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Neurodiritti: in Cile la prima legge per tutelarli

Con una legge storica il Paese sudamericano inserisce la tutela della sfera mentale e neurocognitiva nella propria Costituzione

Non è una novità che con lo sviluppo di nuove tecnologie emergano esigenze di tutela diverse rispetto a quelle conosciute fino a quel momento. Ad esempio, lo stesso diritto alla protezione dei dati personali è nato come forma di tutela in ambiti che non potevano in alcun modo essere coperti dal tradizionale diritto alla privacy come teorizzato a partire dalla fine del 1800.

Oggi stiamo vivendo qualcosa di simile con il rapido sviluppo della neurotecnologia, caratterizzata da strumenti basati sull’intelligenza artificiale che portano con sé nuove e specifiche implicazioni personali per i diritti umani oltre che molte domande sul piano etico.

Intano, una prima risposta normativa è arrivata dal Cile. Infatti, il paese sudamericano ha da poco approvato una legge che introduce un emendamento alla Costituzione per tutelare i neurodiritti alla stregua dei diritti umani. Un provvedimento destinato a far discutere e, forse, anche ad essere da esempio per altri ordinamenti che, presumibilmente, dovranno iniziare a pensare a come tutelare le persone rispetto all’avanzamento delle nuove tecnologie.

 

Sommario

  1. Neurotecnologie e neurodiritti: di cosa si tratta
  2. Quali sono i nuovi neurodiritti
  3. Conclusioni: la nuova legge cilena

1. Neurotecnologie e neurodiritti: di cosa si tratta

La neurotecnologia può essere definita come la sintesi tra tutte quelle tecnologie capaci di interagire in maniera diretta con il cervello o, più precisamente, con il sistema nervoso. In sostanza, quindi, queste tecnologie registrano e monitorano l’attività neurale, riuscendo ad influenzarla.

Spesso queste vengono impiantate nel cervello, ma possono anche restare all’esterno del corpo, assumendo la forma di cuffie, bracciali e caschi.

Ora, ciò che le rende affascinanti è la capacità di trattare alcune condizioni che spaziano dal morbo di Parkinson alle demenze, con la possibilità di espanderne l’utilizzo per trattare depressione, ansia e disturbi mentali.

Tuttavia, come ogni altra tecnologia, può essere sfruttata per altre finalità. La capacità di “leggere”, “alterare” e - con le dovute proporzioni - “manipolare” ‘attività mentale, rende le neurotecnologie particolarmente apprezzate anche in altri campi: si pensi ad esempio al loro utilizzo per scopi ludici nel campo del gaming, oppure al c.d. neuromarketing, ossia l’applicazione delle tecniche per la previsione delle preferenze dei consumatori.

Ebbene, da queste altre finalità possono scaturire situazioni dannose per le persone: manipolazione da parte di grandi aziende o governi, condizionamento delle scelte in ottica consumistica, raccolta e conservazione di quantità enormi di dati cerebrali, e così via.

Da qui la necessità di garantire la tutela dei c.d. neurodiritti, ossia una categoria emergente di diritti umani relativi alla sfera mentale e neurocognitiva. In altri termini, diritti da tutelare rispetto all’utilizzo delle neurotecnologie, che ad oggi non godono di una protezione specifica da parte di previsioni costituzionali o normative ad hoc.

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2. Quali sono i nuovi neurodiritti

Con il termine neurodiritti si fa riferimento a dei nuovi ed emergenti diritti umani connessi alla sfera mentale e cognitiva. Il nome è stato coniato dagli studiosi Roberto Adorno e Marcello Ienca, i quali sono peraltro autori di una teoria secondo la quale, come anticipato, la scienza starebbe sviluppando diverse neurotecnologie potenzialmente in grado di condizionare il pensiero e l’agire umano. Di conseguenza, si rende necessario tutelare i soggetti dai pericoli di un uso scorretto di queste strumentazioni.

Ecco allora che la dottrina ha teorizzato quattro categorie di neurodiritti: il diritto alla libertà cognitiva, il diritto alla privacy mentale, il diritto all’integrità mentale e il diritto alla continuità psicologica.

Il diritto alla libertà cognitiva dovrebbe garantire la libertà degli individui di prendere decisioni libere e competenti sull’uso delle neurotecnologie. In altri termini, i soggetti dovrebbero essere liberi di usare le neurotecnologie fintanto che tale uso non incida sulle libertà altrui, essendo consapevoli di ciò che stanno facendo e dell’impatto sugli altri. Allo stesso tempo, il diritto in questione implicherebbe anche la facoltà di rifiutare applicazioni coercitive da parte di un ipotetico Governo o ipotetiche multinazionali che mirino a condizionare le scelte delle persone.

Il secondo tra quelli citati, la privacy mentale, consiste nel diritto degli individui di mettere al sicuro le informazioni neurali da accessi e controlli non voluti, specialmente quando gli strumenti di neurotecnologia vengono usati su soggetti in stato di coscienza ridotta. In particolare, tale diritto assume una certa rilevanza anche nell’ottica di un futuro caratterizzato da database contenenti dati neurali condivisi, un po’ come avviene già oggi - si pensi a Clearview AI - con gli archivi di immagini di soggetti raccolti dalle videocamere di riconoscimento facciale o dai social e poi condivise con autorità o entità private.

Il diritto all’integrità mentale non è del tutto una novità, in quanto l’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE prevede già un diritto all’integrità psichica e fisica. Tuttavia, tale diritto verrebbe esteso alle manipolazioni mentali eventualmente realizzate tramite le neurotecnologie.

Infine, il diritto alla continuità psicologica avrebbe la funzione di preservare l’identità personale delle persone e la continuità della loro vita mentale da alterazioni esterne non desiderate e poste in essere da terzi tramite strumenti tecnologici. La differenza rispetto al precedente diritto all’integrità mentale è che la continuità psichica implica anche la tutela rispetto ad interventi sulla mente che, di per sé non sarebbero dannosi da un punto di vista fisico o psichico, come ad esempio quelli eventualmente diretti alla modifica della personalità o dei ricordi.

3. Conclusioni: la nuova legge cilena

Di fronte al progredire di un tipo di tecnologia così invasiva e l’emergere di nuovi diritti connessi ad essa, è compito di uno Stato intervenire per garantire la tutela dei soggetti.

Questo è stato esattamente il progetto del Cile a partire dal 4 luglio 2021, quando 155 rappresentanti, eletti tra diverse estrazioni sociali, si sono riuniti per lavorare ad un progetto ambizioso: diventare il primo Paese al mondo a proteggere costituzionalmente i neurodiritti dei propri cittadini, regolamentando fin da subito le neurotecnologie a prescindere che queste fossero ancora in fase di sviluppo. Si tratta, in altri termini, di anticipare il futuro per non farsi trovare impreparati.

Grazie a questa iniziativa, lo scorso autunno il Cile ha approvato una legge che introduce nella Carta costituzionale del Paese la tutela dei neurodiritti alla stregua di tutti gli altri diritti fondamentali “tradizionali”.
Come dichiarato dal senatore Girardi, tra i promotori della legge, “lo sviluppo scientifico e tecnologico dovrebbe essere al servizio delle persone”, secondo un approccio coerente con quello che in Europa ha guidato la redazione della proposta di Regolamento sull’Intelligenza Artificiale. Ecco allora che con questa nuova norma, il Cile qualifica l'identità mentale per la prima volta nella storia come un diritto non manipolabile, proteggendo la libertà di pensiero in una prospettiva del tutto nuova.

L’augurio è che altri Paesi possano aprire un dibattito sul tema, prendendo quantomeno in considerazione l’avanzamento di queste tecnologie al fine di anticiparne l’applicazione regolare sulle persone senza dover correre contro il tempo per colmare le eventuali e future lacune normative.

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