Penale

“C’era una volta il penale” per chi aveva violato le misure del lockdown

Il mancato rispetto delle misure di contenimento, inizialmente sanzionato come reato, è stato trasformato in illecito amministrativo ad opera del D.L. n. 19/2020 (Cass. 7988/2021)

lockdownAnnullamento senza rinvio, disposto dalla IV Sezione Penale della Corte di Cassazione (testo in calce), per due coimputati che avevano patteggiato la pena per il reato ex art. 650 c.p., previsto dal DPCM 8 marzo 2020, e poi divenuto illecito amministrativo (ad opera del d.l. n. 19/2020) anche per le condotte anteriori l'entrata in vigore del d.l. n. 19/2020.

Sommario

La vicenda

Con sentenza di patteggiamento, il Tribunale, nel marzo 2020, applicava a un uomo e una donna la pena concordata in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv., 110, 61 n. 5, 624-bis, 650, 497 c.p. e 4 l. n.110/1975. Ambedue gli imputati si sono rivolti alla Corte di Cassazione.

La depenalizzazione delle misure lockdown

La difensa dell’uomo ha lamentato l’erronea applicazione della legge penale, per mancata assoluzione dalla contravvenzione di cui all'art. 650 c.p., richiamata dall'art. 4, c. 2, DPCM 8 marzo 2020, in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato, osservando che il Tribunale era pervenuto alla declaratoria di responsabilità dell'imputato anche con riferimento al reato di cui all'art. 650 c.p., in applicazione di quanto disposto dal DPCM 8 marzo 2020 ("Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale, come previsto dall'art.3, comma 4, del decreto legge 23 febbraio 2020, n.6"), senza considerare che a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n.19 del 25 marzo 2020, in applicazione del combinato disposto dai c. 1 e 8 dell'art. 4, la condotta attribuita all’uomo è divenuta illecito amministrativo, pure con riguardo alle condotte antecedenti l'entrata in vigore del decreto medesimo (26 marzo 2020).

Il ricorso è risultato fondato: l'art. 3, c. 4, del d.l. n. 6/2020, che qualificava "reato" punibile ex art. 650 c.p. il mancato rispetto delle misure di contenimento emanate per fronteggiare lo stato di emergenza pandemico, è stato sostituito dall'art. 4, c. 1, del d.l. n. 19/2020, che ha depenalizzato, trasformandola in illecito amministrativo, la condotta di mancato rispetto delle citate misure di contenimento. Dalla sentenza impugnata non era dato comprendere la porzione di pena applicata dal Tribunale per la condotta, e comunque non risultava possibilità di modificare il patto intervenuto tra le parti, la Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio, quindi gli atti restituiti al Tribunale per l'ulteriore corso.

Gli effetti del ricorso del coimputato

La difesa della donna ha lamentato, peraltro, l’erronea qualificazione giuridica del fatto ex art. 448, c. 2-bis, c.p.p. Il collegio ne ha rilevato l’originaria inammissibilità: nell’ambito del patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza, si limita ai casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato. Il collegio ha tuttavia rilevato che il motivo di ricorso del coimputato riverbera i suoi effetti anche sulla posizione della coimputata. In primo luogo, la stessa Corte (Sez. II, n. 48552/2018) ha interpretato l'art. 609, c. 2, c.p.p., nel senso che "L'inammissibilità del ricorso per cassazione, per qualunque causa essa sia ritenuta, non impedisce la possibilità di dichiarare la depenalizzazione del reato nel frattempo intervenuta", così superando la disparità di trattamento che altrimenti si attuerebbe tra i due coimputati. In secondo luogo, per il principio di cui all'art. 587 c.p.p., secondo cui "deve considerarsi non ricorrente anche il coimputato presente nel giudizio di cognizione che non abbia impugnato il punto della decisione annullata dalla Suprema Corte in accoglimento di motivi non esclusivamente personali proposti da altro imputato" (Sez. II, n. 4159/2019). Per l’effetto, ne è derivato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di ambedue gli imputati e la restituzione degli atti al Tribunale per l'ulteriore corso.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 7988/2021 >> SCARICA IL PDF

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