Famiglia, minori e successioni

Per agire in riduzione il legittimario deve rinunciare al legato in sostituzione di legittima

La proposizione della domanda non costituisce manifestazione della volontà di rinunciare al legato, essendo ipotizzabile il duplice intento di conseguire il legato e la legittima

Una donna compie atti dispositivi inter vivos a favore della sorella e, con testamento, le lascia altri beni, mentre attribuisce al marito il diritto di usufrutto su alcuni immobili. L’uomo, ritenendo lesa la propria quota di legittima, agisce in giudizio contro la cognata ma, in primo e secondo grado, la sua domanda viene rigettata. Secondo i giudici di merito, il legittimario che abbia ricevuto un legato in sostituzione di legittima, per agire in riduzione, deve rinunciare al legato e, trattandosi di beni immobili, la rinuncia deve avvenire per iscritto.

L’esercizio dell’azione di riduzione può valere come rinuncia al legato ex art. 551 c.c.?

La Corte di Cassazione, Sezione II, con l’ordinanza 2 novembre 2023, n. 30384, risponde negativamente. Innanzitutto, gli ermellini ricordano che con il legato a tacitazione di legittima il legatario ha due possibilità: 1) può rinunciare al legato e chiedere la legittima, 2) oppure conseguire il legato e rinunciare alla legittima se questo ha valore inferiore. In buona sostanza, il legato ex art. 551 c.c. è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario. La rinuncia deve avvenire mediante atti univoci implicanti la volontà abdicativa del legatario. Non costituisce atto univoco in tal senso l’esercizio dell’azione di riduzione che, infatti, non equivale ad una rinuncia al legato, «essendo ipotizzabile un duplice intento del legittimario di conservare il legato conseguendo anche la legittima». Infatti, poiché il legato si acquista senza bisogno di accettazione, i beni – in questo caso immobili – sono già acquisiti al patrimonio del beneficiario e, pertanto, la rinuncia deve avvenire per iscritto ai sensi dell'art. 1350 n. 5 c.c. a pena di nullità.

Sommario

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La vicenda

Con testamento, una donna lascia alcuni beni alla sorella e dispone a favore del marito l’usufrutto su beni immobili. L’uomo conviene in giudizio la sorella della moglie e il di lei marito, al fine di far dichiarare la nullità del testamento e la riduzione degli atti compiuti inter vivos dalla moglie a favore della sorella (tra cui il trasferimento di un immobile, un atto di divisione di altro immobile, elargizioni di denaro et similia), in quanto dissimulanti delle donazioni lesive della quota di legittima a lui riservata. In primo grado, è stata respinta la domanda di simulazione; inoltre, la disposizione testamentaria a favore del marito è stata qualificata come legato in sostituzione di legittima ed è stata rigettata la domanda di riduzione, stante la mancata rinuncia del legato in forma scritta. In sede di gravame, è stata confermata la decisione di prime cure, infatti, la disposizione testamentaria non è un’istituzione di erede – come sostenuto dal marito – ma un legato, che si acquista automaticamente; la rinuncia ad un legato di immobile che fa già parte del patrimonio del legatario deve avvenire in forma scritta (ex art. 1350 n. 5 c.c.) e la proposizione dell’azione di riduzione non costituisce una manifestazione della volontà di rinunciare al legato.

Si giunge così in Cassazione.

Premessa: la quota disponibile e la quota di legittima

Per comprendere l’istituto del legato in sostituzione di legittima, è necessaria una premessa di ordine generale in materia di successione.

La legge non lascia piena libertà al soggetto di disporre dei propri beni per quando avrà cessato di vivere, infatti, esiste:

  • la quota disponibile di cui il soggetto può disporre come preferisce,
  • e la quota indisponibile (o di legittima o di riserva) che viene riservata dalla legge a soggetti determinati, i cosiddetti legittimari.

Si parla anche di successione necessaria, in quanto è la legge a prevedere che una determinata frazione del patrimonio sia devoluta a soggetti specifici.

La delazione dell’eredità può avvenire per legge o per testamento, quindi:

  • se il de cuius dispone dei propri beni per testamento, dovrà rispettare la quota di legittima che compete ai legittimari e potrà devolvere come preferisce la quota disponibile (successione testamentaria),
  • se il de cuius non lascia testamento (oppure se dispone per testamento solo di alcuni dei suoi beni), si applicano le quote previste per legge a favore degli eredi legittimi; è una successione suppletiva, perché opera solo qualora manchi in tutto o in parte la successione testamentaria (successione legittima o ab intestato).

Veniamo ora ad un’altra distinzione:

  • i legittimari o riservatari o eredi necessari sono i soggetti a cui la legge riserva una quota di eredità, si tratta del coniuge, dei figli e degli ascendenti (art. 536 c.c.);
  • gli eredi legittimi o successibili sono il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, altri parenti entro il sesto grado, lo Stato (art. 565 c.c.) e sono i soggetti a cui la legge devolve l’eredità in mancanza di testamento.

La legge pone un temperamento alle regole imposte dalla successione necessaria con istituti come la cautela sociniana (art. 550 c.c.) il legato in conto di legittima (art. 552 c.c.) e il legato in sostituzione di legittima (art. 551 c.c.).

Cos’è il legato in sostituzione di legittima

Innanzitutto, preme ricordare la differenza intercorrente tra l’istituzione di erede e l’attribuzione di legato. È diverso il titolo (la vocazione):

  • nel caso dell’erede, la successione è a titolo universale, il soggetto succede in universum ius, ossia in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al de cuius (artt. 470 c.c. e ss.),
  • mentre, nell’ipotesi del legato, la successione è a titolo particolare, il soggetto succede solo in determinati beni (art. 649 c.c.).

La differenza riguarda anche il regime giuridico che ne consegue, a titolo di esempio, l’erede risponde dei debiti ereditari, mentre non così il legatario (art. 756 c.c.). Inoltre, come vedremo, il legato si acquista automaticamente, senza bisogno di accettazione.

Il testatore può lasciare ad un legittimario un legato in sostituzione (o a tacitazione) di legittima a condizione che rinunci ad ogni altra pretesa sull’eredità. In tal caso, il legittimario:

  • può rinunciare al legato e chiedere la legittima,
  • oppure conseguire il legato rinunciando alla legittima se questo ha valore inferiore e non acquistare la qualità di erede.

In buona sostanza, «l’attribuzione del legato in sostituzione di legittima non priva di per sé il legittimario del suo diritto di riserva ma lo pone nell’alternativa di scegliere tra legato e legittima» (C. M. BIANCA, Diritto civile. La famiglia e le successioni, 2, Milano, Giuffrè, 2005, 684)

Se decide di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un “supplemento” qualora il valore del legato sia inferiore alla quota di legittima e non acquista la qualità di erede. Nondimeno, la norma non si applica se il testatore abbia attribuito espressamente al legittimario la facoltà di chiedere il supplemento (art. 551 c. 3 c.c.).

Questa tipologia di legato si distingue da quello in conto di legittima in cui il legittimario deve imputare il legato alla sua quota di legittima e l’accettazione non gli impedisce di agire in riduzione se il legato non è sufficiente a coprire la sua quota di riserva.

La rinuncia al legato di immobili ex art. 551 c.c. deve essere scritta

Il ricorrente lamenta che la sentenza gravata abbia richiesto la rinuncia scritta al legato, non considerando assolta tale forma mediante la proposizione dell’azione di riduzione, che costituirebbe una rinuncia implicita. Inoltre, lamenta che sia stato negato il suo interesse ad agire in relazione alla domanda di simulazione e nullità muovendo dal presupposto – erroneo, a suo avviso – che gli fosse preclusa l’azione di riduzione, per non aver rinunciato al legato in sostituzione di legittima.

La Suprema Corte considera infondata la doglianza e ritiene la pronuncia di merito conforme alla giurisprudenza.

Il legittimario (in questo caso, il marito) a cui il testatore (la moglie) abbia lasciato un legato ex art. 551 c.c. avente ad oggetto un bene immobile (usufrutto su beni immobili), se intende ottenere la quota di legittima deve rinunciare al legato. Trattandosi di beni immobili, la rinuncia deve avere forma scritta (art. 1350 n. 5 c.c.) «risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo della proprietà di beni già acquisiti al suo patrimonio; infatti, l'automaticità dell'acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima». Infatti, la suddetta possibilità è espressione del fatto che il legato ex art. 551 c.c. è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario (Cass. SS.UU. 7098/2011).

L’azione di riduzione non implica la rinuncia al legato

La rinuncia al legato a tacitazione di legittima relativo a beni immobili deve avvenire per iscritto; invece, ove l’oggetto sia diverso, l’atto abdicativo può evincersi da atti univoci compiuti dal legatario. Tra tali atti, però, non rientra l’azione di riduzione «ben potendo ipotizzarsi un duplice intento del legittimario di conservare il legato conseguendo anche la legittima» (Cass. 13530/2022).

Giova ricordare che il legato “sostitutivo” è soggetto alla disciplina generale dei legati, quindi, si acquista immediatamente all'apertura della successione, senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunciarvi (art. 649 c.c.). Il fatto che l’acquisto avvenga automaticamente non significa che l’accettazione sia inutile o senza rilievo. Infatti, accettando il legato, il legatario rende definitivamente proprio il beneficio del legato e «ciò si traduce nella definitività giuridica dell'acquisto, rendendo del tutto irrilevante una successiva rinuncia» (Cass. 17861/2020).

Conclusioni: respinto il ricorso del marito-legittimario

Il ricorrente sostiene, altresì, che l’atto di citazione contenga un’espressa rinuncia al legato, nondimeno tale doglianza mira ad ottenere una diversa interpretazione dell’atto introduttivo del giudizio che è rimessa alla valutazione del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

Tale doglianza è inammissibile e, alla luce delle argomentazioni sopra esposte, i giudici di legittimità rigettano il ricorso e condannato l’uomo al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, oltre al pagamento delle spese del giudizio di legittimità oltre ad un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13 c. 1 quater DPR 115/2002.

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Per approfondire questo argomento leggi anche:

Il legato in sostituzione di legittima: la giurisprudenza recente

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