Amministrativo

Genitori more uxorio: verso il tramonto del “cognome paterno”

La Consulta (ordinanza n. 18/2021) ha sollevato, disponendone la trattazione innanzi a sé, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, c.c.

Corte CostituzionaleLa Consulta, con l’ordinanza 11 febbraio 2021, n. 18 (testo in calce) ha sollevato, disponendone la trattazione innanzi a sé, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, I c., c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, e con riferimento agli artt. 2, 3 e 117, I c., della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. 

Sommario

La disposizione incriminata

L’art. 262, comma I, c.c., stabilisce che il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto e, se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre.

La vicenda

Il Tribunale di Bolzano aveva promosso giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 262, c. I, c.c. La disposizione veniva censurata nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno.

Nella specie, il Tribunale di Bolzano era stato chiamato a decidere in ordine al ricorso proposto dal pubblico ministero, ai sensi dell’art. 95 del d.P.R. n. 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile), al fine di ottenere la rettificazione dell’atto di nascita di una bambina, cui i genitori, non uniti in matrimonio, avevano concordemente voluto attribuire il solo cognome materno, confermando tale volontà anche nel corso del procedimento dinanzi al giudice a quo.

Tuttavia, tale scelta, risulta preclusa dall’art. 262, c. I, c.c., pure all’esito della sentenza della Consulta n. 286 del 2016, che aveva riconosciuto la possibilità di aggiungere al patronimico il cognome della madre, mentre nel caso in parola la volontà di entrambi i genitori è volta all’acquisizione del solo cognome materno.

Le norme asseritamente violate

Tale preclusione, secondo il Tribunale remittente, si porrebbe in contrasto con:

  • l’art. 2 della Costituzione, sotto il profilo della tutela dell’identità personale;
  • l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo, come già rilevato dalla Consulta nella sentenza n. 286/2016;
  • l’art. 117, I c., Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia diritti dell’uomo e libertà fondamentali (CEDU), che trovano corrispondenza negli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.
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La rilevanza e non manifesta infondatezza

Secondo il giudice rimettente, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante poiché, applicando l’art. 262, I c., c.c., col solo correttivo introdotto dalla sentenza richiamata, il ricorso del pubblico ministero dovrebbe essere accolto e l’atto di nascita dovrebbe essere rettificato.

Tuttavia, al contrario, se fosse accolta la questione in esame, sarebbe consentita l’assunzione del solo cognome materno, come richiesto da entrambi i genitori, con conseguente rigetto del ricorso.

Il giudice a quo ha inoltre ravvisato la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale nella parte in cui tale disposizione non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno.

Il precedente del 2016

La Consulta ha richiamato la propria pronuncia n. 286/2016 dove, ravvisando il contrasto della regola del patronimico con gli artt. 2, 3, 29, c. II, Cost., veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 c.c.; 72, c. I, del r.d. n. 1238 del 1939; e 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.

In tale decisione si era preso atto che, in via temporanea, “in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità”, “sopravvive” la generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno, destinata a operare in mancanza di accordo espresso dei genitori. Anche dopo questa pronuncia, gli inviti ad una sollecita rimodulazione della disciplina non hanno avuto séguito.

La questione pregiudiziale

Pertanto, la Consulta ha dichiarato di non potersi esimere, ai fini della definizione del giudizio, dal risolvere pregiudizialmente le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, c. I, c.c., nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’automatica acquisizione del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, c. I, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU.

CONSULTA, ORDINANZA N. 18/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

CONSULTA, COMUNICATO 14 GENNAIO 2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

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