Amministrativo

Opera pubblica che diminuisce il valore del fondo vicino: sì all’indennizzo al proprietario

L'indennità ex art. 44 T.U. Espropriazioni spetta in ogni caso in cui l'opera comporti una permanente modifica peggiorativa dei poteri e delle facoltà spettanti al proprietario del bene

Il proprietario di un fondo, su cui insistono un’abitazione e un opificio, si ritiene danneggiato dalla realizzazione di un metanodotto ed agisce in giudizio al fine di ottenere l’indennità prevista dal Testo Unico in materia di espropriazioni.

La permanente diminuzione di valore del fondo causata da un lavoro di pubblica utilità dà diritto all’indennizzo?

La Corte di Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza del 9 gennaio 2024, n. 712 (testo in calce), risponde affermativamente. Innanzitutto, la decisione in commento precisa la differenza intercorrente tra risarcimento e indennità: mentre il primo deriva da un fatto illecito altrui, il secondo trae fondamento da un’attività lecita della pubblica amministrazione. In secondo luogo, gli ermellini ricordano che, nel nostro ordinamento, vige il principio pubblicistico di giustizia distributiva, in virtù del quale non è consentito soddisfare l'interesse generale attraverso il sacrificio del singolo, senza che questo ne sia indennizzato (art. 42 Cost.). L’indennizzo non è dovuto solo nell’ipotesi di esproprio ma anche nel caso in cui dalla realizzazione dell’opera pubblica segua l’imposizione di una servitù o la produzione di un danno avente carattere permanente, che comporti la perdita o la diminuzione di un diritto (art. 44 DPR 327/2001). Nella fattispecie in esame, la realizzazione dell’opera pubblica ha determinato un “peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo e un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto”, quindi, il proprietario del fondo ha diritto all’indennità pari a 80 mila euro come quantificata dal giudice d’appello.

Sommario

Giornale di Diritto Amministrativo, Direzione scientifica: Cassese Sabino, Ed. IPSOA, Periodico. Tratta tutta la complessa materia con autorevoli commenti a norme, giurisprudenza e documenti che offrono una panoramica completa delle novità nell'ambito del diritto pubblico sia a livello nazionale che comunitario.
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La vicenda

Una società che si occupa di infrastrutture energetiche realizza un metanodotto in forza di un progetto approvato dalla Regione, accompagnato dalla dichiarazione di pubblica utilità, indefettibilità e urgenza. L’opera avviene sui terreni confinanti con quelli di una s.r.l. su cui sono situati rispettivamente un’abitazione di tipo economico e un opificio. Quest’ultima società evoca in giudizio la realizzatrice dei lavori, lamentando la violazione della normativa edilizia nella costruzione del metanodotto e, in via subordinata, chiedendo la condanna all’indennità prevista dal Testo Unico sulle espropriazioni (art. 44 DPR 327/2001) oltre interessi e rivalutazione monetaria. In primo grado, la domanda attorea viene rigettata, in quanto, in base alla CTU, non era emersa alcuna violazione delle norme urbanistiche e l’opera non aveva determinato la costituzione di una servitù a carico del fondo dell’attore. La domanda, invece, viene accolta in sede di gravame e la convenuta è condannata al pagamento di un’indennità di circa 80 mila euro. Secondo il giudice d’appello, il fondo della società attrice aveva subito una diminuzione di valore “a causa del peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo e un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto”.

La società realizzatrice dell’opera ricorre in Cassazione.

Indennità per bene non espropriato: il principio di giustizia distributiva

La società ricorrente lamenta che la decisione gravata abbia riconosciuto l’indennità a favore del proprietario del fondo, poiché quest’ultimo non abbia patito un esproprio e non è intervenuta alcuna diminuzione di valore.

La Suprema Corte considera infondata la doglianza.

Innanzitutto, gli ermellini ricordano che il Testo Unico in materia di espropriazioni prevede espressamente un’indennità per l'imposizione di servitù (così recita la rubrica dell’art. 44 DPR 327/2001). Ciò accade nel caso in cui il proprietario del fondo, in seguito all’esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità, sia gravato da una servitù o subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà. Il diritto all’indennizzo per i danni che possano derivare dalla realizzazione di un’opera pubblica era previsto anche dalla legislazione previgente (art. 46 legge 2359/1865) e si fonda sul principio pubblicistico di giustizia distributiva. In virtù di detto principio, non è possibile soddisfare l’interesse generale sacrificando il diritto del singolo senza che quest’ultimo sia indennizzato. La Costituzione, infatti, dispone che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale” (art. 42 Cost.).

L’indennizzo è diverso dal risarcimento perché dipende da un comportamento legittimo

Il diritto all’indennizzo ha come presupposto il compimento di un atto legittimo da parte della Pubblica Amministrazione e, per questa ragione, diverge dal risarcimento. In tale ultimo caso, infatti, il soggetto danneggiato ha diritto al risarcimento del danno in seguito all’accertamento di un fatto illecito (doloso o colposo) riconducibile al responsabile (Cass. SS. UU. 9341/2003).

Ciò premesso, il riconoscimento dell’indennità ex art. 44 DPR cit. postula i seguenti presupposti:

  • l’attività lecita della Pubblica Amministrazione,
  • l’imposizione di una servitù o la produzione di un danno permanente che si sostanzi nella perdita o nella diminuzione di un diritto,
  • il nesso causale tra l’opera pubblica realizzata e il danno.

È titolare del diritto all’indennizzo il proprietario del bene contiguo all’opera pubblica realizzata (Cass. SS. UU. 9341/2003; Cass. 19229/2009).

La permanente diminuzione di valore del bene

Nella fattispecie in esame, è pacifico che la costruzione del gasdotto non abbia comportato la costituzione di una servitù; invece, occorre accertare se si sia verificata una “permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà” come disposto dall’art. 44 DPR cit. Il titolare del diritto di proprietà sul bene interessato dall’opera pubblica, a causa della realizzazione della stessa, può essere privato delle utilità del proprio fondo, come la luminosità e la panoramicità, in buona sostanza, la godibilità dell'immobile. Ciò comporta una diminuzione della capacità abitativa e, quindi, determina una riduzione del suo valore commerciale (Cass. 16619/2013; Cass. 13368/2017).

La Pubblica Amministrazione può privare il proprietario delle suddette utilità allorché ricorrano le condizioni di pubblico interesse previste dalla legge, ma grava su di essa l'obbligo di indennizzarlo per le privazioni impostegli. Infatti, a causa di questa “diminuzione del diritto” – così definita dal legislatore del 1865 – deriva una verosimile diminuzione del valore venale del bene, che deve essere economicamente apprezzabile.

Riassumendo, le conseguenze economiche pregiudizievoli causate da opere pubbliche non devono ricadere sul singolo privato ma devono essere sopportate dalla collettività, come emerge dal testo della norma costituzionale che fa salvo l’indennizzo (art. 43 c. 3 Cost.) (Cass. 16619/2013).

Diritto all’indennizzo: casistica

Come abbiamo visto, ogni modifica peggiorativa, permanente e valutabile sotto il profilo economico del diritto del proprietario di godere o disporre del proprio diritto dominicale (ex art. 832 c.c.) comporta il diritto all'indennizzo. La giurisprudenza ha individuato diversi casi in cui è sussistente il mentovato diritto:

  • in tutte le ipotesi in cui il bene subisca un'oggettiva e apprezzabile riduzione della luminosità, panoramicità e godibilità, che sia idonea a tradursi in una oggettiva riduzione del suo valore economico (Cass. 16619/2013);
  • se l'opera pubblica abbia realizzato una significativa compressione del diritto di proprietà conseguente alla riduzione della capacità abitativa, che può verificarsi per effetto di immissioni intollerabili di rumori, vibrazioni, gas di scarico e simili (Cass. 13368/2017);
  • nel caso di perdita o diminuzione del valore locativo del bene (Cass. 7112/2020);
  • nel caso in cui la realizzazione dell'opera pubblica o di pubblico interesse abbia reso più difficoltoso al proprietario del fondo limitrofo l'accesso alla via pubblica (Cass. 24266/2010).

Nella fattispecie in esame, dall'accertamento operato dal CTU, emerge che con la realizzazione del gasdotto il valore dell'immobile ha subito una diminuzione «in conseguenza di un peggioramento architettonico e ambientale del contesto insediativo, e di un aumento del rischio di incidenti causati dalla vicinanza del gasdotto, che ne hanno causato una peggiorata collocabilità sul mercato immobiliare». In virtù di tali considerazioni, il giudice di merito ha correttamente riconosciuto il diritto all’indennizzo.

Conclusioni: il principio di diritto

Per tutte le ragioni sopra esposte, la Suprema Corte rigetta il ricorso presentato dalla società costruttrice del gasdotto ed enuncia il seguente principio di diritto:

  • «In tema di espropriazione, l'indennizzo di cui all'art. 44 d.P.R. n. 327 del 2001 spetta in ogni caso in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità comporti una permanente modifica peggiorativa dei poteri e delle facoltà spettanti al proprietario del bene, che abbia un risvolto in termini economici e si risolva, dunque, in una diminuzione del valore del bene stesso».

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