Immobili condominio e locazioni

La certificazione dell’impianto elettrico dell’immobile concesso in locazione

La presunzione di responsabilità per danni in capo al conduttore in caso di incendio e l’importanza di un impianto elettrico a regola d’arte munito di idonea certificazione

Un caso portato all’attenzione del Giudice civile, di recente conclusosi, offre un interessante spunto per approfondire il tema della presunzione di responsabilità in capo al conduttore per la perdita e il deterioramento del bene locato derivante da incendio e l’importanza di un impianto elettrico a regola d’arte munito di idonea certificazione.

Sommario

  1. Certificazione impianto elettrico (Di.Co.)
  2. L’attestato di conformità dell’impianto in caso di affitto di immobile
  3. Conseguenze giuridiche
  4. Presunzione “iuris tantum” di responsabilità: la prova contraria
  5. Un caso concreto. Corte di Cassazione – sez. VI civ. – ord. n. 3489 del 06-02-2023
  6. La questione e la soluzione degli Ermellini
  7. Riflessioni conclusive
Immobili & Proprietà

Sul tema si segnala:

Immobili & Proprietà - Guida all'amministrazione e alla gestione degli immobili (Condominio, Locazione, Compravendita, Rapporti con la PA, mercato immobiliare, Fisco) a cura di Magliulo Federico, Monegat Mariagrazia, IPSOA

1. Certificazione impianto elettrico (Di.Co.)

La certificazione dell’impianto elettrico (Di.Co.) è un documento previsto dalla normativa italiana per attestare la conformità di un impianto elettrico, civile o industriale.

La dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico è stata introdotta con la legge n. 46 del 1990 (“Norme per la sicurezza degli impianti”) con cui si era voluto dare una regolamentazione concreta alla realizzazione degli impianti elettrici nelle abitazioni a uso civile nonché di quelli relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi (Art. 1 L. 46/1990: <<Ambito di applicazione. 1. Sono soggetti all'applicazione della presente legge i seguenti impianti relativi agli edifici adibiti ad uso civile:

a) gli impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell'energia elettrica all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell'energia fornita dall'ente distributore; b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche;

c) gli impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie;

d) gli impianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell'acqua fornita dall'ente distributore;

e) gli impianti per il trasporto e l'utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all'interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall'ente distributore;

f) gli impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili 4;

g) gli impianti di protezione antincendio.

2. Sono altresì soggetti all'applicazione della presente legge gli impianti di cui al comma 1, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi>>).

La legge è stata poi abrogata e sostituita dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 gennaio 2008 n. 37 (“Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della legge n. 248 del 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici”) e ss. mm. e ii.

Con la certificazione dell’impianto elettrico l’installatore dichiara che l’impianto è stato realizzato secondo le norme tecniche, le leggi vigenti, le norme dell’UNI o di altri Enti di normazione. Nello specifico l’art. 7 del DM 37/2008 disciplina la realizzazione, la manutenzione e la progettazione degli impianti negli edifici; è obbligatorio e deve essere redatto dal professionista che ha installato o eseguito la manutenzione sull’impianto.

La certificazione di conformità dell’impianto elettrico è una prescrizione importantissima per proteggere la casa, gli elettrodomestici e le persone che fruiscono dell’impianto. Con essa il professionista abilitato attesta: di aver rispettato il progetto, di aver seguito la legge e la normativa tecnica applicabili all'impiego, di aver installato componenti e materiali adatti al luogo di installazione, di aver controllato con esito positivo l'impianto, sia sotto il profilo della sicurezza che della funzionalità, avendo effettuato le verifiche richieste dalle norme e dalle disposizioni di legge.

L’obiettivo cardine della normativa è garantire la sicurezza degli impianti, riuscendo a ridurre gli incidenti causati da un malfunzionamento degli stessi.

La dichiarazione di conformità è obbligatoria non soltanto per gli impianti elettrici, ma anche per tutte le altre tipologie, come ad esempio: gli impianti idraulici, gli impianti di riscaldamento e di climatizzazione, gli impianti antincendio, gli impianti del GAS, gli impianti TVCC – TV – SAT, gli impianti di videosorveglianza, gli impianti fotovoltaici, gli impianti solari e altri.

La normativa sugli impianti elettrici è molto chiara: al termine dei lavori l’impresa installatrice deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità dell’impianto realizzato (art. 15 del DM 37/2008).

Nel caso in cui l’impresa installatrice non rilasci la certificazione dell’impianto elettrico installato, rischia un’ammenda che va dai 100 ai 10.000 euro in relazione “all'entità e complessità dell'impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione” (art. 15 del DM 37/2008). Tutto ciò, ovviamente, al fine di tutelare chi abita e vive i locali dove è ubicato l’impianto, perché un impianto non a norma non è sicuro.

Il menzionato DM 37/2008 pone degli obblighi anche per il committente, con conseguenze severissime anche in tema di responsabilità penale in caso di violazione delle disposizioni previste1.

2. L’attestato di conformità dell’impianto in caso di affitto di immobile

Intanto deve chiarirsi, in linea di principio, che nel nostro ordinamento non esistono danni in re ipsa, né tanto meno il compratore, in caso di mancata consegna del certificato, può chiedere il risarcimento del danno commisurato all’importo dei canoni di locazione perduti, <<atteso che il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso di un bene immobile o alla sua abitabilità non è in sé di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio>>2.

Tuttavia, il difetto dell’impianto elettrico è considerato dalla legge un vizio della cosa locata. L’inquilino può quindi richiedere la risoluzione del contratto di affitto, a spese e danni del proprietario, oppure chiedere una riduzione del canone di locazione. L’impianto elettrico non a norma infatti riduce notevolmente la possibilità di poter usare pienamente e liberamente l’immobile per poterci vivere.

L’inquilino ha diritto di agire nei confronti del proprietario solo se lo stesso ha omesso di comunicargli che l’impianto elettrico non fosse a norma.

Questa condizione dell’impianto deve risultare dal contratto di locazione oppure da un eventuale verbale di consegna dell’immobile. Uno di questi due documenti può costituire la prova, per il proprietario, di aver messo a conoscenza l’inquilino della condizione dell’impianto elettrico (art. 1578 c.c., che prevede che se la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili).

Sotto il profilo della validità del vincolo, quindi, in estrema sintesi, è possibile affermare che il locatore non sia obbligato a dichiarare la conformità o la “non conformità” degli impianti elettrici e che il certificato non vada obbligatoriamente consegnato al conduttore, sebbene sia buona regola farlo per evitare possibili contestazioni nel corso del rapporto.

3. Conseguenze giuridiche

In disparte alle considerazioni sull’efficacia del contratto di locazione sopra riportate, va rilevato che la presenza (ovvero la mancanza) di tale certificazione ha significative conseguenze anche nella esecuzione del rapporto: si pensi alla operatività delle polizze assicurative relative all’immobile locato, piuttosto che alla ripartizione di eventuali responsabilità in caso di incendio e distruzione dello stesso.

E proprio tale ultimo caso si vuole di seguito approfondire.

Invero, la risoluzione dei contenziosi per la distruzione di cose a seguito di incendio sono ipotesi molto diffuse e, sul tema, possono annoverarsi diverse pronunzie che hanno anche il merito di aver precisato le interferenze tra la disciplina codicistica e quella contenuta nella norma speciale in materia di impianti elettrici, definendo e perimetrando i confini della responsabilità del proprietario e del conduttore per l’incendio sviluppatosi nell’immobile locato.

Al riguardo, va rilevato che il conduttore risponde della perdita e del deterioramento delle cose che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile (art. 1588, comma 1 c.c.). Si può quindi affermare che, ai sensi dell’art. 1588 c.c., opera una presunzione di colpa, a carico del conduttore, per il deterioramento o la perdita della cosa locata, ove non provi che tali avvenimenti non siano ad esso addebitabili, essendo accaduti per causa a lui non imputabile3. Ciò vale anche nel caso in cui i danni siano conseguenza dell’ospitalità data dal conduttore, a terzi, trattandosi di fatti riconducibili a scelte proprie del primo circa le modalità d’uso del bene.

4. Presunzione “iuris tantum” di responsabilità: la prova contraria

Non vi è dubbio che sul conduttore, in virtù della disponibilità materiale della cosa che acquista con il rapporto di locazione e dei conseguenti obblighi di custodia, incomba l’obbligo di vigilare e di mantenere il controllo della cosa locata. In caso di danni (da incendio) riportati dalla cosa locata, il conduttore convenuto in giudizio dal locatore è tenuto ad offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” di responsabilità, dimostrando, in primo luogo, di aver esercitato, con la diligenza necessaria, la prestazione accessoria di custodia del bene locato, dovuta a norma degli artt. 1588 e 1177 c.c. (quest’ultimo prevede che l’obbligo di consegnare una cosa prevede anche quello di custodirla fino alla consegna). Alla prova di aver adempiuto gli obblighi di custodia a suo carico, si aggiunge, ai fini di dare la prova liberatoria dalla propria responsabilità in caso di incendio, la prova che il fatto da cui è scaturito il danno o il perimento della cosa in custodia sia dipeso da circostanza non imputabile al conduttore (conformemente alla regola generale contenuta nell’art. 1218 c.c.)4.

5. Un caso concreto. Corte di Cassazione – sez. VI civ. – ord. n. 3489 del 06-02-2023

Un caso di recente conclusosi con la indicata ordinanza, offre l’occasione per un interessante approfondimento, confermando peraltro un orientamento consolidato.

In un immobile locato per l’esercizio dell’attività di bed and breakfast, si sviluppava un importante incendio che danneggiava le strutture murarie e distruggeva tutti gli arredi del conduttore; quest’ultimo allora, con ricorso per decreto ingiuntivo al Tribunale, intimava ai proprietari locatori il pagamento della somma corrisposta a titolo di deposito cauzionale, stante l’estinzione del rapporto contrattuale; gli intimati però si opponevano, sostenendo, ai sensi dell’art. 1588 c.c., l’ascrivibilità per la responsabilità dell’incendio a fatto e colpa del conduttore da cui pretendevano il risarcimento dei danni. Il conduttore si costituiva in giudizio, formulando in via riconvenzionale una domanda risarcitoria per i danni conseguenti all’incendio. Il Tribunale, accertato che il bene locato era privo dell’attestato di conformità dell’impianto elettrico, dava ragione al conduttore. In particolare riteneva che i proprietari avessero violato l’obbligo del locatore di vigilare e mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto ex art. 1575 c. 2 c.c., condividendo la relazione tecnica di parte conduttrice sulle cause dell’incendio (secondo cui non era provato che l’innesco potesse attribuirsi a fatto e colpa della conduttrice). In ogni caso, accoglievano la domanda riconvenzionale e condannava gli opponenti al risarcimento dei danni. La Corte d’Appello rigettava l’appello, condannando gli appellanti alle spese del grado; i giudici di secondo grado confermavano la correttezza della sentenza di primo grado circa le cause dell’incendio, riconducibili alla mancanza di conformità dell’impianto elettrico a regola d’arte. I proprietari ricorrevano in cassazione contestando la tesi dei giudici di secondo grado secondo cui la mancanza di certificazione dell’impianto elettrico fosse idonea a superare la presunzione di responsabilità del conduttore, consentendo di ritenere elisa la responsabilità del conduttore ex articolo 1588 c.c.

6. La questione e la soluzione degli Ermellini

La questione che si pone è di notevole importanza pratica e giuridica perché risponde all’esigenza di stabilire se il conduttore (cioè chi utilizza ed ha la disponibilità dell’immobile) debba rispondere dei danni derivanti dall’incendio della cosa locata nell’ipotesi in cui si pervenga all’accertamento che l’evento dannoso ha avuto origine dall’impianto elettrico non a norma dell’immobile condotto in locazione.

La Cassazione ha dato torto ai locatori. I giudici supremi hanno ritenuto la decisione dei giudici di secondo grado pienamente condivisibile. Infatti, ad avviso della Cassazione, in base all’accertamento in fatto effettuato dalla Corte è stato non soltanto raggiunta la prova della non imputabilità al conduttore delle cause dell’incendio, ma che è stata anche raggiunta la prova positiva che le cause dell’incendio erano da attribuire alla mancata conformità dell’impianto elettrico a regola d’arte e al sovradimensionamento del medesimo. Anche secondo la Suprema Corte, quindi, la mancanza di certificazione dell’impianto elettrico ha eliso la responsabilità del conduttore ex articolo 1588 c.c.5

7. Riflessioni conclusive

Non vi è dubbio che sul conduttore, in virtù della disponibilità materiale della cosa che acquista con il rapporto di locazione e dei conseguenti obblighi di custodia, incomba l’obbligo di vigilare e di mantenere il controllo della cosa locata. In caso di danni (da incendio) riportati dalla cosa locata, il conduttore convenuto in giudizio dal locatore è tenuto ad offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” di responsabilità, dimostrando, in primo luogo, di aver esercitato, con la diligenza necessaria, la prestazione accessoria di custodia del bene locato, dovuta a norma degli artt. 1588 e 1177 c.c., (quest’ultimo prevede che l’obbligo di consegnare una cosa prevede anche quello di custodirla fino alla consegna). In particolare l’art. 1588 c.c.., in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico (Cass. civ., Sez. III, 17/05/2010, n. 11972). Tuttavia, non è responsabile il conduttore se l’evento si è verificato a causa dell’impianto elettrico fatiscente e non a norma con fili elettrici a vista e senza un vero e proprio quadro elettrico, né il prescritto impianto di messa a terra (Cass. civ., sez. III, 03/05/2016, n. 8637). Nel caso esaminato l’immobile è stato consegnato completamente privo delle certificazioni di legge, in stato di mancanza di agibilità specificamente per assenza di certificazione dell’impianto elettrico e in base alle risultanze istruttorie la causa dell’incendio è risultata imputabile proprio alla non conformità dell’impianto elettrico sicché è stato eliso il presupposto di cui all’art. 1588 c.c.

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NOTE

1. Cass. pen., Sez. IV, Sent. 24/07/2019 n. 33244: <<Il committente ha l'obbligo di affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti ad imprese abilitate, donde, in assenza della relativa certificazione prevista dal D.M. n. 37/2008, il committente assume consapevolmente o almeno con colpa il rischio della inadeguatezza dell'impresa esecutrice affidataria, non valendo ad escluderne la responsabilità l'affidamento sul "notorio" (ossia la 'fama' di esperto del soggetto cui i lavori vengono affidati), dovendo diversamente il committente pretendere dal tecnico di documentare il possesso dei requisiti tecnico-professionali richiesti dalla legge>>. La Corte, con la sentenza richiamata, ha inoltre precisato che <<In tema di reato colposo, devono intendersi norme per la prevenzione di infortuni sul lavoro - la cui violazione integra le circostanze aggravanti di cui all'art. 589, secondo comma, e 590, terzo comma, cod. pen. - non soltanto quelle contenute nelle leggi specificamente dirette ad essa, ma anche tutte le altre che, direttamente o indirettamente, perseguono il fine di evitare incidenti sul lavoro o malattie professionali e che, in genere, tendono a garantire la sicurezza del lavoro in relazione all'ambiente in cui esso deve svolgersi>> e, In applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da censure il riconoscimento, operato dalla sentenza impugnata, della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell'art. 589 cod. pen. in relazione al decesso di un operaio, incaricato della riparazione di un autoclave dal proprietario di un’abitazione, verificatosi in conseguenza della mancanza nell’impianto elettrico del cd. “salvavita”, precisando che il d.m. 22 gennaio 2008, n. 37, reca prescrizioni volte a garantire la sicurezza dei lavori attinenti agli impianti, sia per i lavoratori che per gli utilizzatori.

3. Ciò, poiché l'art. 1588 pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la prova che la causa dell'incendio identificata in modo positivo e concreta, non era a lui imputabile (sul punto, Cass. 11972/2010, ove si specifica che non è sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, perché ciò non comporta di per sé l’identificazione della causa, ma occorre che questa sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore; nello stesso senso anche Cass. 17429/2006; Cass. 20357/2005; Cass. 15818/2005; Cass. 4799/2001).

4. In difetto di tale prova liberatoria, il conduttore sarà tenuto a risarcire il locatore del danno conseguente al perimento del bene, danno comprensivo sia del danno emergente derivante dalla perdita o dal deterioramento della cosa locata, sia del lucro cessante, che andrà parametrato sulle circostanze del caso concreto ed in specie sulla scadenza contrattuale e sul tempo necessario per il ripristino della cosa nello stato quo ante (Cass. 9199/2003).

5. La decisione, peraltro, è pienamente conforme al consolidato orientamento in materia di responsabilità (v. anche Cass. civ. 26/09/2018, n. 22823).

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