Amministrativo

Il vaccino anti-Covid non è un farmaco sperimentale

TAR Friuli: la sperimentazione si è conclusa con l'autorizzazione all’immissione in commercio dopo un rigoroso processo di valutazione scientifica (sentenza 261/2021)

vaccino anti Covid-19Il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza 10 settembre 2021, n. 261 (testo in calce), rigetta il ricorso proposto da una dottoressa – che aveva rifiutato di vaccinarsi – ed afferma quanto segue. L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali” […] è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea, che deve recisamente respingersi.

La pronuncia è degna di nota non solo per l’affermazione secondo cui la sperimentazione è cessata con la commercializzazione, ma perché affronta molteplici argomenti. Ad esempio, il giudice amministrativo – tramite il richiamo dei dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – afferma che profilassi vaccinale ha efficacia preventiva anche della trasmissione dell’infezione e non solo dei sintomi. Quindi, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri. Inoltre, lo “scudo penale” per i sanitari somministranti non attiene alla sicurezza dei vaccini; si tratta di una disposizione che va letta in chiave simbolica, giacché diretta ad evitare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale. Infine, a fronte dei dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla ricorrente, il TAR sottolinea come la legge impositiva dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario (art. 4 d.l. 44/2021) integra le tre condizioni necessarie elencate dalla Consulta per essere compatibile con l’art. 32 Cost.

Sommario

La vicenda

Una dottoressa, libera professionista, ha proposto ricorso contro il provvedimento di accertamento di elusione dell’obbligo vaccinale (e contro ogni altro provvedimento connesso), assunto dall’Azienda Sanitaria, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare dell’efficacia. Il TAR, nella camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, ha dato avviso alle parti dell’intenzione di trattenere il giudizio per la decisione nel merito, ricorrendone i presupposti ex art. 60 Codice del Processo Amministrativo ed ha respinto tutti i motivi di ricorso sollevati dalla dottoressa. Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente la normativa che viene in rilievo.

La base normativa dell’obbligo vaccinale

L’obbligo vaccinale per il personale sanitario è stato introdotto dal decreto legge 44/2021 (convertito con modificazioni dalla legge 76/2021). In particolare:

  • l’art. 4 c. 1 dispone che gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
  • l’art. 4 c. 6 dispone che l'azienda sanitaria locale competente accerta l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all'interessato, al datore di lavoro e all'Ordine professionale di appartenenza. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale comporta per l’interessato la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

Le informazioni ufficiali sono quelle provenienti da AIFA e ISS

Il TAR dà atto della mole di documentazione prodotta dalla ricorrente, tuttavia, afferma che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione qualsiasi documento; infatti, egli non ha l’obbligo di valutare “ogni singola opinione o fonte informativa” – in quanto non ha il potere e la competenza per farlo – ma deve fondare la propria decisione sulle informazioni ufficiali provenienti dalle autorità pubbliche competenti in materia come l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Vengono poi riportate le percentuali e le statistiche ricavabili dai siti Internet di tali organismi[1].

Il vaccino ha efficacia preventiva anche circa la trasmissione dell’infezione

La dottoressa sostiene che il vaccino non sia efficace contro l’infezione, pertanto, la finalità dell’obbligo vaccinale – ossia evitare l’infezione – non viene perseguita. Da ciò discende la carenza di un interesse pubblicistico a supporto della misura adottata dal Governo.

Secondo il TAR, è scorretto affermare che i prodotti usati nella campagna vaccinale siano inefficaci contro l’infezione e che agiscano solo sui sintomi. Il giudice amministrativo giustifica tale affermazione richiamando i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), indicando anche il link a cui essi sono consultabili. Ebbene, in base alle risultanze dell’ISS, l’efficacia della vaccinazione completa (ossia due dosi) nel prevenire l’infezione è pari a circa il 78%. Quindi, per un vaccinato, il rischio di contrarre la malattia si riduce del 78%. In conclusione, il Tar afferma che “la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva, oltre che dei sintomi della malattia, anche della trasmissione dell’infezione”.

La dottoressa ritiene che la scelta del sanitario di vaccinarsi sia individuale e non coercibile, mentre, ad avviso del giudice amministrativo, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri.

Per il TAR il vaccino non è in fase di sperimentazione

La dottoressa sostiene, altresì, che l’obbligo vaccinale (ex art. 4 d. l. 44/2021) abbia ad oggetto un trattamento sanitario sperimentale e che sia contrario alla Costituzione, oltre a violare varie norme sovranazionali che tutelano la dignità della persona e il diritto ad esprimere un consenso informato. Secondo il TAR, è errato sostenere che i vaccini attualmente disponibili si trovino in fase di sperimentazione. Infatti, i vaccini sono stati:

  • “approvati” dalla Commissione attraverso un’autorizzazione condizionata,
  • previa raccomandazione dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).

Il procedimento (ex art. 14 bis Reg. CE 726/2004 e Reg. CE 507/2006) prevede che l’autorizzazione possa essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari”.

Il giudice prosegue sostenendo che il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sulla sicurezza del farmaco, richiamando quanto emerge dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità che, a sua volta, richiama quello dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Questa tipologia di autorizzazione non rappresenta un minus rispetto a quella ordinaria, ma impone al titolare di completare gli studi per confermare che il rapporto rischi/benefici sia favorevole. Il TAR prosegue spiegando che il provvedimento autorizzativo interviene a valle della fase di sperimentazione clinica, fase che si verifica prima dell’immissione in commercio del farmaco. “La “sperimentazione” dei vaccini si è dunque conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica e non è corretto affermare che la sperimentazione sia ancora in corso solo perché l’autorizzazione è stata concessa in forma condizionata”. Per completezza, si precisa che l’autorizzazione condizionata (CMA) è uno strumento già usato in altri contesti emergenziali; infatti, negli ultimi anni (dal 2006 al 2016), sono state concesse 30 autorizzazioni in forma condizionata, nessuna delle quali è stata successivamente revocata per motivi di sicurezza.

eBook - La sanità nell'emergenza covid-19

Su Shop.Wki.it è disponibile l'eBook:

La sanità nell'emergenza covid-19 Gribaudi Maria Nefeli, ALTALEX EDITORE

Lo scudo penale non riguarda la sicurezza del vaccino

La ricorrente, nelle proprie argomentazioni, afferma che l’insicurezza del vaccino emergerebbe anche dallo scudo penale adottato dal Governo a favore dei soggetti che procedono alla somministrazione del farmaco. Si ricorda che l’art. 3 d. l. 44/2021 dispone quanto segue: 

  • Per i fatti di cui agli articoli 589 c.p. (omicidio colposo) e 590 c.p. (lesioni personali colpose) verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino anti-Covid, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria, la punibilità è esclusa “quando l'uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.

Ciò premesso, torniamo alla decisione.

Il TAR boccia anche questa censura, infatti, la ratio della disposizione di cui sopra consiste nel rassicurare i sanitari e di evitare che la prospettiva di un’eventuale responsabilità penale possa creare allarme. Quindi, si tratta di un intervento legislativo – cito testualmente – “in chiave simbolica” volta a scongiurare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale. Pertanto, dall’introduzione dello scudo penale non può inferirsi la natura sperimentale del vaccino né la sua pericolosità.

La compressione del diritto al lavoro è ragionevole e proporzionata

La dottoressa sostiene che la disposizione di legge (art. 4 c. 8 d.l. 44/2021) sia irragionevole laddove prevede la sospensione dall’esercizio della professione con la conseguente impossibilità di ottenere un reddito. La norma, infatti, dispone che il datore di lavoro: 

  • se possibile, adibisce il lavoratore a mansioni, anche inferiori, che non implicano rischi di diffusione del contagio;
  • se non è possibile, sospende il lavoratore senza retribuzione, altro compenso o emolumento.

Il TAR precisa che la norma riguarda i lavoratori dipendenti e, quindi, non è applicabile alla ricorrente, che è una libera professionista. Anche il richiamo all’art. 36 Cost. ad avviso del giudice è inconferente atteso che i principi sanciti nel citato articolo riguardano il lavoro subordinato e non le prestazioni di lavoro autonomo “ancorché rese, con carattere di continuità e coordinazione, nell'ambito di un rapporto di collaborazione” (Cass. Sez. Lav. 4667/2021).

In ogni caso, l’art. 4 d.l. cit. è ragionevole dal momento che i soggetti indicati, ossia i sanitari, entrano in contatto con una collettività indeterminata, formata anche da persone fragili. La norma è frutto di un bilanciamento degli interessi e prevede una compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all’obbligo vaccinale a tutela della salute collettiva. Infatti, “ogni libertà individuale trova un limite nell’adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (art. 2 Cost.)”.

Secondo i giudici, la misura oltre che ragionevole è anche proporzionata atteso che:

  • prevede l’esenzione dall’obbligo vaccinale in caso di accertato pericolo per la salute,
  • la sospensione ha natura temporanea, giacché permane sino al completamento del piano vaccinale e non oltre il 31.12.2021. 

I presupposti necessari per imporre con legge un trattamento sanitario

La dottoressa sostiene che manchino i presupposti per imporre con legge un trattamento sanitario come la vaccinazione. Ella afferma che, in tal modo, si sacrifica il diritto alla salute del singolo senza, con ciò, tutelare la collettività, dal momento che il vaccino è uno strumento inidoneo a prevenire i contagi.
Il TAR rigetta anche tale argomentazione elencando i presupposti in virtù dei quali è stato disposto l’obbligo vaccinale. Le condizioni necessarie per imporre una profilassi vaccinale obbligatoria sono state elencate dalla Consulta (C. Cost. 5/2018) con riferimento ai 10 vaccini imposti ai minori di sedici anni. La legge impositiva di un obbligo vaccinale è compatibile con l’art. 32 Cost:

  1. se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato disalute degli altri;
  2. se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili;
  3. se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (sentenze n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990)”. 

La legge sull’obbligo vaccinale integra le condizioni per essere compatibile con l’art. 32 Cost.

Il giudice amministrativo ritiene sussistenti tutti e tre i presupposti di cui sopra. In estrema sintesi, si riassume il percorso argomentativo del TAR:

  1. il vaccino previene il contagio e la vaccinazione ha una valenza pubblicistica di tutela della salute collettiva;
  2. il vaccino non è esente da controindicazioni o da rischi come ogni farmaco; l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) raccoglie tutte le segnalazioni di eventi avversi e, secondo le risultanze statistiche – consultabili sul sito dell’AIFA – v’è un bilanciamento rischi/benefici accettabile;
  3. il meccanismo indennitario è previsto dalla legge 210/1992, la quale riconosce il diritto alla corresponsione di indennizzo da parte dello Stato a fronte di ogni “menomazione permanente della integrità psico-fisica” conseguente ad una vaccinazione obbligatoria, come quella prevista per i sanitari (ex art. 4 d.l. 44/2021). Inoltre, l’indennizzo opera anche relativamente alle vaccinazioni “raccomandate” e non obbligatorie (C. Cost. 118/2020).

Il giudice amministrativo richiama quanto affermato dalla Consulta relativamente alle 10 vaccinazioni obbligatorie per i soggetti minori di sedici anni. Nella citata pronuncia (C. Cost. 5/2018) si afferma che “il ricorso alla dimensione dell’obbligo è costituzionalmente legittimo quando lo strumento persuasivo appaia carente sul piano dell’efficacia rispetto alla situazione da fronteggiare in concreto[2].

I dati dell’AIFA

In relazione al secondo presupposto, relativo al bilanciamento tra rischi e benefici, il giudice amministrativo elenca i dati aggiornati al 26.07.2021 e rinvenibili sul sito dell’AIFA.

I dati derivano dalla:

  • somministrazione di 65.692.591 dosi di vaccino;
  • sono stati 84.322 gli eventi avversi avvenuti dopo la somministrazione (a prescindere dalla riconducibilità causale alla vaccinazione).

Il tasso di segnalazione, ossia il rapporto fra il numero di segnalazioni inserite nel sistema di Farmacovigilanza e il numero di dosi somministrate, è pari a 128 ogni 100.000 dosi. Il giudice prosegue affermando che “di queste, solo il 12,8% ha avuto riguardo ad eventi gravi (con la precisazione che ricadono in tale categoria, definita in base a criteri standard, conseguenze talvolta non coincidenti con la reale gravità clinica dell’evento). Di tutte le segnalazioni gravi (16 ogni 100.000 dosi somministrate), solo il 43% di quelle esaminate finora è risultata correlabile alla vaccinazione”.

Conclusioni

Le argomentazioni svolte dal giudice amministrativo possono così riassumersi:

  • il vaccino non è in fase di sperimentazione, atteso che l’autorizzazione condizionata con l’immissione in commercio postula comunque la fine della fase di sperimentazione;
  • la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva, oltre che dei sintomi della malattia, anche della trasmissione dell’infezione, quindi, l’interesse a prevenire la malattia è pubblicistico, anche sotto il profilo di limitare l’impatto sul sistema sanitario nazionale, circa l’occupazione delle terapie intensive e dei ricoveri;
  • lo “scudo penale” per i sanitari somministranti non attiene alla sicurezza dei vaccini; si tratta di una disposizione che va letta in chiave simbolica, in quanto diretta ad evitare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare la campagna vaccinale,
  • la norma che prevede la sospensione dall’esercizio della professione a seguito della mancata sottoposizione al vaccino (art. 4 d.l. 44/2021) è ragionevole e proporzionata; ragionevole perché costituisce il frutto di un bilanciamento degli interessi, prevedendo una compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all’obbligo vaccinale a tutela della salute collettiva; proporzionata, poiché è previsto un meccanismo di esenzione dalla vaccinazione (ad esempio, per accertato pericolo per la salute) e la sospensione ha durata temporanea;
  • la legge che impone l’obbligo vaccinale integra i tre presupposti necessari indicati dalla Corte Costituzionale (sent. 5/2018) per essere compatibile con l’art. 32 Cost.

Il TAR confuta le argomentazioni svolte dalla dottoressa e respinge il ricorso per l’infondatezza di tutte le censure sollevate. Inoltre, condanna la ricorrente a rifondere all’amministrazione resistente le spese del giudizio (circa 2 mila euro oltre spese generali e accessori).

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA, SENTENZA N. 261/2021 >> SCARICA IL PDF

Quotidiano Giuridico pubblica lo Speciale Emergenza Coronavirus, la rubrica per approfondire gli impatti che il diffondersi della pandemia ha generato in tema di giustizia civile, penale e amministrativa, contratti, previdenza e lavoro, compliance ex 231/2001, privacy, ordinamento penitenziario, fisco e molto altro.


[1] Sempre secondo il TAR, il livello di conoscenze acquisite relativamente ai vaccini anti-Covid rende la vicenda “per nulla sovrapponibile a quella relativa all’uso terapeutico dell’idrossiclorochina” (Cons. Stato 7097/2020), ove il giudice aveva ritenuto di non poter applicare in modo rigoroso i principi della cosiddetta “evidence based medicine” (EBM), ossia l’uso della medicina in base alle migliori evidenze scientifiche del momento. Nel caso dei vaccini anti-Covid, infatti, è disponibile una grande quantità di dati statistici stante la sottoposizione al vaccino di gran parte della popolazione nazionale. Per completezza, si ricorda che in quel caso il Consiglio di Stato aveva sospeso in via cautelare il provvedimento dell’AIFA di sospensione dell’utilizzo dell'idrossiclorichina, utilizzata per contrastare il Covid.

[2] Il TAR fa riferimento anche alla CEDU ricordando che è stata sancita “la compatibilità con l’art. 8 della Convenzione dell’obbligo vaccinale infantile (contro nove malattie, tra cui poliomielite, tetano ed epatite B) previsto dall’ordinamento della Repubblica Ceca quale condizione per l’ammissione al sistema educativo prescolare. La Corte afferma che l’ingerenza nella vita privata, che l’obbligo vaccinale sicuramente realizza, può giustificarsi ove – oltre ad essere previsto per legge – persegua un obiettivo legittimo (Legitimate aim) ai sensi della Convenzione, senz’altro rinvenibile nella protezione della salute collettiva e in particolare di quella di chi si trovi in stato di particolare vulnerabilità”. Per un approfondimento, si rinvia alla lettura integrale della sentenza.

Novità editoriali

Vedi Tutti
Codice del processo amministrativo commentato
Risparmi 5% € 180,00
€ 171,00
La riforma del codice degli appalti
Risparmi 5% € 50,00
€ 47,50
Giornale di Diritto Amministrativo
Risparmi 20% € 305,00
€ 244,00
Urbanistica e appalti
Risparmi 20% € 295,00
€ 236,00
Processo Amministrativo - Formulario Commentato
Risparmi 30% € 160,00
€ 112,00
Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati
Risparmi 30% € 170,00
€ 119,00
Azienditalia Enti Locali
Risparmi 40% € 215,00
€ 129,00
ilQG - Il Quotidiano Giuridico
Risparmi 52% € 250,00
€ 118,80
Procedure concorsuali e diritto pubblico
Risparmi 30% € 60,00
€ 42,00
L'opposizione alle sanzioni amministrative
Risparmi 30% € 70,00
€ 49,00
Procedimento amministrativo
Risparmi 30% € 75,00
€ 52,50
Appalti pubblici
Risparmi 30% € 85,00
€ 59,50
Parcelle avvocati e fatturazione elettronica verso la PA
Risparmi 30% € 70,00
€ 49,00
La procedura di espropriazione per pubblica utilità
Risparmi 30% € 50,00
€ 35,00

Codici e Ebook Altalex Gratuiti

Vedi tutti