Muore Licio Gelli, il Venerabile custode di molti segreti italiani

Pluricondannato ma sempre vicino ai potenti, è morto a 96 anni
gelli-licio jpgRoma, 16 dic. (askanews) - Con la scomparsa, a 96 anni, di Licio Gelli, si chiude una della pagine più controverse dei misteri d'Italia. Sulla quale esistono verità giudiziarie ma anche molti punti su cui luce non è mai stata fatta: gli archivi del Venerabile, morto nella notte a villa Wanda, rimangono in gran parte nella sua disponibilità, sparsi tra il Sudamerica dove Gelli visse per lunghi anni, la Toscana e la Svizzera. Solo una parte dei suoi archivi infatti fu donata al comune di Pistoia nel 2006. E proprio a Pistoia, domani, ci sarà l'estremo saluto.

Passato attraverso l'esperienza della guerra civile spagnola in aiuto alle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco e la collaborazione con la federazione fascista di Pistoia, gli venne affidato nel 1942, in qualità di ispettore del Partito Nazionale Fascista, l'incarico di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Jugoslavia, requisito dal Servizio Informazioni Militare: in tutto, 60 tonnellate di lingotti d'oro, 2 di monete antiche, 6 milioni di dollari, 2 milioni di sterline. Quando il tesoro venne restituito alla Jugoslavia, nel 1947 mancavano 20 tonnellate di lingotti: è stata fatta l'ipotesi, sempre smentita da Gelli, che lui li avesse trasferiti al tempo in Argentina e che parte di queste 20 tonnellate sarebbero tra i preziosi ritrovati nelle fioriere di villa Wanda.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica di Salò diventando ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Quando tuttavia la vittoria della guerra cominciò a rivelarsi impossibile per i nazi-fascisti, Gelli aderì al movimento partigiano. I contatti e le conoscenze abilmente acquisite mentre militava tra i fascisti gli consentirono di effettuare con efficacia il doppio gioco: cominciò quindi a trafugare e distribuire di nascosto ai partigiani i lasciapassare rossi della Kommandatura, e fornire ai suoi superiori informazioni fuorvianti per i rastrellamenti che erano in corso sugli Appennini.

Al termine della guerra, le ipotesi, mai verificate, lo vogliono arruolato nella Cia su raccomandazione dei servizi segreti italiani.

E' alla fine degli anni 50 che Gelli lanciò la scalata all'interno della Massoneria, diventando Maestro Venerabile della loggia Propaganda 2, diventata nota come P2, nella quale riuscì a concentrare un consistente numero di soggetti titolari di cariche politiche ed amministrative, per questo motivo posti "in sonno" ed i cui nomi sarebbero stati noti soltanto ("all'orecchio") del Gran Maestro. Benché per molti si trattasse soltanto di un'ulteriore e ben frequentata sede di affarismo politico, nel corso degli anni settanta si sarebbe qualificata per aver concentrato i protagonisti di un disegno eversivo, di cui fu traccia il "piano di rinascita democratica" redatto da Francesco Cosentino su istruzioni dello stesso Gelli. Questi nel 1970 avrebbe dovuto arrestare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, nell'ambito del fallito Golpe Borghese; Gelli ha sempre smentito questa ipotesi. E' stato poi accusato di aver avuto un ruolo preminente nell'Operazione Gladio, una struttura clandestina di tipo "stay-behind", promossa dalla Nato e finanziata in parte dalla Cia allo scopo di contrastare l'influenza comunista in Italia, così come negli altri paesi europei.

E per la lista P2 Gelli tornò al centro delle cronache. Il 17 marzo 1981, i giudici istruttori Gherardo Colombo e Giuliano Turone, nell'ambito di un'inchiesta sul finto rapimento del finanziere Michele Sindona, fecero perquisire la villa di Gelli a Castiglion Fibocchi (AR) e la fabbrica di sua proprietà (la Giole, sempre a Castiglion Fibocchi), che portò alla scoperta di una lunga lista di alti ufficiali delle forze armate e di funzionari pubblici aderenti alla P2. La lista, la cui esistenza era presto divenuta celebre grazie ai media, includeva anche l'intero gruppo dirigente dei servizi segreti italiani, parlamentari, industriali, giornalisti e personaggi facoltosi come il più volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a quel tempo non ancora in politica), Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Costanzo.

Gelli allora scappò in Svizzera, dove fu arrestato mentre cercava di ritirare decine di migliaia di dollari a Ginevra, ma riuscì ad evadere dalla prigione. Fuggì quindi in Sudamerica, prima di costituirsi nel 1987. Lo scandalo nazionale conseguente alla scoperta delle liste fu quasi drammatico, dato che molte delle più delicate cariche della Repubblica Italiana erano occupate da affiliati all'organizzazione di Gelli.

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