Amministrativo

Avvocato: la sospensione cautelare dall’esercizio della professione non è una sanzione disciplinare

Si tratta di una misura amministrativa, non sanzionatoria, che non richiede la preventiva formale apertura di un procedimento disciplinare (CNF, sentenza n. 53/2022)

Ad un avvocato, imputato in un processo penale, viene comminata la sospensione cautelare dall’esercizio della professione per la durata di tre mesi. Il legale impugna il provvedimento emesso dal Consiglio Distrettuale di Disciplina e, tra le varie censure, rileva come nel dispositivo della decisione si faccia riferimento ad una sospensione tout court senza specificarne la natura cautelare.

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza del 13 maggio 2022 n. 53 (testo in calce), chiarisce che la sanzione disciplinare e la sospensione cautelare hanno presupposti diversi. La prima è comminata all’esito di un procedimento disciplinare tipico, mentre l’applicazione della seconda è svincolata dalle forme e garanzie tipiche del procedimento disciplinare. La sospensione cautelare è un provvedimento amministrativo di carattere precauzionale. A differenza del sistema previgente, la nuova sospensione cautelare può essere deliberata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina solo nei casi indicati ex lege (art. 60 legge 247/2012). La ratio della misura è da ricercare «nell’esigenza di tutelare e salvaguardare la dignità e il prestigio dell’Ordine forense» dalle menomazioni di prestigio che possano derivare dalla notizia di assoggettamento dell’avvocato ad un procedimento penale per fatti gravi e comportamenti costituenti reato.

Sommario

La vicenda

Contro un avvocato venivano disposti gli arresti domiciliari, in quanto accusato di aver abusato della sua qualità pubblico ufficiale custode giudiziario delegato alla vendita di un appartamento pignorato. Egli, infatti, in accordo con l’offerente, aveva indotto il proprietario – debitore pignorato – a versargli 28 mila euro per rientrare nella disponibilità dell’immobile venduto all’asta. Il legale aveva raggiunto un’intesa con l’acquirente – che aveva versato il 10% del prezzo – per farlo recedere. In tal modo, gli indagati – l’avvocato e l’offerente – avevano posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a turbare il pubblico incanto.

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina ravvisava i presupposti per disporre la misura cautelare della sospensione dall’esercizio della professione (ex art. 32 Regolamento CNF 2/2014). Infatti, la ricostruzione del GIP era sufficiente a dimostrare le condotte poco commendevoli poste in essere dall’incolpato e la notizia del suo coinvolgimento era stata diffusa dalla stampa integrando il requisito dello strepitus fori.

L’avvocato proponeva ricorso al CNF (ex art. 60 c. 6 legge 247/2012).

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Premessa: cosa s’intende per sospensione cautelare

L’art. 60 della legge professionale forense (legge 247/2012) e l’art. 32 del Regolamento CNF 2/2014 prevedono che il Consiglio Distrettuale di Disciplina abbia la facoltà di deliberare la sospensione cautelare dall’esercizio della professione, previa audizione dell’iscritto, quando l’autorità giudiziaria abbia disposto:

a) una misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello;

b) la pena accessoria della sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte ai sensi dell’art. 35 c.p. anche se con la sentenza penale di primo grado sia stata disposta la sospensione condizionale della pena;

c) una misura di sicurezza detentiva;

d) la condanna in primo grado per i reati previsti dagli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 c.p., se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, ovvero dagli articoli 244, 648 bis e 648 ter del medesimo codice;

e) la condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.

La sospensione cautelare può essere irrogata per un periodo non superiore ad un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all’interessato del provvedimento che la infligge.

Contro la sospensione cautelare l’interessato può proporre ricorso al Consiglio Nazionale Forense nel termine di venti giorni dalla notifica del provvedimento, nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Il ricorso non ha effetti sospensivi dell’esecuzione (art. 60 c. 6 legge 247/2012 e art. 32 c. 6 Reg. CNF 2/2014).

Le difese svolte dall’avvocato

L’avvocato solleva delle perplessità in merito alla natura del provvedimento di sospensione sostenendo che lo stesso possa essere qualificato sia come cautelare che come provvedimento di merito definitivo. Infatti, la motivazione del provvedimento del CDD sembrerebbe essere nel senso di una sospensione cautelare, mentre il dispositivo parrebbe far riferimento ad una sanzione disciplinare definitiva. Il ricorrente lamenta, altresì, che la decisione sia fondata sui fatti esposti nell’ordinanza del GIP e che il CDD non abbia effettuato una valutazione autonoma. Infine, sostiene che non ricorresse lo strepitus fori, dal momento che l’unica notizia riportata era quella dell’emissione del provvedimento cautelare e successivamente nessun giornale si era occupato della questione.

Contrasto tra motivazione e dispositivo: prevale il dispositivo

Il CNF non ravvisa alcun contrasto tra la motivazione del provvedimento assunto dal CDD e il dispositivo. Nell’ipotesi di contrasto, secondo la giurisprudenza costante, prevale quanto deciso nel dispositivo salvo il caso di errore materiale. In ogni caso, la discordanza non è causa di nullità della decisione, anche in assenza di attivazione del procedimento di correzione (CNF 78/2019; CNF 164/2013; CNF 25/2013). Nella fattispecie in esame, non emerge un contrato tra la volontà espressa nella motivazione e quanto esposto nel dispositivo. Quest’ultimo contiene un’imprecisione, in quanto omette di utilizzare l’aggettivo “cautelare” a fianco al sostantivo “sospensione”. Ut supra ricordato, prevale il contenuto del dispositivo fatto salvo l’errore materiale che, nel caso oggetto di scrutinio, si risolve nell’omissione della qualificazione del provvedimento come cautelare.

La sospensione cautelare non è una sanzione disciplinare

La circostanza che il dispositivo rechi un’imprecisione emerge anche da un altro aspetto. Infatti, per costante giurisprudenza, la sospensione cautelare dall’esercizio della professione non rientra nel novero delle misure sanzionatorie che possono essere comminate in seguito ad un procedimento disciplinare. Al contrario, essa integra un provvedimento di natura amministrativa a carattere provvisorio che non è subordinato alle forme e alle garanzie tipiche del procedimento disciplinare. Per l’emissione della sospensione cautelare non è necessaria la previa apertura di un procedimento disciplinare. La ratio della misura è da ricercare «nell’esigenza di tutelare e salvaguardare la dignità e il prestigio dell’Ordine forense». Tale posizione è corroborata anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la sospensione cautelare non ha natura di sanzione disciplinare, ma si tratta di un provvedimento amministrativo di carattere precauzionale. Inoltre, a differenza del sistema previgente, la nuova sospensione cautelare può essere deliberata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina solo nei casi indicati ex lege (Cass. SS. UU. 26148/2017).

Sanzione disciplinare e sospensione cautelare: presupposti diversi

Il CNF sottolinea come, nel caso di specie, l’iter seguito dal CDD sia quello dettato per il caso della sospensione cautelare. Infatti, il provvedimento non è stato emesse all’esito di un procedimento disciplinare tipico, in quanto mancano l’istruttoria preventiva, l’approvazione del capo d’incolpazione, il decreto di citazione a giudizio, i termini a difesa riconosciuti all’incolpato et cetera. La sanzione disciplinare può essere emessa solo all’esito di un procedimento disciplinare, pertanto, nel caso di specie, il provvedimento impugnato non può che essere qualificato come sospensione cautelare, giacché svincolato dalle forme e garanzie tipiche del procedimento disciplinare.

Conclusioni: giudizio estinto per cessata materia del contendere

Il Consiglio Nazionale Forense dichiara estinto il giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere e ribadisce quanto segue:

  • «La sospensione cautelare non costituisce sanzione disciplinare, bensì provvedimento amministrativo a carattere provvisorio e di natura cautelare volto a salvaguardare l’Ordine forense ed a preservare la funzione sociale delle menomazioni di prestigio che possano conseguire alla notizia di assoggettamento dell’avvocato a procedimento penale per fatti gravi e comportamenti costituenti reato. Ne consegue che la deliberazione con cui la misura cautelare viene applicata, in quanto atto amministrativo, può essere sempre riformata o ritirata in via autotutela e, in quanto atto cautelare, è sempre revocabile o modificabile laddove si verifichino mutamenti delle circostanze o emergano fatti di cui si acquisisca conoscenza successivamente all’adozione del provvedimento. L’esercizio da parte dell’Ordine territoriale di siffatto potere discrezionale di revoca determina la sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento del provvedimento impugnato ed il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile» (CNF 182/2010)

Il CNF qualifica la sospensione come una misura cautelare e visto che i 3 mesi comminati all’avvocato erano già decorsi alla data di trattazione del presente procedimento dichiara la cessazione della materia del contendere stante sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento della decisione, in conformità con l’orientamento della giurisprudenza domestica (CNF 168/2015; CNF 6/2015; CNF 128/2014; CNF 18/2014).

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