Amministrativo

Abuso edilizio, senza consenso del comproprietario non si può sanare

Il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che ha la totale disponibilità del bene (Consiglio di Stato, sentenza n. 7158/2023)

In caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio o sanatoria deve provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile ovvero è necessaria una loro manifestazione, anche implicita, di consenso è quanto chiarito dal Consiglio di Stato, sez. II, con la sentenza 21 luglio 2023, n. 7158 (testo in calce).

Sommario

  1. Il fatto
  2. I presupposti per il rilascio dei titoli edilizi e la necessità del consenso
  3. Applicazioni estensive di tali principi anche alla S.C.I.A.
  4. Alcune riflessioni tra rapporto giuridico amministrativo e di diritto privato
Giornale di Diritto Amministrativo, Direzione scientifica: Cassese Sabino, Ed. IPSOA, Periodico. Il bimestrale per approfondire le novità e gli impatti nella P.A della Riforma del Codice dei contratti pubblici.
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1. Il fatto

Si muove nel giudizio in esame da un’ordinanza di demolizione e sgombero di immobile abusivo a fini di ripristino dello stato dei luoghi.

Il compendio immobiliare de quo appartiene a due distinti soggetti. Il primo ha realizzato i lavori di modifica di destinazione d’uso di parte dello stesso, da “deposito” a “civile abitazione”.

Il secondo ha provveduto, invece, alla loro denuncia.

Da tale segnalazione è derivata l’ordinanza qui impugnata.

Il comproprietario responsabile degli abusi si determinava, allora, a presentare due distinte istanze di sanatoria, entrambe respinte.

La reiezione delle istanze avveniva per profili sostanziali relativi a presunti errori di calcolo delle volumetrie assentite nonché per profili attinenti alla mancata dimostrazione dell’assenso dell’altro comproprietario all’esecuzione dei lavori. Interesse dell’altro comproprietario, infatti, era quello di mantenere l’originaria destinazione del fondo.

Né il TAR né il Consiglio di Stato hanno ritenuto fondato il ricorso ritenendo che fosse necessario, per l’ammissibilità dell’istanza di sanatoria il consenso dell’altro comproprietario, anche alla luce del contegno di quest’ultimo, autore delle segnalazioni da cui l’attività sanzionatoria è derivata.

2. I presupposti per il rilascio dei titoli edilizi e la necessità del consenso

Una delle questioni rilevanti nella fattispecie in commento si riferisce alla previsione dell’art. 11, d.P.R. n. 380/2001, che, nell’indicare le caratteristiche del permesso di costruire, richiama il “….proprietario dell’immobile o [a] chi abbia titolo...” tra i soggetti legittimati a richiederlo.

Del pari, l’art. 36 d.P.R. n.380/2001, in tema di accertamento di conformità, ne legittima alla presentazione tanto il responsabile dell’abuso quanto l’attuale proprietario dell’immobile.

Tale disposizione è stata spesso interpretata nel senso che la pubblica amministrazione debba limitarsi ad accertare che l'istante sia proprietario dell'immobile e che abbia titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria ovvero che abbia la legittima disponibilità di un'area, in base ad una relazione qualificata con il bene di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché vi sia comunque il consenso del proprietario (da ultimo, ad esempio, Cons. Stato Sez. IV, 15/3/2022, n. 1827).

Nel caso di specie, tuttavia, l’istante era solamente comproprietario dell’immobile. L’altro comproprietario, tuttavia, aveva manifestato una ferma volontà contraria alla regolarizzazione degli abusi, ben lontana dall’acquisizione del consenso (anche in via presuntiva) che la giurisprudenza richiede in casi analoghi, anche, ad esempio, agli abusi commessi in regime di condominio.

Il consenso del comproprietario rileva in quanto questi vede lesi i propri diritti dall’opera abusiva e può agire giudizialmente al fine di ottenere una sentenza di eliminazione della stessa ovvero di risarcimento dei danni.

Pacifica in tal senso è la giurisprudenza nel ritenere “illogico” consentire la sanatoria di opere realizzate abusive contro la volontà del proprietario dell’immobile che si sia opposto alla sanatoria e che potrebbe anche chiederne la demolizione avanti il giudice ordinario (Cons. Stato Sez. VI, 22/5/2018, n. 3048).

Senza il consenso dell’altro comproprietario, dunque, tanto il TAR quanto il Consiglio di Stato hanno riconosciuto la carenza di legittimazione attiva alla proposizione dell’istanza di sanatoria.

3. Applicazioni estensive di tali principi anche alla S.C.I.A.

In chiusura vale la pena di richiamare alcuni precedenti nei quali i principi qui richiamati sono stati applicati anche in relazione a titoli edilizi diversi dal permesso di costruire: è il caso, ad esempio, della legittimazione a presentare la SCIA sia ordinaria che alternativa (Cons. Stato Sez. IV, Sent., 10/5/2022, n. 3618).

4. Alcune riflessioni tra rapporto giuridico amministrativo e di diritto privato

La sentenza in commento interessa profili di più ampio respiro relativi al rapporto tra diritto amministrativo e diritto privato nell’ambito dell’edilizia e dell’urbanistica.

In tale settore, infatti, la normativa afferente ai due plessi normativi è quantomai intricata e, la fattispecie in esame, ne offre un esempio lampante.

In presenza di abusi su immobili in regime di comproprietà ben può darsi l’ipotesi (come visto con la sentenza in commento) che i comproprietari non abbiano uniformità di vedute circa l’abuso realizzato. Abuso che, come noto, può rilevare tanto in sede privatistica (nei rapporti tra privati: ad esempio, violazione delle distanze tra edifici) quanto in sede pubblicistica (in relazione all’ordinato sviluppo del territorio e, dunque, alla conseguente demolizione dell’opera abusiva).

Nel caso in commento questo rapporto si manifesta nel rischio che – accordando la possibilità al comproprietario di presentare un’istanza di sanatoria senza il consenso dell’altro – si finisca per legittimare una condotta suscettibile di arrecare pregiudizio ad altri nella misura in cui il Comune frustri le ragioni degli altri aventi diritto, di fatto

legalizzando in sede amministrativa degli interventi avverso i quali gli altri aventi diritto sarebbero potuti insorgere in sede civilistica, attivando le tutele ripristinatorie e risarcitorie ivi previste.

Il percorso giurisprudenziale che si è richiamato nel presente contributo è chiaro nell’attribuire maggior rilevanza all’omessa manifestazione del consenso e, nell’ottica della maggior tutela dell’interesse pubblico coinvolto, fa salva l’azione sanzionatoria comunale. Diverso sarebbe stato il caso in cui, invece, tale consenso fosse stato individuato, anche in maniera implicita. Ciò però non significa che nell’accertamento del giudice amministrativo debbano rientrare i vari aspetti interni dei rapporti civilistici fra tutti i vari interessati che, comunque, rimangono irrilevanti ai fini provvedimentali. In questo, rileva il Consiglio di Stato, che i diritti dei comproprietari, anche ex art. 1102 c.c. non sono pregiudicati dal rilascio del titolo edilizio (che viene rilasciato con salvezza dei diritti dei terzi) e, dunque, ove lesi, spetti loro una tutela esclusivamente mediante azioni innanzi al Giudice ordinario.

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