Le modifiche al codice antimafia: semplificazioni e contratti più veloci
Il governo ha varato il d.lgs. 13 ottobre 2014, n. 153 che modifica il codice antimafia con misure che entreranno in vigore dal 26 novembre 2014: si tratta di un provvedimento che contiene misure di semplificazione delle procedure per il rilascio delle certificazioni antimafia, di accelerazione dei tempi per la stipula dei contratti pubblici ma anche di ampliamento dei controlli sugli appalti. Ecco la nuova "filosofia" del Governo nella lotta alla mafia: meno rigore formale, più incisività nei controlli preventivi.
Il governo Renzi, approfittando dell’ultimo giorno utile per l’esercizio della delega conferita dal Parlamento, il 13 ottobre 2014 ha varato il nuovo decreto legislativo (numero 153/2014) che modifica il codice antimafia con misure che entreranno in vigore dal 26 novembre 2014.
Si tratta di un provvedimento complesso ed articolato che contiene misure di semplificazione delle procedure sin qui adottate per il rilascio delle certificazioni antimafia, di accelerazione dei tempi per la stipula dei contratti pubblici ma anche di ampliamento dei controlli sugli appalti. Dal quadro complessivo che emerge è forse possibile delineare la nuova “filosofia” del Governo nella lotta alla Mafia: meno rigore formale, più incisività nei controlli preventivi.
Innanzitutto viene ridotto da 45 a 30 giorni il termine entro cui le Pubbliche amministrazioni possono stipulare i contratti. Entro questo termine i Prefetti dovranno rilasciare le comunicazioni antimafia, con la possibilità di effettuare dei controlli anche in seguito. Qualora le Prefetture non siano state in grado di emanare tempestivamente la certificazione, il contratto potrà in ogni caso essere stipulato. Nell’eventualità che dai controlli effettuati ex post emergano situazioni ostative, il contratto potrà essere risolto. Nei casi di urgenza, la stazione appaltante potrà procedere subito alla stipula del contratto.
In sostanza i contratti della Pubblica Amministrazione diventano più celeri ma vengono sottoposti ad una condizione risolutiva disposta ope legis.
Per quanto riguarda le verifiche antimafia da svolgere, si prevede che esse riguardino solo i familiari maggiorenni dei titolari dell’impresa. Oltre ai minorenni, vengono esclusi dai controlli anche i familiari che vivono all’estero, ma in questo caso gli uffici antimafia delle Prefetture potranno decidere di effettuare successivamente delle verifiche.
I controlli andranno effettuati per tutti i contratti, anche per quelli per cui prima era prevista una soglia minima che dispensava dagli accertamenti. In questo modo la verifica sulle imprese a rischio di infiltrazione mafiosa diviene obbligatoria per tutti i contratti, indipendentemente dall’importo, eliminando ogni margine di elusione o di aggiramento della normativa antimafia. Questo in effetti era un sistema spesso utilizzato dalle amministrazioni colluse, che frazionavano gli appalti, tenendoli sotto la soglia minima prevista dalla legge, per evitare i controlli antimafia e favorire le imprese controllate dalle cosche mafiose o da consorterie varie.
Lo schema complessivo delle modifiche introdotte può così essere sintetizzato:
Validità della documentazione antimafia e relative verifiche (art. 1)
L’articolo 1 modifica gli artt. 85 e 86 del Codice, relativi ai soggetti che sono sottoposti alle verifiche antimafia nonché alla validità della documentazione antimafia.
Con la modifica dell’art. 85 viene data ulteriore attuazione al principio di delega di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), della legge 136/2010, con specifico riguardo ai controlli nei confronti dei familiari. La lettera a) stabilisce infatti che si tratta dei familiari conviventi nel territorio dello stato”.
E’, quindi, precisato – rispetto alla versione precedente della disposizione - che le indagini sui tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa (ai fini dell’acquisizione della informazione antimafia), sono estese ai soli familiari conviventi “maggiorenni” dei soggetti istituzionali rappresentanti dell’impresa (amministratori, rappresentanti legali, direttori tecnici, soci di maggioranza, membri di collegi sindacali, ecc.). La previsione – secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa – intende evitare inutili dispersioni investigative per indagini su minori che non possono in alcun modo incidere sulla gestione dell’impresa.
La modifica all’art. 86, invece, prevede che le comunicazioni e informazioni antimafia acquisite siano valide (nei termini, rispettivamente, semestrale ed annuale) e producano effetti anche in altri procedimenti rispetto a quelli per i quali sono state acquisite, riguardanti i medesimi soggetti. A fini di semplificazione e di risparmio di spesa, la documentazione antimafia in corso di validità può quindi essere riutilizzata dalle amministrazioni pubbliche.
Comunicazioni antimafia (art. 2)
L’articolo 2 adegua la formulazione dell’art. 87, commi 1 e 2, del Codice relativi al rilascio delle comunicazioni antimafia alle nuove modalità di acquisizione delle stesse mediante consultazione diretta della banca dati nazionale unica da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97 (le stesse pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ordini professionali, le camere di commercio, ecc.). Attualmente, invece, è il prefetto che rilascia la comunicazione dopo avere consultato la banca dati.
Quando dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 e risultino necessarie ulteriori verifiche ovvero quando la richiesta riguardi un soggetto non censito (cioè nei casi di cui all’art. 88, commi 2, 3 e 3–bis, del Codice), la comunicazione continua, invece, ad essere rilasciata dal prefetto. La nuova disposizione ridefinisce gli attuali criteri di competenza territoriale del prefetto concentrandola in generale nella provincia dove l’impresa ha sede; sono comprese espressamente anche le società estere che, in base all’art. 2508 c.c., hanno stabilito una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato.
Solo nel caso di società estere senza rappresentanza stabile in Italia, il prefetto competente al rilascio della comunicazione antimafia sarà quello della sede legale delle amministrazioni che la richiedono (attualmente, in tale ultimo caso, si fa riferimento al prefetto della provincia dove ha avuto esecuzione il contratto pubblico).
Lo stesso articolo 2 del decreto legislativo, in relazione a tempi e procedimento di rilascio della comunicazione antimafia, fissa all’articolo 88, comma 4, in 30 gg. (anziché gli attuali 45 gg., elevabili a 75 per indagini complesse) dalla consultazione della banca dati il termine per il rilascio della comunicazione antimafia da parte del prefetto.
Sono poi aggiunti all’art. 88 quattro commi che disciplinano l’ipotesi in cui, decorso il citato termine di 30 giorni, le amministrazioni procedono anche in assenza di acquisizione della comunicazione antimafia (liberatoria). Sostanzialmente, si intende estendere alle comunicazioni antimafia la disciplina già prevista per le informazioni antimafia (cfr. art. 92 del Codice):
- il primo dei nuovi quattro commi (comma 4-bis) prevede l’autocertificazione dell’impresa; in tal caso, sia il contratto pubblico che le concessioni, erogazioni, contributi, ecc. all’impresa sono sottoposti alla condizione risolutiva dell’eventuale comunicazione antimafia interdittiva (comma 4-bis);
- il nuovo comma 4-ter stabilisce la possibilità di recedere dal contratto o revocare i finanziamenti anche se le cause di decadenza, sospensione e divieto di cui all’art. 67 sono accertate dopo la stipula del contratto;
- il nuovo comma 4-quater prevede per le pubbliche amministrazioni la possibilità, anziché di erogare subito, di sospendere contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni fino a quando il prefetto non trasmetta loro la comunicazione antimafia liberatoria;
- un ultimo comma 4-quinquies stabilisce un termine breve (5 gg.) entro il quale il prefetto deve comunicare all’impresa di avere adottato la comunicazione antimafia interdittiva (con raccomandata a/r, mediante notificazione o posta elettronica certificata ovvero mediante fax, ove espressamente autorizzato dall’impresa).
La clausola introdotta al comma 1 dell’articolo 89 del Codice risulta avere natura di coordinamento con quanto previsto dal nuovo comma 4-bis dell’art. 88 in materia di autocertificazione da parte dell’impresa dell’assenza delle cause di decadenza di cui all’art. 67.
L’art. 89 prevede infatti che, fuori dei casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa autocertificazione. La modifica introdotta fa salva la nuova disciplina dell’autocertificazione introdotta dal comma 4-bis dell’art. 88, con la condizione risolutiva legata alla corresponsione di contributi e finanziamenti.
L’articolo 2 del provvedimento in esame aggiunge, infine, al Codice un nuovo art. 89-bis che vuole disciplinare il caso in cui il prefetto – cui sia stata richiesta una comunicazione antimafia - pur verificando l’assenza delle cause di decadenza di cui all’art. 67 (che giustificherebbero il rilascio di una “liberatoria”) - accerti il tentativo d’infiltrazione mafiosa nella compagine dell’impresa. In tale ipotesi, il prefetto, anzichè una comunicazione antimafia, potrà adottare un’informazione antimafia interdittiva dandone comunicazione alle amministrazioni richiedenti.
Informazioni antimafia (art. 3)
L’articolo 3 del decreto modifica anzitutto i commi 1 e 2 dell’art. 90 del Codice in materia di rilascio delle informazioni antimafia. L’intervento proposto, derivante dalla necessità di adeguare la disciplina alle nuove modalità di acquisizione delle informazioni mediante la banca dati nazionale da parte dei soggetti autorizzati, appare speculare a quello già previsto ai commi 1 e 2 dell’art. 87 sul rilascio delle comunicazioni antimafia.
In base al nuovo art. 90, comma 1, del Codice, l’informazione antimafia è pertanto conseguita mediante consultazione della banca dati da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97 (le stesse pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli ordini professionali, le camere di commercio, ecc.). Attualmente, invece, è il prefetto che rilascia la comunicazione dopo avere consultato la banca dati.
Analoghe a quelle dell’art. 87, comma 2, appaiono le disposizioni sulla competenza al rilascio delle informazioni antimafia da parte del prefetto, per i casi in cui dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza o di un tentativo di infiltrazione mafiosa e il prefetto debba quindi effettuare le necessarie verifiche. Il decreto legislativo individua anche in questo caso, come già per la comunicazione antimafia, il prefetto competente per le società costituite all’estero, in base alla presenza o meno di una sede con rappresentanza stabile sul territorio nazionale.
Ove la banca dati nazionale attesti la presenza delle cause di sospensione, decadenza, ecc. di cui all’art. 67 o dei tentativi di infiltrazione mafiosa oppure il soggetto non risulti censito in banca dati, spetta al prefetto verificare l’attualità delle risultanze negative per l’impresa o verificare la situazione del non censito e rilasciare l’informazione antimafia interdittiva.
In tali ipotesi, il nuovo comma 2 dell’art. 92, riduce da 45 a 30 gg. il termine per il rilascio dell’informazione antimafia da parte del prefetto; nei casi più complessi il termine è aumentato di ulteriori 45 gg.
Come nel caso della comunicazione antimafia, anche l’informazione antimafia interdittiva va comunicata all’impresa dal prefetto con le identiche modalità (raccomandata a/r, PEC, ecc,) entro 5 giorni dalla sua adozione (art. 92, comma 2-bis).
Il riformulato comma 3 dell’art. 92 del Codice conferma, per l’informazione antimafia, l’attuale disciplina vigente in relazione alla possibilità delle stazioni appaltanti di procedere con il contratto, sotto condizione risolutiva, decorso il termine per il rilascio dell’informazione da parte del prefetto o nei casi di urgenza.
L’unica novità è costituita – oltre al diverso termine di 30 gg rispetto agli attuali 45- dal fatto che, nei casi di urgenza, il soggetto appaltante può procedere immediatamente (anziché, come ora, decorsi 15 gg dalla ricezione della richiesta di informazione antimafia).
Il nuovo comma 5 dell’art. 92 corregge, poi, un errore formale, ivi contenuto. La disposizione prevede la possibilità in ogni caso di sospendere il versamento delle erogazioni all’impresa fino a che perviene l’informazione antimafia liberatoria da parte del prefetto. A tal fine richiama la lettera f) dell’art. 67 del Codice. Tale lettera f), compresa nell’elenco di quanto non può essere ottenuto dalle persone alle quali sia stata applicata dall’autorità giudiziaria con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione personali, non riguarda le erogazioni. Per questo il richiamo alla elttera f) è sostituito con quello, corretto, alla lettera g) sulle erogazioni.
Banca dati unica nazionale (art. 4)
L’articolo 4 dello schema di decreto integra, anzitutto, il contenuto dell’art. 99 del Codice prevedendo che, con uno o più regolamenti, possano disciplinarsi le modalità attraverso cui la banca dati unica nazionale della documentazione antimafia:
- acquisisce, mediante l’anagrafe nazionale della popolazione residente istituita presso il Ministero dell'interno, i dati anagrafici dei titolari dell’impresa, i suoi rappresentanti legali, i soci, gli amministratori, i direttori, i membri del collegio sindacale e i loro familiari conviventi maggiorenni;
- raffronta tali dati con quelli presenti nel CED costituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno.
E’ aggiunto, inoltre, al codice un art. 99-bis che detta la disciplina inerente le ipotesi di mancato funzionamento della banca dati nazionale.
In tali casi, la comunicazione antimafia è sostituita dall’autocertificazione di cui all’art. 89 mentre l’informazione antimafia viene rilasciata secondo le modalità previste dal comma 2 dell’art. 92, quindi dal prefetto, entro 30 gg dalla richiesta (comma 1).
Tra le novità anche la possibilità per le Amministrazioni di utilizzare i nullaosta per procedimenti diversi da quelli per cui erano stati richiesti, se riguardano gli stessi soggetti.. Un modo per rafforzare le “white list” delle imprese sicuramente al riparo da infiltrazioni criminali, ora facoltative e riservate solo ad alcuni settori considerati particolarmente a rischio.
Resta, però la criticità del mancato avvio della banca dati unica dell’antimafia. Ciò permetterebbe verifiche in tempo reale e potrebbe veramente far decollare anche le “white list”. In assenza di una centrale unica nazionale i controlli continueranno ad essere effettuati dalle prefetture con gli strumenti tradizionali che appaiono lenti, defatiganti e, soprattutto, rischiano di essere parziali e frazionati sul territorio.
Tutte le innovazioni sembrano ispirate da una nuova “filosofia” di fondo: quella di rafforzare i controlli preventivi, di renderli più snelli e rapidi, di ridurre gli oneri alle imprese ma soprattutto di garantire tempestività ed efficienza alla Pubblica Amministrazione.
Siamo di fronte ad una scommessa: recuperare il ruolo centrale alla Pubblica Amministrazione.
Per toppo tempo i controlli e le valutazioni sono state demandate alla magistratura. Inevitabilmente ciò ha comportato tempi più lunghi ma soprattutto controlli ex post, con inevitabili contenziosi. La scelta operata è quella di invertire la tendenza, restituendo centralità alle amministrazioni, operando controlli preventivi senza gravare di ulteriori oneri le imprese, e stipulando contratti sottoposti ad una condizione risolutiva, in base alla quale ove successivamente da ulteriori controlli emergessero situazioni di incompatibilità, il contratto perderebbe efficacia e validità.
Si tratta di una scommessa. Tutto dipenderà dalla realizzazione della banca dati unica nazionale (art. 4 del provvedimento). Solo attraverso la centralizzazione delle informazioni e la tempestività di acquisizione delle stesse il meccanismo potrà funzionare garantendo uniformità nelle valutazioni e rapidità nelle decisioni. Mutuando un celebre pensiero di F. La Rochefocauld: “ non si deve giudicare una amministrazione dalle sue qualità ma dall’uso che ne sa fare”.
(Altalex, 14 novembre 2014. Nota di Antonio Laudati tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)
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