Ustica: vittime da risarcire, ultimo capitolo di una tragedia italiana

Cassazione civile, sez. III, sentenza 28/01/2013 n° 1871

Ustica: vittime da risarcire, ultimo capitolo di una tragedia italiana(ASCA) - Roma, 28 gen - Si riapre il caso della tragedia di Ustica. Dopo anni di processi senza esito dal punto di vista penale, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha respinto un ricorso presentato dal Ministero della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti, sostenendo che i parenti delle vittime del disastro vanno comunque risarciti.

Secondo i magistrati della Cassazione, ''e' abbondantemente e congruamente motivata'' la tesi che fu un missile ad abbattere il Dc-9 dell'Itavia il 27 giugno 1980.

La Cassazione ha confermato anche che il controllo dei radar sui cieli italiani non era adeguato e si tratta di una decisione che puo' essere definita ''storica'' in quanto i magistrati per la prima volta hanno stabilito che l'aereo, sul quale viaggiavano 81 persone, fu colpito in seguito ad uno scontro tra caccia militari.

Si tratta di un nuovo capitolo per un vicenda sulla quale la magistratura italiana si e' impegnata in una serie di procedimenti, alcuni avviati per ricercare le cause, gli autori e i responsabili della strage, altri per i depistaggi che gia' trent'anni fa emersero con chiarezza durante l'accertamento dei fatti.

Gli autori materiali sono rimasti ''ignoti'' secondo l'istruttoria chiusa nel 1999 dal giudice Rosario Priore, ma siccome il reato di strage per il codice italiano non prevede la prescrizione, l'inchiesta potrebbe essere sempre riaperta.

Per quanto riguarda i depistaggi, nel 2004 sono stati ritenuti colpevoli di alto tradimento i generali dell'aeronautica Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, ma il reato, dopo oltre 15 anni, era caduto in prescrizione. I due generali ricorsero comunque in Appello, ottenendo nel 2005 un verdetto di assoluzione.

Per quanto riguarda la parte civile, il Tribunale di Palermo, dopo tre anni di udienze, aveva condannato i Ministeri della Difesa e dei Trasporti al pagamento di circa 100 milioni di euro in favore dei familiari delle vittime: il tribunale ha infatti stabilito che il cielo di Ustica non era controllato a sufficienza dai radar italiani, militari e civili e l'accertamento dei fatti fu apertamente ostacolato. Secondo la corte palermitana, il Dc-9 fu abbattuto nel corso di una vera e propria azione di guerra nei cieli italiani con la responsabilita' di alcuni esponenti dell'Aeronautica Militare Italiana. Oggi la sentenza definitiva, almeno dal punto di vista civile della Cassazione, che ha respinto il ricorso del governo italiano.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 13 novembre 2012 - 28 gennaio 2013, n. 1871

Svolgimento del processo

Il Ministero della Difesa e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti propongono ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo che ha rigettato il loro gravame contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Palermo che aveva accolto la domanda risarcitoria svolta nei loro confronti dai parenti di talune delle vittime dell'incidente aereo verificatosi il (OMISSIS) nei cieli di Ustica.

Resiste con controricorso D.L.A., in proprio e quale erede di De.Li.Er. e M.A.M..

Resistono pure con controricorso, proponendo due motivi di ricorso incidentale, G.A., V.C. e F. V., in proprio e quali eredi di V.E..

S.L.R.A., S.L.R.M., L. R.M.T., L.R.D. e C.M. non si sono costituiti.

G.A., V.C. e V.F. hanno depositato una memoria.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso incidentale proposto nell'ambito del ricorso principale iscritto al R.G. n. 24836/10 va deciso unitamente a quest'ultimo.

2.- Con il primo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, le Amministrazioni ricorrenti si dolgono del rigetto dell'eccezione di prescrizione quinquennale delle domande risarcitorie in quanto la Corte di Appello avrebbe ravvisato, nel fatto, la sussistenza del reato di disastro aviatorio colposo.

2.1.- Il mezzo è infondato. Il termine prescrizionale di quindici anni si applica infatti alla fattispecie non perchè la Corte di Appello ha ravvisato nella vicenda gli estremi del delitto di disastro aviatorio colposo (il che sarebbe questione di merito) ma perchè gli attori hanno dedotto che tale fattispecie sarebbe in tesi ravvisabile nel caso in esame. Dunque se il giudice di merito non avesse ritenuto fondata la domanda la avrebbe respinta, ma non avrebbe potuto dichiararla prescritta.

3.- Con il secondo motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, le Amministrazioni ricorrenti si dolgono della ritenuta sussistenza, da parte loro, dell'omissione di condotte doverose, pur in difetto di prova circa l'effettivo svolgimento dell'evento.

3.1.- Il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha infatti affermato, proprio in relazione alla domanda risarcitoria proposta da Itavia contro i Ministeri della Difesa, dell'Interno e delle Infrastrutture in relazione al medesimo evento, che in tema di responsabilità civile, poichè l'omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l'esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell'evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell'obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che l'evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell'esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell'esistenza del pericolo. Non sussiste, pertanto, il lamentato vizio di motivazione, non essendo dubbio che le Amministrazioni avessero l'obbligo di garantire la sicurezza dei voli e che l'evento stesso dimostra la violazione della norma cautelare.

4.- Con il terzo motivo, sotto il profilo della violazione di legge, le Amministrazioni ricorrenti si dolgono della loro condanna risarcitoria in difetto della prova di una condotta omissiva quanto meno colposa, avendo ritenuto sufficiente a giustificare l'imputazione di responsabilità il fatto che il disastro di Ustica rientrasse nel novero degli eventi che la norma cautelare, asseritamente violata, mirava ad evitare.

4.1.- Il terzo motivo va rigettato per le medesime ragioni esposte sub 3.1.

5.- Con il quarto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza impugnata è censurata in quanto, essendosi appiattita sulle conclusioni della sentenza del GOA di Roma nel giudizio risarcitorio promosso dall'Itavia S.p.A., non avrebbe dato conto degli elementi che militano in favore della tesi dell'esplosione interna, privilegiando la tesi del missile.

5.1.- Il quarto motivo è infondato, in quanto da un lato è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile, accolta dalla Corte di Appello, mentre d'altro canto il giudice di merito non è tenuto a dar conto di ogni argomento contrario alla tesi da lui accolta.

6.- Con il quinto motivo, sotto il profilo del vizio di motivazione, le Amministrazioni ricorrenti si dolgono dell'assenza del c.d. giudizio controfattuale.

6.1.- Il quinto motivo è infondato per le medesime ragioni esposte sub 3.1., essendo pacifico l'obbligo delle Amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli.

7.- Con il sesto motivo, sotto il profilo della violazione di legge, le Amministrazioni ricorrenti si dolgono dell'applicazione, nella specie, dell'art. 2050 cod. civ..

7.1.- Il sesto motivo è infondato. L'affermazione della Corte di Appello, secondo cui l'attività volta a garantire la sicurezza della navigazione aerea civile è pericolosa, quando detta navigazione risulti esercitata in condizioni di anormalità o di pericolo, è conforme all'insegnamento di questa Corte (Cass. 19 luglio 2002 n. 10551). Se poi le Amministrazioni ricorrenti intendono prospettare la differenza tra pericolosità della condotta e pericolosità dell'attività in quanto tale, nel senso che la prima riguarda un'attività normalmente innocua, che assume i caratteri della pericolosità a causa della condotta imprudente o negligente dell'operatore, ed è elemento costitutivo della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.; la seconda concerne un'attività che, invece, è potenzialmente dannosa di per sè per l'alta percentuale di danni che può) provocare in ragione della sua natura o della tipologia dei mezzi adoperati e rappresenta una componente della responsabilità disciplinata dall'art. 2050 cod. civ. il mezzo è allora inammissibile, in quanto la distinzione tra pericolosità della condotta e pericolosità dell'attività comporta un accertamento di fatto, incensurabile in cassazione se, come nella specie, congruamente motivato (Cass. 21 ottobre 2005 n. 20357).

8.- Con il primo motivo di ricorso incidentale, condizionato all'accoglimento del ricorso principale, G. e V. si dolgono della declaratoria di inammissibilità, in quanto nuova, della domanda di condanna delle Amministrazioni ricorrenti per responsabilità contrattuale, assumendone tra l'altro la mancanza di motivazione.

8.1.- il primo motivo di ricorso incidentale, espressamente qualificato come condizionato, è assorbito.

9.- Con il secondo, complesso motivo i ricorrenti incidentali, sotto il profilo del vizio di motivazione, lamentano innanzitutto l'incongruenza della liquidazione del danno subito iure proprio, in particolare quanto al mancato riconoscimento di rivalutazione ed interessi.

9.1.- Sotto tale profilo il mezzo - intestato a vizio di motivazione ma in realtà deducente una omessa pronuncia - è parzialmente fondato quanto alla rivalutazione ed agli interessi, nel senso che la Corte di Appello non si è pronunciata affatto sulle domande dei ricorrenti incidentali, salvo dire che il danno viene liquidato in moneta attuale. La sentenza va pertanto cassata in relazione.

10.- Sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, i ricorrenti incidentali si dolgono poi della mancata liquidazione iure hereditatis del danno da morte.

10.1.- Il mezzo, sotto tale profilo, è infondato. Va infatti ribadito quanto di recente affermato da questa stessa Sezione in merito al c.d. danno catastrofale, e cioè che in caso di morte della vittima a poche ore di distanza dal verificarsi di un sinistro, il risarcimento del danno catastrofale - ossia del danno conseguente alla sofferenza patita dalla persona che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita - può essere riconosciuto agli eredi, a titolo di danno morale, solo a condizione che sia entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte. Pertanto, in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della persona nel breve intervallo tra il sinistro e la morte, la lesione del diritto alla vita non è suscettibile di risarcimento, neppure sotto il profilo del danno biologico, a favore del soggetto che è morto, essendo inconcepibile l'acquisizione in capo a lui di un diritto che deriva dal fatto stesso della morte; e, d'altra parte, in considerazione della natura non sanzionatoria, ma solo riparatoria o consolatoria de risarcimento del danno civile, ai congiunti spetta in questo caso il solo risarcimento conseguente alla lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con la persona defunta (Cass. 24 marzo 2011 n. 6754).

11.- Il ricorso principale deve essere quindi rigettato ed il secondo motivo dell'incidentale accolto per quanto di ragione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione e rinvio, anche per le spese relative a G. + 2, alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione.

Le ricorrenti vanno condannate in solido, a ragione della soccombenza, al pagamento delle spese nei confronti del controricorrente D.L., liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compensi, oltre accessori.

P.Q.M.

la Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il principale ed accoglie il secondo motivo dell'incidentale per quanto di ragione;

cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese relative a G. + 2, alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione; condanna le Amministrazioni ricorrenti a pagamento delle spese in favore di D.L., liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compensi, oltre accessori.

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