Avvocati stabiliti: quando è ammessa la dispensa dalla prova attitudinale?

L’esercizio della professione forense deve essere di durata non inferiore a 3 anni, effettivo, regolare, con il titolo professionale di origine

Al fine di conseguire la dispensa dalla prova attitudinale, l’esercizio della professione forense da parte dell’avvocato stabilito deve essere: a) di durata non inferiore a tre anni scomputando gli eventuali periodi di sospensione; b) effettivo e quindi non formale o addirittura fittizio; c) regolare e quindi nel rispetto della legge forense e del codice deontologico; d) con il titolo professionale di origine (art. 12, comma 1, del D.lgs. 96/2001). In ogni caso, il Consiglio dell’Ordine ha ampi poteri istruttori in relazione alla concessione della dispensa in parola.

È quanto ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 155/2022 (testo in calce).

Nella fattispecie, il COA di Latina rigettava l’istanza formulata da un Abogado volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 96/2001, l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati, previa dispensa dalla prova attitudinale prevista dall’art. 8 del D.Lgs. n. 115/1992.

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In particolare, il COA rilevava - dall’esame della documentazione prodotta a supporto dell’istanza e da quanto emerso in sede di audizione - che l’Abogado era incorso nella violazione dell’art. 9, comma 1, in relazione all’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 96 del 2011, non avendo regolarmente svolto l’attività per aver difeso innanzi alla Corte di Cassazione, sia pure in co-mandato, senza essere iscritto nella sezione speciale delle Giurisdizioni Superiori.

Avverso la predetta delibera, l’Abogado aveva proposto ricorso al Consiglio Nazionale Forense, chiedendo di annullarla e, conseguentemente, accogliere la richiesta di dispensa dalla prova. Il ricorrente, pur riconoscendo di non poter patrocinare in Cassazione, con o senza l’intesa con un altro Avvocato, ha tentato di dimostrare di non aver mai svolto personalmente tale attività, essendo la presenza del suo nome sui ricorsi per Cassazione dovuta ad un mero errore materiale.

Il Consiglio Nazionale Forense, nel rigettare il ricorso, ha preliminarmente rammentato che il precipuo compito del COA territoriale è quello di verificare la concreta ed effettiva attività esercitata dall’abogado nel foro Nazionale al fine di apprestare tutela alla funzione giudiziaria in Italia “per evitare che nel nostro Paese operino soggetti scarsamente qualificati o che siano all’oscuro delle peculiarità del diritto italiano”. Per tale motivo, il COA è affidatario di “un potere valutativo di ampio spettro, che ruota intorno alla verifica delle attività concretamente svolte in Italia dal richiedente la dispensa dalla “prova attitudinale” e deve, pertanto, procedere a verificare che questi abbia concretamente operato sul foro nazionale con atti o attività stragiudiziali documentate e riferite ad un periodo di tempo privo di “rilevanti interruzioni”.

Il COA di Latina, nel motivare il mancato accoglimento della domanda, ha attribuito decisiva rilevanza alla circostanza per cui gli atti proposti innanzi alla Corte di Cassazione risultavano sottoscritti dall’odierno ricorrente.

Su tale sottoscrizione, la difesa non ha formulato, nel ricorso al CNF, alcuna controdeduzione né in fatto né in diritto. La condotta è, pertanto, tale da far venire meno i requisiti che sia la Corte di Cassazione che CNF hanno ritenuto necessari per conseguire la dispensa dalla prova attitudinale, ovvero l’esercizio della professione nel rispetto della legge forense e del codice deontologico, quali indici di quella regolarità richiesta dall’art. 12, comma I, D.Lgs. 96 del 2001.

In ultimo è stata richiamata la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 107 del 22 maggio 2021, che ha affermato, in materia, che “I Consigli dell’Ordine hanno un’ampia discrezionalità in ordine alla verifica della regolarità dell’esercizio effettivo dell’attività professionale ai fini della dispensa dalla prova attitudinale (artt. 13 e 14 del D.Lgs. 96/2001), discrezionalità che comporta un accertamento capillare in ordine ad un percorso formativo almeno triennale che assicuri l’acquisizione, da parte dell’interessato, di conoscenze e abilità tecniche, giuridiche e linguistiche, posto che l’iscrizione all’albo degli Avvocati comporta l’assimilazione a tutti gli effetti dell’avvocato stabilito all’avvocato dello Stato membro ospitante”.

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