Tributario

Processo tributario: sospensione necessaria solo se la causa pregiudicante pende in primo grado

Se la causa pregiudicante è stata definita con sentenza non passata in giudicato spetta al giudice della causa dipendente valutare se operare una sospensione facoltativa

Se tra due giudizi esiste un rapporto di pregiudizialità, opera la sospensione necessaria della causa dipendente (ex art. 295 c.p.c.) solo se la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado. Invece, se la causa pregiudicante è stata definita con sentenza non passata in giudicato, «spetta al giudice della causa dipendente scegliere se attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato attraverso il ricorso all'esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che la decisione possa essere riformata».

Così ha deciso la Corte di Cassazione, Sezione tributaria, sentenza 25 marzo 2024, n. 7952 (testo in calce), ribadendo la propria giurisprudenza in relazione all’ambito operativo della sospensione necessaria. La decisione è interessante perché riguarda il processo tributario a cui si applicano le stesse norme del codice di rito stante il rinvio operato espressamente dal d.lgs. 546/1992. Gli ermellini, ricalcando una recente decisione a Sezioni Unite (sent. 21763/2021), precisano che la sospensione necessaria operi nel ristretto limite sopra esposto (ossia sinché la causa pregiudicante pende in primo grado) in virtù dei principi generali di ragionevole durata e celerità del processo (ex art. 6 CEDU e art. 111 Cost.).

Sommario

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La vicenda

Una s.p.a. partecipata corrisponde alla propria partecipante (una s.r.l.) un importo a titolo di royalties e know how. L’agenzia delle entrate disconosce la deducibilità di tale somma e accerta un maggior reddito in capo alla s.r.l. partecipante. L'oggetto della controversia è costituito dal maggior reddito che viene accertato in capo alla società partecipante che aveva scelto, unitamente all'altro socio della società partecipata, il regime di trasparenza. La Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso della partecipante e richiama il contenuto di una decisione resa dalla Commissione tributaria regionale sulla stessa vicenda in relazione alla “ripresa a tassazione della società partecipata” (la s.p.a.).

L’agenzia delle entrate ricorre in Cassazione, dolendosi della mancata sospensione del giudizio in attesa della decisione sulla causa pregiudiziale relativo all’avviso di accertamento emesso nei riguardi della società partecipata.

Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente l’istituto della sospensione del processo.

Premessa: la sospensione necessaria e facoltativa

La sospensione del processo «consiste in un arresto dell’iter processuale a causa di un determinato evento e sino alla cessazione di quell’evento» (così C. MANDRIOLI – A. CARRATTA, Diritto processuale civile, II, Torino, Giappichelli, 2014, 353). L’art. 295 c.p.c. disciplina una vicenda anormale del processo che si verifica dopo l’intervento del giudice e nei gradi di merito (quindi, non in sede di giudizio per cassazione).

La sospensione può essere:

  • volontaria se avviene su istanza concorde delle parti (art. 296 c.p.c.), non può avere durata superiore a 3 mesi, può avvenire una sola volta e per giustificati motivi,
  • necessaria nel caso in cui ricorra un rapporto di pregiudizialità, ossia la decisione della causa in corso viene sospesa qualora dipenda dalla soluzione di un’altra causa già pendente (art. 295 c.p.c.).

La ratio della sospensione necessaria consiste nell’evitare il contrasto di giudicati. Pertanto, la sospensione ex art. 295 c.p.c. non viene disposta nel caso in cui il giudice possa pronunciarsi in via incidentale sulla questione pregiudiziale (incidenter tantum) oppure quando sia possibile la riunione delle cause.

Un’ipotesi peculiare di sospensione è quella dettata dall’art. 337 c. 2 c.p.c. a mente del quale “quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata”. In buona sostanza, la norma ipotizza che sulla questione pregiudiziale sia già intervenuta una sentenza:

  • se la decisione passa in giudicato, il giudice della questione pregiudicata deve adeguarsi ad essa;
  • se la decisione viene impugnata, il giudice della questione pregiudicata può sospendere il processo nell’attesa della pronuncia sull’impugnazione.

Nella seconda ipotesi, la sospensione è facoltativa, infatti, la norma utilizzare il verbo “potere” (non “dovere”), pertanto, il giudicante potrebbe decidere di non sospendere. 

Sospensione ex art. 295 c.p.c.: la causa pregiudicante deve essere pendente in primo grado

L’Agenzia delle Entrate lamenta che i giudici di appello non abbiano sospeso il giudizio in attesa della decisione sulla causa pregiudiziale relativa all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società partecipata.

Innanzitutto, gli ermellini ricordano che ai fini della sospensione non è necessaria l’istanza di parte atteso che il rilievo avviene d’ufficio e costituisce un obbligo del giudice (Cass. 10268/2006). Inoltre, nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria ha segnalato la pendenza del giudizio considerato pregiudiziale. Ciò premesso, la doglianza relativa all’omessa sospensione è ammissibile anche se il ricorso non contiene motivi di natura sostanziale atteso che il suo accoglimento comporta il travolgimento della decisione anche nel merito. Nondimeno, nella fattispecie in esame, non ricorrono i presupposti per la sospensione.

Infatti, la giurisprudenza è costante nell’affermare che la sospensione ex art. 295 c.p.c. operi solo nel caso in cui la causa pregiudicante sia pendente in primo grado. Nel caso di specie, invece, la controversia era già definita in secondo grado e quindi:

  • non ha luogo la sospensione necessaria del giudizio pregiudicato (ex art. 295 c.p.c.)
  • ma è possibile applicare la sospensione facoltativa del giudizio (ex art. 337 c. 2 c.p.c.).

Riassumendo, la sospensione necessaria opera solo sinché la causa pregiudicante rimane pendente in primo grado. Invece, nel caso in cui sia definita con sentenza non passata in giudicato, il giudice della causa pregiudicata:

  • può attendere il passaggio in giudicato, mantenendo lo stato di sospensione usando il potere facoltativo riconosciuto dall’art. 337 c. 2 c.p.c.,
  • oppure può decidere in senso difforme se ritiene che la decisione verrà riformata o cassata (Cass. SS. UU. 21763/2021).

Secondo gli ermellini:

  • «qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente permane fintanto che la causa pregiudicante penda in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se conformarsi alla predetta decisione, sciogliendo il vincolo necessario della sospensione, ove una parte del giudizio pregiudicato si attivi per riassumerlo, ovvero attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato, mantenendo lo stato di sospensione (ovvero di quiescenza) attraverso però il ricorso all'esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che tale sentenza possa essere riformata o cassata» (Cass. 9470/2022).

Questa lettura dell’art. 295 c.p.c. si pone in linea con un'interpretazione costituzionalmente orientata come imposta dalla diretta applicazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 111, commi 1 e 2, Cost. in materia di ragionevole durata del processo.

Processo tributario: il rinvio alle norme del codice di rito

Il mancato esercizio del potere discrezionale di sospendere il giudizio non equivale alla violazione dell’obbligo di sospensione, quindi, «il motivo che deduce la violazione di quest'ultimo non può essere interpretato come ricomprendente anche la mancata sospensione facoltativa, che come detto ha ad oggetto una valutazione ben differente, basata sulla valutazione prognostica positiva negativa circa la fondatezza dell'impugnazione della pronuncia della cui autorità si tratta». Tale conclusione va confermata anche con riferimento alla specialità del processo tributario.

In ambito tributario:

  • l’art. 39 c. 1-bis d.lgs. 546/1992 (introdotto dal d.lgs. 156/2015) riporta quasi letteralmente il testo dell’art. 295 c.p.c. (sospensione obbligatoria),
  • l’art. 1 c. 2 d.lgs. 546/1992 rinvia alle norme del codice di procedura civile che sono applicabili in quanto compatibili e, quindi, rinvia anche all’art. 337 c. 2 c.p.c. (sospensione facoltativa).

Il mentovato art. 337 c. 2 c.p.c. è una clausola generale applicabile ad ogni giudizio di impugnazione ed operante anche nel processo tributario.

Conclusioni: il principio di diritto

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene rigettato in quanto sono insussistenti i presupposti per la sospensione necessaria e gli ermellini enunciano il seguente principio di diritto:

  • «Qualora tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente va disposta solo allorché la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato attraverso il ricorso all'esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che la decisione possa essere riformata».

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