Immobili condominio e locazioni

Il condòmino dissenziente

Articolo, 08/05/2018


Si premette una precisazione terminologica: questa nota si intitola: Il condomino dissenziente, mentre l'art. 1132 c.c., che andiamo a riportare, ha, per rubrica, «dissenso dei condomini rispetto alle liti». Il numero singolare ci è stato suggerito dalla esperienza di fatto; in genere, il dissenziente è un condomino, massimo due. Lo stesso articolo di legge, in esame, nel primo comma, parla proprio del «condomino dissenziente». Se fossero dissenzienti tutti i condòmini (o la loro maggioranza) il problema non si porrebbe.


Sommario

1. La disciplina codicistica

2. I tempi e i modi del dissenso

3. Le conseguenze del dissenso

4. Le liti fra condòmini o fra condomino e condominio

5. La lite con esito favorevole al condominio


1. La disciplina codicistica

Tanto brevemente premesso, ricordiamo che l'art.1132 c.c. recita:

Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.
Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.
Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese di giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.

Detta disposizione non è stata modificata dalla Legge 11 Dicembre 2012 n. 220. Apparentemente lineare e semplice, la norma in esame crea, forse, più problemi di quanti era, in origine, destinata a risolverne.

Una linea critica, senz'altro risalente, osserva: «Questa disposizione, per cui la minoranza può tirarsi da parte in una posizione agnostica e di attesa, crea una situazione anormale, che talvolta può anche risultare illogica e ingiusta, ponendo il condomino ribelle in una situazione di privilegio, nel senso che, non partecipando alla lite, che pure riflette un interesse comune, viene a sottrarsi ad ogni responsabilità civile se le cose vanno male, mentre viene ad avvantaggiarsi se le cose vanno bene».1

Due punti da rimarcare:

la norma di cui all'art. 1132 c.c. è derogatoria della ripartizione delle spese, come stabilita dall'art. 1123 c.c.;

il diritto di dissentire dalle liti è concorrente e alternativo, quando ne ricorrano le condizioni,2 con il diritto dei singoli condòmini di impugnare le delibere assembleari ai sensi dell'art.1137 c.c.

Su quest'ultimo aspetto, è da notare che, in pendenza del termine, a pena di decadenza, di cui all'art.1137 c.c., il condomino dissenziente ha, quando ne ricorrano le condizioni, due possibilità: impugnativa o atto di dissenso.

Invero, gli effetti e le conseguenze dei due rimedi sono notevolmente diversi; si consideri che un condomino potrebbe, pur ritenendo legittima la delibera, non voler affrontare l'aleatorietà di un giudizio.

Evidentemente, devono essere individuati, bene, portata e limiti dell'estraneazione.

Il rimedio in esame è limitato alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza.

È un rimedio concesso solo a chi abbia votato contro la delibera o si sia astenuto.

Più difficile è comprendere, e far comprendere agli interessati, un particolare di non poco conto: il dissenso, lo abbiamo appena ricordato, opera a riguardo delle conseguenze della lite, per il caso di soccombenza; ergo, il dissenziente non è esonerato dal contribuire, secondo la regola di cui all'art. 1123 c.c., alle spese necessarie per introdurre il giudizio o per resistervi.

Cioè, l'avvocato e le spese propedeutiche necessarie per gli incombenti appena cennati, vanno suddivise tra tutti i condòmini, favorevoli, contrari o astenuti che siano.

Secondo, è bene ricordarlo, la regola generale di cui all'art. 1123 c.c.3

Quella riserva (il dissenso) opera nell'eventualità di esito sfavorevole della vicenda giudiziaria.4

Un punto fondamentale: la formulazione della norma indica senza possibilità di equivoco, che il dissenso opera per tenere indenne il dissenziente da quanto si debba, per avventura, corrispondere, all'esito (sfavorevole) della lite, alla controparte.

Ciò non toglie che il dissenso, come ricorderemo fra poco, in apertura del paragrafo C), opera solo all'interno del condominio.

Da queste poche, essenziali notazioni discendono, poi, stante l'infinita varietà di casi, necessarie e inevitabili considerazioni della dottrina e decisioni della giurisprudenza.

Del resto, qualsivoglia istituto giuridico, con il tempo, con il mutare della sensibilità ad alcuni particolari, vive una vita autonoma e si evolve, rispetto alla lettera della frase scolpita nel marmo.

2. I tempi e i modi del dissenso

Va senza dire che una facoltà, un potere, nel campo del diritto, non può essere lasciata a tempo indeterminato nelle possibilità dell'interessato.

Nel caso di specie, il legislatore ha previsto un termine e un modo per l'esercizio del diritto.

Il termine è di trenta giorni da quello in cui il condomino, che intende dissentire, abbia avuto notizia della deliberazione.

Scilicet: se l'interessato è presente all'assemblea, il termine decorre da quel momento stesso.

Se l'interessato è assente, il contenuto della delibera gli sarà portato a conoscenza, nei modi e termini di legge, perché possa decorrere, nel caso di specie,5 il termine di trenta giorni.

Lo stesso art. 1132 c.c. dispone che il dissenso vada notificato, all'amministratore, entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione;

chiariamo: è pacifico l'orientamento secondo il quale tale atto va notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, anche se vi è equiparata la spedizione con raccomandata a.r. e il dissenso espresso nel verbale dell'assemblea condominiale.6

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3. Le conseguenze del dissenso

Precisiamo:

il dissenso, di cui all'art.1132 c.c. opera solo all'interno del condominio, nei confronti dello stesso e, singolarmente, degli altri condòmini.

Scilicet: tertiis neque nocet neque prodest.

La separazione della responsabilità del condomino dissenziente da quella degli altri ha effetto solo all’interno del condominio e non riguarda il terzo che è in lite con lo stesso e verso il quale è impegnato tutto il condominio compresi i dissenzienti.7 Pertanto nell’ipotesi di soccombenza del condominio nella lite anche i dissenzienti possono essere costretti a pagare il terzo e dopo rivalersi contro il condominio di ciò che abbiano dovuto pagare alla parte vittoriosa (art.1132 - 2 comma - c.c.). La rivalsa deve essere limitata alle spese e ai danni che si sarebbero evitati se non si fosse fatta causa. In relazione, poi, al caso in cui la lite abbia esito favorevole al condominio ma non è possibile recuperare le spese, anche il dissenziente è tenuto a tutti gli oneri se la lite riguarda la conservazione di cose comuni o cose da cui il medesimo trae utilità (Di ciò, più specificamente infra, paragrafo D - esito favorevole al condominio -).

Paletti da rispettare:

l'esonero del condomino dissenziente dalle spese, a sèguito della separazione della propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, trova il suo fondamento giuridico nella norma di cui all'art. 1132 comma primo, c.c., sul duplice presupposto che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in sede civile sia stata deliberata dall'assemblea (Cass. n. 5163/1997).

Prima di andare oltre, soffermiamoci su questa precisazione:

«e che la proposizione della controversia in sede civile8 sia stata deliberata dall'assemblea».

Non è una notazione qualunque. 

Di recente, la S.C. (Civile Sent. Sez. 2 n. 7095 del 20/03/2017) ha precisato, al riguardo: 

L’amministratore di condominio, tenuto conto delle attribuzioni demandategli dall’art. 1131 c.c., può resistere all’impugnazione della delibera assembleare ed impugnare la relativa decisione giudiziale senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, atteso che, in dette ipotesi, non è consentito al singolo condomino dissenziente separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze della lite, ai sensi dell’art. 1132 c.c., ma solo ricorrere all’assemblea avverso i provvedimenti dell’amministratore, ex art. 1133 c.c., ovvero al giudice contro il successivo deliberato dell’assemblea stessa.

Conferma del fatto che, per i terzi, detta “separazione” non ha rilievo alcuno.

Detta conseguenza si trae di rettamente dal meccanismo di cui al secondo comma dell'art.1132 c.c. in commento.

La previsione implica infatti che il condomino dissenziente sia esposto verso i terzi e possa subire le conseguenze negative della responsabilità del condominio nei loro confronti e, dunque, alla stregua dell'insegnamento delle Sezioni Unite (Sentenza 9148 /08), nei limiti della propria quota di partecipazione.

4. Le liti fra condòmini o fra condomino e condominio

L'argomento è, di per sé, insidioso, in quanto, proprio la conoscenza che i condòmini hanno ciascuno degli altri, potrebbe talora essere un motivo che induce a dissentire.

Però, la S.C., sin dal lontano 1970, (sentenza del 25 Marzo, n.801) ha precisato:

Il condominio non può pretendere che alle spese non ripetibili sopportate in una lite giudiziaria da esso sostenuta e vinta contro un condomino, partecipi pro quota anche il condomino soccombente. Invero nell'ipotesi non è applicabile, neppure in via analogica, l'art. 1132 c.c., che disciplina l'ipotesi di lite tra un condomino e un terzo estraneo e neppure l'art. 1101 c.c., richiamato dall'art. 1139 stesso codice. Nell'ipotesi di controversie tra condomini, infatti l'unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite per dar vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, con la conseguenza che il giudice, nel dirimere la contesa, provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio sicché la parte soccombente non può essere tenuta a pagare alla parte vittoriosa, per spese del giudizio, una somma maggiore di quella per cui ha riportato condanna. Tale principio è inderogabile quando sia certo che l'interesse del condomino vincitore non abbia comportato affatto alcun vantaggio nei confronti del condomino soccombente.

Principio più volte ribadito dalla S.C. (tra le più recenti: Sez. 2, sentenza n. 13885/2014; Sez. 2, ordinanza n. 1629/2018); in quest'ultima ordinanza c'è una precisazione sulla quale vale la pena di soffermarsi:

Questo orientamento spiega come nell'ipotesi di controversia tra condominio e uno o più condòmini, la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, sia stato rappresentato dall'amministratore (Cass. Sez. 2, 18/06/2014, n. 13885; Cass. Sez. 2, 25/03/1970, n. 801).

Fermo l'impianto di cui a Cass. Sez. 2, n. 801 /1970 (ribadito, tra l'altro, anche da Cass. Sez. 2, n. 13885/14), si evidenzia l'irrilevanza, nello specifico dell'argomento che ci interessa, del fatto che un gruppo di condòmini, costituenti la maggioranza, sia stata rappresentata dall'amministratore.9

5. La lite con esito favorevole al condominio

Ci siamo doverosamente occupati, fin qui, delle conseguenze della lite che ha visto il condominio soccombere.

Talvolta, però, il condominio può pure vincere una causa.

In questo caso, il dissenso di cui all'art. 1132 c.c., sembrerebbe fuori dal discorso; invece, il Legislatore si è premurato di dettare regole, anche per questo caso.

Se ne occupa, expressis verbis, il terzo comma dell'art. 1132 c.c., oggetto della nostra riflessione.

Su limiti e portata del quale, quale, è di estrema chiarezza un passo della Relazione al Codice Civile, in data 4 aprile 1942:

Può darsi però che l'esito della lite sia favorevole al condominio e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio; in tal caso, se non è possibile ripetere dalla parte soccombente le spese del giudizio, è giusto che egli concorra in queste nei limiti del vantaggio che gli deriva, poiché altrimenti il vantaggio sarebbe da lui realizzato ad esclusivo carico degli altri partecipanti alla comunione (stesso articolo, terzo comma).

In caso di compensazione delle spese, va senza dire che il dissenso diventa del tutto inefficace, trattandosi di discorso che non riguarda alcun terzo e inoltre non v'è stata soccombenza alcuna.

Sgombriamo il campo anche da equivoci che possano sorgere in caso di lite transatta.10

Last but not least: la disposizione in commento (art.1132 c.c.) è dichiarata espressamente inderogabile, fra altre, dal terzo comma dell'art.1138 c.c.

(Altalex, 8 maggio 2018. Articolo di Vincenzo Farro)

Compravendita, condominio e locazioni

Sul tema si segnala:

Compravendita, condominio e locazioni Cirla Augusto, Monegat Mariagrazia. A cura di Studio Lexyus Sinacta, IPSOA, 2017

_______________

1 Così A. Visco in Le case in condominio, Milano, 1976, p. 812; lo stesso A. riferisce che la detta critica è condivisa anche dal Guidi e dal Ricca Barberis.

2 Si ricordi che, per utilizzare il rimedio di cui all'art.1137 c.c., la delibera , approvata, deve essere contraria alla legge o al regolamento di condominio (invero, spesso, lo è ad entrambi ).

3 «Il condomino dissenziente non può dissociarsi dall'obbligo di sostenere le spese propedeutiche alla causa poiché tale potere è previsto dall'art. 1132 c.c. solo con riferimento alle conseguenze della soccombenza». (Trib. Firenze, 4 dicembre 2006, n.4149).

4 Chiarissima, al riguardo, la decisione del Trib. Bologna, Sez. 3 civile, 12 ottobre 2007, n.2618: «L'operatività dell'art. 1132 c.c. non va oltre l'esonero del condomino dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell'ipotesi di esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciando la norma, tuttavia, immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa».

5 Qui si deve aprire il discorso, molto coltivato in sede di commenti all'art. 1137 c.c.; si noti che la normativa, in subiecta materia, pur dopo la riforma di cui alla già richiamata Legge 11.12.2012, n. 220, continua a tacere riguardo alla forma di tale comunicazione.Interessarsene è necessario, attesa la lettera dell'ultimo periodo del primo comma dell'art. 1132 c.c.

Se, nella prassi, sono invalse varie forme (si va dalla ricevuta, a mani, datata e firmata, alla notifica a mezzo Ufficiale giudiziario), sta di fatto che non è messo mai in discussione l'obbligo, per l'amministratore, di portare la delibera a conoscenza degli assenti.

Provvidenzialmente, il pragmatismo degli operatori ha diffuso la buona abitudine di inviare la delibera a tutti i condòmini, anche ai presenti.

Due osservazioni:

- per gli assenti e coloro che hanno votato contro, la forma della comunicazione ha un rilievo essenziale, ineludibile; per gli altri (presenti e favorevoli) oggi come oggi è rapido e di sicuro effetto, l'invio a mezzo mail;

 -l'art.1132 prevede che il dissenso vada notificato, all'amministratore, entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione;

6 In verità, secondo una datata sentenza del Tribunale di Napoli (8 Gennaio 2003, in Giustizia civile, 2004, fasc. 3, pagg. 806-813, pt. 1) il condomino dissenziente deve comunicare la sua volontà con una dichiarazione da far pervenire all'amministratore, in sede distinta e diversa dall'adunanza condominiale. Di contrario avviso l'Autore della nota, secondo il quale, invece, il dissenziente può validamente comunicare immediatamente all'amministratore il proprio dissenso, richiedendo anche l'attestazione a verbale non della sua manifestazione di voto contrario alla delibera, bensì del dissenso rispetto alla lite già deliberata in assemblea, per evitare qualsiasi successiva contestazione, in aderenza al principio generale di meritevolezza di qualsiasi cautela procedimentale e in relazione all'eventuale illegittima ripartizione anche a suo carico delle spese legali.

7 I quali, va sottolineato,nonostante il manifestato dissenso ,mantengono inalterato il diritto di prendere parte alle successive deliberazioni assem­bleari concernenti il prosieguo della controversia, manifestando la propria volontà, anche in ordine allo specifico argomento dell'abbandono della lite. Né può dedursi al riguardo — pur nella riconosciuta estensibilità al condominio del disposto dell'art. 2373 c.c. di portata generale in materia societaria — un'astratta ipotesi di conflitto di interessi, in quanto questo va dedotto in concreto e può essere riconosciuto soltanto ove risulti dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto ab­bia concorso a determinare la maggioranza as­sembleare ed un parimenti specifico contrario in­teresse istituzionale del condominio. (Cass. n. 15360/2001).

8 In claris, non fit interpretatio, ma prudenza vuole che si espliciti l'inutilizzabilità del rimedio in discorso in caso di nomina avvocati per vicende penali (quasi sempre, per difendere il condominio e l'amministratore da addebiti varii). Nulla, si rinviene, per quanto riguarda contenzioso amministrativo,ma,per analogia (e considerando che anche nei detti giudizi c'è una condanna alle spese), si potrebbe propendere per una risposta affermativa.

9 Occorre dar conto di vedute diverse, forse opposte (A. Gallucci, «Possibile il dissenso nelle liti interne di condominio?», in condominio web; non è stato possibile accertarne la data). L'A. ricorda come non sia giusto,a suo parere, considerare la pronuncia della Cassazione n.801 del 1970, un monolite inscalfibile. Cita, all'uopo, una sentenza del Tribunale di Monza (Trib. Monza 25 maggio 2010 n. 1617) che parla, in senso favorevole a quanto sostiene l'A., richiamando una giurisprudenza di legittimità consolidata, in senso asseritamente contrario a quanto predicato dalla remota Cass. 1970 n. 801. In verità, si rinviene, in una sentenza più recente della S.C.(n.13885 /2014, già citata nel testo) un esplicito richiamo confermativo del risalente orientamento, senza alcun cenno a giurisprudenza contraria. Si conferma così l'importanza e l'attualità del monolite del 1970.

10 Qui occorre dare, seppur brevemente conto del fatto che, sullo specifico argomento (transazione e condominio), esiste una vivace ricerca della soluzione corretta.

Sinteticamente, si può osservare che, se l'assemblea può decidere di avviare azioni giudiziarie o di resistere ad esse, essa ha anche il potere di transigere le liti, essendo solamente escluso che possa essere decisa dai condomini, a maggioranza, la transazione che abbia ad oggetto i beni comuni, allorché con la stessa viene ad essere realizzato un negozio a carattere dispositivo (Cass. Civ. - sezione 6 -Or. n.7201/2016).

Più specificamente:in tema di condominio negli edifici, ai sensi dell'art. 1135 cd. civ., l'assemblea può deliberare a maggioranza su tutto ciò che riguarda le spese d'interesse comune e, quindi, anche sulle transazioni che a tali spese afferiscano, essendo necessario il consenso unanime dei condòmini, ai sensi dell'art. 1108, terzo comma, cd. civ., solo quando la transazione abbia a oggetto i diritti reali comuni. (passo di motivazione della ordinanza appena cennata).

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