Amministrativo
Maria Masi (CNF): gli Ordini non sono assimilabili alla Pa
La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è stata l’occasione per ribadire la differenza sostanziale tra gli enti pubblici esponenziali di comunità professionali e la Pubblica Amministrazione
È un tema dibattuto da qualche anno a questa parte, quello dell’applicazione agli Ordini Professionali della disciplina propria della Pubblica Amministrazione. Al fondo della questione c’è il tentativo di assimilare in tutto e per tutto gli Ordini al resto del comparto pubblico. Un obiettivo rispetto al quale manifesta le proprie perplessità la Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Maria Masi, durante il suo intervento pronunciato davanti alla magistratura contabile (Corte dei Conti), nella cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, il 9 febbraio scorso a Roma.
La Masi ha tenuto a chiarire che “gli Ordini professionali sono sì enti pubblici, ma esponenziali di comunità professionali. Sono enti pubblici a carattere associativo, come recita la legge forense, e non possono essere assimilati a Ministeri, enti colossali ed altre tipologie di istituzioni pubbliche completamente diverse”. Soprattutto perchè, ha precisato, gli Ordini professionali non sono finanziati con soldi pubblici, ma con i contributi dei propri iscritti.
Anche la Corte di giustizia dell’Unione Europea, ricorda la Presidente del CNF, ha escluso l’assimilazione tra Ordini ed organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della normativa sugli appalti pubblici. Più di recente è stato invece il TAR Lazio a tornare sul tema, con la sentenza 14283/2022 di annullamento della circolare 15/ 2019 del MEF che imponeva a carico degli Ordini professionali gli obblighi imposti alla P.A. per il controllo della spesa pubblica sui costi per il personale.
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Proprio quella sentenza, precisa la Presidente degli Avvocati, valorizzando l’art. 2 comma 2 bis del decreto legge sulla razionalizzazione nel pubblico impiego (D.l. 101/2013), ha fatto il punto su due importanti principi normativi.
Primo principio è che non si applica automaticamente agli Ordini professionali la disciplina di dettaglio sul pubblico impiego ma solo i principi generali, e non invece disposizioni come quella sull’obbligo di rilevazione dei costi del personale. Secondo principio è che gli Ordini non sono soggetti in automatico alla disciplina sul contenimento della spesa pubblica.
E la ragione è chiara: gli Ordini non gravano sulla spesa pubblica. In prospettiva futura, propone la Masi, sarebbe necessario semmai, individuare con espressa previsione legislativa, quali principi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica possono essere estesi agli Ordini.
Ciò che bisogna scongiurare in ogni caso, conclude la Prediente è “il rischio di compromettere l’autonomia di enti, formazioni sociali protette dall’art. 2 della costituzione, che svolgono un essenziale ruolo istituzionale di garanzia senza incidere in alcun modo sugli equilibri dei bilanci pubblici”.
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