Responsabilità civile

Danno da perdita parentale? Ok alle tabelle romane

Tribunale, Roma, sez. XIII, sentenza 09/04/2018

Ben più specifiche, le tabelle romane vanno preferite rispetto a quelle milanesi in quanto soddisfano le esigenze stabilite dalla Corte di Cassazione, di predeterminazione, prevedibilità e parità nella quantificazione del ristoro. 

E’ quanto chiarito dal Tribunale di Roma, Sez. XIII°, nella sentenza pubblicata il 9.4.2018.

Nella vicenda in esame, i congiunti della vittima di un sinistro stradale, avevano evocato in giudizio l’autore dell’incidente, la relativa assicurazione, nonché la spa tenuta alla manutenzione della strada, ritenuta responsabile dell’evento a causa dell’assenza di illuminazione del tratto interessato dal sinistro.

Gli attori chiedevano oltre il risarcimento del danno da perdita del congiunto (jure proprio), il danno c.d. catastrofale in quanto asserivano che la vittima era sopravvissuta per circa due ore e forse era rimasta cosciente dopo il primo trauma; il danno c.d. tanatologico ed il danno biologico (jure hereditatis).

Il Tribunale adìto ha rilevato che l’unico danno risarcibile è quello parentale, non essendo individuabile nel caso di specie, né il danno biologico né quello c.d. catastrofale, in quanto la vittima è deceduta dopo poche ore dall’incidente, senza mai riprendere conoscenza. 

Per quantificare il risarcimento di tale danno, in assenza di una normativa legale nazionale per la determinazione del danno parentale, il Giudice di prime cure ha fatto riferimento alle Tabelle statisticamente maggiormente utilizzate, elaborate dai Tribunali di Milano e di Roma. 

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Nonostante vi siano diverse pronunce della Suprema Corte a favore delle Tabelle del Tribunale di Milano, è possibile individuarne alcune criticità, quali ad esempio, l’evidente diminuzione di una delle funzioni primarie delle Tabelle, ovvero la prevedibilità della decisione. Orbene, si tratta di un aspetto fondamentale perché la possibilità di concludere accordi stragiudiziali, evitando un contenzioso, ovvero facendolo cessare, dopo l’accertamento dell’an debeatur, passa proprio attraverso l’idoneità della tabella di indicare nel modo più preciso possibile, l’esito della quantificazione della somma destinata al risarcimento, in presenza di un certo numero di elementi noti ed utilizzabili. Inoltre, applicando le tabelle milanesi, risulta difficile che situazioni simili se non identiche, ricevano eguale trattamento. 

A ciò si aggiunga che, nelle tabelle milanesi vi è una colonna nella quale per ogni categoria di congiunto è previsto un importo quale valore monetario medio, mentre in una seconda colonna per ciascun congiunto, è indicato il relativo aumento personalizzato massimo. In particolare, i valori medi ivi indicati, per il calcolo del ristoro previsto per la morte di un fratello o di una sorella, sono eccessivamente bassi, ed inoltre risulta una distanza eccessiva fra il valore medio e quello massimo.

Tutto ciò determina incertezze in relazione al quantum nonché all’esito della controversia, anche perché nessun criterio obiettivo e predeterminato accompagna le circostanze che possono aumentare il valore medio indicato.

Alla luce di tali argomentazioni, il Tribunale adìto ha preferito applicare al caso in esame, le tabelle romane, ritenendole più specifiche e predeterminate, dirette a soddisfare le esigenze, segnalate dalla Corte Suprema, di predeterminazione, prevedibilità e pari trattamento dei ristori. Inoltre, contrariamente alla tabella milanesi, che non prevedono un minimo garantito, nelle tabelle capitoline è prevista la possibilità di diminuzione del risarcimento in base alle circostanze del caso. In conclusione, il Tribunale non ha condiviso la recente omologa tabella milanese 2018, preferendo la tabella 2017 del Tribunale di Roma, per quantificare il risarcimento da liquidare ai congiunti.

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(Altalex, 8 maggio 2018. Nota di Maria Elena Bagnato)

TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE XIII

Sentenza 9 aprile 2018

In NOME del POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE di ROMA

SEZIONE XIII

N. RG.81039-14 + 25039-13 riunite

REPUBBLICA ITALIANA

Il Giudice dott. cons. Massimo Moriconi

nella causa tra

V.S.B., D.G.e A.B.(avv.to M.C.)

attori (nella causa rg.81039) convenuti (nella causa rg 25039/2013)

E

F.D.F e G.D.

convenuti contumaci                          

E             

Spa U.A.(incorporante spa F.spa) (avv.F.M.)

convenuti                

spa G.I. (già ..) nella qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada (avv.to (M.C. M. )                                                               

convenuta

E

A.L.A.d.I.spa (avv. S.C.)

convenuta

E

G.B., M.P., F.B. , M.G., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori M. G. e M. L. (avv. E. B.)

convenuti (nella causa nella causa rg.81039) attori (nella causa rg 25039/2013)

E

Spa A. (avv.L. C. e A.B.)

convenuta

ha emesso e pubblicato la seguente

SENTENZA

La motivazione che segue è stata redatta ai sensi  dell'art.16-bis, comma 9-octies (aggiunto dall'art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132) decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 secondo cui gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalita' telematiche sono redatti in maniera sintetica.

Poiché già la novella di cui alla l.. 18 giugno 2009, n. 69 era intervenuta sugli artt.132 cpc e 118 att.cpc , prevedendo che  la sentenza va motivata con una concisa e succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, occorre attribuire al nuovo intervento un qualche significato sostanziale, che tale non sarebbe se si ritenesse che l'innovazione ultima sia puramente ripetitiva - mero sinonimo-  del concetto già precedentemente espresso.

La necessità di smaltimento dei ruoli esorbitanti e le prescrizioni di legge e regolamentari (cfr. Strasburgo 2) circa la necessità di contenere la durata delle cause, impongono pertanto applicazione di uno stile motivazionale  sintetico che è stile più stringente di previgente alla disposizione dell'art. 19, comma 1, lett. a, n. 2-ter, d.l.83/2015.

*

Letti gli atti e le istanze delle parti,

osserva:

-1-

V.S.B., D.G.e A.B. esponevano che nella notte fra il 27 e il 28 luglio 2010 G.B.(di cui erano rispettivamente i primi due genitori conviventi e la terza, sorella convivente) si trovava a bordo come trasportata della motocicletta tg.omissis di proprietà di e condotta da A.B., che percorreva la strada statale Roma-Fiumicino direzione aereoporto di Fiumicino allorché intorno alle ore una del mattina in un tratto (km.11+600) nel quale l’ illuminazione era assente, il motociclo dapprima urtava il new jersey corrente lungo il lato destro della carreggiata e quindi rovinava a terra facendo cadere entrambi gli occupanti sull’asfalto; dove venivano travolti dalle automobili in transito e fra queste dalla Renault Clio tg.omissis di proprietà di G.D.e condotta da F.di F..

Riferivano che quest’ultimo, dopo essersi fermato, si allontanava dal luogo del fatto, costituendosi solo la mattina seguendo all’autorità giudiziaria.

Lamentavano che nel punto del sinistro non esisteva illuminazione della strada posta solo successivamente.

Riferivano che G.B.a seguito delle gravissime lesioni riportate era giunta al San Camillo alle ore 2,37  dove decedeva poco dopo (alle 3 secondo il perito del PM)

Poiché, da una parte, il motociclo sul quale si trovava come trasportata G.B.era assicurato presso A.d.I. (rectius: A. G. spa) e poiché, dall’altra,  il contributo al decesso della predetta apportato dall’investimento da parte del D.F. era risultato, a loro parere, certo, l’azione veniva promossa  contro A.G. spa e gli eredi di A.B. e contro il D.F.e la D. e la sua assicurazione S.A. spa (rectius: U.spa)

Inoltre evocavano in giudizio la spa A. in quanto soggetto tenuto alla manutenzione della strada a causa della mancanza di illuminazione del tratto di strada interessato dal sinistro.

Nonché la spa A.G. quale impresa designata da FGVS.

Quanto al risarcimento del danno, chiedevano oltre al danno da perdita del congiunto (jure proprio), il danno c.d. catastrofale assumendo che G.B.era sopravvissuta per circa due ore e non era da escludere che fosse rimasta cosciente (con quando di sofferenza ne era conseguito) dopo il primo trauma; il danno c.d. tanatologico; e il danno biologico (jure hereditatis)

G.B., M.P., F.B., e M.G., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori M.G. e M. L. hanno agito (originariamente) nei confronti del Fondo di Garanzia sul presupposto che la morte del loro congiunto fosse stata determinata da conducenti di veicoli rimasti ignoti.

In seguito alla riunione delle cause, estendevano la domanda anche nei confronti di F. D. F., G.D. e della U. spa; nonché nei confronti di spa A.; e nei confronti degli attori della causa rg.81039/14.

Le altre parti costituite, come indicato in epigrafe, si costituivano e contestavano respingendo o riferendo ad altri gli addebiti.

-2-

In estrema sintesi ritiene il Giudice:

  1. che A.B. fosse alla guida del motociclo; e G.B.passeggera;
  2. che la perdita di controllo del motociclo sia stata quanto meno favorita dalle condizioni psico-fisiche alterate di entrambi gli occupanti il motociclo, e, per quel che più conta, del conducente (B. che esponeva invero un elevato tasso alcolemico);
  3. che non sussista alcuna responsabilità di spa A.;
  4. che non sussista alcuna colpa dei conducenti dei veicoli, ignoti, ovvero noti, quale quello condotto da F.d.F., che sormontavano i corpi in terra di A.B. e di G.B.;
  5. che di conseguenza, vadano rigettate le domande, originaria ed estese, degli attori (eredi di A.B.) della causa rg 25039/2013 (salvo l’obbligo di  garanzia a carico dell’assicurazione del motociclo, che nulla ha eccepito al riguardo)
  6. che può essere accolta, quanto alle domande degli eredi di G.B., l’unica fondata, relativa al perdita del congiunto (danno parentale)

Va premesso che è pacifico, e non sono molte in questa causa le circostanze pacifiche, o comunque risulta accertato con sicurezza [1] :

 che il motociclo Honda percorreva, in tarda notte, la corsia di emergenza dell’autostrada A91, a tre corsie di marcia, e l’incidente si verificava in prossimità ed all’altezza della progressione chilometrica 11+600, laddove tale corsia si restringe sino a sparire del tutto;

che il motociclo urtava il new jersey lasciandovi tracce di abrasione per circa dodici metri per poi cadere in terra e scarrocciare sul lato sinistro per ulteriori metri 23,00 ;

che i corpi di A.B. e G.B., rovinati al suolo a cavallo tra la corsia centrale e quella laterale, venivano sormontati da veicoli in transito, già prima di quello alla cui guida era F. D.F.(cfr. genuina testimonianza resa da D. U.)

che il tratto di strada in questione, era privo di illuminazione e del tutto buio, e non perché non funzionante come erroneamente ritenuto dall’autorità di polizia intervenuta, ma in quanto non esistente per valutazione di non rilevanza da parte dell’ente proprietario e gestore della strada (cfr. memorie difensive spa A.), in un contesto nel quale nessuna parte:

  • ha saputo indicare l’eventuale norma prescrittiva a carico di spa A. di apporre illuminazione stradale  lungo il percorso  autostradale); e
  • perché mai, in particolare, tale obbligo sarebbe stato generato, sia pure in virtù di generali precetti di prudenza, per tale tratto stradale,

che A.B. giungeva cadavere presso il nosocomio Grassi di Ostia mentre G.B. decedeva, senza aver mai ripreso conoscenza, non appena giunta  all'ospedale San Camillo

che la strada in questione è, come ogni autostrada, ad alto scorrimento, ed è  consentita, mancando diverse indicazioni,  la velocità massima relativa a tale tipo di strada (km 130  orari);  con la precisazione che il consulente del P.M. ricordava  che nella strada in questione vigeva la prescrizione di una velocità minima di 100 km orari

Sulla base di quanto fino qui osservato e argomentato, è coerente e logico pervenire alle seguenti conclusioni:

A.B. era il conducente del motociclo.

Le prove testimoniali richieste dalla difesa degli attori della causa RG 25039/2013 [2] (dirette a dimostrare la veste di trasportato del predetto) sono superflue in quanto evidentemente irrilevanti, non presentando neppure la dignità di indizi.

Si fondano su una congettura, che le prove stesse, quand’anche di esito favorevole per i richiedenti, non riuscirebbero a trasformare in altro rispetto a ciò che è, vale a dire una semplice (ed assai vantaggiosa) supposizione. Non varrebbero infatti a dimostrare che nella specifica occasione del sinistro G.B. guidasse la moto.

In realtà nessuna delle due parti (rectius, gruppi di parti), ha assolto in modo pieno all’onere di provare ciò che entrambe assumono, vale a dire che il loro congiunto fosse il trasportato. D’altra parte, atteso che la questione non può essere risolta né con l’applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova (che potrebbe condurre alla paradossale conseguenza di negare l’esistenza di un trasportato), né con un non liquet, che non ha patria nell’ordinamento, occorre basarsi ed accontentarsi di presunzioni, che nella specie consistono nell’essere A.B. il proprietario della motocicletta, e il titolare del contratto di assicurazione; circostanze dalle quali può ragionevolmente ritenersi che fosse lui, la notte del 28 luglio 2010, a condurre la sua moto (e di conseguenza, G.B., fosse la trasportata).

Il conducente (e la B., sia pure in misura minore, ed in ogni caso non influendo ciò sul diritto degli eredi al risarcimento, non essendo certa la reale consapevolezza del rischio che assumeva facendosi trasportare da un soggetto non del tutto compus sui) avevano assunto alcolici, come è risultato dalle risultanze medico-legali.

A.B. perdeva, per tale ragione, ovvero per sonno, stanchezza o altra causa ignota (ma non certo per essere stata la motocicletta urtata da altro veicolo, che ciò è assolutamente da escludersi alla luce delle indagini espletate in sede penale), il controllo di guida, dopo essersi collocato (non si sa perché) nella corsia di emergenza  [3], impostando un’andatura pericolosa perché troppo bassa (cfr. consulente del PM)

Lui e G.B. finivano in terra, in mezzo ad una strada che si poteva percorrere fino a 130 km orari e non la si doveva percorrere ad una velocità inferiore a  100 km orari..

Nel buio più assoluto.

Evidentemente, nessun automobilista che, in tali circostanze, non avesse potuto evitare di sormontare  i corpi dei due malcapitati, versava  in colpa

Il rigore dell’art. 141 cod.strada si arresta di fronte all’imprevedibilità dell’ostacolo : è questo precisamente il senso della norma citata dal consulente del PM. Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere le manovre necessarie …specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile

Non è prevista una responsabilità oggettiva del conducente, al contrario, come è giusto e sensato che sia, l’obbligo assume significato e cogenza solo in presenza di una condotta esigibile, che sia mancata

Se l’ostacolo è pressoché invisibile (o, che è lo stesso, considerando le ricordate prescrizioni di velocità, visibile solo nell’immediatezza, o coevo al sinistro) e quindi non prevedibile (come erano i due corpi stesi sull’asfalto), dove sta la colpa del conducente ?

Non c’è, a tutta evidenza.

Volerla asserire, forzando logica, diritto e buon senso, solo in vista del vantaggioso scopo perseguito (conseguimento di un beneficio economico) non è cosa che può interessare al Giudice.

I corpi di A.B. e di G.B.sono stati sormontati da diversi veicoli, e in particolare, per la seconda, sicuramente anche da quello di F. di F..

Si può ammettere, benché il fatto sia tutt’altro che certo potendo essere stata sufficiente la rovinosa caduta dalla moto, che la morte di uno o di entrambi sia stata causata ANCHE dal passaggio dei veicoli, ignoti e noto.

Ma la conclusione non cambia, in ogni caso difetta ab imis l’elemento soggettivo, vale a dire la colpa dei conducenti, ignoti, e noto [4]

A.B. si immetteva, pericolosamente, troppo lentamente, ed in condizioni di alterato equilibrio psico-fisico, dalla corsia di emergenza nella corsia di marcia ed in tale frangente perdeva il controllo della moto, con quello che ne seguiva, per cause imprecisate (ma non addebitabili a terzi)

Si può predicare che sia prevedibile, per un conducente di un veicolo che marcia lecitamente ad alta velocità, imbattersi lungo un’autostrada di notte, al buio, in mezzo alla strada, in  due corpi riversi sull’asfalto? E quale sarebbe la manovra doverosa per prevederli avvistarli per tempo, evitarli ? Procedere – violando la legge- a cinquanta all’ora ovvero inchiodare l’auto, con il rischio di provocare tamponamenti  ed ogni altro genere di incidente ?  E dove è mai la prova o soltanto l’indizio che l’incidente e la caduta non siano accaduti nel contesto di un contemporaneo transito di un veicolo che nulla poteva fare di fronte al coevo ruzzolare sull’asfalto dei due corpi ?

-3-

Ne consegue che l’unico danno risarcibile è quello che spetta, iure proprio, ai congiunti di G.B..

Che hanno avanzato domande ridondanti ed erronee, circostanza che non induce tuttavia alla parziale compensazione delle spese di causa, posto che, nella sostanza, la difesa dei B. ha centrato i due obiettivi principali e fondamentali, relativi al titolare passivo del diritto al risarcimento della trasportata e al danno parentale sicuramente sussistente anche alla luce delle risultanze in atti.

Non spetta infatti né il danno biologico né quello c.d. catastrofale (del resto richiesto in modo perplesso, ..non è detto che …) , atteso che G.B. è deceduta nel giro di poche ore dall’incidente, senza mai riprendere conoscenza.

Quanto al danno c.d. tanatologico, si tratta di categoria che, salvo sporadiche opinioni smentite dalla Suprema Corte a Sezioni Unite,  non ha patria nell’ordinamento.

Ed è nota la giurisprudenza, condivisibile al riguardo, che richiede un lasso di tempo ragionevole, che non è quello che si è verificato nel caso di specie, fra l’evento dannoso ed il decesso. 

V.S.B. e D.G. sono i genitori della vittima e  A.B. ne è la sorella.

Non vi sono ragioni, neppure allegate da chicchessia, per dubitare che abbiano sofferto per la perdita rispettivamente della figlia e della sorella (cfr. pure risultanze in atti) e  che questo dolore costituisca una duratura e tragica privazione del venir meno della persona cara (peraltro convivente)

Per la liquidazione del danno è ragionevole e consigliabile adottare, nella purtroppo perdurante assenza di normativa legale nazionale (preannunciata ma tuttora non realizzata, vedi Codice delle Assicurazioni Decreto legislativo 07/09/2005, n. 209  art. 138 , Legge Concorrenza legge 124/2017, Legge Gelli 24/2017 [5]), le Tabelle elaborate dai Tribunali.

In particolare le Tabelle più autorevoli, note e usate per la determinazione del danno biologico e di quello parentale, che sono quelle del Tribunale di Milano e quelle del Tribunale di Roma.

A favore delle Tabelle del Tribunale di Milano si è pronunciata ripetutamente la Corte di Cassazione (ex multis, Cass. 9367/16, Cass. 20895/15, Cass.14402/11)

Circoscrivendo la riflessione alla tabella (milanese e romana) relativa alla liquidazione del danno parentale, che è quella di interesse nella presente causa, e  proprio sulla base delle motivazioni espresse dalla S.C. emergono, ad una attenta verifica, talune non secondarie criticità relativamente alla appropriatezza, rispetto ai fini dichiarati e perseguiti, della prima rispetto alla seconda.

Va premesso e ricordato che secondo la Corte Suprema (sent.30/06/2011 n° 14402) in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalità del giudice deve consentirne - sia in caso di adozione del criterio equitativo puro che di applicazione di criteri predeterminati e standardizzati , la maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento; a tal fine tali criteri devono essere pertanto idonei a garantire anche la c.d. personalizzazione del danno (v. Cass., 29/3/2007, n. 7740; Cass., Sez. Un.,11/11/2008, n. 26972)

A tale riguardo la Corte ha sottolineato come le tabelle del Tribunale di Milano risultino essere quelle statisticamente maggiormente testate, e pertanto le più idonee ad essere assunte quale criterio generale di valutazione che, con l'apporto dei necessari ed opportuni correttivi ai fini della c.d. personalizzazione del ristoro, consenta di pervenire alla relativa determinazione in termini maggiormente congrui, sia sul piano dell'effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione - nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti - sul territorio nazionale

E che l'equità assolve invero (anche) alla fondamentale funzione di “garantire l'intima coerenza dell'ordinamento, assicurando che casi uguali non siano trattati in modo diseguale”, con eliminazione delle “disparità di trattamento” e delle “ingiustizie”, a tale stregua venendo ad assumere il significato di “adeguatezza” e di “proporzione” (così Cass., 7/6/2011, n. 12408).

I rilievi che possono essere mossi verso la Tabella licenziata dal Tribunale di Milano nel 2018, sono così riassumibili:

  1. si manifesta in modo evidente l’attenuazione di una delle funzioni primarie delle Tabelle, vale a dire la prevedibilità della decisione.

Si tratta di un valore fondamentale perché la possibilità di pervenire ad accordi prevenendo un contenzioso, ovvero facendolo cessare una volta accertato l’an debeatur, passa proprio attraverso l’attitudine della tabella di indicare nel modo meno approssimativo possibile, l’esito dell’operazione di quantificazione della somma destinata al risarcimento, in presenza di un certo numero di dati noti e a disposizione (quali convivenza, età della vittima e dei superstiti etc.)

  1. risulta difficile che anche in presenza di dati noti e a disposizione (convivenza, età della vittima e dei superstiti etc.) situazioni analoghe se non identiche ricevano un trattamento – come è giusto che sia- omogeneo
  2. l’applicazione concreta della tabella (milanese) finisce per gravare i tribunali di istruttorie lunghe laboriose, indotte dalla insoddisfazione dei danneggiati per i valori medi di liquidazione in taluni casi davvero  depressivi espressi dalla tabella

Invero, nella tabella milanese (vedi di seguito)  è prevista una colonna nella quale per ogni categoria di congiunto è indicata una somma quale valore monetario medio. In una seconda colonna è indicato per ogni congiunto l’aumento personalizzato massimo relativo

Nelle avvertenze che precedono la tabella è affermato che “i valori indicati in tabella sono quelli medi che di regola la prassi giurisprudenziale ha ritenuto congruo ristoro compensativo nei rispettivi casi di decesso e relazioni parentali ivi previsti

La misura massima di personalizzazione prevista in tabella deve essere invece applicata dal giudice solo laddove la parte, nel processo, alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa desumersi il massimo sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale

Nelle stesse avvertenze si prende atto della necessità che si debba tenere conto” di tutte le circostanze del caso concreto” che vengono esemplificate discorsivamente con riferimento  “alla sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona deceduta

Per quanto riguarda il caso dei genitori e della sorella della persona deceduta (che è il caso che ci occupa), la tabella milanese prevede i seguenti valori medi:

Genitore:  €.165.960

Fratello/Sorella: €.  24.020

Ed i seguenti valori massimi:

Genitore: €.331.920

Fratello/Sorella: €.144.130

Emergono due evidenti criticità:

-la prima, specifica, e che salta all’occhio, è il valore inaccettabilmente basso, del tutto contrario al comune sentire, del ristoro per la morte di un fratello o di una sorella;

-la seconda, di carattere generale, è l’eccessiva latitudine dello scostamento fra il valore medio (che secondo le avvertenze dovrebbe costituire il congruo ristoro compensativo normale) e quello massimo.  Che rende estremamente incerto e discrezionale, e in quanto tali non prevedibile, il quantum nonché l’esito decisionale del confronto e del conflitto.

Tanto più che nessun criterio obiettivo e predeterminato accompagna le circostanze (pur menzionate nella tebella) che possono determinare l’incremento del valore medio.

Esemplificando e nel caso in esame, dove è provata la convivenza della vittima con i congiunti superstiti, qual sarà il giusto incremento, in un range che consente fino al raddoppio del valore medio (e nel caso della sorella addirittura di sestuplicarlo) ?

Ben più specifiche e predeterminate le tabelle romane che soddisfano pienamente le esigenze segnalate dalla Corte Suprema, di predeterminazione, prevedibilità e pari trattamento dei ristori.

Nel caso di specie risulta, in applicazione della tabella capitolina, quanto segue:

Valore punto: €.9.443,50

Relazione parentela , genitore : punti 20

Relazione parentela, sorella: punti 7

Età dei genitori: punti 3

Età della sorella: punti 4

Età della vittima: punti 4

Convivenza: punti 4

Totale ciascun genitore: punti 31 x €.9.443,50 = €.292.748.50

Totale sorella: punti 19 x €.9.443,50 = €.179.426,50

Nelle avvertenze della tabella romana, è prevista, peraltro, la possibilità di diminuzione (oltre che di azzeramento in caso di assenza di rapporto affettivo), in relazione alle circostanze del caso. In via analoga la tabella milanese, che esattamente specifica che non esiste un minimo garantito

In ragione dell’età della vittima e di quelle dei congiunti al momento del sinistro, considerata la convivenza con la vittima e i stretti legami affettivi e familiari quali risultanti in atti, e che tuttavia tutte le allegazioni esposte dagli attori non superano né travalicano la tragica normalità di un caso del genere, le somme che è giusto rispettivamente liquidare, sulla base della tabella del Tribunale di Roma, sono le seguenti:

V.S.B. €.200.000 (€.215.000)

D.G. €.200.000 (€.215.000)

A.B.€. 90.000 (€.97.000)

-4-

Tali somme sono la risultanza della attualizzazione alla data della decisione secondo le tabelle aggiornate: ed invero solo attraverso il meccanismo della rivalutazione monetaria è possibile rendere effettivo il principio secondo cui il patrimonio del creditore danneggiato deve essere ricostituito per intero (quanto meno per equivalente); essendo evidente che, pur nell’ambito del vigente principio nominalistico, altro è un determinato importo di denaro disponibile oggi ed altro è il medesimo importo disponibile in un tempo  passato).

Inoltre si è tenuto conto, dell’ ulteriore danno consistente nel mancato godimento da parte del danneggiato dell’equivalente monetario del bene perduto per tutto il tempo decorrente fra il fatto e la sua liquidazione. Ed invero devesi a tale fine fare applicazione delle presunzioni semplici in virtù delle quali non si può obliterare che ove il danneggiato fosse stato in possesso delle somme predette le avrebbe verosimilmente impiegate secondo i modi e le forme tipiche del piccolo risparmiatore in parte investendole nelle forme d’uso di tale categoria economica  (ad esempio in azioni ed obbligazioni, in fondi, in titoli di Stato o di altro genere) ricavandone i relativi guadagni. Con tali comportamenti oltre a porre il denaro al riparo dalla svalutazione vi sarebbe stato un guadagno (che è invece mancato) che pertanto è giusto e doveroso risarcire, in via equitativa

Nello specifico in mancanza di una prova di un danno ulteriore, si ritiene appropriato applicare il principio di cui alla sentenza n. 19499/2008 delle Sezioni Unite della Cassazione, applicando i rendimenti netti dei titoli di stato di durata non superiore ai 12 mesi, ovvero tutte le tipologie di BOT emessi dallo Stato Italiano.

Il calcolo è stato  effettuato  in virtù della sentenza del 17.2.1995 n.1712 della Suprema Corte [6] procedendo prima alla devalutazione delle somme (cioè degli importi  attualizzati alla data della sentenza) alla data del fatto; e successivamente calcolando sull’importo mediano rivalutato i relativi i rendimenti testé indicati, senza alcuna capitalizzazione.

In definitiva quindi agli attori (della causa RG 81039/13) spettano complessivamente le somme supra specificate, oltre agli interessi legali fino al saldo , al cui pagamento vanno condannati G.B., M.P., F.B. , M.G., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori M.G. e M.L. – pro quota- unitamente a spa A.G. (già I.A.); la cui eccezione di prescrizione (breve), trattandosi di fattispecie nella quale sono presenti gli elementi oggettivi di reati vari (lesioni, omicidio colposo), è, oltre che tardiva, palesemente erronea e fuori luogo; non meno di quella di improponibilità, avendo ampiamente la compagnia avuto previa notizia (già nell’ambito del giudizio penale) dell’evento dannoso in ogni sua componente, siccome preceduto il giudizio civile da rituale messa in mora da parte dei genitori di G..

Le spese (che vengono regolate secondo le previsioni – orientative per il giudice che tiene conto di ogni utile circostanza per adeguare nel modo migliore la liquidazione al caso concreto-  della l.24.3.2012 n.27 e del D.M. Ministero Giustizia 22.7.2012 n.140) seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Vanno compensate, per giusti motivi che attengono alla particolare complessa ricostruzione degli eventi per cui è causa, fra tutte le altre parti.

La sentenza è per legge esecutiva.-

P.Q.M.

definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda eccezione e deduzione respinta, così provvede:

  • Ø RIGETTA le domande di G.B., M.P., F.B. , M.G., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori M.G. e M.L.;
  • Ø CONDANNA G.B., M.P., F.B. , M.G., in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sui figli minori M.G. e M.L.. – pro quota- unitamente a spa A.G. al pagamento in favore di V.S.B. della somma di €.215.000,00 di D.G. di €.215.000,00 di A.B.di €.97.000,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
  • Ø CONDANNA G.B., M.P., F.B. , M.G., M.G. e M.L. – pro quota- unitamente a spa A.G. al pagamento  delle spese di causa che liquida in favore di V.S.B., D.G.e A.B.in complessivi €.20.000,00 per compensi oltre €. 900,00 per spese oltre IVA, CAP e spese generali; compensa per il restante le spese;
  • Ø RIGETTA ogni diversa domanda;
  • Ø SENTENZA esecutiva

Roma lì 9.4.2018

Il Giudice
dott.cons.Massimo Moriconi

______________

[1] e non certo per deficit istruttorio, in quanto vanno ammesse ed espletate solo attività, d’ufficio o su istanza di parte, effettivamente utili all’acquisizione ed alla formazione della prova; in un contesto nel quale dal verbale della Polizia Stradale e dalle indagini (medico-sanitarie- autoptiche e cinematiche) svolte dal Pubblico Ministero, si possono trarre ragionati e riscontrati elementi sufficienti a stabilire alcuni punti fermi, nella impossibilità di accertarne altri, in ordine ai quali ultimi valgono gli ordinari principi in tema di onere della prova.

[2]

a) che A. e G. si conoscevano e frequentavano da tempo, e che spesso il primo prestava alla seconda il suo motociclo, ovvero glielo lasciava condurre;

b) che G. era appassionata di motocicli, faceva parte di un “fan club” di motociclisti e sapeva guidare molto bene i mezzi a due ruote;

(c) che più di una volta comuni amici avevano visto, lo stesso mese del sinistro, G. guidare la moto di A., e quest’ultimo prendere posto sul sellino posteriore

[3] che avessero bevuto alcolici – ad onta della  inconcludente disquisizione dell’origine delle tracce operata dalla difesa B. - è un fatto, quanto ciò abbia contribuito alla perdita di controllo del mezzo è incerto, sicuramente in qualche misura ha pesato

[4] quand’anche si volesse ritenere applicabile, con ardita iperbole (posto che è del tutto plausibile che si trattasse, dopo la caduta ed a causa di questa, di due cadaveri e non di due persone viventi), il primo comma dell’art.2054 cc, egualmente, non si ravvisa responsabilità per colpa, pur sempre necessaria, alla stregua di una interpretazione della norma che ne escluda l’inaccettabile e incostituzionale (eventuale) portata meramente oggettiva

[5] Art. 7

Il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.

[6] Cassazione civile, sez. un. 17/02/1995 n. 1712

L'equivalente pecuniario (nei debiti di valore) soddisfa il credito per il bene perduto, ma non anche il mancato godimento delle utilità che avrebbe potuto dare il bene, se fosse stato rimpiazzato immediatamente con una somma di denaro equivalente.….. La prova, in proposito, può essere data anche mediante presunzioni semplici e facendo ricorso all'art. 1226 c.c. (criteri equitativi) e, quindi, in questo ambito di equo apprezzamento (art. 2056 c.c.) il lucro cessante può essere liquidato col criterio degli interessi, senza dovere necessariamente fare ricorso al tasso degli interessi legali (Cass. 1 dicembre 1992 n. 12839).

Nell'ambito della suddetta valutazione equitativa può tenersi conto …. calcolando gli interessi (per esempio, anno per anno) sul valore della somma via via rivalutata nell'arco del suddetto ritardo; oppure calcolando indici medi di rivalutazione.

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