Differenza tra legittimazione al processo e titolarità dell'azione

Cassazione civile, Sezione III, sentenza 28/10/2015 n° 21925

cassazione1La legittimazione riguarda l'allegazione ed il relativo difetto è rilevabile in ogni stato e grado, anche d'ufficio, mentre la titolarità d'azione, riguardando il merito,  non è rilevabile d'ufficio e soggiace alle preclusioni di rito. 

E' quanto emerge dalla sentenza n. 21925 della Cassazione Civile, Sezione III, depositata il 28 ottobre 2015.

Il caso

Un danneggiato, invocando in giudizio solo il responsabile del danno, si vedeva rilevare ingiustamente dal giudice di appello, e quindi di ufficio, peraltro oltre i termini di rito, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di altro effettivo proprietario.

La decisione

Trattasi della sconosciuta e disapplicata differenza tra legittimazione al processo e titolarità d'azione. In termini estremamente schematici, la questione riguarda la legittimazione se il danneggiato allega egli stesso un diritto altrui e quindi inammissibile, appunto per allegazione, senza fare ricorso al merito. 

Se il danneggiato non allega un diritto altrui, ma tanto viene accertato nel merito, contrariamente all'allegazione, rileva come difetto di titolarità d'azione. Infatti, di difetto di legittimazione attiva è dunque lecito discorrere tutte le volte che (e solo se) si faccia valere, in sede giudiziaria, o un diritto rappresentato come altrui (un soggetto agisce in rivendica reclamando un bene che egli stesso asserisce di proprietà di un terzo), ovvero un diritto rappresentato come oggetto della propria sfera di azione e di tutela giurisdizionale al di fuori dal relativo modello legale tipico (un comodatario agisce in rivendica del bene del comodante prospettando come legittima tale azione). 

In altri termini, la legittimazione ad agire e a contraddire, quale condizione dell'azione, si fonda sulla prospettazione ovvero sull'allegazione fatta in domanda[1] (Cass. Civ. Sez. II 10 maggio 2010 n. 11284; Cass. Civ. Sez. III 09 aprile 2009 n. 8699; Cass. Civ. Sez. III 30 maggio 2008 n. 14468; Cass. Civ. 06 marzo 2008 n. 6132; Cass. Civ. Sez. I 10 gennaio 2008 n. 355; Cass. Civ. Sez. I 28 febbraio 2007 n. 4776; Cass. Civ. Sez. I 29 settembre 2006 n. 21192; Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2006 n. 20819; Cass. Civ. Sez. III 14 giugno 2006 n. 13756).

La differenza tra difetto di legittimazione attiva e titolarità d'azione è sostanziale: mentre il difetto di legittimazione, passiva ed attiva, è rilevabile in ogni stato e grado del processo, tranne i limiti del giudicato, il difetto di titolarità passiva, poiché attiene al merito, non è rilevabile mai d'ufficio, e soggiace, per l'effetto, alle normali regole e preclusioni dettate per il processo civile nei rispettivi gradi di merito (Cass. Civ. Sez. II 10 maggio 2010 n. 11284; Cass. Civ. Sez. III 09 aprile 2009 n. 8699; Cass. Civ. Sez. III 30 maggio 2008 n. 14468; Cass. Civ. 06 marzo 2008 n. 6132; Cass. Civ. Sez. I 10 gennaio 2008 n. 355; Cass. Civ. Sez. I 28 febbraio 2007 n. 4776; Cass. Civ. Sez. I 29 settembre 2006 n. 21192; Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2006 n. 20819; Cass. Civ. Sez. III 14 giugno 2006 n. 13756) affidato alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulato (Cass. Civ. Sez. I 5 marzo 2012 n. 4304).

(Altalex, 11 dicembre 2015. Nota di Carmine Lattarulo)

_________

[1] Cass. Civ. Sez. II 10 maggio 2010 n. 11284; Cass. Civ. Sez. III 09 aprile 2009 n. 8699; Cass. Civ. Sez. III 30 maggio 2008 n. 14468; Cass. Civ. 06 marzo 2008 n. 6132; Cass. Civ. Sez. I 10 gennaio 2008 n. 355; Cass. Civ. Sez. I 28 febbraio 2007 n. 4776; Cass. Civ. Sez. I 29 settembre 2006 n. 21192; Cass. Civ. Sez. III 26 settembre 2006 n. 20819; Cass. Civ. Sez. III 14 giugno 2006 n. 13756.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Sentenza 12 giugno - 28 ottobre 2015, n. 21925

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Presidente -

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere -

Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere -

Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1368/2012 proposto da:

Z.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 13, presso lo studio dell'avvocato DANIELE BERARDI, rappresentato e difeso dall'avvocato ROSA VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

ATAC SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI ROGAZIONISTI 16, presso lo studio dell'avvocato CANGIANO FRANCESCA, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 10359/2011 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 17/05/2011 R.G.N. 44706/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l'Avvocato FRANCESCA CANGIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 17/5/2011 il Tribunale di Roma, in accoglimento del gravame interposto dalla società Atac s.p.a. (già Atac), ha dichiarato la nullità della pronunzia G. di P. Ostia n. 626/2010, di condanna della medesima al risarcimento dei danni subiti dal sig. Z.C. all'esito di sinistro stradale avvenuto in Roma il (OMISSIS) in cui era rimasta coinvolta l'auto Fiat 500 tg. (OMISSIS) di quest'ultimo, per mancata integrazione del contraddittorio della società Trambus s.p.a., quale responsabile del danno per essere divenuta dal 2003 esclusiva utilizzatrice degli autobus concessi in leasing dalla società, giusta stipulato contratto in essere (anche) all'epoca del sinistro de quo, rimettendo conseguentemente le parti avanti al giudice di primo grado.

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell'appello il Z. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la società Atac s.p.a.

Motivi della decisione

Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 115, 183, 311 e 320 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice dell'appello abbia ravvisato la sussistenza nella specie di un'ipotesi di litisconsorzio necessario argomentando da documentazione, e in particolare da "un contratto di usufrutto (recte, di leasing) intervenuto tra la s.p.a. Atac e la Trambus e relativo allegato", invero "irritualmente ed illegittimamente prodotta e depositata dalla società odierna resistente... solo all'udienza istruttoria fissata per il l'accoglimento della prova testimoniale richiesta dall'attore e legittimamente ammessa", e pertanto "non avvenuta nella prima udienza innanzi al Giudice di Pace".

Il motivo è fondato e va accolto p.q.r. nei termini di seguito indicati.

Va anzitutto osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il litisconsorzio tra assicuratore e responsabile del danno, ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 23, sussiste solamente nell'ipotesi di esercizio dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore ai sensi dell'art. 18 dell'anzidetta legge, e non anche in quella in cui come nella specie il danneggiato agisca direttamente ed esclusivamente nei confronti del responsabile del danno (v. Cass., 3/11/2008, n. 26421).

Risponde per altro verso a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento, dovendo tenersi da essa distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d'ufficio, atteso che la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione attinente al merito della lite, a tale stregua pertanto rientrando nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (v. Cass., 6/3/2006, n. 4796).

La legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione dell'azione, si fonda dunque esclusivamente sull'allegazione fatta in domanda, e una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea soltanto quando l'attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendo la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso (v. Cass., 6/3/2006, n. 4796).

Si è al riguardo ulteriormente posto in rilievo che al giudice è consentito accertare d'ufficio la sussistenza, in capo alle parti, del potere di promuovere il giudizio o di resistervi, ossia la legitimatio ad causam attiva e passiva, ma non anche di rilevare d'ufficio l'effettiva titolarità dell'obbligazione dedotta in giudizio, non essendo pertanto rilevabile d'ufficio, se non sia stata tempestivamente eccepita, la circostanza che il convenuto non sia proprietario del veicolo che ha causato il danno (v. Cass. 14 febbraio 2012, n. 2091; Cass. 6 marzo 2006, n. 4796).

Trattandosi di questione concernente l'accertamento in concreto dell'effettiva titolarità (nel caso, dal lato passivo) del rapporto fatto valere in giudizio (v. Cass., 18/11/2005, n. 24457), e cioè dell'identificabilità del soggetto tenuto alla prestazione richiesta (cfr. Cass., 2/8/2005, n. 16158), il difetto di effettiva titolarità passiva del rapporto giuridico controverso attiene dunque al merito della controversia, e il suo difetto va dedotto nei tempi e nei modi previsti per le eccezioni di parte (cfr. Cass., 10/12/2014, n. 26029; Cass., 10/12/2014, n. 26029; Cass., 27/6/2011, n. 14177; Cass., 15/9/2008, n. 23670; Cass., 28/2/2007, n. 4776; Cass., 22/6/2005, n. 13403).

A tale stregua, anche in caso di errore circa l'individuazione dell'effettivo proprietario del veicolo non sussistono invero in tale ipotesi i presupposti per disporsi l'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c.

Atteso che la necessità o meno dell'integrazione del contraddittorio deve desumersi dal tenore della domanda, non potendo farsi dipendere dalla soluzione di merito cui il giudice ritenga di pervenire (cfr. Cass., 1/6/2010, n. 13435; Cass., 24/2/2004, n. 3647), va al riguardo posto in rilievo come in presenza di ipotesi di litisconsorzio necessario la possibilità del rilievo d'ufficio del difetto di integrità del contraddittorio viene in ogni caso meno allorquando la disamina della relativa questione risulti al giudice preclusa (cfr. Cass., 18/02/1987, n. 1741, con riferimento all'ipotesi della preclusione della potestà di cognizione per effetto del giudicato. Cfr. altresì Cass. 9/6/1998, n. 5656).

Risponde per altro verso a principio consolidato che laddove la non integrità del contraddittorio non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti e venga eccepita da una di esse, spetta alla parte che la deduce l'onere non solo di indicare le persone dei litisconsorti asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto che giustificano l'invocata integrazione e, cioè, i titoli in base ai quali i soggetti pretermessi assumono la veste di litisconsorti necessari (v. Cass., 19/03/2013, n. 6822, Cass., 16/3/2006, n. 5880).

Il difetto di integrità del contraddittorio per omessa citazione del litisconsorte necessario può essere peraltro dedotto a condizione che gli elementi posti a fondamento dell'eccezione emergano con ogni evidenza dagli atti che risultino ritualmente acquisiti nel giudizio di merito (cfr., con riferimento all'ipotesi dell'eccezione sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione, Cass., 9/8/2007, n. 17581).

Sotto altro profilo, va osservato che, come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, pur essendo il procedimento dinanzi al giudice di pace disciplinato secondo criteri di ius singulare rispetto al procedimento ordinario, in particolare caratterizzandosi per l'inconfigurabilità di una reale distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, il relativo rito è comunque improntato al regime di preclusioni che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina.

Ne consegue che, non distinguendosi all'art. 320 c.p.c., tra udienza di prima comparizione e udienza di prima trattazione, e risultando nella prima udienza concentrata tutta l'attività processuale delle parti (e cioè la precisazione dei fatti, la produzione dei documenti e le richieste istruttorie), consentendosi (al quarto comma) il rinvio a successiva udienza solamente quando, in relazione all'attività svolta, risultino necessarie ulteriori produzioni o richieste di prove, laddove non sia avvenuta alla prima udienza - fissata ai sensi del suddetto quarto comma - la produzione documentale rimane definitivamente preclusa, analogamente a quanto avviene nel processo avanti al tribunale ai sensi dell'art. 184 c.p.c. (v., con riferimento a documenti depositati nel procedimento di primo grado avanti al giudice di pace solamente all'udienza fissata per l'espletamento delle prove, e pertanto tardivamente, in violazione del principio di concentrazione cui risultano ispirati gli artt. 320, 184 e 311 c.p.c., Cass., 25/8/2006, n. 18498. V. altresì, conformemente, Cass., 16/5/2008, n. 12454; Cass., 4/1/2010, n. 18; Cass., 21/12/2011, n. 27925. V. altresì Cass., 27/5/2005, n. 11274; Cass., 7/9/2004, n. 17992).

Orbene, il giudice dell'appello ha nell'impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi.

Il danneggiato sig. Z. ha citato in giudizio in primo grado esclusivamente la proprietaria (la società Atac s.p.a., già Atac) del veicolo asseritamente danneggiante, e non anche il suo assicuratore.

In base alla prospettazione dal medesimo operata si evince che ha agito contro la convenuta nella sua veste di proprietaria del veicolo danneggiante, non già facendo valere un diritto altrui prospettato come proprio nè pretendendo di ottenere una pronunzia contro la predetta pur deducendone l'estraneità al rapporto sostanziale controverso.

A tale stregua, non viene quindi nel caso in rilievo la problematica della legitimatio ad causam, consistente nella titolarità del potere e del dovere (rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva) di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato (v. Cass., 23 novembre 2005, n. 24594, Cass., 7 ottobre 2005, n. 19647; Cass., 3 luglio 1999, n. 6894), secondo la prospettazione offerta dall'attore ed indipendentemente dalla effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto stesso (v. Cass., 28 ottobre 2002, n. 15177), quale istituto processuale (espressione del principio di cui all'art. 81 c.p.c., inteso a prevenire una sentenza inutiliter data) riferibile al soggetto che ha il potere di agire o resistere in giudizio (v. Cass., 18 novembre 2005, n. 24457; Cass., 3 luglio 2003, n. 10551; Cass., 17 giugno 2003, n. 9678; Cass., 27 ottobre 1995, n. 11190), costituente presupposto per ottenere dal giudice la trattazione del merito della causa (v. Cass., 12 agosto 2005, n. 16878) ed attinente alla regolare instaurazione del contraddittorio, il cui difetto è pertanto rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con il solo limite del giudicato (v. Cass., 5 novembre 1997, n. 10843).

Trattasi infatti di questione correlativa all'accertamento in concreto dell'effettiva titolarità (nel caso, dal lato passivo) del rapporto fatto valere in giudizio (v. Cass., 18 novembre 2005, n. 24457), attenendo all'identificabilità del soggetto tenuto alla prestazione richiesta (cfr. Cass., 2 agosto 2005, n. 16158).

In altri termini, all'accertamento della titolarità della situazione giuridica sostanziale quale situazione favorevole all'accoglimento o al rigetto della pretesa azionata (cfr. Cass., 28 ottobre 2002, n. 15177; Cass., 21 giugno 2001, n. 8476; Cass., 5 novembre 1997, n. 10843).

Il giudice dell'appello non poteva allora sollevare la questione d'ufficio, essendo essa (di regola) affidata alla disponibilità della parte (v. Cass., 23 novembre 2005, n. 24594; Cass., 26 novembre 2003, n. 18067; Cass., 5 novembre 1997, n. 10843), in quanto la contestazione della titolarità del rapporto controverso come detto configura una questione attinente al merito della lite, rientrando pertanto nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (v. Cass., 18/11/2005, n. 24457; Cass., 23/11/2005, n. 24594).

E' rimasto del pari accertato che nel giudizio di 1 grado la società convenuta è stata dichiarata contumace, essendosi costituita solamente alla seconda udienza, fissata per l'assunzione della prova testimoniale, chiedendo (anche) disporsi l'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. nei confronti della società Trambus s.p.a., quale utilizzatrice dei mezzi pubblici di proprietà della società Atac s.p.a., giusta contratto nell'occasione depositato.

Atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, responsabile L. n. 990 del 1969, ex art. 18, nonchè ex art. 144 Cod. ass., e art. 2054 c.c., comma 3, è di norma solo il proprietario del veicolo che ha causato il danno, unico soggetto che può essere agevolmente individuato in base ai pubblici registri ( cfr. Cass., 2/12/2014, n. 25421; Cass., 22/5/2007, n. 11885 Cass., 8/2/2006, n. 2665; Cass., 24/2/1998, n. 1976 ), salvo le specifiche eccezioni espressamente previste dalla legge (v. Cass., 2/12/2014, n. 25421), tra le quali risulta espressamente contemplata anche l'ipotesi dell'autovettura come nella specie concessa in leasing, in tal caso litisconsorte necessario essendo l'utilizzatore (art. 91 C.d.S.), va ulteriormente osservato che anche allorquando si tratti (ma non è questo, come detto, il caso) di ipotesi di omessa citazione di un litisconsorte necessario, la possibilità per il giudice di provvedere d'ufficio (anche) all'esito dell'intempestiva eccezione di parte ad ordinare l'integrazione del contraddittorio trova in ogni caso limite nella circostanza che gli elementi posti a fondamento di tale provvedimento emergano da atti ritualmente acquisiti nel giudizio di merito.

Orbene, atti ritualmente acquisiti nel giudizio di merito non possono invero ritenersi quelli come nella specie dall'originaria convenuta (ed odierna controricorrente) società Atac s.p.a. tardivamente depositati all'udienza successiva alla prima, fissata (non già ai sensi dell'art. 320 c.p.c., comma 4, bensì) ai fini dell'espletamento della prova testimoniale.

Ne consegue che erronee risultano allora le affermazioni contenute nell'impugnata sentenza secondo cui "dalla documentazione prodotta contratto di usufrutto (recte, di leasing) fra le due società contenente in allegato l'elencazione del parco - automezzi... )... si evince che la Trambus spa è divenuta dal 2003 esclusiva utilizzatrice degli autobus e che il contratto è stato oggetto di proroga e risulta vigente all'epoca dell'incidente di cui è causa", sicchè alla stregua di tale "contratto prodotto - e finalizzato a dimostrare la sussistenza di un litisconsorzio necessario, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado-... deve ritenersi che fra le due società sussista litisconsorzio necessario in relazione alla controversia proposta". E che "che nessun rilievo può assumere la circostanza che l'Atac s.p.a. si sia tardivamente costituita, trattandosi di eccezione rilevabile d'ufficio, in quanto finalizzata ad una regolare e completa costituzione del contraddittorio".

Della medesima s'impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione del seguente principio di diritto: In tema di sinistri stradali, in caso di domanda di risarcimento del danno proposta dal danneggiato nei confronti del responsabile civile, la questione concernente la proprietà o altro diritto (nella specie, il diritto di godimento dell'utilizzatore dell'autoveicolo oggetto di contratto di leasing) identificativo del soggetto tenuto alla prestazione richiesta, e pertanto relativa alla titolarità (dal lato passivo) del rapporto fatto valere in giudizio, attiene non già al difetto di legittimazione passiva bensì al merito della controversia, non essendone conseguentemente consentito il rilievo d'ufficio da parte del giudice ma dovendo costituire oggetto di tempestiva deduzione o eccezione di parte, e non comporta la necessità dell'integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., non trattandosi di ipotesi di litisconsorzio necessario, la cui disamina rimane comunque preclusa al giudice (che non può nemmeno procedervi d'ufficio all'esito dell'intempestiva eccezione di parte) allorquando come nella specie essa risulti fondata su atti non ritualmente acquisiti nel giudizio di merito, per essere stati nel procedimento avanti al Giudice di pace depositati solo all'udienza successiva alla prima fissata per l'espletamento della prova testimoniale, e non già ai sensi del 4 comma dell'art. 320 c.p.c.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alla spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2015 

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