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Screenshot: la stampa della schermata è prova documentale anche se non autenticata

Cassazione penale, sez. V, sentenza 22/02/2018 n° 8736

La possibilità di acquisire un documento e di porlo a fondamento della decisione prescinde dal fatto che provenga da un pubblico ufficiale o sia stato autenticato.

E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 22 febbraio 2018, n. 8736

Nel processo per diffamazione continuata ai danni di un Presidente di Provincia, perpetrata attraverso la pubblicazione di articoli on line, l'imputato, condannato in primo grado, era stato assolto nel giudizio di appello, sull'assunto secondo cui non risultava provato che gli articoli diffamatori fossero a lui riconducibili.

La persona offesa proponeva ricorso stigmatizzando il credito attribuito dai giudici di seconde cure alle dichiarazioni spontanee con cui l'imputato aveva negato la paternità degli articoli senza tenere conto del fatto che la riconducibilità degli articoli e dello stesso sito intenet all'imputato fosse stata documentata da una copia cartacea delle schermate telematiche del sito e riscontrata da altri documenti in atti.

Secondo la difesa, la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto inattendibile la documentazione prodotta per l'assenza di una vidimazione notarile e/o altri dati che ne confermassero l'autenticità in quanto i dati informatici sarebbero soggetti alla libera valutazione del giudice e sarebbe onere della parte che ne avesse interesse dimostrarne l'eventuale alterazione.

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La Corte assegnataria del ricorso ne ha riconosciuto la fondatezza precisando che i dati di carattere informatico rientrano fra le prove documentali di cui all'articolo 234 c.p.p. in quanto rappresentativi di cose e che la loro estrazione non dà luogo a un accertamento tecnico irripetibile ma costituisce un'operazione meramente meccanica eseguibile senza l'assistenza di particolari garanzie.

In contrario avviso rispetto a quanto sostenuto dai giudici di merito i giudici di legittimità hanno sottolineato che “la possibilità di acquisire un documento e di porlo a fondamento della decisione prescinde dal fatto che provenga da un pubblico ufficiale o sia stato autenticato” in quanto “qualunque documento legittimamente acquisito è soggetto alla libera valutazione da parte del giudice ed ha valore probatorio, pur se privo di certificazione ufficiale di conformità e pur se l'imputato ne abbia disconosciuto il contenuto (Sez. 2, n. 52017 del 21/11/2014 Rv. 261627)”.

Sulla scorta di tali considersazioni la Corte ha annullato il ricorso agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente in grado di appello poiché, nella vicenda sottoposta al suo esame, il giudice di primo grado non si era limitato ad affermare la riconducibilità all'imputato del sito e degli articoli diffamatori sulla base della documentazione prodotta dalla parte civile e riproducente le pagine del sito, ma aveva indicato ulteriori elementi, enumerati nel ricorso della parte civile, che confermavano tale indicazione mentre nessuna indicazione specifica era stata offerta dall'imputato a sostegno della tesi, accolta dalla Corte d'Appello, secondo cui non poteva ritenersi esclusa una alterazione dei dati riportati nei documenti prodotti dalla difesa e riproducenti le pagine del sito internet.

(Altalex, 21 giugno 2018. Nota di Anna Larussa)

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