Contratti

Nuovo Codice del consumo e "gli altri diritti del consumatore": la consegna del bene

Articolo, di Valerio Pandolfini 31/05/2014

Nuovo Codice del consumo e Gli articoli 60-65 del novellato Codice del Consumo attuano gli articoli 17-22 della direttiva 2011/83/Ue in ordine agli altri diritti del consumatore - ovvero quelli relativi alla consegna dei beni, al passaggio del rischio di perdita o danneggiamento degli stessi, agli strumenti di pagamento e ai pagamenti supplementari stabilendo norme di notevole rilevanza nell'ottica della tutela del consumatore e in alcuni casi innovativi rispetto al nostro ordinamento.

Gli articoli 60-65 del novellato Codice del Consumo (di seguito il “CdC”) costituiscono attuazione degli articoli 17-22 della direttiva 2011/83/Ue (di seguito la “Direttiva”), in merito a quelli che sono definiti (sia dalla Direttiva che dal CdC) come gli “altri diritti del consumatore”, ovvero quelli relativi alla consegna dei beni, al passaggio del rischio di perdita o danneggiamento degli stessi, agli strumenti di pagamento e ai pagamenti supplementari.

Si tratta di aspetti, con ogni evidenza, di grande rilievo nell’ottica di tutela del consumatore, e dunque meritevoli di particolare attenzione, anche perché spesso forieri di controversie a causa della sussistenza di interessi divergenti tra le parti coinvolte, come giustamente sottolineato dal considerando 51 della Direttiva.

Peraltro, mentre le norme in questione, ai sensi del nuovo art. 60 CdC (esattamente riproduttivo dell’art. 17 della Direttiva), si applicano a tutti i “contratti di vendita” (così come definiti dall’art. 1, lett. e) del Decreto), l’art. 61 (in tema di consegna) e l’art. 63 (in tema di passaggio del rischio) non si applicano né ai contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, né ai contratti di teleriscaldamento (ai sensi del considerando 25 della Direttiva) o di contenuto digitale non veicolati su supporto materiale, probabilmente in ragione del fatto che tali ultimi contratti si riferiscono a beni non tangibili o comunque quantitativamente delimitati.

Il novellato art. 61 CdC disciplina il tempo in cui il professionista è tenuto a consegnare i beni al consumatore, nonché le conseguenze in caso di inottemperanza a tale obbligo.

Si tratta di una assoluta novità nel nostro ordinamento, dato che la normativa a tutela del consumatore (di cui alla previgente versione del Codice del consumo) non disciplinava in alcun modo tale aspetto, se non limitatamente ai contratti conclusi a distanza, in ordine ai quali l’art. 54, comma 1, CdC prevedeva, con disposizione assai scarna, l’obbligo del professionista di eseguire l’ordine ricevuto dal consumatore entro trenta giorni dal giorno successivo all’ordine stesso, salvo diverso accordo tra le parti. A parte della previsione, la consegna dei beni al consumatore restava quindi interamente regolata dalla disciplina generale del codice civile sulla compravendita; disciplina quest’ultima che viene ad essere ora sostituita dalla nuova previsione in commento, limitatamente ai rapporti tra professionisti e consumatori.

Esulano, peraltro, dall’ambito applicativo della nuova disposizione - come chiarito dal considerando 51 della Direttiva - gli aspetti relativi al luogo e alle modalità della consegna (nonché, come si vedrà, al momento del trasferimento della proprietà dei beni), che restano quindi disciplinati dagli artt. 1476 e ss. del Codice civile.

La norma in commento prevede, al primo comma che, salvo diversa pattuizione delle parti, il professionista è obbligato a consegnare i beni al consumatore “senza ritardo ingiustificato”, e comunque al più tardi entro trenta giorni dalla data della conclusione del contratto.

La norma quindi si configura come dispositiva, privilegiando in prima battuta l’autonomia privata; qualora tuttavia non sia stato previsto espressamente nel contratto un termine di consegna, il professionista dovrà consegnare i beni al massimo entro trenta giorni dalla conclusione del contratto – momento quest’ultimo da accertarsi sulla base dei principi generali di cui agli artt. 1326 e ss. Codice civile – o, eventualmente, entro un termine minore, qualora il termine massimo di cui sopra debba ritenersi, tenuto conto delle circostanze, ingiustificato.

Viene salvaguardato, in tal modo, l’interesse del consumatore a ricevere il bene compravenduto nel termine minore possibile; il che, peraltro, non costituisce novità di rilievo rispetto a quanto già previsto nel nostro ordinamento a proposito del contratto di compravendita, laddove si ritiene pacificamente che, in mancanza di specifiche pattuizioni tra le parti, l’obbligazione di consegna debba essere adempiuta immediatamente al momento del trasferimento del diritto di proprietà (ovvero, in ossequio al generale principio consensualistico, al momento della conclusione del contratto), o nel termine necessario in relazione alle modalità della prestazione, ai sensi dell'art. 1183 del Codice civile. Sotto questo profilo, anzi, la norma in commento si presenta peggiorativa per il consumatore rispetto a quella codicistica, dato che, in mancanza di pattuizione del termine per la consegna del bene, quest’ultimo non dovrà essere consegnato immediatamente, avendo il professionista a disposizione trenta giorni di tempo (salvo il termine più breve in relazione alle circostanze del caso).

Il comma 2 dell’art. 61 CdC specifica poi che – la consegna si realizza con il trasferimento della “disponibilità materiale” o comunque del “controllo dei beni” al consumatore.

La norma costituisce attuazione dell’art. 18 comma 1 della Direttiva, che identifica la modalità di consegna del bene oggetto della vendita con riferimento al “possesso” o “controllo fisico” del bene stesso da parte del consumatore, intendendosi come “controllo”, ai sensi del considerando 51, la situazione in cui il consumatore o un terzo da questi designato “ha accesso ai beni per utilizzarli come proprietario, ovvero ha la possibilità di rivenderli (ad esempio, quando ha ricevuto le chiavi o ha preso possesso dei documenti di proprietà”).

Al di là del differente linguaggio impiegato dal legislatore comunitario, anche in questo caso non sembra possano scorgersi differenze di rilievo rispetto a quanto già previsto nel nostro ordinamento all’art. 1477 del Codice civile, dato che dottrina e giurisprudenza prevalenti interpretano quest’ultima norma nel senso che la consegna consista appunto nell’attribuzione al compratore della concreta disponibilità della cosa, finalizzata al conseguimento all’acquirente del potere di fatto sulla cosa stessa, ovvero al possesso immediato (e non alla semplice detenzione). Tale conclusione risulta altresì avvalorata dalla successiva norma di cui all’art. 63 CdC, che, come si vedrà, collega il passaggio del rischio al consumatore al momento in cui quest’ultimo prenda materialmente possesso del bene.

Innovative si presentano invece le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 del novellato art. 61 CdC. Si prevede infatti che, se il professionista-venditore non adempie all'obbligo di consegna dei beni - entro il termine stabilito dalle parti nel contratto oppure nel termine giustificato o nel termine massimo di trenta giorni dalla conclusione del contratto - il consumatore-acquirente ha l’obbligo di invitarlo ad effettuare la consegna entro un “termine supplementare appropriato alle circostanze”.

Qualora il professionista non consegni il bene neppure entro tale termine supplementare concesso dal consumatore, quest’ultimo è legittimato a risolvere il contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni.

La previsione di un termine supplementare per la consegna dei beni, rispetto a quello previsto dal contratto o quello di legge, si giustifica – come si legge nel considerando 52 della Direttiva – con riferimento ai beni che il professionista confeziona o acquista appositamente per il consumatore; beni che, qualora non consegnati al consumatore nel termine di cui al primo comma dell’art. 61, non potrebbero essere verosimilmente essere rivenduti o comunque riutilizzati dal professionista stesso, il quale verrebbe quindi a subìre un danno rilevante, qualora non gli venisse appunto concesso un termine aggiuntivo per la consegna.

In base al tenore della norma, pertanto il consumatore non ha un obbligo generalizzato di concedere un termine supplementare; tale obbligo sorge, infatti, solo qualora lo stesso sia “appropriato alle circostanze”, avuto appunto riguardo alle situazioni ora indicate. Ne deriva che, in mancanza di tali situazioni, il consumatore non sarà tenuto a concedere alcun termine ulteriore per la consegna e potrà senz’altro avvalersi dei rimedi risolutivi e risarcitori previsti dalla norma.

Si noti che il comma 3 dell’art. 61 – come pure l’art. 18 comma 2 della Direttiva – non specificano quale debba essere la durata del termine supplementare per la consegna; in proposito, il considerando 52 della Direttiva si limita ad indicare che tale termine debba essere “ragionevole”. Per stabilire l’appropriatezza (e quindi la legittimità) del termine aggiuntivo per la consegna concesso dal consumatore occorrerà quindi verificare, caso per caso, la tipologia dei beni oggetto della vendita e le circostanze concrete che contraddistinguono la stessa.

Ciò – unitamente alla notevole genericità delle condizioni per la concessione di un termine supplementare da parte del consumatore – non potrà non essere fonte di incertezza, e quindi fonte di possibile controversia tra le parti. E’ quindi presumibile che si verifichino situazioni in cui, di fronte alla richiesta di risoluzione del contratto da parte del consumatore per mancata consegna del bene nei termini (convenzionali o di legge), il professionista contesti la mancata concessione di un termine supplementare per la consegna o l’insufficienza di tale termine. Peraltro, tale situazione di incertezza risulterà probabilmente inferiore laddove le parti abbiano stabilito nel contratto un termine per la consegna; in tal caso, infatti, si presume che le parti abbiano previsto tale termine in relazione alla tipologia del bene venduto e alle circostanze del caso, cosicché da un lato risulterà improbabile, o comunque più difficile, che sorga un obbligo per il consumatore di concedere un termine aggiuntivo per la consegna, e dall’altro, in ogni caso, tale termine risulterà mediamente breve, o comunque più breve di quello che il consumatore dovrà concedere in assenza di accordo sui tempi di consegna.

Il quarto comma dell’art. 61 prevede una serie di situazioni in cui – in deroga all’obbligo generale previsto dal terzo comma – il consumatore non è tenuto a concedere al professionista un termine supplementare per la consegna del bene – cosicchè in tali casi, ai sensi del quinto comma dell’art. 61, il consumatore può immediatamente chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni. Il consumatore non è infatti gravato dall'onere di concedere un termine supplementare al professionista qualora quest’ultimo si sia espressamente rifiutato di consegnare i beni, oppure qualora il rispetto del termine pattuito dalle parti per la consegna del bene debba ritenersi essenziale, tenuto conto delle circostanze che hanno accompagnato la conclusione del contratto; o ancora qualora il consumatore abbia informato il professionista, prima della conclusione del contratto, che la consegna entro una data determinata era essenziale.

La prima ipotesi di esonero – che riecheggia l’anticipatory breach degli ordinamenti di common law - si verifica quando il professionista dichiari espressamente di non avere intenzione di consegnare il bene, rendendosi, in tal modo, inadempiente rispetto al proprio obbligo e quindi rendendo inutile la concessione la concessione di un termine supplementare da parte del consumatore. La seconda e terza ipotesi concernono invece la situazione in cui il rispetto di una determinata data per la consegna del bene sia essenziale, o perché tale essenzialità risulti in modo oggettivo dalle circostanze del caso, o perché la stessa sia stata espressamente indicata dal consumatore prima della conclusione del contratto.

Come si è accennato, qualora il professionista non consegni il bene entro il termine previsto dal contratto o dalla legge, o eventualmente entro il termine aggiuntivo concesso dal consumatore, quest’ultimo può risolvere il contratto, salvo il suo diritto ad ottenere il risarcimento dei danni. Lo stesso accade qualora il consumatore non sia tenuto a concedere il termine supplementare per la consegna, nelle ipotesi di cui al comma 4 dell’art. 61.

Modalità ed effetti del rimedio risolutorio e di quello risarcitorio restano disciplinate dalle norme codicistiche, le quali rimarranno altresì applicabili laddove prevedano ulteriori rimedi a tutela del consumatore (si pensi ad esempio all’azione di adempimento o all’eccezione di inadempimento), come espressamente previsto dal settimo comma dell’art. 61.

Il comma 6 della medesima norma specifica inoltre che il consumatore ha in tal caso il diritto ad ottenere il rimborso di tutte le somme eventualmente versate in esecuzione del contratto.

In proposito si può evidenziare che il tenore letterale della norma novellata del CdC – come pure quello della corrispondente norma comunitaria – non è identico nelle due situazioni. Mentre infatti, nel caso in cui il professionista non consegni il bene nel termine (convenzionale o di legge), ai sensi del comma 1, o non lo consegni nel termine supplementare concesso dal consumatore, ai sensi del comma 3, quest’ultimo ha semplicemente diritto alla risoluzione del contratto, nei casi in cui il consumatore non ha l’obbligo di concedere il termine supplementare per la consegna, ai sensi del comma 4, questi ha diritto a risolvere “immediatamente” il contratto (“ipso iure” ai, sensi del comma 2 dell’art. 18 della Direttiva). Da tale differenza lessicale si può inferire che mentre, nel primo caso, il consumatore potrà chiedere la risoluzione del contratto solo laddove il ritardo nella consegna sia di una certa gravità, ai sensi dell'art. 1455 Codice civile – o, forse più appropriatamente, di non “lieve entità”, ai sensi dell’art. 130 comma 10 Cdc – nel secondo caso invece il consumatore potrà chiedere senz’altro la risoluzione del contratto, senza necessità di accertare la rilevanza del ritardo nella consegna da parte del professionista, attesa la maggiore gravità dell’inadempimento del professionista.

(Altalex, 31 maggio 2014. Nota di Valerio Pandolfini tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)

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