Procedura civile

Riforma del processo civile: le modifiche al processo del lavoro

Le principali novità: rito unico in caso di licenziamento, allineamento del rito del lavoro alle riforme in materia di appello e introduzione della negoziazione assistita facoltativa

PNRR Italia

martelletto Il PNRR in materia di giustizia civile ha un obiettivo ambizioso, ovvero quello “di abbattere la durata media dei processi civili di più del 40%”.

Con questo obiettivo il Parlamento ha promulgato la legge 26 novembre 2021 n. 206 con cui viene data delega al Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati a una riforma complessiva del processo civile i cui obiettivi sono “semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contraddittorio”.

Questo intervento normativo viene considerato centrale, nel piano di riforme post-pandemico poiché il giudizio civile, per le materie trattate, è il luogo in cui le contrapposte istanze di giustizia devono trovano composizione e conseguentemente generano effetti immediati sul mercato.

I correttivi al processo del lavoro

In questo quadro di rinnovamento occorre preliminarmente porre all’attenzione che, alla prova dei fatti, il modello più efficiente è risultato il processo del lavoro. Tale affermazione discende dalla circostanza per cui la riforma non inciderà in modo strutturale sul rito che rimane fedele alla sua impostazione generale risalente al 1973.

Ferma restando la superiore premessa, il Legislatore ha previsto nella delega alcuni correttivi che riguardano essenzialmente il rito unico in caso di licenziamento da cui può discendere la reintegrazione, l’allineamento del rito del lavoro alle riforme in materia di appello e l’introduzione della negoziazione assistita facoltativa.

Rito unico in caso di licenziamento

Con riferimento al tema del rito sul licenziamento si tende a superare il proliferare di riti conseguenti alla riforma Fornero.

Il comma 11 dell’art. 1 della legge delega recita testualmente:

Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile in materia di controversie di lavoro e previdenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune norme transitorie, prevedendo che:

a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro abbia carattere prioritario;

b) le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anche ove consegua la cessazione del rapporto associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile;

c) le azioni di nullità dei licenziamenti discriminatori, ove non siano proposte con ricorso ai sensi dell'articolo 414 del codice di procedura civile, possano essere introdotte, ricorrendone i presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli articoli 38 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione dell'azione, nell'una o nell'altra forma, preclude la possibilità di agire successivamente in giudizio con rito diverso”.

La finalità della norma è chiara nel voler superare l’attuale proliferazione di riti che abbiano ad oggetto l’impugnazione del licenziamento e attribuire priorità a quei procedimenti volti ad ottenere la reintegrazione sul posto di lavoro.

Per quanto attiene l’aspetto relativo a una “corsia preferenziale” per i giudizi la cui domanda sia quella della reintegrazione, non vi sono particolari criticità, a maggior ragione se si considera che nelle varie sedi giudiziarie si è usualmente tenuto in considerazione questo elemento, agevolando percorsi più veloci sia in termini di fissazione della prima udienza che di quelle successive. Sul modello da attuare per garantire velocità e preservare il contraddittorio è immaginabile/auspicabile un rito modellato sul ricorso d’urgenza rispetto al quale venga differentemente declinato il tema del periculum in mora.

Non particolarmente decisiva, appare la specificazione in ordine all’esclusione del socio di cooperativa se non nella misura di evitare duplicazione di azioni rispetto alla delibera di esclusione concentrando quindi innanzi al giudice del lavoro il contenzioso di questa natura.

Quanto alla lettera c), il legislatore prende atto della pluralità di rimedi esperibili in caso di impugnazione del licenziamento connessa a motivi discriminatori e specifica che laddove sia stato introitato il ricorso con riti alternativi esso preclude la possibilità di agire successivamente in giudizio con un rito diverso in tal modo evitando la duplicazione del contenzioso attraverso l’adozione di riti differenti.

Negoziazione assistita facoltativa

Il tema di maggiore interesse è però quello relativo alla negoziazione assistita su cui appare opportuno svolgere alcune riflessioni di carattere generale.

L’art. 1, comma 4, lettera q), della legge delega introduce, in ambito lavoristico, un nuovo strumento potenzialmente deflattivo del contenzioso, ovvero quello già noto della negoziazione assistita per le controversie di cui all’art. 409.

La novità non è tanto l’applicabilità di tale strumento al diritto del lavoro, quanto l’estensione, in caso di accordo, della disciplina dell’art. 2113, comma 4, che era propria delle transazioni sottoscritte nelle “sedi protette”. In altre parole, si concede agli avvocati di fornire assistenza nella negoziazione che ove condotta con successo produce gli effetti della sopra citata norma codicistica, prerogativa, quest’ultima, degli accordi abdicativi innanzi ad un soggetto terzo sia pubblico - inteso come gli uffici dell’ITL, enti certificatori e Giudici - ovvero il sindacato.

Dall’introduzione di tale norma si possono ricavare due importanti elementi di novità.

In primo luogo, estendere alla negoziazione assistita gli effetti di cui al comma 4 dell’art. 2113 c.c. significa anche prendere formalmente coscienza del ruolo dell’avvocato nell’ambito delle negoziazioni in materia giuslavoristica. In altre parole, si riconosce a questa figura professionale un ruolo decisivo nell’assistenza alle scelte consapevoli dei propri clienti.

Il secondo aspetto è quello relativo a un passaggio concettuale della figura del lavoratore da “contraente debole”, che vede solo nel ruolo svolto dagli uffici pubblici e dei sindacati la tutela dei propri diritti rispetto al datore di lavoro, a un soggetto che che si pone in una posizione maggiormente paritetica rispetto alla parte datoriale, nella misura in cui si fa assistere dai propri professionisti alla stessa stregua del c.d. contraente forte.

Il quesito rispetto a queste nuove norme è se effettivamente raggiungeranno l’obiettivo prefissato; la risposta al quesito non può che essere parziale, nella misura in cui il successo o meno dell’impatto deflattivo e acceleratorio del contenzioso dipenderà anche da fattori estranei alle norme quali misure organizzative degli uffici e performance dei soggetti che muovo la “macchina giustizia”.

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