Amministrativo

Risarcimento danni da mancata aggiudicazione di appalto per illegittima esclusione dalla gara

Spetta agli Stati membri stabilire le modalità dei ricorsi, inclusi i presupposti per il risarcimento e il quantum debeatur nel rispetto del principio di equivalenza e di effettività

La Direttiva 89/665 sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti istituisce un sistema di armonizzazione minima delle norme interne. In ossequio al principio di autonomia procedurale, spetta agli Stati membri stabilire le modalità dei ricorsi volti a garantire la tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’unione, inclusi i presupposti per il risarcimento dei danni e il quantum debeatur nel rispetto del principio di equivalenza e di effettività (Conclusioni dell'Avvocato generale della Corte UE del 7 dicembre 2023 nella causa C-547/22 - testo in calce).

Sommario

Giornale di Diritto Amministrativo, Direzione scientifica: Cassese Sabino, Ed. IPSOA, Periodico. Tratta tutta la complessa materia con autorevoli commenti a norme, giurisprudenza e documenti che offrono una panoramica completa delle novità nell'ambito del diritto pubblico sia a livello nazionale che comunitario.
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La controversia nazionale

Il caso in commento rappresenta lo sviluppo della famosa vicenda all’origine dell’arresto della Corte di giustizia nella causa C-76/16 Ingsteel e Metrostav.

Come ricorderanno gli addetti ai lavori, l’antefatto è rappresentato dall’esperimento nel 2013 di una procedura di gara da parte della Federazione calcistica slovacca per l’aggiudicazione di un appalto avente ad oggetto la costruzione, la ristrutturazione e l’ammodernamento di stadi calcistici.

In quel frangente la Corte di giustizia affermò che l’offerente potesse comprovare il possesso del requisito di capacità economico-finanziaria mediante qualsiasi altro documento ritenuto idoneo dall’amministrazione aggiudicatrice in alternativa alla dichiarazione bancaria di impegno alla concessione di credito per un importo pari a quello fissato nel bando di gara.

Indi, la decisione di esclusione della Ingsteel veniva annullata dalla Corte suprema della Repubblica slovacca in applicazione del suddetto principio di diritto. Medio tempore, tuttavia, la procedura di aggiudicazione dell’appalto si concludeva con la stipula del contratto in favore di altro concorrente risultato aggiudicatario.

La Ingsteel proponeva, quindi, ricorso all’Ufficio per gli appalti pubblici - organo dell’amministrazione statale centrale cui la Corte suprema aveva rinviato il caso - per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa della perdita dell’opportunità di aggiudicarsi l’appalto.

Senonché, la domanda veniva rigettata in quanto, ad avviso dell’Ufficio, non vi era alcuna garanzia che la Ingsteel sarebbe stata selezionata come aggiudicataria o che, quand’anche selezionata, l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe stipulato un contratto con la stessa.

La questione pregiudiziale

Ora è il Tribunale circoscrizionale di Bratislava a chiedere lumi alla Corte di giustizia per conoscere se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 (concernente l’obbligo per gli Stati membri di prevedere procedure di ricorso idonee ad accordare il risarcimento dei danni per violazione del diritto dell’UE in materia) osti a una prassi dei giudici nazionali dalla quale risulta che ad un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico sia precluso il risarcimento dei danni a titolo di perdita dell’opportunità di aggiudicarsi l’appalto.

E ciò quantunque sia il codice civile che la legge sulla responsabilità per i danni causati nell’esercizio dei pubblici poteri prevedano a livello nazionale che il risarcimento dei danni comprenda tanto il danno emergente quanto il lucro cessante.

Le indicazioni dell'Avvocato Generale

Il ragionamento dell’A.G. prende le mosse dall’analisi della nozione di danno ai sensi della summenzionata disposizione unionale, rilevando come non si tratti di una nozione autonoma del diritto unionale, bensì di una nozione definita dalle normative dei singoli Stati membri, imponendosi, quindi, un’interpretazione ed un’applicazione uniforme, come richiesto dalla Corte (v. Sentenza del 25 ottobre 2018, Anodiki Services EPE (C‑260/17, EU:C:2018:864, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

Infatti, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 non descrive in che cosa consistano i danni, né indica i presupposti per il sorgere della responsabilità delle amministrazioni aggiudicatrici e neppure fissa alcun criterio per la relativa valutazione (v. Sentenza del 9 dicembre 2010, nella causa C‑568/08, Combinatie Spijker Infrabouw-De Jonge Konstruktie e a., punto 86).

Inoltre, dagli elementi indicati nel primo paragrafo dell’art. 1 risulta che la direttiva abbia istituito un sistema di armonizzazione minima, limitandosi ad imporre agli SM l’obbligo di prevedere mezzi di ricorso effettivi, senza prevederne il relativo contenuto.

L’A.G. osserva, pertanto, come la direttiva ponga l’accento sul risultato e non sui mezzi per il relativo conseguimento. Del resto anche la Corte di giustizia non ha inteso individuare criteri dettagliati per determinare l’esistenza di un danno e per la sua valutazione.

Pertanto, in ossequio al principio di autonomia procedurale, spetta al diritto degli SM stabilire le modalità dei ricorsi interni in materia, incluso l’onere della prova, il nesso di causalità e i criteri di liquidazione dell’eventuale risarcimento, purché siano rispettati i principi cardine di equivalenza e di effettività del diritto unionale.

Rileva, inoltre, l’A.G. che allo stato attuale di sviluppo del diritto dell’Unione, sarebbe difficile predisporre un regime omogeneo di rimedi giurisdizionali efficaci nel settore del diritto degli appalti pubblici.

A simile approdo ermeneutico è già pervenuta la Corte EFTA nelle note cause Fosen-Linjen I (E-16/16) e Fosen-Linjen II (E-7/18), veri e propri leading cases in materia.

In quell’occasione la Corte EFTA, nello statuire su analoga domanda, affermò che la direttiva 89/665 si limita a prevedere un livello di armonizzazione minimo delle procedure di ricorso interne, senza disciplinare le condizioni per l’attribuzione del diritto al risarcimento dei danni a titolo di lucro cessante (compresi il nesso di causalità, l’onere della prova e i criteri per la relativa valutazione), incombendo il relativo onere sull’ordinamento giuridico dei singoli Stati membri del SEE nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. La Corte EFTA, nel ricordare le diverse funzioni assolte dal risarcimento danni (dissuasiva/preventiva oltre che riparatoria), affermò che, pur nel silenzio della direttiva sulle voci di danno risarcibile, il principio di effettività osta all’esclusione del lucro cessante dalle normative di uno Stato membro.

Dopo la ricostruzione illustrata, l’A.G. richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di responsabilità dello Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’UE, di cui la disposizione scrutinata costituisce espressione.

Si ricorda, quindi, la storica sentenza Francovich in cui la Corte, oltre a delineare le tre condizioni per il sorgere del diritto al risarcimento danni, indicò come spettasse ai singoli SM stabilire le pertinenti condizioni sostanziali e procedurali, fatto salvo in ogni caso il rispetto del principio di effettività.

Viene, altresì, rievocata la fondamentale sentenza Brasserie du pêcheur ove trovasi affermato che il diritto dell’Unione non impone criteri specifici quanto alle diverse voci di danno risarcibili, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Ivi fu inoltre statuito che il diritto dell’Unione non ammette l’esclusione del lucro cessante, in quanto ciò sarebbe contrario al principio di effettività.

Non sarebbe conferente, poi, ad avviso dell’A.G., l’argomento addotto dalla Ingsteel secondo cui per il Tribunale dell’UE un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico da parte delle istituzioni dell’UE possa chiedere il risarcimento del danno per perdita di opportunità (v., ad esempio, sentenze del 20 settembre 2011, Evropaïki Dynamiki/BEI (T‑461/08, punto 66); del 28 febbraio 2018, Vakakis kai Synergates/Commissione (T‑292/15, punti da 186 a 193); del 14 dicembre 2018, East West Consulting/Commissione (T‑298/16, punto 176), e del 12 febbraio 2019, Vakakis kai Synergates/Commissione (T‑292/15, punto 53).

Il richiamo non è pertinente in quanto la base legale delle procedure de quibus, rappresentata dal c.d. “regolamento finanziario” 2018/1046, afferisce alla responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea e a non quella degli SM.

In tale particolare ambito la disciplina unionale deve necessariamente abbracciare tutti i profili attinenti all’aggiudicazione degli appalti pubblici, compresa l’eventuale responsabilità extracontrattuale in capo alle istituzioni dell’UE.

Ad ogni buon conto, l’A.G. osserva che dalla giurisprudenza del Tribunale risulta che il lucro cessante e la perdita di opportunità rappresentano nozioni distinte in quanto: “Mentre il lucro cessante è valutato con riferimento all’indennizzo della perdita di un appalto, la perdita di opportunità consiste nella compensazione della perdita di un’opportunità di concludere un appalto” (v. Sentenza del 28 febbraio 2018, Vakakis kai Synergates/Commissione (T‑292/15, punto 188).

In esito a questa puntuale ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento in materia, il focus dell’A.G. si sposta sulla fattispecie concreta posta al vaglio della Corte, al fine di verificare se la prassi giudiziaria nazionale in materia sia conforme al principio di effettività.

Si rammenta che, in base alla giurisprudenza della Corte, le norme nazionali non possono subordinare la concessione del risarcimento dei danni alla prova della colpa o del dolo imputabile all’amministrazione aggiudicatrice, pena la violazione della direttiva 89/665, in quanto ne deriverebbe un ostacolo alla piena efficacia della politica dell’Unione europea in materia di appalti pubblici (v. Sentenza del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo nella causa C‑70/06, punto 42; in tal senso l’autore ricorda anche la fondamentale sentenza del 30 settembre 2010 nella causa C-314/09, Stadt Graz, punto 45, con effetti dirompenti nel nostro ordinamento per aver confermato la qualificazione in termini di oggettivi della natura della responsabilità delle stazioni appaltanti).

Compiuta tale precisazione, l’A.G. conclude che spetta al giudice nazionale interpretare ed applicare la normativa nazionale in modo conforme al diritto del’UE, garantendo il rispetto del principio di effettività. Se ciò non è possibile il medesimo ha l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contrastante con tale diritto laddove la disposizione unionale sia provvista di effetto diretto (v. Sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, punto 78).

Brevi riflessioni

Ad avviso di chi scrive, in una prospettiva de iure condendo, sarebbe auspicabile che il legislatore unionale si faccia carico di istituire un sistema di maggiore armonizzazione degli ordinamenti statali in materia con le prossime direttive di quinta generazione sugli appalti e sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

In questo modo sarà possibile garantire maggiormente l’esigenza di applicazione uniforme del diritto dell’Unione, l’attuazione concreta del principio di effettività e, in definitiva, il corretto funzionamento del mercato europeo degli appalti.

Trattasi di una priorità di particolare rilievo, come attestato dalle divergenze interpretative riscontrabili a livello di prassi giudiziarie nazionali.

Basti pensare alla stessa nozione di danno e alle relative classificazioni definitorie. Nel caso in rassegna la Ingsteel sostiene che la perdita di opportunità e il lucro cessante siano due titoli distinti. Di converso, il governo slovacco ritiene che la perdita di opportunità possa essere considerata come un tipo di lucro cessante. In ogni caso, nella fattispecie è emersa la diversa intensità dell’onere probatorio incombente sull’operatore economico illegittimamente pretermesso ai fini della determinazione del quantum risarcibile.

Il dibattito circa l’individuazione delle componenti del danno da mancata aggiudicazione di una commessa pubblica, l’onere della prova e la quantificazione (puntuale ovvero equitativa) del danno medesimo è tutt’altro che sopito anche nel nostro ordinamento, nonostante l’intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con sentenza 12 maggio 2017, n. 2).

Anche qui il punto fermo per la determinazione del quantum risarcibile è rappresentato dallo stabilire se il bene della vita negato dall’amministrazione aggiudicatrice fosse conseguibile dall’operatore economico in termini di “certezza” oppure soltanto di “concreta probabilità”.

Rimaniamo in attesa della parola definitiva della Corte di giustizia, speranzosi del fatto che possa fornire indicazioni utili al legislatore unionale in ottica futura.

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