Amministrativo

Percorsi e strategie di conversione del nuovo permesso di soggiorno per protezione speciale non più convertibile in lavoro

Il permesso per motivi di studio, per residenza elettiva, per famiglia

Il presente contributo, partendo dalle novità normative in materia di contenuto del permesso di soggiorno per protezione speciale, affronta le questioni relative alla sua convertibilità. In particolare, alla luce della sua non convertibilità in permesso per lavoro e quindi della instabilità e precarizzazione della posizione giuridica dei titolari di protezione speciale sul territorio italiano, le autrici ipotizzano percorsi di conversione ulteriori in modo da favorire quell’inserimento stabile e duraturo che dovrebbe essere centrale nella tutela dei titolari di protezione e nell’impianto del diritto di asilo ai sensi dell’art. 10 della Costituzione. In particolare ci si soffermerà sulle ipotesi di conversione e rilascio del permesso per motivi di studio, il quale è oggi convertibile in lavoro anche al di fuori delle quote di ingresso.

Sommario

1. La nuova disciplina del permesso di soggiorno per protezione speciale. La abrogazione della convertibilità per motivi di lavoro

2. Le ipotesi di convertibilità del permesso di soggiorno per protezione speciale ancora vigenti

2.1 Conversione in permesso per motivi familiari e per residenza elettiva
2.2 Conversione in permesso per motivi di studio
2.3 La richiesta di permesso per motivi di studio direttamente dal territorio
2.4 La convertibilità del permesso per motivi di studio in motivi di lavoro

3. Conclusioni

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1. La nuova disciplina del permesso di soggiorno per protezione speciale. La abrogazione della convertibilità per motivi di lavoro

Le autrici partono dalla constatazione che il legislatore del 2023 è nuovamente intervenuto sulla disciplina relativa al permesso per protezione speciale, ha stabilito con l’art. 7, comma 1, del D.l. 20/2023 come modificato dalla legge 50/2023 che il permesso per protezione speciale non è più convertibile in lavoro.

Infatti, a prescindere dala applicabilità della disciplina precedentemente prevista inclusa la convertibilità in lavoro a tutti i permessi di soggiorno richiesti e rilasciati per protezione speciale prima dell’ entrata in vigore della novella, per quanto riguarda i nuovi titoli di soggiorno per protezione speciale l’articolo 7 c. 1 D.L. 20/2023 ha espressamente abrogato la disposizione di cui all’art. 6, comma 1 bis, lett. a), D.lgs. 286/98 che prevedeva la convertibilità in lavoro del permesso di soggiorno protezione speciale. Il permesso per protezione speciale, quindi non più convertibile in lavoro, sottoposto anno per anno alla rivalutazione dei requisiti per il suo rilascio ed esposto a repentini cambi di normativa, si trasforma in un titolo di soggiorno maggiormente instabile, incapace di rispondere alla sua vocazione. Per questo, diventa sempre più necessario individuare delle possibili strade per la sua conversione nei limiti di quanto previsto dall’ordinamento.

2. Le ipotesi di convertibilità del permesso di soggiorno per protezione speciale ancora vigenti

2.1. Conversione in permesso per motivi familiari e per residenza elettiva

Non vi sono dubbi che il permesso di soggiorno per protezione speciale continui ad essere convertibile in permesso di soggiorno per motivi familiari in base a quanto previsto dall’art. 30, comma 1, lett. c), D.lgs. 286/98 che invero consente il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari “al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare”. La norma non detta alcun limite sul titolo di soggiorno posseduto dal cittadino straniero e quindi ben può rientrare anche il titolo di soggiorno per protezione speciale.1

Inoltre, il permesso per protezione speciale potrà continuare ad essere convertito in permesso per residenza elettiva,2 titolo previsto dall’art. 11, comma 1, lett. c-quater, Dpr 394/99 “a favore dello straniero titolare di una pensione percepita in Italia”.

Ragionando sulla nozione di pensione, dovrebbe senz’altro rientrare l’assegno di invalidità come espressamente previsto dal Tar di Reggio Calabria sentenza n. 1272/2015 che ha riconosciuto il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per residenza elettiva in virtù della pensione di invalidità civile in quanto “costituisce titolo autonomo per soggiornare in Italia (…), ed opera per il solo fatto oggettivo che lo straniero goda di una fonte legittima di sostentamento quale, appunto, la pensione, indipendentemente dalle ragioni della sua presenza in Italia e dalle pregresse modalità di ingresso nel nostro Paese (…)”. Ancora, il Tar Emilia Romagna sezione di Bologna con sentenza del 4 aprile 2014, n. 376 ha riconosciuto il diritto al permesso per residenza elettiva in virtù della rendita vitalizia riconosciutagli dall’INAIL per l’infortunio sul lavoro, cosi precisando: “E’ evidente, del resto, che la rendita INAIL per infortunio sul lavoro è a tali fini equiparabile alla pensione, assolvendo di fatto il medesimo ruolo di fonte di reddito certa e continuativa senza esercizio di attività lavorativa.” Rientrano senz’altro in tale categoria l’assegno sociale, l’indennità di accompagnamento, l’indennità di frequenza, la pensione di inabilità, la pensione e indennità speciale in favore dei ciechi civili, la pensione di invalidità civile per sordi e l’indennità di comunicazione che sono tutte prestazioni che sono riconosciute anche ai cittadini stranieri che non sono in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo e che quindi possono essere concretamente percepite anche dal titolare di permesso per protezione speciale. Sul punto si richiamano le sentenze della Corte Costituzionale n. 306/2008, 11/2009, 187/2010, 329/2011, 40/2013, 22/2015, 230/2015.

In entrambi i casi, i permessi di soggiorno per motivi familiari (art. 14 DPR 394/99) e per residenza elettiva (art. 6 D.lgs. 286/98) sono poi convertibili per lavoro permettendo così di restituire la stabilità e continuità di soggiorno ai precedenti titolari di permesso per protezione speciale.

2.2. Conversione in permesso per motivi di studio

Il permesso di soggiorno per motivi di protezione speciale è poi espressamente convertibile in permesso per motivi di studio. Sul punto, l’art. 39, comma 5 e 5 bis, D.lgs. 286/98 prevede: “E' comunque consentito l'accesso ai corsi di istruzione tecnica superiore 3 o di formazione superiore e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo, per protezione sussidiaria, per motivi religiosi, per i motivi di cui agli articoli 18 (protezione sociale), 18-bis (violenza domestica), 20-bis (calamità), 22, comma 12-quater (sfruttamento lavorativo), e 42-bis (atti di particolare valore civile), nonché ai titolari del permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell'articolo 32,comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (protezione speciale), ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio di scuola secondaria superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all'estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all'estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l'ingresso per studio. 5-bis. Agli stranieri di cui ai commi 4-ter e 5 è rilasciato dal questore un permesso di soggiorno per studio ai sensi dell'articolo 5, commi 3, lettera c) e 8, recante la dicitura «studente».”

Per quanto riguarda i requisiti per la conversione del titolo di soggiorno in studio, si ritiene necessario preliminarmente fare una distinzione tra la disciplina prevista per il rilascio del titolo di soggiorno per studio per coloro che fanno ingresso con visto per studio e per coloro che invece convertono il permesso di soggiorno trovandosi già sul territorio. Ad opinione di chi scrive, infatti, si tratta di due discipline distinte, con requisiti e modalità di rilascio differenti.

Sotto il primo profilo, e quindi per chi fa ingresso sul territorio a seguito del visto di ingresso, la disciplina applicabile, rinvenibile agli artt. 39 e 39 bis D.lgs. 286/98 e agli artt. 44 bis e 46 del Dpr 394/99, consente l’ingresso e poi il soggiorno al fine dello svolgimento, tra gli altri, di corsi universitari, corsi superiori di studio o d’istruzione tecnico-professionale per gli studenti maggiorenni, corsi di studio negli istituti di istruzione secondaria superiore, corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, percorsi di istruzione tecnica superiore e corsi di formazione superiore, corsi di studio presso istituti e scuole nazionali che rientrino nell'ambito di programmi di scambi e iniziative culturali (studenti minorenni, ma comunque maggiori di anni 14), programmi di assistenza e cooperazione del Governo italiano, nell'ambito delle Leggi n. 49/87, n. 180/92, n. 212/92 e n. 84/01 attività culturali e di ricerca avanzata, esclusi i casi previsti dall'art. 27-ter T.U. Immigrazione, tirocini formativi, in base alle disposizioni dell'art. 39-bis T.U. Immigrazione e art.40, comma 9, lett. a) e comma 10 del Reg. Att., corsi di formazione, esami di abilitazione a una professione per il cittadino straniero che ha conseguito la laurea in Italia.

L’art. 39, comma 3, D.lgs. 286/98 e l’art. 46, comma 2, Dpr 394/99 prevedono poi che per l’ottenimento del visto sono necessari una serie di adempimenti amministrativi e di documentate garanzie economiche. Le procedure, le scadenze e i requisiti necessari per l’ottenimento del visto per motivi di studio sono descritte ogni anno nella circolare del Ministero dell’Università e della Ricerca.4 In generale si prevedono garanzie circa il corso di studio, di formazione professionale o il corso finanziato dal governo italiano da seguire, ovvero l'attività culturale o di ricerca da svolgere, adeguate garanzie circa i mezzi di sostentamento, la disponibilità della somma occorrente per il rimpatrio, comprovabile anche con l’esibizione del biglietto di ritorno, un idoneo alloggio nel territorio nazionale (mediante prenotazione alberghiera o dichiarazione di ospitalità, prestata da cittadino dell'U.E. o straniero regolarmente residente in Italia), una adeguata copertura assicurativa, per cure mediche e ricoveri ospedalieri (art. 39 c.3 T.U. n. 286/1998 e Direttiva 01.03.2000 del Ministero dell’Interno), di cui lo studente dovrà dimostrare il possesso, all’atto della richiesta del permesso di soggiorno.

Per quanto riguarda, in particolare, la garanzia economica la circolare annuale del Ministero dell’Università e della Ricerca precisa l’importo esatto. Ad esempio, l’ultima circolare “Procedure per l'ingresso, il soggiorno e l'immatricolazione degli studenti internazionali e il relativo riconoscimento dei titoli per i corsi della formazione superiore in Italia anno accademico 2023-2024” dispone che tali mezzi sono quantificati nell’importo di euro 467,65 al mese per ogni mese di durata dell’anno accademico, pari ad euro 6.079,45 annuali. La disponibilità in Italia di tali mezzi di sostentamento deve essere comprovata mediante garanzie economiche personali o dei genitori o di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, o fornite da Istituzioni ed Enti italiani di accertato credito, comprese le Università, da Governi locali, da Istituzioni ed Enti stranieri considerati affidabili dalla Rappresentanza diplomatica italiana.5 =

Oggi la nuova circolare del MIUR ha peraltro eliminato anche la parte che prevedeva che la garanzia economica non potesse essere dimostrata attraverso l’esibizione di una fidejussione bancaria, o di una polizza fideiussoria, né di denaro contante o garanzie fornite da terze persone.

In seguito al visto di ingresso è poi rilasciato il permesso di soggiorno per studio.

Differente, a parere di chi scrive, è la disciplina e quindi i requisiti per la conversione del titolo di soggiorno di chi è già regolarmente soggiornante in Italia in permesso per motivi di studio. Innanzitutto, l’art. 39, comma 5-bis, d.lgs. 286/98 permette la conversione in studio solo per frequentare alcuni corsi ossia i corsi di istruzione tecnica superiore o di formazione superiore e le scuole di specializzazione delle università. La prima divergenza quindi riguarda la tipologia di corsi per i quali è possibile chiedere la conversione, tutti corsi che presuppongono tendenzialmente un diploma liceale o di istituto tecnico che se conseguito all’estero deve essere riconosciuto in Italia. La Circolare del Ministero dell’Interno del 16/10/2018 ha specificato che sono stati ricompresi tra tali istituti anche gli Istituti tecnici superiori (ITS) e gli Istituti tecnici di formazione superiore (IFTS).

Invece, per quanto riguarda i mezzi di sussistenza, a parere di chi scrive, non è richiesta alcuna garanzia finanziaria se il richiedente la conversione si trova già in Italia. Infatti, tutte le norme sopra citate che richiedono le garanzie economiche si intendono riferite solo al rilascio del visto di ingresso e non anche del permesso di soggiorno per studio. In particolare, l’art. 46, comma 2, del dpr 394/99 dispone che: “Sulla base dei dati forniti dalle università al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ai sensi del comma 1, è emanato il decreto di cui al comma 4 dell'articolo 39 del testo unico e con successivo provvedimento sono definiti i conseguenti adempimenti amministrativi per il rilascio del visto di ingresso. A tal fine, la sufficienza dei mezzi di sussistenza è valutata considerando anche le garanzie prestate con le modalità di cui all'articolo 34, le borse di studio, i prestiti d'onore ed i servizi abitativi forniti da pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici o privati italiani, o per i quali le amministrazioni stesse o gli altri soggetti attestino che saranno forniti allo studente straniero, a norma del comma 5.” Alla luce della normativa sopra indicata ed in particolare dell’art. 46, comma 2, Dpr 394/99 è possibile sostenere che i mezzi di sussistenza sono richiesti solo per il visto di ingresso per motivi di studio e non anche per la conversione da altro permesso in permesso per studio. Per di più, non è prevista nell’ordinamento alcuna norma che espressamente richieda in generale le garanzie economiche per il rilascio del permesso per studio.Tale interpretazione è tra l’altro confermata anche dalla circolare del Ministero dell’Università e della Ricerca dal titolo “Procedure per l’ingresso, il soggiorno, l’immatricolazione degli studenti internazionali e il relativo riconoscimento dei titoli, per i corsi della formazione superiore in Italia valide per l’anno accademico 2023-2024” la quale al punto 2 (pag. 5) dispone che: “Per quanto concerne le sole procedure relative al rilascio del visto di ingresso e del relativo permesso di soggiorno, le presenti procedure non si applicano: […] e) agli stranieri già regolarmente presenti in Italia così come espressamente indicati nell'art. 39, comma 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n.286”.

Ancora, sempre nella circolare citata il requisito economico viene inserito solo tra i requisiti per l’ottenimento del visto per motivi di studio e per il rinnovo del permesso di soggiorno, precisando peraltro anche con riferimento al rinnovo che si tratta dello studente straniero che ha fatto ingresso in Italia con un visto (tipo “D” nazionale) per motivi di studio (pag. nn. 13-14).

L’ultima considerazione concerne poi quelle norme del nostro ordinamento che sembrerebbero richiedere in generale – al momento della richiesta di un qualsiasi permesso di soggiorno – la prova di una disponibilità economica e dell’alloggio.

L’art. 6 co. 5 D.lgs. 286/98 dispone infatti che: “5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato”. Cosi, l’art. 9, comma 3, Dpr 394/99 prevede inoltre che: "L'ufficio trattiene copia della documentazione esibita e può richiedere, quando occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste dal testo unico, l'esibizione della documentazione o di altri elementi occorrenti per comprovare: [...] b) la disponibilità dei mezzi di sussistenza sufficienti commisurati ai motivi e alla durata del soggiorno, in relazione alle direttive di cui all'articolo 4, comma 3), del testo unico, rapportata al numero delle persone a carico; c) la disponibilità di altre risorse o dell'alloggio, nei casi in cui tale documentazione sia richiesta dal testo unico o dal presente regolamento".

Tuttavia, a parere di chi scrive, neppure questi riferimenti possono considerarsi dirimenti laddove si consideri che tale richiesta è relativa ai casi in cui sia la prova della disponibilità di risorse sufficienti sia dell’alloggio siano giustificate da fondate ragioni (quindi non in via ordinaria e generale) o sono richieste dalle norme del D.lgs. 286/98 confermando quindi nuovamente che si tratta esclusivamente del permesso richiesto a seguito di visto, e non anche in caso di conversione laddove per tale ipotesi nulla è previsto dalla disciplina primaria.

Infine, per quanto riguarda il requisito dell’assicurazione sanitaria, espressamente richiesto a chi fa ingresso con un visto per motivi di studio, si dubita che lo stesso obbligo valga anche per chi converta in permesso di soggiorno per studio un permesso ad altro titolo.

Sul punto, si consideri preliminarmente il quadro normativo. L’art. 34 del D.Lgs. 286/98 dispone: “Hanno l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale: a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento […]”; il comma 4 aggiunge: “L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta: a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio”.

Ad una prima lettura della norma sembrerebbe che ogni titolare di permesso per motivo di studio abbia l’obbligo dell’assicurazione sanitaria a prescindere dalle modalità con cui lo stesso è stato ottenuto.

Tuttavia il primo dubbio sorge se si considera ipoteticamente il titolare di permesso di soggiorno per studio che parallelamente svolga una attività lavorativa oppure che è iscritto al centro per l’impiego. In particolare si consideri che se il cittadino straniero lavora e versa tramite la fiscalità generale la contribuzione al Servizio Sanitario Nazionale, potrebbe anche rappresentarsi come una norma discriminatoria e vessatoria nella misura in cui si determina una duplicazione della contribuzione a carico di alcuni cittadini stranieri.

In secondo luogo, sembrerebbe utile valorizzare la tipologia di permesso di soggiorno precedentemente in possesso del titolare prima della conversione per verificare se il cittadino straniero fosse già stato iscritto al Sistema Sanitario Nazionale. Se così fosse, occorrerebbe fare riferimento alla Circolare del Ministero Salute n. 11494 del 2007 (Iscrizione al Servizio Sanitario nazionale di studenti non appartenenti all’Unione europea) secondo la quale: “In relazione alle istanze presentate dai cittadini direttamente coinvolti, è opportuno precisare che, per coloro i quali sono già regolarmente soggiornanti in Italia e precedentemente iscritti a titolo obbligatorio al SSN, non trovano applicazione le garanzie richieste in sede di rilascio del visto per motivi di studio, trattandosi di stranieri già presenti regolarmente sul territorio nazionale. Tale condizione fa sì che il permesso di soggiorno per motivi di studio rilasciato al compimento della maggiore età, non debba comportare il pagamento del contributo al SSN in presenza di una precedente iscrizione a titolo obbligatorio. La pregressa iscrizione a titolo obbligatorio consente, infatti, la conservazione dell’iscrizione al Servizio sanitario nazionale allo stesso titolo cioè senza il pagamento del contributo al Servizio Sanitario Nazionale.”

Peraltro, si ritiene che tale circolare, escludendo dalla dimostrazione di “garanzie richieste in sede di rilascio del visto per motivi di studio” gli stranieri già regolarmente soggiornanti, possa essere utilizzata con riferimento all’esonero dall’assicurazione sanitaria ma possa anche rafforzare quanto già detto con riferimento alle garanzie economiche.

2.3. La richiesta di permesso per motivi di studio direttamente dal territorio

Se si guarda l’intera vicenda da un punto di vista pragmatico, appare come a fronte di una maggiore facilità in termini di requisiti per la conversione del permesso di soggiorno in motivi di studio (alloggio, risorse economiche e assicurazione sanitaria), la normativa preveda un numero molto basso di corsi ai quali è possibile accedere, per i quali è sempre comunque richiesto almeno il diploma di una scuola secondaria superiore anche se conseguito all’estero.

Ciò limita la platea dei cittadini stranieri i quali, pur in possesso di un titolo di soggiorno astrattamente convertibile in permesso per motivi di studio, non abbiano un titolo di studio tale da poter consentire l’accesso ai corsi indicati dall’art. 39, comma 5, D.lgs. 286/98.

Come già detto nel paragrafo precedente, tale previsione al contrario è molto meno restrittiva per chi richiede un visto di ingresso per svolgere un corso di studio in Italia, in quanto in questo caso non è previsto alcun titolo di studio e, come visto, il corso può essere anche un breve corso di lingua italiana. Al contrario però, chi fa ingresso con un visto per studio dovrà dimostrare – anche tramite la garanzia prestata da terzi – di disporre di sufficienti garanzie economiche, di un alloggio idoneo e di un’assicurazione sanitaria.

Nel prosieguo si tenterà di fornire una possibile interpretazione della normativa per sostenere la possibilità per il cittadino straniero regolarmente soggiornante di richiedere direttamente il permesso di soggiorno per motivi di studio non a seguito di conversione ma nel rispetto dei requisiti previsti per il visto per studio, applicando i principi già espressi dalla giurisprudenza con riferimento ad altre ipotesi di permessi di soggiorno, tra cui la residenza elettiva.

Si tratta quindi di una terza via (per ora solo proposta in chiave interpretativa) che si aggiunge alle ipotesi, già trattate nel paragrafo precedente, di visto di ingresso e conversione del titolo di soggiorno, utile soprattutto in quei casi in cui il cittadino straniero – sebbene regolarmente soggiornante in Italia – potrebbe avere i requisiti per il visto di ingresso (ad es. sufficienti risorse economiche) ma non anche il titolo di studio per accedere ai corsi previsti per la conversione in permesso per studio.

Per comprendere la utilità dell’interpretazione che qui si propone si pensi all’istituto della coesione familiare all’art. 30 D. Lgs. 286/98 che invero introduce nell’ordinamento un meccanismo proprio per consentire il ricongiungimento familiare da parte del cittadino straniero che pur in possesso dei requisiti per il ricongiungimento si trovi già sul territorio italiano e così evitando che lo stesso ritorni nel Paese di origine e richieda il visto di ingresso.

La giurisprudenza che si andrà di seguito ad illustrare ha da tempo consentito al cittadino straniero regolarmente soggiornante di accedere a taluni permessi di soggiorno che andrebbero rilasciati a seguito di apposito visto di ingresso, anche se si trovano già sul territorio italiano ed anche se ciò non sia stato espressamente previsto dalla legge. Le direttrici interpretative riguardano, da un lato, la mancanza di quote di ingresso e quindi di un controllo effettuato dal legislatore sul numero di ingressi o di autorizzazioni al soggiorno, dall’altro lato, il soddisfacimento di tutti i requisiti che sarebbero comunque richiesti e valutati dalle autorità consolari all’estero.

La prima sentenza che sul punto si ritiene utile è la n. 647/2021 del 2/09/2021 del Tribunale Amministrativo per le Marche che già al titolare di visto per turismo aveva riconosciuto il diritto al rilascio del permesso per residenza elettiva sulla base del fatto che: “l’ingresso in Italia per turismo non preclude il conseguimento del titolo di soggiorno per residenza elettiva di cui all’art. 11, comma 1 c-quater, del DPR n. 394 del 1999, in presenza dei presupposti di legge quali la disponibilità di un’abitazione da eleggere a residenza e di adeguati mezzi di sussistenza stabili e regolari, di cui si possa supporre la continuità anche nel futuro”. Ancora il Tribunale Amministrativo per il Veneto con la sentenza 1110/2020 del 24.11.2020 ancora più espressamente ha censurato come illogica ed irragionevole una possibile interpretazione che imporrebbe al cittadino straniero il rientro nel paese di origine per richiedere il visto per rientrare in Italia esibendo il possesso di requisiti di cui egli è già titolare sul territorio italiano: “Nel caso di specie, la necessità del visto di ingresso per residenza elettiva appare del tutto irragionevole, in quanto imporrebbe alla ricorrente di tornare nel suo paese per poter poi fare reingresso in Italia, disponendo dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per residenza elettiva (sul punto, C. Stato, sez. III, ordinanza 17 gennaio 2018, n. 118/2018), peraltro, in una situazione di estrema gravità e pericolosità quale quella odierna a causa della c.d. “emergenza covid-19”. La ricorrente risulta essere entrata nel territorio italiano regolarmente, con visto per motivi turistici, alla scadenza del quale (agosto 2020) ha correttamente richiesto il visto di ingresso per motivi di residenza elettiva. Per contro, l’Amministrazione non ha svolto alcuna specifica e puntuale istruttoria o, comunque, non ha dato conto in minimo modo nella motivazione del provvedimento di diniego, delle condizioni economiche e della disponibilità abitativa della ricorrente. Diversamente, nel presente giudizio, e già in sede procedimentale, la ricorrente ha fornito elementi idonei, quantomeno quale principio di prova, in ordine al possesso di risorse economiche adeguate e alla disponibilità di adeguata soluzione abitativa, sicché “sussistendo tali requisiti, l’aspetto formale della mancanza dello specifico visto per residenza elettivo in capo alla ricorrente, titolare invece di visto per turismo, può ritenersi elemento recessivo, tenuto conto che, per la peculiarità che lo caratterizza (possesso di ampie risorse economiche e disponibilità abitativa), si tratta di una tipologia di permesso di soggiorno che può prescindere dalle quote di flussi di ingressi di stranieri”.6

Ancora più recentemente il Tribunale per la Lombardia sezione di Milano con la sentenza n. 3130/2023 ha chiarito come, senza necessità di chiedere un visto specifico, il permesso per residenza elettiva può essere rilasciato alla condizione della regolarità di soggiorno e al possesso dei requisiti previsti per legge: "la circostanza che la ricorrente sia entrata in Italia con un visto turistico e poi abbia beneficiato, in data 7 agosto 2020, dell’istanza di regolarizzazione ex art. 103 del decreto legge n. 34 del 2020, attesta che, alla data dell’8 aprile 2022, allorquando è stata presentata la richiesta di permesso di soggiorno per residenza elettiva, la straniera risultava regolarmente soggiornante in Italia, ai sensi dei commi 6 e 17 del citato art. 103 del decreto legge n. 34 del 2020; pertanto, la regolare presenza in Italia rappresenta titolo idoneo per chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per residenza elettiva, come si ricava dalla corretta interpretazione della normativa di settore, la quale non richiede la presenza di un visto di ingresso specifico, ovvero “ottenuto per lo stesso motivo”.

Quanto detto ci spinge a riflettere quindi sulla possibilità di richiedere un permesso di soggiorno per studio direttamente sul territorio italiano da parte di cittadino straniero già regolarmente soggiornante il quale soddisfi le condizioni previste dalla normativa in materia di visto di ingresso per studio (diverse da quelle di cui all’art. 39, comma 5-bis, TUI inerenti la conversione).

Infatti, i principi applicati dalla giurisprudenza, a parere di chi scrive, ben potrebbero essere applicati anche per i permessi per motivi di studio laddove come nel caso di residenza elettiva si tratta di un’autorizzazione all’ingresso e al soggiorno sottratti al regime delle quote e sostanzialmente ancorati al possesso di determinati requisiti verificati e valutati da una pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda i requisiti, se da un lato questi possono considerarsi più restrittivi per fare ingresso sul territorio, è anche vero, dall’altro lato, che i corsi a cui il cittadino straniero può accedere sono molto più numerosi. Le risorse economiche richieste, peraltro, se per un cittadino straniero all’estero, considerato il costo della vita, possono essere consistenti, appaiono invece di diversa consistenza, per un cittadino straniero che pur partecipando ad un corso di studio svolga anche una attività lavorativa.7

2.4. La convertibilità del permesso per motivi di studio in motivi di lavoro

La trattazione che precede non può che collegarsi con le ultime novità particolarmente favorevoli in tema di conversione da studio a lavoro. Infatti, è chiaro che il titolare di protezione speciale che sia riuscito a convertire il proprio permesso di soggiorno in studio possa essere poi interessato ad una nuova e successiva conversione del permesso di soggiorno per studio in permesso per lavoro.

Precedentemente la conversione ordinaria del permesso di soggiorno per studio in lavoro doveva avvenire attraverso il sistema delle quote. Dunque, la conversione del permesso di soggiorno per studio in lavoro era possibile, prima della scadenza, previa richiesta di attestazione di disponibilità di una quota di programmazione, prevista dal c.d. Decreto Flussi emanato dal Governo (artt. 3 e 21, comma 1, T.U.I.), presentata allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura competente. Lo studente straniero doveva presentare domanda di conversione attraverso una procedura telematica, nell'ambito dei limiti temporali stabiliti dal Decreto Flussi (art. 14 comma 6 dpr 394/99). Le uniche eccezioni a tale meccanismo di conversione per quote erano quelle previste per gli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al raggiungimento della maggiore età (tra cui i MSNA) e per gli stranieri che avessero conseguito in Italia il diploma di laurea o di laurea specialistica, a seguito della frequenza dei relativi corsi di studio in Italia (art. 14 comma 5 dpr 394/99). Esclusivamente in queste due ipotesi vi era la possibilità di convertire in qualsiasi momento il permesso di soggiorno per studio in corso di validità in permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo fuori dal sistema delle quote.

Oggi, invece, a seguito della modifica dell’art. 6, comma 1, D.lgs. 286/98 la conversione avviene sempre al di fuori delle quote.

Più nello specifico l’art. 3, comma 2, del DL 20/2023 ha previsto che: «All'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «può essere convertito,» sono aggiunte le seguenti: «al di fuori delle quote di cui all'articolo 3, comma 4,», inoltre l’art. 6 comma 1 dopo il DL 20/2023 ha previsto: «1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, al di fuori delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.»

Nella relazione di accompagnamento della legge di conversione si conferma che “Il comma 2 del presente articolo 3 sopprime la condizione secondo cui la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio e formazione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinata al rispetto delle quote relative ai flussi di ingresso di lavoratori stranieri (cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi). Resta fermo che la possibilità è subordinata alle condizioni che il permesso di soggiorno per motivi di studio e formazione sia ancora in corso di validità e che sia stato stipulato un contratto di soggiorno per lavoro subordinato o sia stata rilasciata la certificazione della sussistenza dei requisiti per il permesso di soggiorno per lavoro autonomo”.

Infine con la Legge 112/2023 in vigore dal 17/08/2023 viene eliminato l’ultimo periodo dell’art. 6, comma 1, TUI con il residuo riferimento al sistema delle quote, restituendo omogeneità al sistema e non residuando dubbi sulla convertibilità del permesso per studio in lavoro fuori dal regime delle quote.8

Tale novità, quindi, oltre a consentire un’apertura in generale sulla possibilità di conversione studio-lavoro, prima relegato ai rigidi limiti del sistema delle quote, ha anche potenziato notevolmente la conversione dei permessi di soggiorno ad oggi non più convertibili direttamente in permessi per lavoro mediante la preliminare conversione in studio (es. permessi per protezione speciale e permessi per calamità).

3. Conclusioni

Il legislatore ancora una volta è andato a modificare la disciplina di un permesso di soggiorno fondamentale del nostro ordinamento, nel tentativo di limitare e precarizzare la posizione sul territorio italiano dei cittadini stranieri inespellibili e titolari di protezione speciale.

Infatti, non può non essere sottolineata una doppia tendenza del legislatore: da un lato, lo stesso ha tentato di rendere il più instabile possibile il percorso migratorio di chi ottiene la protezione speciale in Italia, nonostante discenda direttamente dall’applicazione di una clausola di salvaguardia dell’ordinamento che consente ai cittadini stranieri che non possono ritornare nel loro Paese di origine una prospettiva di duratura permanenza sul territorio italiano; dall’altro lato, il legislatore ha voluto (con interventi più o meno effettivi) valorizzare la retorica e gli interventi legislativi in merito agli ingressi e il soggiorno dei cittadini stranieri fuori quota ed in tale contesto non può non inserirsi proprio il caso del visto e del permesso di soggiorno per studio.

Invero, il percorso di studio in Italia diventa oggi non più solo titolo per l’ingresso ma anche per il soggiorno oltre le quote previste per le conversioni, quindi a tutti gli effetti sottratto alle scelte di politica migratoria per quanto consente la stabilizzazione ordinaria per motivi di lavoro, ma forse anche strumento per immaginare nuove strategie giuridiche a tutela dei cittadini stranieri titolari di permesso per protezione speciale.

Immigrazione, libertà personale, diritti fondamentali, a cura di Coppetta Maria Grazia, Ed. CEDAM. Questo volume raccoglie gli elaborati dei partecipanti al progetto di ricerca “Immigrazione, libertà personale e diritti fondamentali”, finanziato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.
Scopri i dettagli del volume

1. Su coesione a familiare con differenti permessi di soggiorno, si veda: permesso per richiesta asilo (Cassazione civile sez. I, 27/09/2018, n. 23316; Cassazione civile, ordinanza n. 13104 del 15.5.2019); visto turistico (Trib. Roma, ordinanza del 7.08.2019; Trib. Milano, ordinanza del 11.02.2020); cittadino straniero irregolarmente soggiornante (Trib. Roma del 17/04/2020).

2. Si segnala inoltre Tar Marche sentenza n. 647/2021 che ha riconosciuto il permesso per residenza elettiva anche al titolare di visto per turismo e sentenza 3130/2023 sul rilascio del permesso per residenza elettiva anche a persona irregolare sul territorio.

3. Si veda per l’elenco dei corsi: https://www.miur.gov.it/tematica-its

4. Ulteriori indicazioni per la corretta compilazione della domanda sono disponibili nel sito “Studiare in Italia”, agile strumento di orientamento creato dal MIUR in collaborazione con CIMEA (Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche) e CINECA.

5. Si noti che in precedenza nella circolare MIUR emanata per l’anno scolastico 2020/2021 non si prevedeva che la garanzia relativa ai mezzi economici di sussistenza in favore dello studente straniero potesse essere fornita anche “da parte di enti o cittadini italiani e stranieri” ma solo dai genitori. Sul punto era già intervenuta l’ ordinanza TAR del Lazio n.4983 del 4 giugno 2021 che aveva rilevato un contrasto tra quanto era previsto dalla precedente circolare e l’art. 39 c. 3 D.Lgs 286/98 sulla possibilità che anche i soggetti regolarmente residenti in Italia potessero prestare la garanzia in favore dei richiedenti l’ingresso in Italia ed aveva ammesso quindi che anche soggetti terzi potessero prestare la garanzia economica per coloro che avessero richiesto l’ingresso e il soggiorno per motivi di studio. Precisamente “Con il regolamento di attuazione sono disciplinati: a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero”.

6. Si veda anche TAR Lombardia, sez. I, 18/03/2019, n. 590; T.A.R. Lazio, n. 11319 del 2017.

7. Sullo svolgimento dell’attività lavorativa con permesso di soggiorno per studio si osserva che l'esercizio di attività lavorative subordinate è consentito entro un limite massimo di 20 ore per ciascuna settimana anche cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1.040 ore (articolo 14, comma 4, del citato regolamento di cui al D.P.R. n. 394 del 1999, e successive modificazioni). In ogni caso, anche con un part-time di 20 ore settimanali si arriva facilmente alla prova delle risorse economiche sufficienti per la richiesta di un visto per motivi di studio pari a 467,65 euro al mese.

8. Si noti che l’ordinanza del Tar Lombardia del 1/12/2023 n. 1110/2023 ha accolto il ricorso cautelare avverso il provvedimento del 24 luglio 2023, con cui la Prefettura di Milano aveva rigettato la domanda di conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo fuori dal sistema delle quote. In base a quanto previsto dal Collegio, la nuova disciplina trova applicazione a prescindere da quando è stata presentata la domanda in quanto ciò che rileva è il momento di emanazione del provvedimento di rigetto. Si veda su questo anche il Consiglio di Stato sent. 13/4/2022, n. 2789.

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