Intelligence tra sociologia e spending review nel processo penale

Articolo, 17/04/2014

Intelligence tra sociologia e spending review nel processo penaleSommario

  1. Da Arpanet al Web
  2. Socialità &Web
  3. Comunicazione tra new world disorder e glocalizzazione
  4. Intelligence al servizio delle mafie
  5. Spending review ed esigenze di “vita all’altezza della norma”

1. Da Arpanet al Web

La tensione tra verità fattuale e verità processuale[1], ha inizio nel corso delle indagini preliminari, ove è individuato ogni elemento di pregnanza che sia idoneo a stabilire se sussistano gli estremi di rinvio a giudizio nel processo penale.

In questo contesto, una cospicua porzione dell’attività investigativa trova esplicazione attraverso le intercettazioni, sempre affannosamente alla rincorsa delle tecnologie che, a partire dagli anni ’80, hanno sconvolto lo scenario tecnico-investigativo, evolvendosi dapprima con la multiplazione determinisitica[2] delle comunicazioni, dalla telefonia RTMS a quella GSM, per implementare parallelamente le applicazioni della commutazione a pacchetto[3], nata negli anni ’60 come programma militare americano nel progetto ARPANET (Advanced Research Projects Agency NETwork) e, man mano, perfezionatasi fino alla ragnatela del www, il villaggio globale[4] prodotto del word wide web[5], e delle tecnologie cellulari di terza e quarta generazione a portata di taschino, continuando giorno per giorno a modificare modelli e protocolli di investigazione nel settore della comunicazione, sempre più ricchi di richiami sociolinguistici.

2. Socialità & Web

La socialità del web è descritta da Tim Berners-Lee[6] secondo due livelli: il primo, di comunicazione orizzontale tra pari, a cui consegue la diffusione di un sistema di relazioni indifferente rispetto alla natura sociale, economica, culturale ed ideologica degli utenti.

Un secondo livello, diretta conseguenza della diffusione del vettore di comunicazione web, che investe, poi, le abitudini degli utenti; la crescita esponenziale del suo impiego determina l’erosione degli altri spazi quotidiani disponibili per altre attività giornaliere, modificando attitudini e culture, sempre più ridondanti di link, tag, post ed “i like”.

In questo scenario, tutte le diverse modalità di comunicazione sincrona e asincrona che l'accoppiata computer e Internet mettono oggi facilmente a disposizione – come la posta elettronica, i newsgroup, le mailing list, le chat rooms o gli straripanti social network - hanno generato nuove forme di interazione e spazi inediti di socializzazione, ove non è più richiesta la presenza fisica degli interlocutori[7].

Da qui la costituzione delle communities, in antitesi al concetto spaziale dei confini, descritto dai cyber-antropologi delle comunità virtuali[8] con lo slogan “decostructing the boundaries, costructing the communities[9], ed ove la comunicazione mediata dal computer[10], va sempre più assumendo i contorni di un nuovo oggetto di ricerca per le scienze sociali.

3. Comunicazione tra new world disorder e glocalizzazione

Un contesto ove, nel prendere contezza che il medium non è solo il messaggio, ma anche il massaggio in grado di saturare, plasmare, e trasformare ogni rapporto sensoriale[11], trovano ampio spazio i nuovi linguaggi globali, fatti di acronimi e di smiles “iconizzate” sulle tastiere qwerty, secondo un modello autonomamente coniato dai giovani che sempre più frequentemente si confrontano con le comunicazioni a distanza, per nulla intimoriti da quel New World Disorder descritto da KenJowitt[12], dimostrando abilità ed intuito nel veicolare flussi di informazioni nel disordine globale della crisi, ormai da intendersi non soltanto economica[13].

Confronto che, sempre più spesso, avviene affrontando tematiche “forti” a cui i giovani non intendono rinunciare, ed ove gli interessi delle piccola comunità vanno quotidianamente a confliggere con gli interessi della geopolitica[14] dei “grandi”[15] e della “finanza anonima”[16] che sottobanco governa le sorti dei paesi[17], trovando attraverso i social networks una inimmaginabile cassa di risonanza, da qui dando voce a quel concetto sociologico che Zygmunt Bauman aveva definito con l’ossimoro di glocalizzazione[18].

4. Intelligence al servizio delle mafie

In questo panorama - dove sociologia, comunicazione, devianze, sub/contro culture, cybertecnologie e protocolli d’intelligence si commistionano - trovano spazio nel processo penale i variegati aspetti delle intercettazioni e delle contro misure nella loro più recente e complessa evoluzione tecnologica, in uno scenario investigativo dove, piatti della bilancia sempre più squilibrati si confrontano in un contesto tecnologico ormai troppo spesso appannaggio delle narco[19] mafie[20] e della criminalità transnazionale[21] - ancor prima di essere conosciuto ed applicato sotto il profilo istituzionale giudiziario, di prevenzione e di contrasto – rilevando, per un verso, la spasmodica necessità delle lobbies criminali di mantenere impermeabile il proprio modus operandi[22], pronto ad investire in tecnologie avanzate[23], con richieste sofisticate rivolte ad un comparto di ricerca sempre più spregiudicato nelle politiche di economia aziendale.

Per altro verso appare, invece, sempre più evidente che l’offerta tecnologica rivolta dalle tante aziende di intelligence[24]all’apparato giudiziario dello Stato sia di sovente antieconomica e non praticabile, per via del disordinato ricorso a “scelte” di ausiliari, di consulenze e di tecnologie a noleggio[25], con “spese di giustizia” esageratamente esponenziali[26] ed incompatibili secondo un’ottica di costo/beneficio[27].

Protocolli high-cost, ancor prima che high-tech, oggi sempre più gettonati per esigenze di spettacolarizzazione mediatica[28], ove il distinguo tra presunzione d’innocenza e giudizio di colpevolezza[29] lascia il posto ad altalenanti necessità di ordine collettivo e di “ansie giustizialiste[30].

“Disordine” investigativo che traspare già nelle fasi di coordinamento delle indagini, assistendo a banali, quanto frequenti, errori di valutazione in fase di input, con continue sovrapposizioni istituzionali, conflitti di “competenza giornalistica”, improvvisazioni “fai da te”, inquinamenti irreversibili della crime scene ed, alle volte, grotteschi flop giudiziari.

5. Spending review ed esigenze di “vita all’altezza della norma”

La scarsa conoscenza delle varie applicazioni fruibili per esigenze di giustizia - nonostante le sempre più pressanti esigenze di taglio dei costi in un’ottica di generale spending review[31] - determina, conseguentemente, uno sregolato, sproporzionato ed alle volte inopportuno ricorso a tecnologie investigative d’eccellenza, un tempo riservate a ristretti àmbiti di monitoraggio d’ élite a cura degli organismi di informazione e sicurezza, attingendo – in modo alle volte grossolano e frammentario - dal serbatoio di quel protocollo informativo convenzionalmente noto con il termine “processo d’ intelligence[32], ormai divenuto merce di disquisizione tecnologica al ribasso.

In questo dualismo - tra esigenze di giustizia e di risparmio della spesa pubblica, tra opportunità di prevenzione e necessità di repressione, tra accertamento della colpevolezza e certezza della pena, tra giusto processo e tempi della sua definizione, tra esigenze cautelari e sovraffollamenti carcerari, tra afflizione e reinserimento sociale, tra verità fattuale e verità processuale[33], - emerge, da ultimo, quel “desiderio di ordine” descritto da Milan Kundera come “un desiderio di trasformare il mondo degli esseri umani in qualcosa di inorganico, in cui tutto funzioni perfettamente secondo un programma subordinato a un sistema sovra personale”[34], e dove, sempre più spesso, “questioni sociali e repressione penale” implodono, sotto la focale sociologica di Zyngumut Bauman, nel dubbio che l’autoemarginato, reo di aver disatteso alle regole possa essere stato escluso, alle volte, non perché inidoneo per mancanza di volontà o per premeditazione, bensì per l'assenza di risorse che gli abbiano permesso di “vivere all'altezza della norma”[35].

Per approfondimenti:

(Altalex, 17 aprile 2014. Articolo di Michelangelo Di Stefano)

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[1] P. Bellucci, A onor del vero. Fondamenti di linguistica giudiziaria,Ed. Utet, Torino (2002), pag. 39: “[...] La tensione fra verità fattuale e verità processuale comincia proprio nelle indagini preliminari. Le indagini devono accertare, per quanto possibile, ogni elemento utile per stabilire se esistano gli estremi di rinvio a giudizio e gli investigatori ricercano le prove perché poi sia possibile ricostruire al meglio in dibattimento la cronaca della storia e dei fatti. Di conseguenza, gli errori e le imperizie di questa fase condizionano, con gradi di rilevanza diversi, tutto ciò che segue. Come abbiamo visto, il legislatore stabilisce un’equipollenza fra le dichiarazioni raccolte nella fase delle indagini preliminari e la loro documentazione scritta. Tale equipollenza deve richiamare l’attenzione generale sulla complessità – e responsabilità – anche linguistica che, di conseguenza, investe tutte le attività di conversione dall’oralità alla scrittura attuate nella fase delle indagini preliminari. A questo si aggiunge un’altra constatazione, che aumenta il rilievo della documentazione raccolta in questa prima fase. Abbiamo già messo in evidenza la distinzione tra il fascicolo del pubblico ministero e del difensore e quello del dibattimento, tesa a garantire che la formazione del convincimento del giudice avvenga in dibattimento. D’altra parte, però, tutti gli operatori del diritto sanno bene che le parti preparano la propria strategia di accusa e difesa e i propri interventi in dibattimento a partire dal primo fascicolo. Per di più, le parti hanno l’obiettivo di far trasmigrare nel secondo ciò che già esiste a supporto della propria tesi e si trovano nella necessità di confutare ciò che invece le si oppone[...]”.

[2] C.d. commutazione di circuito, caratterizzata dalla stabile capacità trasmissiva totale in uscita al multiplatore, ed allocata a ciascun canale tributario in ingresso. Ciascun utilizzatore ha a disposizione un canale trasmissivo dedicato con la garanzia di poter utilizzare sempre tutta la sua capacità ad ogni richiesta di servizio.

[3] RTMS è l’acronimo di Radio Telephone Mobile System, GSM indica invece il Global System for Mobile Communication.Nella multiplazione statistica ( o commutazione di pacchetto) il flusso di informazioni è segmentato in più pacchetti di lunghezza limitata o fissa, contenenti le informazioni necessarie per definire la destinazione del pacchetto e contrassegnati da un preambolo ed un epilogo al fine di consentirne identificazione e riconoscimento all'interno del flusso di dati trasmessi.

[4] Marshall Mc Luhan, Bruce R. Powers, The global village, OxfordUniversity Press (1989): ”[…] L’era elettronica è letteralmente un’epoca di illuminazione […]", la natura stessa dell’elettricità è " […]pura informazione che, nella sua applicazione pratica, illumina tutto ciò che tocca. Qualsiasi processo che si avvicini all’azione reciproca istantanea di un campo totale tende ad elevarsi al livello della consapevolezza[...]" .

[5] Termine coniato dagli informatici Tim Berners-Lee e Robert Cailliau.

[6] Tim Berners-Lee: L'architettura del nuovo Web, Editore Feltrinelli, Milano (2001).

[7] Apogeonline.com: La rete riflette su se stessa, articolo di Vincenzo Bitti, pubblicato il 14.5.1998: “[…]La CMC (Computer MediatedCommunication), la comunicazione mediata dal computer, va sempre più assumendo i contorni di un nuovo oggetto di ricerca per le scienze sociali. Posta elettronica, newsgroup, mailing list, chat rooms solo testo e/o multimediali, MUD, MOO; - tutte le diverse modalità di comunicazione sincrona e asincrona che l'accoppiata computer e Internet mettono oggi facilmente a disposizione - hanno creato nuove forme di interazione, inediti spazi di socializzazione che non richiedono la presenza fisica degli interlocutori. E poiché la dove c'è comunicazione c'è cultura, antropologi e sociologi si stanno dando da fare nel tentativo di comprendere (e spiegare) come tutto ciò vada dipanandosi. Sono già numerose le risorse disponibili nei relativi siti Web: raccolte di saggi, collezioni di corsi universitari, interviste a studiosi del settore, dichiarazioni programmatiche, bibliografie, progetti di ricerca. Come pure crescono i gruppi di ricerca, i centri studi, le riviste accademiche, spesso emanazioni di dipartimenti di sociologia, antropologia, mass media e cultural studies, soprattutto negli Stati Uniti ma anche altrove. Alcuni propongono anche vere e proprie indagini etnografiche, pezzi di vita vissuta online passati sotto la lente delle scienze sociali. Qualche esempio lo troviamo su Cybersoc: Sociological and EthnographicStudy of Cyberspace, dove Robert Hamman, aspirante Phd dell'università di Liverpool ci propone One Hour in the E-world Hot Tub, un progetto di ricerca basato sul metodo dell'osservazione partecipante tra i frequentatori dei canali chat di AOL. […]”.

[8] Ivi: “[…] Anche i lavori intorno alle dinamiche su Internet Relay Chat (IRC) e i MUD di ElizabethReid, dottoranda alla University of Melbourne, si accostano al tema della socialità in rete con un approccio empirico e descrittivo. Così l'etnografia, ancella empirica dell'antropologia, per definizione osservazione e analisi in loco di popoli esotici e lontani, avvolta dall'alone romantico dell'antropologo viaggiatore, viene ora condotta online, rimanendo seduti alla propria scrivania. Unici mezzi necessari un computer e un modem: persino il vecchio taccuino sembra inutile in uno spazio in cui testo e contesto coincidono. Basta registrare quanto scorre sul monitor, meglio se partecipando interattivamente, per poi analizzare con calma più tardi quanto è accaduto […]”.

[9] Elizabeth M. Reid: Electropolis: Communication and Community on Internet Relay Chat, paper (1991).

[10] CMC (Computer Mediated Communication).

[11] Marshall Mc Luhan, Understanding Media: The Extensions of Man, Gingko Press (1964): “[...] ilmedium è ilmessaggio […] I più, inconsapevoli degli effetti pervadenti dei media sull'uomo, non si rendono conto anzitutto che lo stesso medium è il messaggio, non il contenuto, e inoltre ignorano che il medium è il massaggio, si perdoni il bisticcio, poiché esso intride, satura, plasma e trasforma ogni rapporto sensoriale. Il contenuto o messaggio di un qualsiasi medium ha tanta importanza quanta ne ha la stampigliatura sulla cassa d'imballaggio di una bomba atomica[...] Affermando che il medium è il messaggio, piuttosto che il contenuto, io non voglio affermare che il contenuto non giochi nessun ruolo, ma piuttosto che il suo ruolo è di natura subordinata [...] ".

[12] K. Jowitt, The New World Disorder: The Leninist Extincion, University of California Press, (1992).

[13] Riprendendo il concetto di Jowitt, ha scritto Ezio Mauro su la REPUBBLICA: “[…] Il nuovo disordine mondiale, oggi, nasce proprio da qui. La prima reazione alla crisi è il timore di rimanere coinvolti nella perdita improvvisa di ricchezza dovuta all'inganno di prodotti finanziari avariati, o alla speculazione sulla perdita di credibilità universale delle banche, o alla paura irrazionale che diventa panico e fuga […]. La credenza, prima di tutto, di una ricchezza e di una crescita senza il lavoro, senza una comunità di riferimento, dunque senza una responsabilità pubblica e le regole che ne conseguono. La riduzione della complessità della globalizzazione alla sola dimensione economica, anzi finanziaria. Lo scarto tra economia reale e realtà dei mercati finanziari, tra le transazioni valutarie e le transazioni commerciali, tra le merci, la moneta e il clic che invia l'ordine di comprare o di vendere in base a indicatori computerizzati. Il divario tra ricchi e poveri, che il boom tecnologico e finanziario ha accentuato, anche dentro gli stessi Paesi in via di sviluppo. Le nuove, improvvise gerarchie sociali che sono nate da questo sommovimento con una forza culturale che pretende il riordino di competenze, saperi, professioni, gruppi sociali, comunità, quartieri, aree del mondo e Paesi […]”.

[14] Nel descrivere l’importanza degli strumenti di comunicazione di massa, aveva precisato Yves Lacoste: ”Viene considerata geopolitica quella situazione nella quale due o più attori politici, si contendono un territorio. In questo contendere, le popolazioni che abitano il territorio conteso, o che sono rappresentate dagli attori che se lo contendono, devono essere coinvolte in questo conflitto, attraverso l'uso degli strumenti di comunicazione di massa”.

[15] www. Rainews24.it: trasmissione “In ½ ora” di Lucia Annunziata del 4.3.2012, intervistato commissario straordinario per la TAV Mario Virano: << […] “Sicuramente c'è la consapevolezza che se si vuole evitare conflittualità bisogna evitare di cominciare a discutere con le comunità locali quando il progetto è già fatto". Lo ha detto alla trasmissione "In 1/2 ora" il commissario straordinario del Governo per la Tav, Mario Virano Prima c'è stato "un approccio non sufficientemente attento a come si è evoluto il rapporto fra globale e locale". Il mondo, come dicono i sociologi, "è diventato glocal e bisogna elaborare misure che consentano di anticipare il dialogo fra le ragioni del generale e quello del locale". "Se uno si siede al tavolo dicendo questo è il progetto - ha aggiunto - magari il progetto definitivo, che è costato qualche milione di euro e due o tre anni di lavoro e poi si dice ora discutiamo, al di là dell'apertura mentale degli interlocutori c'è una rigidità oggettiva">>.

[16] Centroriformastato.org: “Hollande e la Francia. La sinistra e l’Europa” articolo pubblicato il 14.2.2012, di Nicola Genga: “ […] 2. Economia, produzione, lavoro: L’analisi della crisi è la chiave di lettura del progetto di Hollande. Nell’imputare le responsabilità dei processi recessivi che investono l’economia globale dal 2008 il candidato socialista assume una posizione tranchant. Nel discorso di Le Bourget l’avversario contro cui combattere ha la sagoma anonima del “mondo della finanza”. “Sotto i nostri occhi”, ha detto il candidato Ps, “in vent’anni la finanza ha preso il controllo dell’economia, della società e anche delle nostre vite. Le banche, salvate dagli Stati, mangiano ormai la mano che le ha nutrite. Le agenzie di rating, criticate giustamente per non essersi accorte della crisi dei subprime, decidono della sorte dei debiti sovrani dei principali paesi, giustificando così dei piani di rigore sempre più dolorosi (…) La finanza si è svincolata da ogni regola, da ogni morale, da ogni controllo”. Di qui l’intenzione, espressa negli engagements, di vietare alle banche francesi qualsiasi operazione speculativa[…]”.

[17] The Economist: The Greek Run and the GREXIT, 19 maggio 2012: “[…] GREXIT è un termine brutto per quello che potrebbe presto diventare una realtà ancora più brutta: partenza della Grecia dalla zona euro. Come furia ad Atene corre contro la frustrazione con riluttanza greca nel resto dell'Unione europea, più travagliata economia dell'UE potrebbe voce fuori della moneta unica nel giro di settimane. Se banche greche subiscono una massa di eseguire, come i depositanti ritirare euro per paura che essi saranno convertiti forzatamente in nuovi dracme, il destino della Grecia poteva essere risolte anche prima. Politici ascendente della Grecia, in particolare Alexis Tsipras, leader del partito Syriza sinistro radicale, vogliono a ripudiare l'affare di salvataggio della Grecia con i creditori europea e fondo monetario internazionale. I creditori, in particolare in Germania, sono in piedi fermi, giustamente, rendendo chiaro che sarà non ricattati in ripetutamente riscrittura salvataggi. Se in nuove elezioni il 17 giugno gli obiettori dispone di una maggioranza, come suggeriscono i sondaggi, e se essi si ritira su deal cauzione fuori della Grecia, il mondo taglierà l'alimentazione dei fondi di salvataggio. È difficile vedere Grecia poi restare nell'euro[…]”.

[18] Z. Bauman, Globalizzazione e glocalizzazione, Armando editore, Roma (2005), pag. 337: “ […] Nessuno sembra ormai sotto controllo. Peggio ancora, non è chiaro a cosa potrebbe somigliare, in queste circostanze, l’ <<essere sotto controllo>>. Come prima, ogni tentativo di porre ordine è locale e determinato da qualche problema, ma non vi è luogo che possa pronunciarsi per l’umanità nel suo insieme, né un problema che possa affrontarsi per la totalità degli affari del globo. Proprio questa nuova e spiacevole percezione è stata espressa (con scarso beneficio per la chiarezza intellettuale) nel concetto attualmente alla moda di globalizzazione. Il significato più profondo trasmesso dall’idea di globalizzazione è quello del carattere indeterminato, privo di regole e dotato di autopropulsione degli affari del mondo: l’assenza di un centro, di una stanza dei bottoni, di un comitato di direttori, di un ufficio amministrativo. La globalizzazione è un nuovo disordine del mondo di cui parla Jowitt sotto un altro nome. In questo, il termine <<globalizzazione>> differisce radicalmente da un altro termine, quello di <<universalizzazione>>, una volta costitutivo del discorso moderno sugli affari globali, ma ormai caduto in disuso e più o meno dimenticato. Insieme a certi concetti come <<civiltà>>, <<sviluppo>>, <<convergenza>>, <<consenso>> e molti altri termini usati nel dibattito appena iniziato e classico-moderno, l’universalizzazione trasmetteva la speranza, l’intenzione, la determinazione di creare ordine […]”.

[19] D.P.R. N. 309/1990, Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, art. 74. Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope: “1. Quando tre o piu' persone si associano allo scopo di commettere piu' delitti tra quelli previsti dall'articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione e' punito per cio' solo con la reclusione non inferiore a venti anni. 2. Chi partecipa all'associazione e' punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. 3. La pena e' aumentata se il numero degli associati e' di dieci o piu' o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. 4. Se l'associazione e' armata la pena, nei casi indicati dai commi 1 e 3, non puo' essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a dodici anni di reclusione. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilita' di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. 5. La pena e' aumentata se ricorre la circostanza di cui alla lettera e) del comma 1 dell'articolo 80. 6. Se l'associazione e' costituita per commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell'articolo 416 del codice penale. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla meta' a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti. 8. Quando in leggi e decreti e' richiamato il reato previsto dall'articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, abrogato dall'articolo 38, comma 1, della legge 26 giugno 1990, n. 162, il richiamo si intende riferito al presente articolo”.

[20] Art. 416 bis c.p. “Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da sette a dodici anni […..] Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso”.

[21] L. 16 marzo 2006, n. 146, Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001, art. 3 definizione di reato transnazionale: “1. Ai fini della presente legge si considera reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonche': a) sia commesso in piu' di uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita' criminali in piu' di uno Stato; d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato”.

[22] L’Espresso, n. 39 anno LVIII, 27 settembre 2012, FACE BOSS, pagg. 36-39: “ […] Danno ordini. Vendono droga. Minacciano. Così i mafiosi hanno imparato a comunicare sfruttando Facebook. Dove ora la giustizia dà loro la caccia[…]”. Latitanti su Skype: […]Criminali e ricercati possono dunque parlare e inviare messaggi attraverso il web senza essere scoperti? Purtroppo tutto ciò accade. Ma quando la polizia giudiziaria riesce ad identificare il canale Facebook allora tutto cambia: quello che si fa per le intercettazioni oggi può essere realizzato anche per i social network. Le indagini hanno svelato che i mafiosi utilizzano Facebook anche per comunicare con soggetti che hanno difficoltà di movimento come i latitanti, soprattutto se si trovano fuori dal territorio nazionale. Mafiosi e camorristi devono essere dunque al passo con la tecnologia per sfuggire all’arresto? Mentre i giovani sono naturalmente preparati all’uso dei social network, sfruttando questi strumenti, i vecchi mafiosi no. Ma la necessità di un latitante, di un vecchio criminale di operare sul territorio è tanta e dunque è costretto ad assorbire i mezzi di funzionamento di Facebook o Skype e utilizzarli[…]”

[23] O.c.c.c. N. 46229/08 R.G.N.R. mod. 21 e N. 10464/08 R.G.GIP Tribunale di Milano, GIP dr. Giuseppe Gennari, del 10.11.2011, pagg. 80 e ss. “ […] I L., sempre impegnati a sottrarsi a indagini che temevano in corso, si procureranno anche uno scanner per individuare eventuali strumenti di intercettazione. Dei numerosi casi in cui gli indagati si sono espressi in termini ermetici, si evidenzia quello in cui i sodali L. G. e il medico G. V. si sono mostrati assai ambigui e guardinghi rispetto a eventuali attenzioni dell’Autorità giudiziaria e di Polizia. Più precisamente, la coppia è stata lungamente impegnata a procacciare un rilevatore elettronico idoneo ad individuare la presenza di apparati di captazione, che i due si sono ben guardati dal menzionare esattamente, preferendo esprimersi in termini di “documenti” e/o “telefono”, come ricostruito nel seguente riepilogo fondato sui servizi tecnici ed operativi esperiti.[…] In piena notte del 26.9.09, in merito ai “documenti” ricevuti, L. G. si è rivolto a G. V. come segue: “dovevi vedere M. [...] mentre li compilava stanze per stanze”, facendo intendere che si trattava di un rilevatore che la cognata V. M. aveva testato nei loro uffici alla ricerca di microspie[….] al prog. 17218 […] utenza […] di L. G., costui è stato richiesto dalla cognata V. M., che stava aspettando il corriere per l’invio del plico: “per quella spedizione [...] se spedisce zio P., se il mittente è zio P.”, ossia il noto zio L. G.. Il L. ha approvato tale mittente; Alla conferma che V. M. aveva spedito tramite corriere TNT un pacco, con mittente “zio P.”, ovvero L. G., gli operanti hanno individuato, nel pertinente deposito di Rho (MI), due pacchi dei L. aventi i seguenti parametri: - con mittente M. G. srl, destinato alla “A. srl” di Pomezia (RM); - con mittente L. G. […], Milano, destinato a P. P., via […], Gallina (RC). Accertato che il predetto P. P.o, titolare del sito internet WWW.[...].net – con rivendita all’indirizzo di invio del pacco – era specializzato in elettronica e commercio di specifici prodotti per le bonifiche ambientali e intercettive, si è verificato che il plico in parola conteneva effettivamente un frequenzimetro per la rilevazione di microspie denominato “RIVLOC 2”, idoneo alla captazione di radiofrequenze idonee al funzionamento di microspie ambientali e telefoniche, trasmettitori audio-video ecc.. Quindi, la confezione è stata riconsegnata per il regolare inoltro ai destinatari calabresi […]”.

[24] L’Espresso, n. 49 anno LVII, 8 dicembre 2011 pagg. 40 e ss: “ SIAMO TUTTI SPIATI decine di aziende private controllano il mercato delle intercettazioni, dispongono di miliardi di dati, ecco come entrano nella nostra vita: […] una ditta di Milano ha creato un’arma cibernetica che penetra in pc e cellulari, trasformandoli in microspie all’insaputa dei proprietari […] parenti stretti del trojan d’attacco sono già finiti in mani spregiudicate. La Procura di Napoli ne ha scoperto uno utilizzato da Bisignani, considerato il faccendiere principe nell’ultimo decennio, che poteva sfruttarlo per spiare a piacimento […] le stesse ditte al lavoro per conto di magistratura e servizi segreti, rendendo confusi i confini legali delle operazioni […] il confine tra intercettazioni legali, regolarmente autorizzate dai magistrati in base a precise leggi nazionali, e quelle dei servizi segreti, usate per lo spionaggio e quindi sottrarre il controllo ad un giudice, sembra sottile […]”.

[25] Alcune Procure della Repubblica, tra cui Palermo e Reggio Calabria, per contenere il fenomeno hanno uniformato i costi massimi di noleggio nel settore delle intercettazioni audio/video, così evitando il lievitare oltre soglia dei costi complessivi di giustizia (vedasi, tra le altre, Procura della Repubblica di Reggio Calabria, circolari n. 1477 del 17.5.2011 e s.n. del 16.4.2012: “indicazione prezzi massimi praticabili per i servizi di noleggio al supporto delle attività di intercettazione di telecomunicazioni di conversazioni tra presenti, c.d. ambientali, video e localizzazione”).

[26] La scelta aziendale di alcune imprese di piccolo cabotaggio è spesso condizionata dal modesto capitale investibile che, ormai di sovente, collide con le lunghe prassi burocratiche della pubblica amministrazione nella liquidiazione dei pagamenti. Parallelamente, le grosse aziende dell’intelligence riescono, con sforzi manageriali ed esposizione economica inferiori, ad acquisire in regime di monopolio alcuni settori del mercato, tagliando fuori concorrenze ed investimenti mirati nella ricerca scientifica e tecnologica. Da qui, almeno in parte, l’appannaggio verso clientele immediatamente solvibili, seppur in odor di mafia, in assenza di una precisa legislazione in materia.

[27] Altra questione attiene allo scarso interesse, in campo internazionale, che è stato rivolto ad oggi verso i protocolli L.I. (LawfulIntercpetion) sulle intercettazioni legali, con blande iniziative comunitarie per il coordinamento procedurale della telefonia mobile nel campo delle intercettazioni per motivi di giustizia, e la conseguente mancanza di standards che hanno determinato una serie di criticità del sistema, in quanto le aziende non hanno interesse a fornire, a proprie spese, servizi ed applicazioni non espressamente previsti e codificati. Per contro, gli organismi comunitari hanno prestato particolare attenzione ai protocolli ETSI, sulle trasmissioni mobili sotto il profilo commerciale e d’impresa, che ha trovato ampia applicazione, rendendo i vari sistemi adottati dai gestori assolutamente interfacciabili e compatibili, con una standardizzazione del sistema di telefonia radiomobile internazionale.

[28] Fonte: www.tgcom24.mediaset.it: “Il filmato, ricorda Repubblica, fu proiettato in aula durante la requisitoria della procura, ma non fu mai reso disponibile come copia agli avvocati della difesa. La scelta fu motivata dagli inquirenti che precisarono di voler "evitare le speculazioni dei media e l'utilizzo televisivo del filmato". Il video - rimasto dal primo grado in poi nei cassetti della procura di Perugia - dura circa venti minuti e ricostruisce il delitto partendo dal pomeriggio del primo novembre 2007. La scena dell'aggressione è stata riprodotta al rallentatore e per realizzarla sono state utilizzate anche diverse foto scattate sul luogo del delitto. Ora il procuratore della Corte dei conti, Agostino Chiappiniello, con questa istruttoria sui costi del processo Meredith vuole capire se la fattura da 182mila euro per il video in 4D sia stata una spesa "congrua" e necessaria per le casse pubbliche, o se si sia trattato di spreco di denaro pubblico. Certo è che se la Cassazione dovesse confermare la sentenza d'appello, il costo del video (182 mila euro) resterà a carico dello Stato”.

[29] P.P. Paulesu, La presunzione di non colpevolezza dell’imputato, Giappichelli Editore, Torino (2008), pag. 2: “[…] ‘L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva’, recita sinteticamente l’art. 27 comma 2 Cost. Un assunto apparentemente ovvio, si sarebbe tentati di dire sul filo dell’antìfrasi, stante la palese illogicità di qualsiasi affermazione di segno contrario: infatti, come ritenere colpevole colui che nessun giudice ha ancora considerato tale con una sentenza irrevocabile […]”.

[30] Ivi, pag. 3: “[…]In realtà, basta volger lo sguardo alla complessa ‘quotidianità del processo penale, alla sua intrinseca valenza sanzionatoria, al suo essere, in ogni caso, per colui che vi è sottoposto, ‘fonte autonoma di mali’, al problema del corretto uso degli strumenti cautelari, alle difficoltà dell’accertamento in ordine a particolari tipologie delittuose, al rischio dell’errore giudiziario, oppure al modo in cui la giustizia penale è intesa (rectius, fraintesa) da una collettività pervasa da ‘ansie giustizialiste’, dove il diaframma tra il processo e la pena tende sempre più ad assottigliarsi , per convincersi della necessità di quell’enunciato. Una conclusione avvalorata dalla circostanza che il riferimento alla presunzione di non colpevolezza è presente, sia pur con accenni lessicali diversi, in tutti i più importanti testi internazionali[…]”.

[31] Ansa.it: Spendingreview, dagli italiani boom di proposte via web, articolo pubblicato il 5 maggio 2012: “[…] La riduzione del numero dei parlamentari e delle 'auto blu' di Stato, una razionalizzazione degli enti locali e la drastica riduzione dei finanziamenti ai partiti. In sintesi, un intervento per ridurre i costi della politica. Sarebbero queste le principali richieste inviate via web dai cittadini al Governo in questi giorni, a seguito dell'invito di Palazzo Chigi a segnalare gli sprechi sul sito internet della presidenza del Consiglio. Si tratta di una stima di massima che non ha alcuna valenza statistica o scientifica ma resa possibile grazie ad una rapida lettura delle prime mail inviate dai cittadini. In ogni caso, pur senza valore scientifico, questo screening superficiale è un termometro delle preferenze degli italiani. In ogni caso, vista la riuscita dell'iniziativa, per avere dati più precisi o almeno una suddivisione delle mail in macroaree, si dovrà attendere ancora, probabilmente lunedì o nel corso della prossima settimana[…]”.

[32] GNOSIS, Rivista Italiana di Intelligence, anno XII n.2/2006, pagg. 21 e ss. La comunità internazionale ha, in proposito, standardizzato l’attività di intelligence raggruppandola secondo i criteri di acquisizione e le sfere di applicazione dei singoli protocolli, come di seguito richiamato: HUMINT (HUManINTelligence) concerne l’acquisizione dei dati strategici è svolta da risorse umane che hanno il compito di raccogliere notizie attraverso relazioni interpersonali (agenti e informatori) o l’osservazione diretta (osservatori); IMINT (IMageryINTelligence) cura la raccolta e analisi di immagini aeree o satellitari; MASINT (MeAsurement and SignatureINTelligence) attiene all’acquisizione di immagini non visibili con sensori elettrici o radar; COMINT (COMmunicationINTelligence) raggruppa l’intercettazione, selezione e interpretazione dei contenuti inerenti al traffico delle telecomunicazioni (perlopiù flussi di traffico che transitano per i satelliti e i cavi internazionali); ELINT (ELectronicINTelligence) studia la ricezione e analisi di segnali elettronici, come ad esempio l’emissione dei sistemi radar; SIGINT (SIGnalINTelligence) si interessa della raccolta di dati mediante l’intercettazione di mezzi di comunicazione (ad esempio radio, mail, telefono, ecc); TECHINT (Scientific and TECHnicalINTelligence) riguarda l’attività d’intelligence nel settore delle armi ed equipaggiamenti, nonchè di acquisizione informazioni a livello strategico; OSINT (Open Source INTelligence) riguarda l’ acquisizione e l’analisi dei contenuti messi a disposizione dalle fonti aperte (stampa, internet, social networks, database pubblici, ecc.).

[33] P. Bellucci, A onor del vero. Fondamenti di linguistica giudiziaria,Ed. Utet, Torino (2002), cit.

[34] S. Ciappi, Periferie dell'impero. Poteri globali e controllo sociale,Edizioni DeriveApprodi, Roma (2003), p. 161: “ […] Ogni società compie delle scelte. Infatti, se possiamo chiamare «società» un insieme di persone, intendendo individui con «un'appartenenza comune», che formano una «totalità», ciò è il risultato di una scelta: una selezione che è allo stesso tempo un vincolo imposto a chi vi è ammesso. Una simile scelta rende un determinato insieme di persone differente da un altro. Se un dato insieme sia o non sia una «società», dove corrono i suoi confini, chi vi appartiene o meno: tutto ciò dipende dal potere vincolante della scelta e dal consenso che essa riscuote. Tale scelta si cristallizza in due imposizioni (o meglio, in una sola, che ha un duplice effetto): l'ordine e la norma. Milan Kundera ha definito il «desiderio di ordine», evidente in ogni società conosciuta, come «un desiderio di trasformare il mondo degli esseri umani in qualcosa di inorganico, in cui tutto funzioni perfettamente secondo un programma subordinato a un sistema sovrapersonale». Il desiderio di ordine è allo stesso tempo desiderio di morte, poiché la vita è un continuo processo di sovvertimento dell'ordine. Oppure, si può ribaltare la formula: il desiderio di ordine è un pretesto, anche se virtuoso, che nasconde una «misantropia» violenta e non fa che alimentarla, fornendo una giustificazione per qualsiasi azione possa provocare. L'ordine non è altro che un disperato tentativo di imporre uniformità, regolarità e prevedibilità al mondo degli esseri umani, che è diversificato, irregolare e imprevedibile. Il vero oggetto della diffidenza, della repulsione, dell'odio che si fondono insieme nella misantropia è l'ostinata, inveterata e incorreggibile eccentricità degli esseri umani, inesauribile fonte di disordine […]”.

[35] Ibidem: “[…] L'altra imposizione è quella della norma. La norma è il riflesso di un dato modello di ordine sui comportamenti umani. Essa indica come comportarsi in modo corretto in una società ordinata, trasferendo, per così dire, il concetto di ordine al linguaggio delle scelte. La scelta di un dato ordine circoscrive la gamma dei modelli comportamentali tollerati, privilegiando, e considerando normali, determinati schemi di condotta e liquidando tutti gli altri come anormali. Con «anormale» si definisce l'allontanamento dal modello prescelto; ciò diventa «deviazione» (vale a dire un caso estremo di anormalità, una condotta che necessita di intervento penale o terapeutico), se la condotta in questione non solo esula in qualche modo dallo schema prestabilito, ma trascende i limiti delle scelte tollerate. La distinzione tra «anormalità», che è un problema di attenzione, trattamento e cura, e «deviazione» non è mai definita chiaramente e, quando lo è, tende a essere sempre violentemente contestata. I concetti di ordine e norma provengono da un senso di (correggibile) imperfezione e dall'urgenza di porvi rimedio. Entrambe le idee sono pertanto costrittive, diversive e selettive: il «dover essere» che implicano seziona l'«essere», lasciando fuori larghe porzioni di realtà umana. Nessuno di questi due concetti avrebbe senso se fossero onnicomprensivi, capaci di includere gli individui e tutto ciò che fanno. «Ordine» e «norma» sono coltelli affilati puntati contro la società così come è strutturata; dediti principalmente alla separazione, all'amputazione, alla cesura, all'epurazione, all'esclusione. Essi promuovono ciò che è «giusto» amplificando le narrazioni di ciò che è «ingiusto», selezionando, circoscrivendo e stigmatizzando segmenti di realtà umana cui è stato negato il diritto di esistere: individui destinati all'isolamento, all'esilio o all'estinzione. L'«ordine» lavora per l'esclusione direttamente, subordinando a regimi speciali coloro che vuole escludere. La «norma» agisce invece indirettamente, facendo apparire l'esclusione più come auto-emarginazione. Nel primo caso, gli esclusi sono coloro che «sovvertono l'ordine». Nel secondo, si tratta di coloro che «non si attengono alle regole». In entrambi i casi, tuttavia, sono gli stessi esclusi a essere investiti della colpa della loro esclusione; i concetti di ordine e norma assegnano preventivamente questa responsabilità, decidendo a priori su chi dovrà ricadere. Essere esclusi è presentato dunque come risultato di un suicidio, e non di un'esecuzione sociale. L'espulsione si configura allora come un atto di buon senso e giustizia; coloro che la mettono in atto si sentiranno sensibili e corretti, poiché diventano i difensori della legge, dell'ordine e dei valori della decenza. Gli esclusi non possono esistere come liberi agenti, quoderatdemonstrandum. Pertanto privare gli esclusi della loro libertà di azione, oltre a essere necessario per la salvaguardia della legge e dell'ordine, è una misura invocata anche nel loro stesso interesse; controllare e monitorare il loro comportamento è anche un atto di umana carità e un profondo dovere morale. È esattamente ciò che tale prospettiva non tiene in considerazione a renderla inaccettabile: la possibilità cioè che gli esclusi possano essere vittime di forze a cui non hanno avuto alcuna possibilità di opporsi. E che, soprattutto, alcuni degli esclusi non fossero «all'altezza della norma», non per mancanza di volontà o premeditazione, ma per l'assenza di risorse che permettano di «vivere all'altezza della norma», mezzi che sono in mano ad altri, scarsi e distribuiti in maniera insufficiente. Per mantenere l'ordine devono essere eliminate le forze del disordine. Per sostenere l'osservanza della norma, coloro che la infrangono devono essere puniti, o, meglio ancora, resi visibili e poi esclusi […]”.

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