Molte sono le novità introdotte dal CAD, ma la più rilevante ai fini di questo lavoro è costituita dall’attenzione che il legislatore ha riservato alla disciplina dei dati territoriali, inserita nel Capo V intitolato “Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete”. Le TIC possono divenire uno strumento importante nel riorientamento dell’attività amministrativa a favore degli utenti: facilitare i flussi informativi concernenti l’informazione territoriale e garantire la diffusione dei dati, definire standard comuni per operare su di essi, coinvolgere la collettività nella elaborazione di politiche ambientali costituiscono esempi concreti della funzione del nuovo paradigma tecnologico nella realizzazione di un patrimonio conoscitivo condiviso e accessibile. Come ha sostenuto Nicola Lettieri, “L’ambito più naturale per l’utilizzo di questi sussidi informatici è stato immediatamente identificato, com’è ovvio, con la formulazione, l’attuazione ed il monitoraggio delle politiche di governo del territorio (in particolar modo con la tutela ambientale, la pianificazione urbanistica, la gestione del rischio idrogeologico). Non può tacersi, tuttavia, che l’impiego dei dati territoriali informatici […] potrebbe rappresentare l’occasione per la riorganizzazione e la modernizzazione , in generale, di tutti quei procedimenti che, in vario modo, implicano l’acquisizione e la valutazione di informazioni georeferenziate o georeferenziabili”10.

2. La funzione delle TIC nella tutela del diritto di accesso all’informazione ambientale

Nell’ordinamento internazionale l’espresso riconoscimento del diritto di acceso del pubblico all’informazione ambientale è avvenuto con la Convenzione ONU/ECE c.d. di Aarhus del 199811 , a cui la Comunità Europea ha aderito con la Decisione del Consiglio 2005/370/CE del 17 febbraio 200512 e di cui molte disposizioni sono state trasposte nell’ordinamento comunitario attraverso la direttiva 2003/4/CE.

Molti dei principi sanciti nella Convenzione di Aarhus in tema di accesso all’informazione ambientale e partecipazione attiva dei cittadini ai processi decisionali nel settore ambientale traggono origine da una concezione rinnovata dell’ambiente e dalla consapevolezza diffusa che una efficace tutela ambientale non può constare di politiche di mantenimento dello status quo, ma deve mirare a migliorare le condizioni attuali al fine di garantire ad ogni persona l’esercizio del diritto di “vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere”13.

Aarhus ha costituito una svolta importante nelle politiche internazionali di salvaguardia dell’ambiente e rileva in questa sede non solo per la disciplina dettagliata delle forme e delle modalità con cui il diritto di accesso deve essere tutelato (disciplina trasposta sia nell’ordinamento comunitario che in quello italiano), ma soprattutto per il principio che “un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l'efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto”. Si mira “ad accrescere la responsabilità e la trasparenza nel processo decisionale e a rafforzare il sostegno del pubblico alle decisioni in materia ambientale”. (principi sanciti nel Riconoscendo di apertura). Tale convenzione è il primo passo di un processo di coinvolgimento del pubblico in dinamiche di interazione orizzontale tra cittadini e autorità pubbliche, i cui presupposti sono la disponibilità e l’accessibilità dell’informazione ambientale, nozione tra l’altro istituita e definita in termini normativi nell’ordinamento internazionale proprio dal testo dell’accordo in esame.

Inoltre, sottoscrivendo e ratificando tale Convenzione, gli Stati aderenti si sono impegnati a garantire la disponibilità e la fruibilità dell’informazione ambientale in formato elettronico. In tal senso l’art. 5, c. 3, che definisce le modalità di raccolta e divulgazione delle informazioni ambientali, prevede che: “Ciascuna Parte assicura la progressiva disponibilità delle informazioni ambientali in banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico attraverso reti pubbliche di telecomunicazioni.” Tale norma riveste una notevole importanza: non si fa semplicemente obbligo agli Stati di rendere disponibili i dati, ma si indica il formato elettronico quale modalità con cui i dati dovranno essere archiviati nelle banche dati e si prescrive di assicurare l’accessibilità mediante reti pubbliche di telecomunicazione. Due sono gli aspetti rivoluzionari: gli Stati indicano una tecnologia specifica per il raggiungimento di scopi determinati, selezionando tra le applicazioni disponibili quella più conforme alle finalità stabilite, e l’accesso all’informazione territoriale si configura come pretesa giuridicamente tutelata, rispetto alla quale le autorità pubbliche che detengono i dati hanno l’obbligo di erogare un servizio fruibile in rete. Stando alla lettera del trattato, il dato ambientale dovrebbe progressivamente costituire oggetto di servizi progettati e distribuiti tramite l’uso delle TIC.

Il testo della Convenzione, già sottoscritto e ratificato da alcuni degli Stati membri della UE, è divenuto formalmente vincolante nell’ordinamento comunitario grazie ad una Decisione del Consiglio del 2005. Tuttavia, dal punto di vista sostanziale le regole contenute nella Convenzione di Aarhus hanno operato in ambito europeo sin dal 2003, poiché trasposte ed ampliate nella Direttiva 2003/4/CE14 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

La Direttiva 2003/4/CE impone agli Stati membri due obiettivi primari, indicati all’art. 1: “a) garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalla autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio; b) garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale. A tal fine è proposto l’uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili.” Alla luce delle brevi considerazioni sopra svolte, è naturale che le TIC siano indicate quale strumento per assicurare la piena disponibilità e la ampia diffusione dei dati, rappresentando ad oggi il mezzo più economico ed efficiente per elaborare e trasmettere informazioni. Tuttavia, la Direttiva 2003/4/CE aggiunge tre elementi nuovi rispetto al testo dell’accordo di Aarhus:

amplia la nozione di informazione ambientale, definita dall’art 2. come “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente : a) lo stato degli elementi quali l’ambiente, l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; b) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati alla lettera a); c) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonche' le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui alle lettere a) e b), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi; d) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; e) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell'ambito delle misure e delle attività di cui alla lettera c); f) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c)”; tale definizione estende l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina: giunge a ricomprendere gli interventi di politica ambientale effettuati, le relazioni sullo stato di attuazione delle discipline in materia di tutela ambientale e le analisi costi-benefici e altre analisi di tipo economico che possano fungere quali fattori condizionanti scelte di politica ambientale e che di fatto sono implicate in molti procedimenti amministrativi, anche al di fuori del settore della pianificazione ambientale in senso stretto;

  • lo standard operativo deve assicurare la consultabilità e la riproducibilità delle informazioni. L’art. 3, par. 4, prevede che “Ai fini del presente paragrafo [obbligo per l’autorità pubblica di mettere a disposizione le informazioni nella forma indicata dal richiedente, salvo eccezioni tassativamente indicate], le autorità pubbliche compiono tutti gli sforzi ragionevoli per mantenere l’informazione ambientale in loro possesso o detenuta per loro conto in forme o formati facilmente riproducibili e consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.” Questo punto è estremamente significativo, poiché sussiste una forte differenza tra disponibilità del dato, consultabilità e riproducibilità: la norma in esame estende l’obbligo delle autorità pubbliche, imponendo loro di garantire che le informazioni siano facilmente fruibili ed estraibili, e simultaneamente amplia i diritti dell’utente, favorendo una diffusione orizzontale delle informazioni ambientali;15

  • prescrive di orientare la organizzazione delle informazioni alla diffusione al pubblico. L’art. 7, par. 1, dispone che: “Gli stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche strutturino l’informazione ambientale rilevante per le loro funzioni o in loro possesso o detenuta per loro conto ai fini di un’attiva e sistematica diffusione al pubblico, in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibili.” Strutturare l’informazione significa realizzare sistemi informativi efficienti dal punto di vista della circolazione interna dei dati e con elevata usabilità, in modo da garantire la diffusione esterna dell’informazione.

L’obbligo di compiere tutti gli sforzi possibili per garantire che le informazioni ambientali siano detenute in formati facilmente riproducibili e consultabili tramite strumenti informatici e quello di rendere disponibili i dati ambientali in banche dati che contribuiscano a rendere agevole l’accesso dei cittadini costituiscono indicazioni rilevanti sulla funzione assegnata alle TIC nel processo di progressiva riorganizzazione del settore pubblico. Le disposizioni esaminate suggeriscono una digitalizzazione del settore pubblico orientata alla realizzazione di valori condivisi, tramite lo sfruttamento delle potenzialità insite nel paradigma delle TIC.

Le norme ora esaminate assumono un ulteriore valore se combinate con il principio che, sin dal 199016, ha ispirato la disciplina comunitaria in tale settore: l’informazione ambientale deve essere resa disponibile a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse17. Abolito l’esercizio condizionato dell’ accesso all’informazione ambientale, che risulta ormai completamente svincolato dalla dichiarazione di un interesse specifico connesso al contenuto dei dati richiesti o di un interesse giuridicamente qualificato, tale diritto ha assunto il carattere della universalità, è cioè una forma di tutela desoggettivata18. Ciò determina una inversione del rapporto tra eccezione e regola: con l’entrata in vigore della Direttiva 2003/4/CE, attuata in Italia con il D.Lgs. 195/2005 19, l’autorità pubblica è tenuta a livello generale a garantire l’accesso all’informazione ambientale, salvo eccezioni tassativamente indicate, e le TIC sono indicate quali strumenti preferenziali per assicurare che al riconoscimento normativo di tale diritto corrisponda una concreta riorganizzazione dei processi informativi e gestionali del settore pubblico.

3. Il profilo giuridico del dato territoriale nella normativa inerente la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

3.1 I Sistemi Informativi Territoriali

Il CAD è costituito prevalentemente di disposizioni di carattere generale volte alla digitalizzazione della PA, ma contiene nello stesso tempo norme per la modernizzazione di settori strategici. La disciplina dell’informazione territoriale (art. 59), a cui il CAD dà una definizione compiuta, è una innovazione importante nel processo di riorganizzazione dell’assetto amministrativo, processo in cui, come illustrato, le TIC possono rivestire, se adeguatamente gestite, un ruolo chiave.

“Rispetto al passato due fatti costituiscono il presupposto per un vero salto tecnologico-culturale nell’uso dei dati territoriali all’interno della pubblica amministrazione: l’ormai ampia disponibilità di dati di diversa tipologia (raster, vector, ortofoto, modelli digitali del terreno, telerilevamento satellitare, immagini multispettrali) e la possibilità di integrare motori geografici con potenti gestori di basi dati relazionali, generalmente utilizzati nei sistemi amministrativo e gestionali. Inoltre gli ingenti investimenti operati negli ultimi anni dalle amministrazioni pubbliche hanno portato alla formazione di un rilevante patrimonio di dati territoriali a copertura dell’intero territorio nazionale (dati cartografici e, in generale, dati georeferenziati).”20

Tuttavia, la portata di questa disposizione, la connessione tra dati territoriali e riorganizzazione del settore pubblico e le criticità che questa tipologia di dati presenta non possono essere colte senza un’analisi, seppure sintetica, di “una delle più avanzate modalità di impiego delle nuove tecnologie in ambito amministrativo”21: i Sistemi Informativi Territoriali (SIT).

I SIT (definiti GIS in ambito internazionale – Geographical Information Systems)22 possono essere operativamente definiti come sistemi informativi realizzati allo scopo di archiviare, gestire, analizzare e restituire in forma grafica ed alfanumerica dati in un contesto topologico e spaziale: sono dunque specificatamente progettati per l’analisi di dati nello spazio. Le funzioni fondamentali dei SIT sono23:

  • raccolta, pretrattamento e trasformazione di dati spaziali multisorgente;

  • mantenimento e reperimento delle informazioni spaziali, con possibilità di modifica e aggiornamento;

  • manipolazione e analisi, aggregazione e disaggregazione dei dati, stima dei parametri, modellizzazione;

  • produzione di rapporti e sintesi di dati.

I SIT presentano alcune peculiarità rispetto ai sistemi informativi tradizionali, poiché i dati territoriali, definiti dal CAD come “qualunque informazione geograficamente localizzata” (art. 59, c. 1), sono il risultato dell’associazione di informazioni o dati ad elementi geografici: questo comporta che “per ognuno di tali elementi geografici si accumulino più informazioni gestite da enti diversi.”24 Questo è uno dei punti cruciali dell’informazione territoriale: essa è simultaneamente oggetto del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale di cui sopra, essendo il dato territoriale una tipologia di dato ambientale, e strumento strategico per la gestione condivisa di uno stesso territorio da parte di PA diverse. Nell’implementazione dei SIT è necessario considerare tre ordini di esigenze (espresse nel CAD):

  • semplificazione e trasparenza della PA (modernizzazione dell’organizzazione complessiva, snellimento dei procedimenti, controllabilità democratica delle decisioni e dei risultati);

  • accessibilità all’informazione territoriale detenuta da un’autorità pubblica e partecipazione della collettività a politiche pubbliche di sviluppo/tutela del territorio;

  • promozione di attività collaborative tra enti operanti sullo stesso territorio, sia nella attuazione di politiche di intervento, sia nella implementazione dei SIT (integrazione dei dati, interscambio e interoperabilità tra sistemi).

Tuttavia le criticità nella realizzazione dei SIT non risiedono esclusivamente nella molteplicità delle esigenze determinata dalla fisiologica diversificazione dell’utenza, ma sono ascrivibili anche a caratteristiche peculiari dei dati territoriali. Ampliando quanto sostenuto da Paolo Subioli, i SIT si differenziano rispetto ad altri sistemi per25:

  • la preponderanza dei costi di costruzione rispetto ai costi di gestione; i costi di costruzione sono prevalenti, poiché le operazioni di misura del territorio, di prima elaborazione e di trasferimento dei dati in formato digitale necessitano di personale altamente specializzato e impongono spese elevate per le operazioni di rilevamento;

  • la tendenza alla ripartizione delle competenze tra soggetti deputati alla raccolta di dati grezzi e soggetti specializzati nel trattamento scientifico dei dati (prima elaborazione);

  • la esternalizzazione della loro realizzazione, assegnata a soggetti esterni (Università, Enti di ricerca, Imprese specializzate) rispetto alla PA interessata all’impiego dell’informazione territoriale;

  • la tendenza all’evoluzione delle tipologie di applicazioni, legata sia all’avanzamento tecnologico, sia alla modernizzazione dei procedimenti amministrativi;

  • “l’informazione territoriale presenta una dualità struttura le tra georeferenziazione e contenuto”: entrambi gli aspetti necessitano di modalità di rilievo, di misura e di documentazione complessi per consentire nel lungo periodo interpretazioni ed elaborazioni dei dati corrette;

  • la rilevanza della qualità del dato (non esatto di per sé, ma soggetto a rilevamento);

  • gli attributi di attendibilità che definiscono il dato territoriale, attributi “che non trovano uguale riscontro nei sistemi gestionali, nei quali confluiscono descrittori sia della qualità del dato che di ufficialità delle fonti, direttamente derivabili dalle implicazioni normative dei procedimenti amministrativi.”;

  • “la condivisione sistematica di informazioni che riguardano una stessa porzione di territorio da parte dei processi di lavoro di competenza di Amministrazioni diverse, pur con viste differenti, è strutturale e deriva dalla natura stessa del dato territoriale; per tale ragione è di primaria importanza affrontare, in questo contesto, il problema della riduzione della ridondanza e del riuso delle basi dati”.

Come ha osservato Nicola Lettieri, “Si può affermare che le PA possono e potranno trarre benefici di grande rilievo dall’uso esteso e sistematico delle informazioni georeferenziate. L’immediata disponibilità, in rete, di un patrimonio eterogeneo e dettagliato dei dati relativi alle realtà geografiche del territorio nazionale potrà contribuire certamente a rendere l’agire delle amministrazioni più efficiente ed efficace: un’amministrazione più informata e consapevole è maggiormente in grado di adeguare la propria azione alle caratteristiche del contesto territoriale con cui è chiamata a relazionarsi, soprattutto se si pone mente alle politiche di tutela ambientale ed alle attività di pianificazione. Non solo, la possibilità di utilizzare, senza ulteriori spese, le informazioni già acquisite da altri soggetti istituzionali potrà contribuire nel medio periodo, a rendere l’azione amministrativa più economica, aspetto di non secondaria importanza se si pone mente alla scarsità di risorse con cui deve fare costantemente i conti la gestione della cosa pubblica.”26

In potenza i SIT costituiscono strumenti che possono modificare radicalmente la gestione del territorio: essi necessitano tuttavia di politiche organiche di sviluppo e di gestione27, elaborabili solo grazie ad una collaborazione tra enti operanti nel settore pubblico mirata alla realizzazione di sistemi soddisfacenti sotto quattro punti di vista28:

  • del destinatario, che riguarda la preminenza dell’interfaccia dei sistemi cittadino-utente.

  • del processo che riguarda la riorganizzazione dei procedimenti;

  • della cooperazione, dove l’enfasi è posta su atteggiamenti, strumenti e attività collaborative;

  • della conoscenza, che riguarda la visione di gestire le informazioni come il principale asset della Pubblica Amministrazione (ovvero, la gestione di conoscenza distribuita richiede che sia chiarissima la percezione che il dato è una risorsa da gestire unitariamente e che si va verso la formalizzazione di una memoria organizzativa intesa come l'insieme delle conoscenze necessarie a perseguire il fine del proprio impegno governativo o del business).

I dati georeferenziati costituiscono un patrimonio importante sia rispetto alle attività di pianificazione e governo del territorio e della fiscalità, sia rispetto alla tutela del diritto dei cittadini di accedere all’informazione ambientale per poter adottare comportamenti collaborativi, partecipare alle decisioni in materia ambientale, controllare i risultati dell’attività amministrativa. Affinché questi dati possano fungere da patrimonio comune sia tra cittadini e autorità pubbliche sia tra PA occorre che la realizzazione dei sistemi che li raccolgono e li elaborano (SIT) sia mirata alla condivisione dell’informazione, che dal punto di vista informatico coincide con l’integrazione dei dati, l’interoperabilità dei sistemi e il riutilizzo dell’informazione. E’ necessario quindi:

  • consolidare la realizzazione di banche dati integrate, definite da Elettra Cappadozzi come banche dati “con un insieme di servizi infrastrutturali che consentono l’interscambio e l’integrazione dei dati del Catasto con i dati topografici regionali. Una banca dati territoriale integrata a livello regionale è formata da vari strati (o “layer” nel gergo internazionale dei SIT) sovrapposti, ovvero rappresentati nello stesso sistema di coordinate.”29 Tramite tali tipologie di banche dati è possibile gestire unitariamente i dati territoriali, ottenendo simultaneamente maggiori reperibilità e consultabilità dei dati, condivisione effettiva delle informazioni e definizione di standard omogenei per la gestione del patrimonio informativo;

  • mirare alla interoperabilità dei SIT, che è condizione necessaria della cooperazione tra amministrazioni che insistono ed operano su un medesimo territorio, e definire modelli operativi comuni per evitare la ridondanza delle informazioni. “Il concetto di interoperabilità indica la possibilità per un sistema di protocollo informatico ricevente di una certa amministrazione di trattare automaticamente le informazioni trasmesse dal sistema di protocollo informatico mittente di un’altra amministrazione al fine di automatizzare le attività e i processi sottostanti.”30 Paolo Subioli sostiene che: “Interoperabilità è dunque la parola chiave, che designa la capacità di due dispositivi di operare in cooperazione, soprattutto per quanto riguarda lo scambio di dati. Ciò significa, non solo, che si dovranno adottare standard tecnici di gestione e trasmissione dei dati condivisi con tutto il sistema delle PA - centrali e locali - ma anche che tutte le procedure amministrative dovranno essere conformate a modelli anch’essi comuni.”31;

  • realizzare un sistema organico di regole sul riutilizzo dell’informazione pubblica nel settore privato, dando piena esecuzione alla Direttiva 2003/98/CE e al D. lgs di attuazione n. 36 del 200432. Il riutilizzo, così come definito dalla Direttiva, consiste nell’ “uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti. Lo scambio di documenti tra enti pubblici esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non costituisce riutilizzo.” (art. 2). La Direttiva mira alla definizione di un complesso minimo di norme e indica strumenti pratici per agevolare il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, sulla base di una considerazione lungimirante sulla connessione tra riutilizzo, adeguato sviluppo della Società dell’Informazione e disomogeneità delle norme vigenti negli Stati membri: “Le normative e le prassi seguite negli Stati membri in relazione allo sfruttamento delle risorse di informazione del settore pubblico sono caratterizzate da notevoli differenze costituenti delle barriere che impediscono a queste risorse essenziali di esprimere appieno il proprio potenziale economico. Le tradizioni degli enti pubblici in materia di utilizzazione delle informazioni del settore pubblico si sono sviluppate in direzioni molto diverse e di questo occorrerebbe tener conto. Sarebbe opportuno quindi avviare un'armonizzazione minima delle discipline vigenti e delle prassi nazionali relative al riutilizzo dei documenti del settore pubblico, nei casi in cui le differenze tra dette normative e prassi nazionali o la mancanza di chiarezza ostacolano il buon funzionamento del mercato interno e l'adeguato sviluppo della società dell'informazione nella Comunità.” (Considerando 6). La Direttiva non impone agli Stati membri di consentire il riutilizzo dell’informazione33, stabilisce piuttosto delle condizioni che gli Stati, una volta consentito il riutilizzo, devono rispettare così da elaborare norme chiare, coerenti e non discriminatorie, che contribuiscano ad uno sviluppo omogeneo di servizi su scala comunitaria, al buon funzionamento del mercato unico e alla piena tutela del diritto alla conoscenza34.

3.2 La fruibilità dei dati nel Codice dell’Amministrazione Digitale

La fruibilità dei dati35 è disciplinata dalla Sezione III del Capo V del CAD, di cui esamineremo sinteticamente le norme più rilevanti ai fini di questo lavoro. La fruibilità, definita dall’art. 1, c. 1, lett. b) del CAD “la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione”, costituisce un requisito fondamentale nelle interazioni tra soggetti operanti nel settore pubblico, poiché “la capacità di trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro in modo da risultare completamente interpretabile dal nuovo sistema e, dunque, soddisfare gli obiettivi per cui il dato è stato trasferito”36 è conditio sine qua non della circolazione di informazioni tra PA e requisito primario per la realizzazione di sistemi interoperabili e convergenti.

Articolo 58

L’articolo 58 apre la sezione dedicata alla fruibilità e contiene due disposizioni innovative: il primo comma prevede che “Il trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro non modifica la titolarità del dato.” Questa norma è stata aspramente criticata sia dal Consiglio di Stato, in sede di parere consultivo, sia dalla dottrina prevalente. Due in particolare le critiche mosse: l’indeterminatezza della nozione di trasferimento e la parziale antinomia determinata dalla sovrapposizione tra la disciplina dettata dal CAD e la normativa in materia di trattamento dei dati personali in riferimento alla nozione di titolarità del dato.

Andrea Maggipinto ha sostenuto in merito al primo punto che “Almeno in linea di principio ed in assenza di precedenti indicazioni normative sul punto, l’espressione potrebbe essere riferita tanto alla sola consultazione telematica quanto ad un trasferimento del dato seguito dall’archiviazione dello stesso nel sistema informativo dell’amministrazione che lo ha ricevuto.”37

In merito al secondo punto riportiamo di seguito le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato nel parere consultivo 11195/04 del 7 febbraio 2005, che ha precisato la distinzione tra titolare e fruitore del dato, sostenendo che “L’amministrazione titolare del dato è l’amministrazione che lo ha creato o comunque lo gestisce per fini istituzionali. Le eventuali amministrazioni che utilizzano tale dato non possono divenire titolari del dato medesimo.” e alla luce di tale precisazione ha poi evidenziato che: “[…] tale disposizione, escludendo che il trasferimento di un dato tra amministrazioni pubbliche modifichi la titolarità dello stesso o determini una ulteriore posizione di titolarità, delinea una soluzione diversa da quella seguita in sede di disciplina del trattamento dei dati personali. (L’amministrazione che riceve dati personali da un’altra amministrazione di regola diviene a sua volta titolare del nuovo trattamento.)”.

La responsabilità del trattamento del dato è in capo a chi ne è titolare: la presenza di soluzioni diverse e in parte antinomiche sulla titolarità dei dati in caso di trasferimento suscita, soprattutto in tema di responsabilità, incertezze interpretative di non poco conto, principalmente legate alla difficoltà di selezionare un criterio soddisfacente per superare i contrasti normativi.

Il secondo e il terzo comma, invece, sono stati apprezzati da larga parte della dottrina38, poiché offrono alle autorità pubbliche la possibilità di assumere una funzione attiva nella implementazione di sistemi informativi integrati e nell’attività di strutturazione dei dati di cui sono titolari al fine di ottenere un elevato grado di fruibilità. In particolare, le due norme bilanciano in modo efficace due interessi contrapposti: l’esigenza di assicurare un sufficiente grado di autonomia gestionale e decisionale a ciascuno dei livelli di governo a cui opera la PA, evitando conflitti di competenze, e la necessità di definire standard operativi minimi in tutto il territorio nazionale.

La disponibilità dello strumento convenzionale (c. 2) contribuisce alla diffusione di pratiche collaborative e la sua flessibilità può consentire un adeguamento costante delle pratiche concordate all’avanzamento tecnologico. La definizione di schemi generali da parte del CNIPA assicura quel grado minimo di omogeneità informatica e organizzativa necessario per assicurare una effettiva fruibilità dei dati.

Articolo 59

L’articolo 59 disciplina una tipologia specifica di dati: i dati territoriali.

Il primo comma definisce la nozione di dati territoriali (supra), determinando l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina. Come risulta dalla Relazione Governativa al CAD, la nozione di dato territoriale fa riferimento “alle informazioni relative, ad esempio, all’orografia ed idrografia del territorio, alla vegetazione presente sul territorio, agli edifici e alle costruzioni si qualsiasi tipo, ma non alla posizione geografica delle persone, né ai dati relativi all’ubicazione delle medesime.”.

Tale articolo introduce molteplici novità: ci soffermiamo qui in particolare sulla istituzione del Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali (cc. 2 e 4), sulla realizzazione del repertorio nazionale dei dati territoriali (cc. 3 e 5) e sulla espressa inclusione della base dei dati catastali gestita dall’Agenzia del territorio tra le i dati territoriali di interesse nazionale (art. 7-bis, introdotto con il D.lgs. 4 aprile 2006 recante disposizioni integrative e correttive).

Il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni è istituito dal c. 2 del CAD, “con il compito di definire le regole tecniche per la realizzazione delle basi di dati territoriali, la documentazione, la fruibilità e lo scambio dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali in coerenza con le disposizioni del presente decreto che disciplinano il sistema pubblico di connettività39”. Il c. 4 aggiunge che “Ai sensi dell’articolo 17, c. 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400, con uno o più decreti su proposta del Presidente del consiglio dei Ministri o, per sua delega, del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d. lgs. 28 agosto 1977, n. 281, sono definite la composizione e le modalità per il funzionamento del Comitato di cui al c. 2.”.

Il Comitato, che rivesta una funzione importante poiché definirà regole tecniche di portata generale per una gestione ottimale ed efficiente delle basi di dati territoriali, è stato effettivamente costituito con il DPCM del 30 agosto 2007, che integra il DM 2 maggio 2006, n. 23740, che definisce le regole per la composizione e il funzionamento del Comitato, di seguito riportate integralmente:

  • Il Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni di seguito denominato Comitato, istituito ai sensi dell'articolo 59, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e' costituito da diciannove componenti, scelti tra persone di comprovata professionalità ed esperienza nel settore, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per l'innovazione e le tecnologie che inoltre designa il presidente, un componente ed il relativo supplente. Nove componenti, ed i relativi supplenti, sono designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Otto componenti, ed i relativi supplenti, sono designati dalle seguenti amministrazioni: Ministero dell'ambiente, Ministero delle politiche agricole e forestali, Agenzia del territorio, Dipartimento della protezione civile, Dipartimento degli affari regionali, Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, Istituto Geografico Militare, Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA). 2. Il Comitato può avvalersi di esperti, di rappresentanti di altre amministrazioni, di rappresentanti di associazioni di categoria e di organismi costituiti da associazioni di regioni e di enti locali, che partecipano, senza diritto di voto, alle riunioni previa deliberazione dello stesso Comitato. (art. 1).

  • I componenti del Comitato durano in carica tre anni e sono rinnovabili per una sola volta. 2. Il Comitato e' convocato dal presidente, con preavviso di almeno quindici giorni, e si riunisce almeno quattro volte l'anno. 3. Le riunioni del Comitato sono valide con la presenza della metà piu' uno dei suoi componenti e le decisioni sono prese a maggioranza dei presenti. 4. Decadono dall'incarico il componente ed il relativo supplente che non siano presenti alle riunioni per tre volte consecutive. L'amministrazione designante provvede, entro due mesi dall'ultima riunione, ad una nuova indicazione alla quale consegue la nomina con le modalità previste dall'articolo 1. 5. Il Comitato, per le attività di competenza di cui all'articolo 59, commi 2 e 5 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, si avvale del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) presso il quale e' stato istituito, ai sensi dell'articolo 59, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, il Repertorio nazionale dei dati territoriali. Il CNIPA assicura altresì le funzioni di segreteria tecnica del Comitato nonché lo svolgimento dei compiti istruttori, di studio e di supporto tecnico-scientifico.6. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Comitato presenta una relazione al Ministro per l'innovazione e le tecnologie ed alla Conferenza unificata sulle attività svolte e sul sistema nazionale dei dati territoriali. […]. (art. 2)

Essendo la costituzione del Comitato tanto recente (30 agosto 2007) non sussistono ad oggi dati sulle attività a cui esso è deputato.

Altra innovazione inserita dalla norma in esame è la istituzione del Repertorio nazionale dei dati territoriali, finalizzata ad agevolare la pubblicità dei dati di interesse generale disponibili presso le PA a livello nazionale (c. 3), per cui il Comitato ora descritto dovrà definire “regole tecniche per la definizione del contenuto del repertorio nazionale di dati territoriali, nonché delle modalità di prima costituzione e di successivo aggiornamento dello stesso, per la formazione, la documentazione e lo scambio dei dati territoriali detenuti dalle singole amministrazioni competenti, nonché le regole ed i costi per l’utilizzo dei dati stessi tra le pubbliche amministrazioni centrali e locali e da parte dei privati.” (c. 5).

L’enorme mole di dati, la molteplicità delle fonti informative, la pluralità di soggetti, anche di natura privata, che operano nell’ambito amministrativo, la diversità di funzioni tra PA e la conseguente diversificazione dell’utenza di riferimento possono rappresentare limiti oggettivi alla fruibilità dei dati territoriali. Il rischio cui il Repertorio nazionale vuole far fronte è quello della dispersione dell’informazione, connessa sia alla oggettiva difficoltà di localizzazione e reperimento dei dati sia alla eventuale non interpretabilità di dati appartenenti a sistemi diversi da quello del fruitore (non fruibilità). Infatti, “Il Repertorio dovrebbe offrire […] una visione analitica ed aggiornata delle informazioni territoriali condivise in rete attraverso il sistema pubblico di connettività, individuando non solo il soggetto che detiene l’informazione richiesta, ma classificando anche l’informazione stessa in base a parametri di sicuro interesse per l’utilizzatore (qualità del dato, periodicità di aggiornamento, tecniche di rilevamento, caratteristiche scientifiche del dato)”41.

L’utilità effettiva del Repertorio è strettamente connessa alle indicazioni e alle attività che proverranno dal Comitato e al grado di collaborazione che le PA saranno capaci di raggiungere.

Infine, un cenno all’art. 7-bis, inserito nell’aprile 2006 e connesso al processo di decentramento delle funzioni catastali ai comuni ultimato con il DPCM del 14 giugno 2007 42, che ha individuato diverse modalità di gestione delle funzioni catastali (gestione diretta autonoma, gestione diretta attraverso Unione di Comuni o altre forme associative, gestione diretta da parte della Comunità Montana di appartenenza, gestione affidata all’Agenzia del territorio, in base ad art. 2) e diverse opzioni di aggregazioni di funzioni, che il Comune assume sulla base della propria capacità organizzativa e tecnica. (art. 3). La norma in esame ha imposto ai Comuni di utilizzare, in termini esclusivi e gratuiti, per la gestione dei processi di cui hanno assunto la gestione diretta, le applicazioni informatiche e i sistemi di interscambio messi a disposizione dall’Agenzia del territorio. (art. 5).

Senza entrare qui nel dettaglio, tale decreto permette ai Comuni di assumere la gestione diretta delle funzioni catastali (secondo blocchi di progressiva complessità), ma impone loro di servirsi dell’infrastruttura tecnologica resa disponibile dall’Agenzia del territorio, in modo da assicurare l’unitarietà del sistema informativo catastale nazionale. In tal senso l’inserimento della base dei dati catastali gestita dall’Agenzia del territorio tra i dati territoriali di interesse nazionale e la doverosa definizione di regole tecnico-economiche per l’utilizzo dei dati catastali per via telematica da parte di altre amministrazioni hanno la funzione di garantire un livello omogeneo di distribuzione del servizio sul territorio nazionale e di vincolare i Comuni alle linee di indirizzo e alle indicazioni che saranno elaborate dal Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali.

Concordiamo con quanto sostenuto da Nicola Lettieri43 commentando l’art. 59: ”Lo sviluppo delle applicazioni geoinformatiche e, in senso più ampio, l’articolazione delle politiche in materia di dati territoriali dovranno essere posti al centro di una politica organica e complessiva adeguatamente concordata, nel rispetto delle relative competenze, da parte di tutte le amministrazioni interessate. In estrema sintesi, dovranno procedere di pari passo: lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche di supporto al trasferimento dei dati; la definizione e l’aggiornamento delle regole tecniche per la raccolta e la condivisione delle informazioni; le attività finalizzate al popolamento dei database territoriali.”

Articolo 60

L’articolo 60 introduce il concetto di banca dati di interesse nazionale, provvedendo nel primo comma a definirla attraverso la numerazione della tipologia di informazioni raccolte e delle loro caratteristiche essenziali e nel secondo comma a delineare un sistema informativo per una gestione unitaria dei dati raccolti.

Una base di dati di interesse nazionale è “l’insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è utilizzabile dalle pubbliche amministrazioni per l’esercizio delle proprie funzioni e nel rispetto delle competenze e delle normative vigenti.” (c. 1). Come è stato rilevato, le caratteristiche che identificano tale tipologia di banca dati esprimono la volontà del legislatore di fare riferimento “ad un livello di aggregazione superiore rispetto a quello che caratterizza le banche dati tradizionalmente intese.”44

Inoltre, ogni base di dati di interesse nazionale (una base di dati per ogni tipologia di dato) costituisce un sistema informativo unitario, che “tiene conto dei diversi livelli istituzionali e territoriali e che garantisce l’allineamento delle informazioni e l’accesso alle medesime da parte delle pubbliche amministrazioni” (c. 2). Il modello di aggregazione indicato è il seguente: un insieme di informazioni digitali che rispondono ai requisiti di cui al c. 1 compongono una base di dati di interesse nazionale, più basi di dati di interesse nazionale (contenenti la stessa tipologia di informazioni) costituiscono un sistema informativo unitario: alle singole amministrazioni spettano le attività di raccolta e conservazione dei dati di interesse per lo svolgimento delle proprie attività, mentre il sistema informativo unitario dovrebbe assicurare l’accesso ai dati raccolti e conservati dalle singole PA da parte delle amministrazioni interessate.

In conclusione, “L’approccio del legislatore al tema della organizzazione e delle circolazione dei dati pubblici […] si preannuncia, almeno teoricamente, in grado di evitare duplicazioni, ridondanze ed incongruenze nella gestione delle informazioni, riducendo, per un verso, tempi e costi per le pubbliche amministrazioni ed agevolando, al contempo, la fruizione dell’informazione da parte dei cittadini.”45

4. L’ Infrastruttura per l’Informazione Territoriale nella Comunità Europea

La direttiva 2007/2/CE46 mira a realizzare un livello di integrazione dei dati territoriali superiore rispetto ai sistemi informativi unitari nazionali, così da creare un bacino informativo comune tra i paesi membri e uno strumento dinamico e condiviso per l’elaborazione di politiche comunitarie, soprattutto di pianificazione ambientale e di tutela del territorio. La Comunità Europea ha tentato, tramite la direttiva Inspire, di definire norme generali e regole tecniche per la realizzazione di una dimensione europea per la gestione dell’informazione territoriale.

Ad oggi sussistono forti disomogeneità tra gli Stati membri nel settore dei dati territoriali, sia di natura giuridica sia di natura informatica: il diritto di accesso all’informazione territoriale non gode di una tutela sufficientemente diffusa, le regole che disciplinano lo scambio e la circolazione di informazioni tra autorità pubbliche variano a seconda del modello statale di organizzazione amministrativa, la gestione unitaria dei dati e la realizzazione di infrastrutture nazionali per l’informazione territoriale registrano stati di avanzamento diversi e queste condizioni determinano difficoltà oggettive di conduzione del processo di elaborazione delle politiche ambientali in modo integrato e di adozione di provvedimenti sufficientemente diversificati in ragione delle diverse realtà territoriali che la Comunità raccoglie.

Per giungere ad un grado di omogeneità che consenta la integrazione dell’informazione territoriale elaborata dagli stati nelle fasi decisionali, la direttiva in esame dispone quanto segue:

  • fa salve le disposizioni della direttiva 2003/4/CE sul diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale e le disposizioni della direttiva 2003/98/CE sul riuso dell’informazione del settore pubblico, sulla base del principio della complementarietà dei fini (art. 2) ;

  • definisce i componenti dell’infrastruttura, che è costituita di elementi eterogenei, quali: “i metadati [informazioni che descrivono i set di dati territoriali e is servizi relativi e che consentono di operare su dati e servizi], i set di dati territoriali [collezioni di dati territoriali identificabili], i servizi e le tecnologie di rete, gli accordi in materia di condivisione, accesso e riutilizzo dei dati e i meccanismi, i processi e le procedure di coordinamento e di monitoraggio stabilite, attuate e rese disponibili conformemente alla presente direttiva” (art. 3);

  • determina un ambito oggettivo di applicazione ampio (cfr. art. 4), seppure la vincolatività della norma sia condizionata all’esistenza di discipline nazionali che regolamentino l’accesso, l’organizzazione e le diffusione dell’informazione territoriale e non sia dunque immediatamente precettiva;

  • impone agli stati la creazione di metadati, cioè di informazioni di secondo livello relative ai set di dati territoriali e ai servizi ad essi connessi. I metadati devono fornire informazioni sulla conformità dei dati territoriali alle disposizioni di Inspire, sulle condizioni applicate ad accesso e utilizzo, sulla qualità e validità dei set dei dati territoriali, sulla autorità pubblica responsabile della creazione, gestione, manutenzione e distribuzione, sulla limitazione del diritto di accesso e motivi della limitazione (conformemente ai casi tassativi elencati all’art. 13);

  • prevede la elaborazione e la emanazione di disposizioni di esecuzione [regole tecniche e standard operativi] comuni agli Stati membri. (art. 7) Le disposizioni di esecuzione riguarderanno i seguenti aspetti: una struttura comune per una identificazione univoca degli oggetti territoriali, in cui si possano costruire le corrispondenze degli identificatori dei sistemi nazionali, al fine di assicurare l’interoperabilità; le relazioni tra oggetti territoriali; gli attributi chiave e i corrispondenti thesauri multilingue comunemente usati per l’elaborazione di politiche che abbiano un impatto sull’ambiente; informazioni sulla dimensione temporale dei dati e sull’aggiornamento dei dati (art. 8);

  • delinea le tipologie di servizi che Inspire dovrà fornire sui set di dati territoriali: servizi di ricerca, di consultazione, di scaricamento, di conversione, di richiamo dei servizi sui dati territoriali (metadati sui servizi e percorsi di ricerca preferenziali). I servizi ora indicati saranno fruibili applicando la combinazione di diversi criteri di ricerca (come: parola chiave, classificazione dei dati territoriali e dei servizi, qualità e validità dei set di dati, grado di conformità alle disposizioni della direttiva e a quelle di esecuzione, localizzazione geografica, condizioni applicabili, autorità pubbliche responsabili) (art. 11);

  • lascia agli stati margini di autonomia in merito alle condizioni tariffarie dei servizi. Nonostante il principio di default sia quello della gratuità dei servizi resi al pubblico , il c. 2 dell’art. 14 consente alle autorità pubbliche di applicare tariffe “quando tali tariffe garantiscano il mantenimento di set di dati territoriali e dei corrispondenti servizi ad essi relativi, in particolare quando sono coinvolte quantità particolarmente consistenti di dati frequentemente aggiornati.” La distribuzione del servizio può costituire oggetto di commercio elettronico. Una disposizione analoga disciplina la condivisione e il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico: le autorità possono condizionare l’accesso alle informazioni da esse detenute o detenute per loro conto da terzi al rilascio di una licenza o alla corresponsione di una tariffa (di livello minimo), purché queste misure siano pienamente compatibili con lo scopo generale di favorire la condivisione delle informazioni (art. 17).

La istituzione di Inspire è stata valutata da gran parte del pubblico e degli operatori in termini positivi: sono stati apprezzati il tentativo di definire norme e standard comuni per il settore strategico dell’informazione territoriale e di rispondere alle esigenze di un’utenza multireferenziata. Tuttavia, non sono mancate alcuni voci critiche, che, pur riconoscendo che Inspire contiene alcuni elementi innovativi, ne hanno messo in discussione la ratio complessiva: secondo tale interpretazione, sussistono alcune disposizioni che ostacoleranno la realizzazione di una rete comunitaria di servizi sull’informazione territoriale e di fatto limiteranno il libero accesso dei cittadini ai dati raccolti ed elaborati dalle infrastrutture statali che comporranno Inspire. Tre i punti criticati:

  • l’ampia autonomia riconosciuta agli stati nella scelta tra un modello gratuito di distribuzione di dati e servizi ed uno “costs recovery”, che impone al cittadino o all’autorità pubblica che richiede l’informazione o il servizio di acquistare una licenza o di corrispondere una tariffa “quando tali tariffe garantiscano il mantenimento di set di dati territoriali e dei servizi ad essi relativi”. Di fatto, si contribuisce così alla istituzionalizzazione di una forma di disomogeneità non meno discriminante per le imprese che operano nel mercato comune e per i cittadini della difformità normativa o tecnologica: la dualità dei sistemi di gestione e diffusione dell’informazione territoriale;

  • la facoltà riconosciuta agli stati di rendere l’accesso all’informazione territoriale e la fruizione dei servizi oggetto di e-commerce. Jo Walsh, uno degli autori del moto citato "Mapping Hack"47, ha sostenuto in merito che: “Gran parte del generoso budget previsto da Inspire sarà dedicato alla realizzazione di un sistema di transazione commerciale sicuro”;

  • la mancata autorizzazione della comunicazione tra macchine, che avrebbe consentito all’utente di operare sui dati. L’autorizzazione è invece limitata alla comunicazione tra utente e servizio e dunque alla consultabilità dei dati;

Nonostante la direttiva appaia a tratti inefficace rispetto al superamento dei modelli nazionali di gestione dei dati territoriali e non sia sorretta dalla vincolatività necessaria alla realizzazione di modelli e soluzioni uniformi, essa costituisce una base importante per la creazione di reti europee per l’amministrazione dell’informazione territoriale. Inoltre, seppure sia condivisibile sul piano tecnologico la critica agli spazi di autonomia lasciati agli stati, tali margini sono del tutto in linea con il basilare principio della competenza, che sorregge l’intero processo di integrazione europea.

5. L’informazione territoriale e la gestione del territorio

I modelli di organizzazione e diffusione dell’informazione territoriale esistenti sono molteplici48 e sono classificabili sulla base di tre criteri:

  • modalità di accesso ai dati e di distribuzione dei servizi (open access vs. costs recovery). L’open access, ovvero la fruizione gratuita dei dati e dei servizi da parte dell’utente, si basa sul principio che i dati sono pubblici sono stati già pagati dai cittadini tramite i versamenti contributivi e non può imporsi alla collettività di pagare una seconda volta49 (modello statunitense). Il costs recovery, al contrario, si basa sul principio del recupero dei costi, per cui il cittadino, che richieda un dato o un servizio per la cui disponibilità l’autorità pubblica ha impiegato ingenti risorse, ha l’obbligo di rifondere i costi sostenuti50 (modello europeo);

  • oggetto della disponibilità (dati vs. servizi). Si rendono disponibili i dati (interoperabilità) o funzionalità avanzate per l’estrazione e la organizzazione autonoma dei nuclei informativi (modello Inspire);

  • grado di autodeterminazione dell’utente rispetto ai dati (consultabilità, scaricamento condizionato, scaricamento non condizionato, interoperabilità). La tendenza in atto è quella della generalizzata e progressiva disponibilità dei dati territoriali: la messa a disposizione dei dati è ormai prassi consolidata nel settore pubblico. Lo scaricamento dei dati conosce un grado di diffusione minore rispetto alla semplice disponibilità e in due forme alternative: lo scaricamento condizionato, per cui solo soggetti qualificati - sulla base di criteri predeterminati (dall’autorità che è in possesso dei dati), a cui sia stata data adeguata pubblicità - possono scaricare le informazioni e operarvi (per esempio soggetti appartenenti a determinate categorie professionali) per le finalità stabilite dall’amministrazione in possesso dei dati. Alternativo a questo modello è quello dello scaricamento non condizionato, che consente a chiunque di scaricare i dati. Minima è la diffusione della interoperabilità: l’autorità pubblica non trasferisce i dati richiesti di volta in volta, ma pubblicizza i dati e offre a chiunque i servizi51 per operarvi.

Dalla combinazione delle alternative illustrate in tabella deriva la scelta del modello di riferimento per la gestione dei dati, scelta in larga parte deputata all’autonomia delle PA Infatti, l’assenza di una disciplina organica e specifica per la regolamentazione del settore dell’informazione territoriale e la necessità di tutelare le scelte degli enti territoriali in virtù del principio del decentramento hanno determinato la fisiologica proliferazione di modelli organizzativi e tecnologici diversi. Di tale diversità riportiamo sinteticamente alcuni esempi, sintetizzati nella Tabella 1.

Modalità di accesso

Open access

Costs recovery

Oggetto della disponibilità

Disponibilità del dato

Disponibilità del servizio

Grado di autodeterminazione

dell’utente

1. Accessibilità (vedere i dati)

→ Comune di Milano

2. Scaricamento condizionato (soggetti qualificati possono scaricare i dati)

→ Comune di Bologna

3. Scaricamento non condizionato (qualunque soggetto può scaricare i dati)

→ Comune di Modena

4. Interoperabilità

→ Regione Sardegna

Tabella 1 : Tipologie per la classificazione dei modelli di accesso all’informazione ambientale

Il Comune di Milano

Dalle informazioni ad oggi disponibili52 sul SIT del Comune di Milano risulta che:

  • sono stati terminati la produzione e l’aggiornamento della nuova cartografia numerica alla scala 1:1000. (cartografia aerofotogrammetrica). Sono stati prodotti 341 fogli, di cui ciascuno rappresenta una porzione di territorio e che coprono l’intera superficie comunale. Questa carta è caratterizzata da un alto contenuto informativo, suddiviso in: contenuto planimetrico (elementi naturali e artificiali); contenuto altimetrico (curve di livello e punti quotati); edifici (quota al piede, in gronda e al colmo); toponomastica (viario e numeri civici); isolati e pertinenze; tronchi stradali, ferroviari ed idrici; grafo delle vie;

  • di tutta la cartografia aerofotogrammetria in scala 1:1000 sono a disposizione le immagini raster, visibili e stampabili, e di essa esistono anche i file vettoriali 2D e 3D. Le informazioni territoriali sono dunque accessibili e stampabili, ma non scaricabili in formato digitale: l’utente non è posto nella condizione di operare sui dati territoriali;

  • saranno rese disponibili (non è precisato se saranno anche stampabili) le immagini da satellite ad alta risoluzione e le immagini prospettiche Pictometry (ortofoto con punti di vista multipli) relative a tutto il territorio comunale.

Il Comune di Bologna

Il Comune di Bologna consente l’estrazione dai data base territoriali dei dati della cartografia digitale in formato DXF e dell’ortofotopiano 2002 in formato JPG. L’estrazione, che non prevede la fornitura del software di visualizzazione dei dati, fornisce l’informazione in formato digitale, consentendo all’utente di operarvi. L’estrazione dei dati è ammessa alle seguenti condizioni53:

  • l’estrazione via web è possibile se si è in possesso di User ID e password forniti dal Comune di Bologna. I requisiti tecnici per la visualizzazione dei dati estratti richiedono l’uso di software Computer Aided Design o software grafici in grado di trattare file in formato DXF;

  • il richiedente si impegna a: non cedere a terzi, incluse altre PA, i dati ricevuti senza alcuna elaborazione; citare anno, mese e fonte di provenienza sulle stampe o su qualsiasi documento prodotto a partire dai dati acquisiti; comunicare al Comune di Bologna, Area Urbanistica, Ambiente e Mobilità, U.O. Sistema Informativo territoriale, ogni cessione a terzi di prodotti realizzati a partire dai dati acquisiti; sollevare il Comune di Bologna da ogni responsabilità per qualunque danno cagionato a terzi per l’uso dei dati ricevuti; richiedere e successivamente trasmettere analoga dichiarazione da parte dei successivi utilizzatori di elaborazioni prodotte a partire dai dati acquisiti;

  • il Comune è esonerato da ogni responsabilità riguardante l’assoluta precisione dei dati cartografici presenti nei DXF. […] Si precisa che i dati della cartografia numerica derivano da metodo aerofotogrammetrico diretto e il livello di dettaglio si attesta alla scala 1:2000.

L’estrazione consente all’utente di elaborare il dato territoriale, poiché esso è fornito in formato digitale, a differenza di quanto avviene nel Comune di Milano.

Il Comune di Modena

Il SIT del Comune di Modena54 si basa sul principio della integrazione dei dati esistenti in un sistema unitario, di cui il Comune abbia la piena disponibilità.

Negli anni 80 il Comune ha provveduto a codificare tutte le strade e ad assegnare un numero esterno ad ogni fabbricato ed uno interno ad ogni appartamento: è stato così realizzato il sistema informativo della toponomastica, deputato alla conservazione e codifica delle chiavi territoriali rispetto a cui vengono relazionate tutte le altre chiavi usate nel SIT comunale.

Negli anni 90 un accordo con il Catasto ha consentito al Comune di formare la propria cartografia di base, ottenuta integrando la cartografia catastale con quella di proprio interesse.

Nel corso degli ultimi anni il Comune ha ridisegnato il Piano Regolatore Generale in forma numerica e ha implementato il sistema per la diffusione delle informazioni territoriali, mirando a raggiungere i seguenti obiettivi:

  • rendere disponibile il più ampio numero di banche dati esistenti con adeguati requisiti di accessibilità ed elaborabilità;

  • collegare queste banche dati tra loro e con il territorio;

  • assicurare la disponibilità delle funzioni di impiego generale e le applicazioni di utilizzo.

Il SIT del Comune di Modena rende ad oggi disponibili e scaricabili le informazioni territoriali a chiunque e costituisce un esempio efficiente di accesso deselezionato, poiché tutte le banche dati che compongono il SIT sono state codificate secondo i riferimenti territoriali e questo consente di porle in relazione tra loro sia attraverso le chiavi alfanumeriche, sia attraverso le relazioni topologiche.

La Regione Sardegna

La Regione Sardegna si è dotata di un c.d. progetto SIT realizzato sulla base delle indicazioni contenute nella Direttiva Inspire. Il SITR (Sistema Informativo Territoriale Regionale) è composto di due elementi: il Sistema Informativo, in grado di erogare servizi sia agli utenti interni attraverso la rete Intranet sia agli utenti esterni (enti pubblici non appartenenti alla Regione, imprese, cittadini) attraverso Internet, e l’Infrastruttura dei Dati Territoriali (IDT) che ha la funzione di assicurare il flusso informativo dal produttore della singola banca dati all’utilizzatore e che è costituita dai componenti indicati dalla Direttiva Inspire (metadati, set di dati, servizi relativi ai dati territoriali, tecnologie di rete etc.).

Fondamentale è comprendere l’architettura del SITR: la prima fase è stata quella della creazione di una prima entità federata (di cui fanno parte diversi computer serventi, c.d. server federati) che contempla i servizi che gli utenti vogliono condividere. Nella seconda fase è stato sviluppato un catalogo (registry) di risorse finalizzato a registrare e soddisfare le esigenze procedurali degli utenti interni e a fornire informazioni di secondo livello (c.d. metadati) sui dati e sui servizi resi disponibili. Tramite questa struttura si raggiunge l’interoperabilità: gli utenti possono utilizzare e mettere a disposizione dell’infrastruttura i Geo Services (servizi per compiere analisi ed operazioni spaziali, di cartografia tematica etc.) e i dati. Così essi si potranno collegare ad un data base accreditato alla rete ed usare i propri dati o renderli disponibili sulla rete, avendoli prima dichiarati sul catalogo dei metadati. Si può di conseguenza realizzare la condivisione con tutti gli altri livelli delle informazioni raccolte ad un dato livello.

Oltre al progetto SITR-IDT si segnalano altre tre iniziative importanti:

  • il progetto SIT2COM che mira alla realizzazione di sistemi informatici e alla gestione dei servizi territoriali in favore della comunità, così da favorire il coinvolgimento dei cittadini nello sviluppo territoriale;

  • la porta di dominio, creata per offrire alla PA uno strumento che contribuisca alla cooperazione applicativa verso qualunque altro Ente Pubblico;

  • il progetto Comunas, ovvero la rete dei Comuni. Comunas è un portale per il supporto alle attività di e-government svolte dalle amministrazioni comunali, che mira alla integrazione dei dati di enti pubblici e privati e alla garanzia di un elevato standard di erogazione dei servizi resi e si pone nella sistematica attività di semplificazione del rapporto tra PA e utenza che la regione Sardegna conduce da alcuni anni.

Come gli esempi sopra riportati illustrano, nel settore dei SIT esistono dunque modelli fortemente disomogenei e condizioni di accesso alle informazioni territoriali molto diversificate. Per superare tale disomogeneità non può essere invocata la soluzione normativa, poiché la implementazione e la organizzazione dei SIT sono strettamente connesse alle politiche di gestione del territorio e rientrano quindi in un ambito in cui la disciplina statale è recessiva rispetto alle fonti regionali. La soluzione è semmai da rinvenire nella diffusione di best practice: l’esistenza di alcuni paradigmi di eccellenza nella organizzazione dei SIT potrebbe costituire una risorsa per tutto il sistema amministrativo se le singole PA riuscissero a cooperare nella costruzione di un’infrastruttura nazionale dei dati territoriali efficiente e capace di erogare agli utenti (interni ed esterni) servizi di alta qualità.

Ciascuno degli enti pubblici attivi nella gestione dell’informazione territoriale dovrebbe definire un piano di azione mirato al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • integrazione delle informazioni territoriali disponibili a diversi livelli di governo e promozione di attività di pianificazione condivise tra enti territoriali attivi su un unico territorio o su territori contigui : la efficienza dei flussi informativi e lo scambio di dati possono contribuire alla riorganizzazione dei procedimenti amministrativi solo se inseriti in politiche di coordinamento inter-istituzionale;

  • permeabilità delle reti: occorre superare la ripartizione tra fornitura dei servizi ad utenti interni e distribuzione a soggetti esterni e la dualità di gestione. I SIT sono in grado di assicurare un patrimonio informativo unitario e funzioni avanzate per la erogazione di servizi destinati ad un’utenza multireferenziale;

  • disponibilità di un sistema di navigazione/gestione/ restituzione di mappe tematiche georeferenziate che risponda ai seguenti requisiti: semplificazione e maggior controllo delle attività di pubblicazione dei dati territoriali; integrabilità completa con le strutture regionali e provinciali; trasferimento su Web Mapping Server delle procedure di consultazione della cartografia svincolando i client dalla disponibilità di software locale; aggiornamento continuo e trasparente dei contenuti; accesso al dato indipendentemente dalla locazione fisica della stazione di consultazione e quindi l’interconnessione delle informazioni cartografiche e l’interscambio tra i soggetti fruitori e detentori.55

Queste le priorità verso cui indirizzare le attività e le risorse delle amministrazioni locali. Sebbene il modello top-down non sia in linea con il processo di decentramento delle funzioni amministrative, è tempo di orientare le molte pratiche che il modello bottom-up ha contribuito a diffondere verso la realizzazione di finalità condivise e verso l’efficienza dell’intero sistema amministrativo.

Referenze

1) Castells M., “La nascita della società in rete”, Milano, Università Bocconi Editore, 2002.

2) Fox V., in “Il diritto all’informazione ambientale – Note a margine di Cons. St., Sezione V, 14.2.2003, n. 816), disponibile all’indirizzo: http://www.ambientediritto.it/dottrina/dottrina%202003/diritto_%20informazione_%20ambientale.htm.

3) Immordino M., Police A., “Principio di legalità e amministrazione di risultato”, Torino, 2004.

4) Lettieri N., in “Il Codice dell’Amministrazione Digitale. Commentario al D. Lgs. 82 del 7 marzo 2005”, di Cassano G. e Giurdanella C., Torino, Giuffrè, 2005.

5) Maggipinto A., “Fruibilità dei dati in relazione agli archivi unici”, in “Il Codice dell’Amministrazione Digitale. Commento ragionato al Decreto Legislativo del 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche”, a cura di Marianna Quaranta, Liguori, 2007.

6) Maioli C., “E-governance ed e-government”, Bologna, Clueb, 2002.

7) Maioli C. e Rabbito C., in “La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, nuove risorse in rete”.

8) Maioli C., “Visione globale e azione locale: riflessioni sui sistemi informativi regionali”, Atti convegno CISIS, Cagliari, Ses Edizioni, 2002

9) Police A., “Principi generali dell’azione amministrativa”, in “La pubblica amministrazione e la sua azione”, a cura di Paolantonio N., Police A, Zito A., Torino, 2005

10) Subioli P., “Il repertorio on line dei dati territoriali”, pubblicato in “Guida agli Enti Locali – Il sole 24 ore”, n. 30 del 30 luglio 2005 e disponibile all’indirizzo: www.cronache-egovernment.it/?p=111.

Tutti i siti citati sono stati visitati il 20 ottobre 2007.

Cesare Maioli ([email protected]), professore di Informatica Giuridica alla Facoltà di Giurisprudenza della Università di Bologna, si occupa di sistemi informativi al CIRSFID.

Chiara Ortolani ([email protected]), laureata in Scienze Giuridiche, collabora con la cattedra di Informatica Giuridica su temi di governo elettronico e di commercio elettronico.

L’articolo è stato preparato in piena collaborazione tra gli autori; in particolare Cesare Maioli ha redatto i punti 1, 2, 5 e Chiara Ortolani ha redatto i punti 3, 4.

Si ringraziano per la collaborazione Gian Paolo Artioli, Cipriano Capriotti, Monica Carati, Patrizia Govoni, Luigi, Andrea Maggipinto, Luigi Zanella.

________________

1 D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, “Codice dell’Amministrazione Digitale” (G.U. n. 112 del 16 marzo 2005). Aggiornato con le modifiche introdotte dal D. lgs del 4 aprile 2006, n. 159. (G.U. n. 99 del 20 aprile 2006.) recante disposizioni integrative e correttive.

2 Riportiamo di seguito i principali interventi normativi attraverso cui è stato realizzato il decentramento politico-amministrativo: L. 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforme della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (G.U. n. 63 del 17 marzo 1997); L. 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo”, (G.U. n. 54 del 6 giugno ); L. cost. 23 novembre 1999, n. 1, “Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta Regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni” (G.U. 23 dicembre 1999, n. 300); L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, “Modifiche al titolo V della parte II della Costituzione” (G.U. 24 ottobre 2001, n. 248); L. 5 giugno 2003, n. 131, “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3. (G.U. n. 132 del 10 giugno 2003).

3 “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” (1 c, art. 97 Cost.). Abbiamo riportato nel breve rilievo introduttivo solo i due principi indicati dall’art. 97 della Costituzione: ci soffermeremo successivamente sul legame tra TIC e realizzazione di altri principi che sorreggono l’azione amministrativa, quali quello di trasparenza, di pubblicità, di efficacia, di economicità. Per una disamina approfondita della evoluzione normativa e interpretativa che tali principi hanno subito si rimanda a: Police A., “Principi generali dell’azione amministrativa”, in “La pubblica amministrazione e la sua azione”, a cura di Paolantonio N., Police A, Zito A., Torino, 2005 ; Immordino M., Police A., “Principio di legalità e amministrazione di risultato”, Torino, 2004.

4 Castells M., “La nascita della società in rete”, Milano, Università Bocconi Editore, 2002.

5 Osborne D. e Gaeber T., “Dirigere e Governare”, Milano, 1995.

6 “La tematica dell’e-government fa riferimento “all'utilizzo delle tecnologie informatiche da parte dell'amministrazione pubblica, nell'ambito dei processi decisionali, nella attuazione delle politiche, e nella gestione delle comunicazioni tra cittadini e amministrazioni. Le tecnologie dell'informazione non sono mero strumento al servizio delle strutture pre-esistenti, ma anzi elemento cardine della riorganizzazione delle amministrazioni. Sono tali tecnologie che consentono di superare le tradizionali strutture gerarchiche in modelli policentrici e reticolari grazie al controllo delle singole fasi di ogni attività lavorativa e permettono a ogni individuo che partecipi a un procedimento decisionale o amministrativo di rappresentare le relazioni come se ne fosse al centro.” Maioli C. e Rabbito C., in “La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, nuove risorse in rete. Cfr. anche Maioli C., “E-governance ed e-government”, Bologna, Clueb, 2002.

7 Sia consentito citare Maioli C., “Visione globale e azione locale: riflessioni sui sistemi informativi regionali”, Atti convegno CISIS, Cagliari, Ses Edizioni, 2002, pp. 13-25.

8 “Senza una forte e diffusa maturazione, appunto, di consapevolezza, attenzione e conoscenza su questi temi, da parte dei soggetti decisori nel pubblico, ma anche nel privato, si rischiano condizioni di separatezza, mancanza di appoggio adeguato, scarsa lungimiranza e indirizzo; in breve, si rischia un deficit di governo su processi che stanno cambiando radicalmente la vita di tutti.” (Maioli C., cit.).

9 Si veda il commento disponibile all’indirizzo www.itnews.it/2006/0208105909918/ict-il-nuovo-codice-dell-amministrazione-digitale.html.

10 Lettieri N., in “Il Codice dell’Amministrazione Digitale. Commentario al D. Lgs. 82 del 7 marzo 2005”, di Cassano G. e Giurdanella C., Torino, Giuffrè, 2005.

11 Convenzione ONU/ECE del 25.06.1998 (c.d. Convenzione di Aarhus) sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale. Il diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale era stato riconosciuto nell’ordinamento comunitario con la Direttiva 90/313/CEE del Consiglio. La Convenzione di Aarhus amplia tuttavia la definizione di informazione ambientale.

12 Decisione del Consiglio 2005/370/CE del 17 febbraio 2005 relativa alla conclusione, a nome della Comunità Europea, della Convenzione di Aarhus.

13 Dal preambolo della Convenzione di Aarhus, disponibile in lingua italiana all’indirizzo: www.unece.org/env/pp/documents/cep43ital.pdf.

14 Direttiva 2003/4/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (abroga la direttiva 90/313/CE del Consiglio).

15 Sussistono dei limiti tassativamente indicati dalla Direttiva 2003/4/CE al diritto di accesso all’informazione ambientale. Come vedremo in seguito, sul piano concreto esistono forti disomogeneità tra le PA riguardo alla riproducibilità dei dati territoriali: il diritto di accesso conosce in Italia diversi gradi di tutela a cui corrispondono altrettanti modelli organizzativi.

16 Cfr. Direttiva 90/313/CEE del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, attuata in Italia dal D. lgs del 24 febbraio 1997, n. 39, “Attuazione delle Direttiva 90/313/CE concernente la libertà di accesso alle in formazioni in materia di ambiente.” (G.U. n. 113 del 17 maggio 1997).

17 Cfr. art. 3, c. 1 della Direttiva 2003/4/CE, che dispone: “Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, si sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse.”

18 “Si tratta, dunque, di una tutela che è stata opportunamente definita “desoggettivata” in quanto, da un parte, non limita, […] la titolarità del diritto a qualunque cittadino, recependo invece il peculiare carattere di diffusività spaziale e temporale del diritto dell’ambiente come diritto della persona umana; dall’altra, non impone al richiedente di allegare uno specifico interesse all’acquisizione delle informazioni richieste, ritenendo evidentemente che esso sia in re ipsa proprio perché ogni persona è titolare del diritto all’ambiente.” Fox V., in “Il diritto all’informazione ambientale – Note a margine di Cons. St., Sezione V, 14.2.2003, n. 816, disponibile all’indirizzo: http://www.ambientediritto.it/dottrina/dottrina%202003/diritto_%20informazione_%20ambientale.htm.

19 Il diritto all’ l’informazione ambientale nell’ordinamento italiano ha vissuto un’evoluzione legislativa segmentabile in tre fasi: la legge 8 luglio 1986, n. 349, che riconosceva il diritto di accesso alle informazioni ambientali (seppure in un’accezione minima), il D. lgs. 39 del 1997, attuativo (a sette anni di distanza) della Direttiva 90/313/CE e il D. lgs. del 19 agosto 2005, n. 195, “Attuazione della Direttiva 2004/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale” (G.U. n. 222 del 23 settembre 2005).

Il diritto di accesso all’informazione ambientale è stato riconosciuto dall’art. 14, comma 3, della legge 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente, (G.U. n. 162 del 15 luglio 1986) che disponeva che “Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione e può ottenerne copia previo rimborso delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell’amministrazione interessata”. All’inciso “in conformità delle leggi vigenti” furono date due interpretazioni contrastanti dalla dottrina: una innovativa, che sosteneva che la norma in esame avesse riconosciuto al cittadino un diritto soggettivo incondizionato e che l’inciso autorizzava la PA a negare l’accesso all’informazione solo nei casi previsti dalla legge, e l’altra più cauta, che qualificava la norma come programmatica e attribuiva al cittadino il diritto di accesso nei soli casi indicati dalla legge.

In seguito all’adozione della direttiva 90/313/CE, successivamente abrogata dalla Direttiva 2003/4/CE, è stato emanato il D. lgs 39 del 1997 (G.U. n. 113 del 17 maggio 1997) in cui il diritto di accesso alle informazioni ambientali era riconosciuto a chiunque ne facesse richiesta (pubblico non selezionato), ma che recava una definizione di “informazione ambientale” molto più ristretta di quella che è ad oggi in vigore nell’ordinamento interno (cfr. art. 2 del D. lgs. 195 del 2005).

20 Tratto dal sito del CNIPA (Comitato Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) http://www.cnipa.gov.it/site/it-it/Aree_operative/Progetti,_applicazioni_e_servizi/Sistemi_Informativi_Territoriali_/.

21 Lettieri N., citato.

22 Secondo la definizione di Burrough (1986) il GIS è composto da una serie di strumenti software per acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale. Si tratta di un sistema informatico in grado di produrre, gestire e analizzare dati spaziali associando a ciascun elemento geografico una o più descrizioni alfanumeriche.Il sistema informativo geografico può essere visto come una forma di DBMS (Database Management System, Sistema di Gestione di basi di dati), in grado di gestire dati geografici.

Sebbene in Italia sia uso comune utilizzare indistintamente le espressioni "sistema informativo geografico" (GIS) e "Sistema informativo territoriale" (SIT), molti autori sono concordi nel ritenere che le due definizioni non coincidano. Il SIT può essere inteso come l'insieme dei dati geografici organizzati per un relativo territorio, mentre il GIS è il mezzo in grado di accedere, visualizzare e modificare tali dati. Mogorovich (1988) ha definito il SIT: "Il complesso di uomini, strumenti e procedure (spesso informali) che permettono l'acquisizione e la distribuzione dei dati nell'ambito dell'organizzazione e che li rendono disponibili nel momento in cui sono richiesti a chi ne ha la necessità per svolgere una qualsivoglia attività".” Informazioni disponibili al sito http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_informativo_geografico.

23 Preatoni G., http://biocenosi.dipbsf.uninsubria.it/didattica/Biogeografia_Va/Lez04-Seminario_GIS(Preatoni).pdf.

24 Subioli P., “Il repertorio on line dei dati territoriali”, pubblicato in “Guida agli Enti Locali – Il sole 24 ore”, n. 30 del 30 luglio 2005 e disponibile on-line all’indirizzo www.cronache-egovernment.it/?p=111.

25 L’analisi riportata è di Subioli P., in “Il repertorio on line dei dati territoriali”, citato.

26 Lettieri N., cit..

27 “Le problematiche inerenti il territorio, nella sua accezione più ampia, costituiscono infatti uno dei settori più complessi in cui è necessario rendere incisivo il ruolo della PA nel promuovere un'efficace realizzazione dei servizi e un corretto sviluppo dell'attività di programmazione.” (dal commento ai SIT disponibile nel sito: http://www.cnipa.gov.it/site/it-it/Aree_operative/Progetti,_applicazioni_e_servizi/Sistemi_Informativi_Territoriali_/).

28 Maioli C. e Rabbito C., “La digitalizzazione della PA, nuove risorse in rete”, citato.

29 “La gestione in forma associata dei dati territoriali”, intervista di Subioli P. a Elettra Cappadozzi, disponibile on line all’indirizzo www.cronache-egovernment.it.

30 Definizione tratta dal sito http://protocollo.gov.it/protocollo_01_07.asp.

31 Subioli P., “Interoperabilità, il presidio dell’integrazione”. Testo integrale disponibile all’indirizzo: http://www.cronache-egovernment.it/?p=125.

32 D. lgs del 24 gennaio 2004, n. 36, “Attuazione delle Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico” (G.U. n. 37 del 14 febbraio 2006).

33 Il Considerando 9 prevede che: “La presente direttiva non prescrive l'obbligo di consentire il riutilizzo di documenti. La decisione di autorizzare o meno il riutilizzo spetta agli Stati membri o all'ente pubblico interessato. La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai documenti resi accessibili per il riutilizzo quando gli enti pubblici concedono una licenza in relazione ad informazioni, ovvero vendono, diffondono, scambiano o forniscono le medesime. Al fine di evitare sovvenzioni incrociate, il riutilizzo dovrebbe comprendere l'ulteriore uso di documenti all'interno della propria organizzazione per attività che esulano dall'ambito dei compiti di servizio pubblico. Le attività che esulano dai compiti di servizio pubblico comprenderanno, di norma, la fornitura dei documenti che sono prodotti e per i quali viene chiesto il pagamento di un corrispettivo in denaro esclusivamente su base commerciale e in concorrenza con altri sul mercato. La definizione di «documento» non comprende i programmi informatici. La presente direttiva si basa sui regimi di accesso esistenti negli Stati membri e non modifica le norme nazionali in materia di accesso ai documenti. Essa non si applica nei casi in cui i cittadini o le imprese, in virtù del pertinente regime di accesso, possono ottenere un documento solo se sono in grado di dimostrare un particolare interesse in proposito. A livello comunitario, l'articolo 41 sul diritto ad una buona amministrazione e l'articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconoscono ad ogni cittadino dell'Unione e ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la propria sede sociale in uno Stato membro il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Gli enti pubblici dovrebbero essere incoraggiati a rendere disponibili per il riutilizzo tutti i documenti in loro possesso. Gli enti pubblici dovrebbero promuovere e incoraggiare il riutilizzo di documenti, compresi i testi ufficiali di carattere legislativo e amministrativo, nei casi in cui gli enti pubblici hanno il diritto di autorizzarne il riutilizzo.”

34 “Rendere pubblici tutti i documenti generalmente disponibili in possesso del settore pubblico — concernenti non solo il processo politico ma anche quello giudiziario e amministrativo — rappresenta uno strumento fondamentale per ampliare il diritto alla conoscenza, che è principio basilare della democrazia. Tale obiettivo è applicabile alle istituzioni ad ogni livello sia locale che nazionale od internazionale.” (Considerando 16).

35 La nozione ufficiale di dato pubblico (Libro verde sull’informazione nel settore pubblico nella società dell’informazione) fa riferimento alla natura pubblica del soggetto che li detiene: i dati pubblici sono dati detenuti da soggetti pubblici. A questa nozione ne sono state affiancate altre due, riferite rispettivamente all’accessibilità al dato e alla natura del soggetto interessato: è dato pubblico il dato accessibile pubblicamente e incondizionatamente (mancanza di elementi di riservatezza) ed è dato pubblico il dato di interesse per un soggetto pubblico (natura pubblica del fruitore del dato). Per un’analisi approfondita di tale ripartizione si consulti lo studio disponibile al sito www.cnipa.gov.it/site/_files/dati_pubblici.pdf.

36 Maggipinto A., “Fruibilità dei dati in relazione agli archivi unici”, in “Il Codice dell’Amministrazione Digitale. Commento ragionato al Decreto Legislativo del 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche”, a cura di Marianna Quaranta, Liguori, 2007.

37 Maggipinto A., citato.

38 Alcuni osservatori hanno invece criticato le genericità delle espressioni utilizzate, che non determinano quale debba essere il contenuto delle convenzioni.

39 Il Sistema Pubblico di Connettività è definito dall’art. 73 del CAD : “1. Nel rispetto dell’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, e nel rispetto dell’autonomia dell’organizzazione interna delle funzioni informative delle regioni e delle autonomie locali il presente Capo definisce e disciplina il Sistema pubblico di connettività (SPC), al fine di assicurare il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e promuovere l’omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati stessi, finalizzata allo scambio e diffusione delle informazioni tra le pubbliche amministrazioni e alla realizzazione di servizi integrati. 2. Il SPC è l’insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo sviluppo, la condivisione, l’integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l’interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l’autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione. 3. La realizzazione del SPC avviene nel rispetto dei seguenti principi: a) sviluppo architetturale ed organizzativo atto a garantire la natura federata, policentrica e non gerarchica del sistema; b) economicità nell’utilizzo dei servizi di rete, di interoperabilità e di supporto alla cooperazione applicativa; c) sviluppo del mercato e della concorrenza nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.”

40 Decreto del 2 maggio 2006, n. 237, “Regolamento recante composizione e funzionamento del Comitato per le regole tecniche sui dati territoriali delle pubbliche amministrazioni, istituito ai sensi dell’articolo 59, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”. (G.U. n. 171del 25 luglio 2006).

41 Lettieri N., citato.

42 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 giugno 2007, relativo al decentramento delle funzioni catastali ai comuni (G.U. n. 154 del 5 luglio 2007).

43 Citato.

44 Lettieri N. , citato.

45 Lettieri N., citato.

46 Direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2007 che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea (c.d. Inspire da Infrastructure for spatial information in Europe).

47 “Mapping Hacks Tips & Tools for Electronic Cartography”, di Schuyler E., Rich G., Walsh J., prima edizione, giugno 2005.

48 La molteplicità dei modelli costituisce un risultato fisiologico del processo di decentramento. Maggipinto ha osservato in proposito: “Questa evoluzione pone peraltro al giurista, ma non solo al giurista, un’interessante questione sull’impatto che tale euforia tecnologica ha rispetto alla spinta autonomistica che connota la legislazione del settore pubblico dell’ultimo decennio. Da un lato, le esigenze storiche spingono, o spingerebbero, le amministrazioni a percorrere strade autonome, trovando soluzioni individuali e perciò potenzialmente differenti da quelle di altre realtà; dall’altra, la nuova necessità di cooperazione inter-organizzativa pone una nuova sfida, tanto complessa quanto più necessaria per un effettivo sviluppo del settore.”, cit..

49 Ricavato da: http://www.frontieredigitali.net/index.php/Geodati. L’articolo cui si fa riferimento esprime una posizione critica nei confronti della direttiva Inspire, interpretata quale tentativo di trasformare la diffusione dei dati territoriali in servizi di e-commerce tra autorità pubbliche e cittadini. Inoltre, l’ampia discrezionalità riconosciuta agli stati nella realizzazione delle infrastrutture territoriali nazionali non garantirebbe l’uniformità tecnologica e normativa necessaria per una concreta condivisione dei dati.

50 “In Inghilterra la gestione dei dati pubblici (e di quelli geografici in particolare), tutelati dal copyright della Corona, é assegnata a Ordnance Survey (OS) che é un Ente che si potrebbe definire "parastatale". L'accusa che Pluijmers e Weiss (“Borders in cyberspace: conflicting government information policies and their economic impacts”, National Weather Service, in uo.space.frot.org, 2002) muovono a OS é bruciante: degli oltre cento milioni di euro fatturati ogni anno da Ordnance Survey solo il 30% proviene realmente da acquirenti privati, mentre il rimanente riguarda richieste da parte di settori pubblici locali come i comuni. Questo significa che non si tratta propriamente di un business a vantaggio dello stato ma, al contrario, di un sistema evoluto per far pagare al cittadino più volte lo stesso servizio.” (v. nota precedente).

51 Si intendono servizi quelle procedure, attività o componenti del sistema, che permettono la comunicazione e l'interoperabilità e/o generano delle risposte alle richieste di informazioni degli utenti (definizione fornita al sito www.sardegnaterritorio.it).

52 Informazioni tratte dal sito http://nportale.comune.milano.it/sit2006/ot/home/homesit.asp?idxb=1.

53 Informazioni tratte da www.comune.bologna.it/sit.

54 Si veda in proposito http://sit.comune.modena.it/.

55 Piano triennale dell’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente (ARPA) dell’Emilia Romagna. (triennio 2006-2008).

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