Penale

Tribunale di Pisa: i DPCM sono illegittimi e vanno disapplicati

Assolte due persone uscite di casa senza giustificato motivo durante il lockdown perché è illegittimo il DPCM contenente il divieto di circolazione (sentenza n. 419/2021)

sentenzaIl Tribunale di Pisa, con la sentenza n. 419 del 17 marzo 2021 (testo in calce), ha affermato che i DPCM – che hanno imposto la compressione dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti – sono illegittimi, così come gli atti amministrativi conseguenti. Dal momento che si tratta di atti amministrativi (e non legislativi) il giudice deve procedere alla loro disapplicazione. Per tale ragione è stata pronunciata l’assoluzione perché il fatto non sussiste in relazione alla condotta di due soggetti che erano stati accusati di aver violato gli obblighi di cui al citato DPCM, comportamento punito ai sensi dell’art. 650 c.p.

Sommario

La vicenda

Durante il periodo del lockdown, due cittadini stranieri venivano fermati dalle forze dell’ordine. I due si trovavano a bordo di un ciclomotore, il passeggero scendeva, mentre il guidatore, urtava la macchina delle forze dell’ordine e fuggiva, ma successivamente veniva rintracciato. Con decreto di citazione a giudizio, i due marocchini, ai sensi dell’art. 650 c.p., erano chiamati a rispondere della violazione dell’ordine imposto con il DPCM dell’8 marzo 2020 (il conducente del motorino doveva rispondere anche per resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p.). Come vedremo, in relazione al capo di imputazione relativo all’art. 650 c.p., il giudice assolve ambedue gli uomini perché il fatto non sussiste. Il Tribunale ritiene esistenti i presupposti per la pronuncia di assoluzione nella forma più favorevole al reo e non l’assoluzione perché il fatto non costituisce più reato come richiesto dal PM. La motivazione del provvedimento, estremamente articolata, si sostanzia nel considerare illegittimi i DPCM in forza dei quali è stata limitata la libertà personale e di circolazione delle persone.

I DPCM sono idonei a comprimere i diritti fondamentali?

Il giudice rileva come, in seguito all’emergenza da Covid-19, siano state emanate disposizioni che hanno compresso le libertà garantite dalla Costituzione che riguardano i diritti fondamentali dell’uomo. In tale contesto, si è reso necessario operare un contemperamento tra i citati diritti e la tutela della salute (art. 32 Cost.) sia del singolo che della collettività. Nondimeno, è dirimente accertare se la compressione dei diritti fondamentali dell’individuo sia avvenuta nel rispetto della Carta costituzionale e sia fondata su provvedimenti aventi forza di legge. Orbene, il giudicante sottolinea come i DPCM non siano atti aventi natura normativa ma amministrativa, pertanto, occorre stabilire se essi siano idonei a comprimere i diritti fondamentali. Come vedremo, la risposta è negativa. Il giudice ricorda come alcuni Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale abbiano espresso pareri negativi, sottolineando l'incostituzionalità dei DPCM, giacché solo un atto avente forza di legge può porre limitazioni a diritti e libertà costituzionalmente garantiti.

Il giudice, per giungere a tale conclusione, ripercorre il quadro normativo di riferimento.

Illegittimità della delibera dichiarativa dello stato di emergenza sanitaria

Di seguito si riporta schematicamente l’iter argomentativo della pronuncia in commento:

  • il 31.01.2020 con una delibera del Consiglio dei Ministri viene dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi. Tale delibera viene emessa in forza di quanto stabilito dal Codice della Protezione Civile (art. 7 c. 1 lett. c) e art. 24 c. 1 d. lgs. 1/2018);
  • infatti, il Consiglio dei Ministri detiene il potere di ordinanza in materia di protezione civile (art. 5 d. lgs. 1/2018);
  • la delibera di cui sopra non è un atto avente forza di legge come si evince dalle norme in materia di controllo della Corte dei Conti (legge 201/1994 art. 1).

Ciò premesso occorre stabilire se la delibera sia stata emessa nel rispetto dei presupposti normativi:

  • l’art. 7 Codice della Protezione Civile indica la tipologia di interventi emergenziali (qui viene in rilievo l’art. 7 c. 1 lett. c);
  • l’art. 24 c. 1 Codice della Protezione Civile disciplina la procedura per la dichiarazione dello stato di emergenza;
  • l’art. 25 Codice della Protezione Civile disciplina le ordinanze come provvedimenti tesi a coordinare l’attuazione di interventi necessari.

Secondo il Tribunale, tutte le disposizioni succitate non riguardano le situazioni di rischio sanitario (come il Covid-19). Infatti, il mentovato art. 7 fa espresso riferimento a “eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo”.

Inoltre, la Costituzione prevede il conferimento di poteri speciali al Governo solo nel caso in cui le Camere deliberino lo stato di guerra (art. 78 Cost.).

In conclusione, secondo il Tribunale di Pisa, “manca, perciò, un qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, con consequenziale illegittimità della stessa per essere stata emessa in violazione dell'art. 78, non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria”.

In altre parole, la delibera dichiarativa dello stato di emergenza del 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto nell’ordinamento non è rinvenibile alcuna norma di rango primario o costituzionale che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. Da ciò consegue l’illegittimità di tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica.

L’invalidità derivata dei DPCM

Il decreto legge 6/2020 ha attribuito al Presidente del Consiglio ampi poteri, senza limiti temporali, con delega generica, consentendogli di adottare misure restrittive che comprimono i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione come:

Ebbene, tali limitazioni sono imposte non con legge ordinaria ma con un DPCM che risulta illegittimo per:

  1. mancanza di fissazione di un effettivo termine di efficacia;

  2. elencazione meramente esemplificativa delle misure di gestione dell'emergenza adottabili dal Presidente del Consiglio dei Ministri;

  3. omessa disciplina dei relativi poteri”.

Anche se il d.l. 6/2020 è stato quasi interamente abrogato dal d.l. 19/2020, i DPCM emanati in base a tale decreto (e gli altri provvedimenti) sono affetti da invalidità derivata. A tal proposito, il giudice cita le argomentazioni di costituzionalisti e di ex Presidenti della Consulta come Cassese, Baldassarre, Marini, Cartabia, Onida, Maddalena e fa riferimento ad alcune decisioni della giurisprudenza di merito (Frosinone, Roma, Reggio Emilia).

L’obbligo di permanenza domiciliare imposto con DPCM

I DPCM dell’8 e 9 marzo 2020 hanno stabilito un divieto generale e assoluto di spostamento, fatte salve alcune eccezioni. Tali disposizioni sono in contrasto con alcuni articoli della Carta Costituzionale come:

  • l’art 13 (libertà personale),
  • l’art. 16 (libertà di circolazione e soggiorno),
  • l’art. 17 (libertà di riunione),
  • l’art. 18 (libertà di riunione e associazione),
  • l’art. 19 (libertà di religione),
  • l’art. 76 (delegazione legislativa),
  • l’art. 77 (decreto legge).

Nel nostro ordinamento l’obbligo di permanenza domiciliare – essendo restrittivo della libertà personale – può essere imposto solo con atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli “casi e modi” stabiliti dalla legge (art. 13 c. 2 Cost).

La Costituzione, infatti, tutela l’inviolabilità personale dell’individuo predisponendo tre garanzie:

  1. la riserva di legge assoluta, per cui solo il legislatore può intervenire in materia e porre dei limiti;

  2. la riserva di giurisdizione, potendo solo l'autorità giudiziaria emettere provvedimenti restrittivi della libertà personale;

  3. l'obbligo di motivazione, dovendo essere esplicitate le ragioni alla base dei provvedimenti restrittivi”.

È stato violato anche il diritto di libera circolazione (art. 16 Cost.) che la Costituzione tutela con una riserva di legge rinforzata, infatti, tale diritto può essere limitato, in via generale, solo per legge per motivi di sanità o di sicurezza. Pertanto, il diritto di circolare liberamente può essere compresso solo da norme di rango primario (legge o atti aventi forza di legge). L’art. 2 del d.l. 6/2020 non può considerarsi come la fonte di rango primario richiesta dall’art. 16 Cost. in quanto si limita a un generico riferimento all’adozione di “ulteriori misure” senza alcuna specificazione, eludendo in tal modo la riserva di legge.

Il difetto di motivazione dei DPCM: un’altra ragione di invalidità

Appurato che il DPCM è un atto amministrativo, oltre ad essere illegittimo per tutte le ragioni sopra esposte, presenta profili di criticità anche per il difetto di motivazione. La legge sul procedimento amministrativo (art. 3 legge 241/1990) stabilisce che ogni provvedimento amministrativo debba essere motivato ed indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento. La motivazione può avvenire anche con riferimento ad un altro atto (per relationem), l’atto di riferimento deve essere reso disponibile agli interessati. È nullo il provvedimento che manchi degli elementi essenziali (art. 21 septies legge 241/1990). I provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica hanno usato la motivazione per relationem, riferendosi spesso ai verbali del Comitato Tecnico Scientifico (CTS). Tali verbali non sono stati resi noti per molto tempo ma sono stati “secretati”. Da ciò deriva l’invalidità del provvedimento.

Conclusioni: i DPCM sono illegittimi e vanno disapplicati

In conclusione, all’esito di un articolato iter delibativo, il Tribunale di Pisa ha considerato illegittimi i DPCM che hanno compresso i diritti fondamentali costituzionalmente garantiti e, conseguentemente, del DPCM dell’8 marzo 2020 e degli atti amministrativi conseguenti. Dal momento che si tratta di atti amministrativi (e non legislativi) il giudice deve disapplicarli in ossequio all’art. 5 della legge 2248/1865 All. E.

TRIBUNALE DI PISA, SENTENZA N. 419/2021>> SCARICA IL PDF

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