Autocontrollo igienico-sanitario: gli obblighi di adeguamento in caso di licenza risalente nel tempo

TAR, Marche-Ancona, sez. I, sentenza 23/01/2017 n° 60

La recente sentenza del TAR Marche n. 60/2017 verte sulla questione molto dibattuta avente ad oggetto il sistema vigente in tema di igiene alimentare (e la relativa normativa comunitaria Reg. CE 852/2004, Reg. CE 882/2004 e Reg. CE 178/2002).

Tale sistema ha introdotto il principio dell’autocontrollo igienico-sanitario – secondo cui ogni operatore deve adeguarsi, nel tempo, all’evoluzione ed alle nuove regole scientifiche – senza però garantire né tutelare il legittimo affidamento dell'imprenditore a considerare "in regola" la propria attività se autorizzata o comunque se esercitata senza ostacoli per un lungo lasso di tempo.

Ci si chiede se si possa, di fatto, pur a fronte di modifiche del ciclo produttivo o di evoluzione della scienza, imporre un adeguamento ad una attività (esercizi di bar, alimentari, pasticcerie, ristoranti ecc) già in essere e già autorizzate con dei regolari titoli abilitativi.  

Ebbene, nella controversia in esame il Tribunale Amministrativo Regionale ha condiviso le censure di quest’ultima (che gestiva un esercizio di Bar Pasticceria della città di Grottammare) secondo cui “...non è detto che, a fronte delle mutate esigenze di sicurezza in ambito igienico-sanitario e di quanto stabilito dalle disposizioni comunitarie di cui ai Regolamenti CE n. 178 del 2002, n. 852 del 2004 e n. 882 del 2004, che disciplinano il controllo alimentare, si debba imporre un adeguamento, dal punto di vista dei requisiti strutturali e funzionali, a tutti gli operatori che già esercitano un’attività in base ad autorizzazioni rilasciate da molto tempo e precedenti all’entrata in vigore della citata normativa comunitaria. 

Ciò in quanto, nei confronti di esercizi commerciali che operano in virtù di titoli risalenti nel tempo e che fanno affidamento sulla legittimità della propria attività per come autorizzata, occorre un accertamento in concreto sul rispetto delle migliori condizioni igienico-sanitarie. 

In altri termini, in sede di applicazione di una norma sopravvenuta rispetto al titolo, nel bilanciamento tra l’interesse pubblico ad evitare rischi effettivi per la salute e quello privato alla prosecuzione dell’attività commerciale, l’Amministrazione è chiamata a valutare l’effettiva necessità di imporre una particolare misura, che potrebbe non giustificarsi in assenza di accertati fenomeni di contaminazione degli alimenti, tenuto anche conto delle reali modalità di svolgimento dell’attività stessa. 

Ciò tanto più se il rispetto delle prescrizioni da osservare – proprio perché di difficile realizzazione in relazione alla condizione dei locali – rischia di comportare la chiusura dell’esercizio".

Sul tema si segnala:

(Altalex, 30 marzo 2017)

T.A.R.

Marche - Ancona

Sezione I

Sentenza 23 gennaio 2017, n. 60

sul ricorso numero di registro generale 330 del 2015, proposto da: 

Società XXX s.n.c., rappresentata e difesa dagli avv.ti Otello Bagalini e Stefano Bagalini, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24; 

contro

Azienda Sanitaria Unica Regionale (Asur) Marche - Dipartimento di Prevenzione - U.O.C. Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione - Presidio di S. Benedetto del Tronto, rappresentati e difesi dall'avv. Patrizia Viozzi, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale A.S.U.R. in Ancona, Via Caduti del Lavoro, 40; 

nei confronti di

Dipartimento di Prevenzione - U.O.C. - Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione - Presidio di San Benedetto del Tronto, non costituito in giudizio; 
per l'annullamento

- del provvedimento di prescrizione prot. n. 0022042 del 19 marzo 2015 notificato in data 20 marzo 2015;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2016 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. La ricorrente - società che svolge, nel Comune di Grottammare (AP), attività di bar-pasticceria in virtù di autorizzazione sanitaria n. ... del ... 1987 e di licenza di pubblico esercizio n. .... del ... 1988, entrambe rilasciate dal suddetto Comune - impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con cui l’ASUR, a seguito di un’ispezione posta in essere nell’esercizio in data 18 marzo 2015, le ha imposto l’osservanza di talune prescrizioni igienico-santarie, quali la creazione di un bagno separato per il personale addetto alla manipolazione degli alimenti rispetto a quello utilizzato dai clienti, dotato di adeguato spogliatoio, e la predisposizione, nel locale laboratorio, di un lavabo per le mani.

La seconda delle prescrizioni impartite è stata adempiuta dall’interessata, come si evince dalla documentazione versata in atti.

Quanto alla prima delle due prescrizioni, la ricorrente ne lamenta l’illegittimità, perché reputa sufficienti le misure igieniche già adottate in relazione all’attività esercitata, che, non prevedendo servizio al tavolo, ma prevalentemente da asporto, non implica la necessità di un ulteriore bagno destinato esclusivamente alla clientela; inoltre, la realizzazione di un secondo bagno e di uno spogliatoio sarebbe impossibile in relazione alla planimetria e ai volumi disponibili, se non sacrificando lo spazio del laboratorio e riducendo gli ambiti di manovra del personale, come peraltro dimostrato dalla relazione tecnica di parte del 4 maggio 2015, a firma dell’architetto ... di Grottammare, prodotta in allegato al ricorso.

Conseguentemente, il provvedimento impugnato viene censurato in parte qua, sotto diversi profili di illegittimità.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione sanitaria intimata per resistere alle avverse doglianze.

Con ordinanza n. 194 del 2015 il Tribunale ha accolto l’istanza di concessione di misure cautelari contenuta in ricorso; con successiva ordinanza n. 187 del 2016 ha, inoltre, disposto istruttoria al fine di acquisire dall’Amministrazione i chiarimenti necessari alla decisione di merito.

L’ASUR ha adempiuto alla suddetta istanza istruttoria depositando, in data 30 aprile 2016, una relazione completa di documentazione.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2016, quindi, la causa è stata posta in decisione.

II. Il ricorso è fondato e va accolto nei sensi che di seguito si vanno a precisare.

Come è emerso dall’istruttoria disposta dal Tribunale, l’accertamento ispettivo del 18 marzo 2015 ad opera dei Tecnici della Prevenzione, da cui è scaturito l’atto impugnato, è stato effettuato d’ufficio, nell’ambito dei controlli annuali previsti in attuazione del Regolamento CE n. 882 del 2004. 

Esso, quindi, non è conseguente ad una domanda di ampliamento o di ristrutturazione proveniente dal gestore, essendo invece emerso che l’attività è stata ininterrottamente svolta alle stesse condizioni e negli stessi locali esistenti all’epoca del rilascio delle autorizzazioni da parte del Comune di Grottammare (autorizzazione sanitaria n. 47 del 16 dicembre 1987 e licenza di pubblico esercizio n. 163 del 18 gennaio 1988).

Ciò posto, sono da condividere le censure della ricorrente secondo cui non è detto che, a fronte delle mutate esigenze di sicurezza in ambito igienico-sanitario e di quanto stabilito dalle disposizioni comunitarie di cui ai Regolamenti CE n. 178 del 2002, n. 852 del 2004 e n. 882 del 2004, che disciplinano il controllo alimentare, si debba imporre un adeguamento, dal punto di vista dei requisiti strutturali e funzionali, a tutti gli operatori che già esercitano un’attività in base ad autorizzazioni rilasciate da molto tempo e precedenti all’entrata in vigore della citata normativa comunitaria. Ciò in quanto, nei confronti di esercizi commerciali che operano in virtù di titoli risalenti nel tempo e che fanno affidamento sulla legittimità della propria attività per come autorizzata, occorre un accertamento in concreto sul rispetto delle migliori condizioni igienico-sanitarie. In altri termini, in sede di applicazione di una norma sopravvenuta rispetto al titolo, nel bilanciamento tra l’interesse pubblico ad evitare rischi effettivi per la salute e quello privato alla prosecuzione dell’attività commerciale, l’Amministrazione è chiamata a valutare l’effettiva necessità di imporre una particolare misura, che potrebbe non giustificarsi in assenza di accertati fenomeni di contaminazione degli alimenti, tenuto anche conto delle reali modalità di svolgimento dell’attività stessa. Ciò tanto più se il rispetto delle prescrizioni da osservare – proprio perché di difficile realizzazione in relazione alla condizione dei locali – rischia di comportare la chiusura dell’esercizio.

Nel caso in esame, la ricorrente esercita la propria attività di bar-pasticceria da circa 29 anni e, a quanto consta, non ha mai destato allarmi o sospetti in merito alla qualità del servizio dal punto di vista igienico-sanitario.

La stessa ha dimostrato, attraverso il deposito di una relazione tecnica di parte, la sussistenza di oggettive difficoltà nella realizzazione del secondo bagno e dello spogliatoio; peraltro, avendo essa immediatamente adempiuto alla prescrizione che imponeva l’installazione di un lavabo per le mani nel locale adibito a laboratorio, ha dimostrato di essere in buona fede e che non avrebbe avuto obiezioni ad osservare anche la seconda delle due prescrizioni (quella che appunto impone la realizzazione del secondo bagno e dello spogliatoio), qualora le condizioni dei locali lo avessero consentito.

D’altra parte, lo stesso provvedimento impugnato subordina il pagamento della sanzione comminata, ai sensi dell’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 193 del 2007, per il caso di inosservanza alle prescrizioni impartite nei termini stabiliti, all’ “assenza di una giusta causa da comunicarsi immediatamente”; il che onera l’Amministrazione a prendere in considerazione le difficoltà evidenziate nella citata relazione tecnica di parte, anche al fine di valutare soluzioni alternative a quella imposta con l’atto impugnato.

III. Per tutte le suesposte ragioni, il ricorso va accolto e, per l’effetto, il provvedimento di prescrizione prot. 22042 del 19 marzo 2015 va annullato nei limiti in cui esso è stato gravato, ossia nelle sole parti in cui impone l’azione correttiva indicata al punto 1 e commina la sanzione di cui all’art. 6, comma 7, del d.lgs. n. 193 del 2007, per il caso di mancato adempimento nei termini prescritti.

IV. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla, in parte, l’atto impugnato, nei sensi precisati in motivazione.

Condanna l’ASUR Marche – Area vasta n. 5 di San Benedetto del Tronto e di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante p.t., alla refusione delle spese processuali in favore della ricorrente che si liquidano in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre IVA, CPA e rimborso del contributo unificato come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere
Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore

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